Provvedimento in causa n. C-276/22 del 25/04/2024
Organo giudicante: Corte di giustizia
Procedura: Rinvio pregiudiziale
Stato della causa: Concluso
Esito: Definito

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

25 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 e 54 del TFUE – Libertà di stabilimento – Società stabilita in uno Stato membro ma che svolge la propria attività in un altro Stato membro – Funzionamento e gestione della società – Normativa nazionale che prevede l’applicazione della legge dello Stato membro in cui una società svolge la propria attività – Restrizione alla libertà di stabilimento – Giustificazione – Tutela degli interessi dei creditori, dei soci di minoranza e dei dipendenti – Lotta contro le pratiche abusive e le costruzioni artificiose – Proporzionalità»

Nella causa C‑276/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza dell’11 aprile 2022, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2022, nel procedimento

Edil Work 2 Srl,

S.T. Srl

contro

STE Sàrl,

altra parte nel procedimento:

CM,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe (relatrice), presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Piçarra, N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 luglio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Edil Work 2 Srl e la S.T. Srl, da R. Vaccarella, avvocato;

–        per la STE Sàrl, da A. Pontecorvo e P. Sammarco, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Meloncelli, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da G. Braun, L. Malferrari e M. Mataija, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 54 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Edil Work 2 Srl e la S.T. Srl, da un lato, e la STE Sàrl, dall’altro, in merito alla legittimità del trasferimento della proprietà del complesso immobiliare denominato Castello di Tor Crescenza (in prosieguo: il «Castello») a favore delle prime due società.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il considerando 2 della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere (GU 2019, L 321, pag. 1), è così formulato:

«La libertà di stabilimento è uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione. In virtù dell’articolo 49, secondo comma, [TFUE], in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento delle società comporta, tra l’altro, la costituzione e la gestione di tali società alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento. Nell’interpretazione che ne ha dato la Corte di giustizia dell’Unione europea, la disposizione comprende il diritto per una società costituita in conformità con la normativa di uno Stato membro di trasformarsi in una società disciplinata dal diritto di un altro Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla normativa di tale altro Stato membro e, in particolare, il criterio posto da quest’ultimo Stato membro per collegare una società all’ordinamento giuridico nazionale».

 Diritto italiano

4        L’articolo 25 della legge del 31 maggio 1995, n. 218 – Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato (GURI n. 128 del 3 giugno 1995; in prosieguo: la «legge n. 218/1995»), prevede quanto segue:

«1.      Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti.

2.      In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell’ente:

a)      la natura giuridica;

b)      la denominazione o ragione sociale;

c)      la costituzione, la trasformazione e l’estinzione;

d)      la capacità;

e)      la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi;

f)      la rappresentanza dell’ente;

g)      le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità;

h)      la responsabilità per le obbligazioni dell’ente;

i)      le conseguenze delle violazioni della legge o dell’atto costitutivo.

3.      I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati».

5        L’articolo 2381, secondo comma, del codice civile è così formulato:

«Se lo statuto o l’assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

6        Il Castello, situato nei dintorni di Roma (Italia), costituiva l’unico bene del patrimonio dell’Agricola Torcrescenza Srl, società la cui attività consisteva nella gestione di tale bene immobile. Nel 2004, detta società ha, anzitutto, cambiato la propria denominazione in STA Srl e, successivamente, ha trasferito la propria sede sociale in Lussemburgo, dove si è trasformata in una società lussemburghese, la STE, pur continuando a gestire il Castello.

7        Nel 2010, in un’assemblea generale straordinaria della STE, tenutasi in Lussemburgo, S.B. è stata nominata amministratrice unica. In tale occasione, S.B. ha nominato F.F., che non era né azionista né membro del consiglio di amministrazione della STE, in qualità di mandatario generale, attribuendogli il potere di compiere «tutti gli atti e le operazioni necessarie, senza eccezioni ed esclusioni, sempre comunque nei limiti dell’oggetto sociale della società» (in prosieguo: l’«attribuzione di poteri controversa»).

8        Nel 2012, F.F., agendo in nome e per conto della STE, ha trasferito la proprietà del Castello alla S.T., che l’ha successivamente trasferita alla Edil Work 2. Nel 2013, la STE ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma (Italia) la S.T. e la Edil Work 2 al fine di ottenere l’annullamento dei due trasferimenti di proprietà del Castello, sostenendo che l’attribuzione di poteri controversa fosse illegittima ai sensi del diritto italiano.

9        Giudicando regolare tale attribuzione, il Tribunale di Roma ha respinto la domanda. Poiché la sentenza di tale giudice è stata riformata dalla Corte d’appello di Roma (Italia), la Edil Work 2 e la S.T. hanno proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio.

10      Tale giudice osserva che dall’articolo 25, paragrafo 3, della legge n. 218/1995 risulta che il diritto italiano consente la trasformazione, mediante il trasferimento della sede sociale in un altro Stato membro, delle società italiane in società straniere, a condizione che il trasferimento risulti valido tanto nello Stato membro di origine quanto in quello di destinazione.

11      Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, si pone la questione se la costituzione della STE come società lussemburghese comporti l’assoggettamento al diritto lussemburghese degli atti di gestione di tale società, che ha tuttavia mantenuto il centro della propria attività in Italia.

12      A tale riguardo, detto giudice rileva, da un lato, che, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, della legge n. 218/1995, il criterio generale che consente di determinare la legge applicabile all’attribuzione di poteri controversa è quello del luogo in cui la società è stata costituita.

13      Orbene, conformemente alla seconda frase di tale disposizione, la legge italiana si applicherebbe alle società il cui «oggetto principale» si trova in Italia. Poiché il centro di attività della STE, vale a dire il Castello, suo unico attivo, si trova in Italia, la legge applicabile all’attribuzione di poteri controversa sarebbe la legge italiana.

14      Orbene, ai sensi dell’articolo 2381, secondo comma, del codice civile, il consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata può delegare i propri poteri ai soli componenti di tale consiglio. Pertanto, l’attribuzione di tali poteri a un soggetto terzo alla società sarebbe illegittima.

15      Dall’altro lato, il giudice del rinvio osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte, la libertà di stabilimento comprende il diritto per una società costituita conformemente alla normativa di uno Stato membro di trasformarsi in una società di un altro Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dal diritto di quest’altro Stato membro e, in particolare, sia soddisfatto il criterio di collegamento fissato da quest’ultimo. Ne consegue che il fatto che venga trasferita soltanto la sede sociale – e non l’amministrazione centrale o il centro di attività principale – di per sé non escluderebbe l’applicabilità della libertà di stabilimento in virtù dell’articolo 49 TFUE.

16      Peraltro, secondo tale disposizione, la libertà di stabilimento comprenderebbe non solo la costituzione ma anche la «gestione di imprese». Le attività di gestione dovrebbero essere svolte, conformemente al considerando 2 della direttiva 2019/2121, alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento, vale a dire, nel caso di specie, il Granducato di Lussemburgo.

17      Alla luce di tali considerazioni, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 49 e 54 [TFUE] ostino a che uno Stato membro, in cui è stata originariamente costituita una società (società a responsabilità limitata), applichi alla stessa le disposizioni di diritto nazionale relative al funzionamento e alla gestione della società qualora la società, trasferita la sede e ricostituita la società secondo il diritto dello Stato membro di destinazione, mantenga il centro della sua attività nello Stato membro di partenza e l’atto di gestione in questione incida in modo determinante sull’attività della società».

 Sulla questione pregiudiziale

18      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare la questione ad essa sottoposta. A tale proposito, la Corte può trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto del procedimento principale [sentenza del 16 febbraio 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Figlio in gestazione al momento della domanda di asilo), C‑745/21, EU:C:2023:113, punto 43].

19      Nella presente causa, il giudice del rinvio chiede alla Corte se gli articoli 49 e 54 TFUE ostino a che gli atti di gestione di una società che si trovi nella situazione della STE siano disciplinati dal diritto italiano, facendo riferimento alla circostanza che tale società è stata costituita come società di uno Stato membro, ossia la Repubblica italiana, e che essa ha successivamente trasferito la propria sede sociale e si è costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, ossia il Granducato di Lussemburgo, pur mantenendo il centro della propria attività nel primo Stato membro.

20      Orbene, dalle informazioni di cui dispone la Corte, che spetta al giudice del rinvio verificare, risulta che non è stata imposta alcuna restrizione in occasione di tale trasferimento e di tale trasformazione societaria.

21      Poiché il trasferimento della sede sociale e la trasformazione della società italiana STA nella società lussemburghese STE non fanno quindi parte delle circostanze pertinenti al fine di rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio, occorre riformulare la questione pregiudiziale nel senso che tale giudice chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 54 TFUE ostino alla normativa di uno Stato membro che prevede, in via generale, l’applicazione del suo diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro.

22      A tale riguardo, occorre, in primo luogo, stabilire se la situazione di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito della libertà di stabilimento.

23      L’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, accorda il beneficio della libertà di stabilimento alle società costituite in conformità alla legislazione di uno Stato membro e con la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione europea (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 32).

24      In virtù dell’articolo 49, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento delle società citate in quest’ultimo articolo comporta, in particolare, la costituzione e la gestione di tali società alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento per le proprie società (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 33).

25      Peraltro, dette società hanno il diritto di svolgere la loro attività in un altro Stato membro, e la localizzazione della loro sede sociale, della loro amministrazione centrale o del loro centro di attività principale serve a determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2002, Überseering, C‑208/00, EU:C:2002:632, punto 57).

26      In assenza di uniformazione nel diritto dell’Unione, la definizione del criterio di collegamento che determina il diritto nazionale applicabile ad una società rientra, conformemente all’articolo 54 TFUE, nella competenza di ciascuno Stato membro, avendo tale articolo posto sullo stesso piano la sede sociale, l’amministrazione centrale e il centro d’attività principale di una società come criteri di collegamento (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 34).

27      Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta, innanzitutto, che la STE è stata costituita nel 2004 come società lussemburghese, inoltre, che tale società ha la propria sede sociale in Lussemburgo e, infine, che essa svolge la parte principale delle sue attività in un altro Stato membro, ossia la Repubblica italiana.

28      Alla luce della giurisprudenza di cui ai punti da 23 a 26 della presente sentenza, si deve ritenere che la situazione di tale società e, in particolare, gli atti di gestione da essa adottati in relazione alle attività che svolge in Italia rientrino nell’ambito della libertà di stabilimento.

29      Ciò premesso, occorre determinare, in secondo luogo, se la normativa di uno Stato membro che prevede l’applicazione del proprio diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro in ragione del fatto che tale società svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.

30      Devono essere considerate restrizioni alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attrattivo l’esercizio di tale libertà (sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France, C‑442/02, EU:C:2004:586, punto 11, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 46).

31      Orbene, occorre rilevare che una normativa di uno Stato membro, ai sensi della quale le società stabilite in un altro Stato membro che svolgono la parte principale delle loro attività nel primo Stato membro devono rispettare, nella realizzazione dei loro atti di gestione, oltre agli obblighi eventualmente derivanti dal diritto del loro Stato membro di stabilimento, il diritto del primo Stato membro, potrebbe rendere più difficile la gestione di tali società, in quanto potrebbe obbligarle a conformarsi ai requisiti imposti da entrambi tali diritti.

32      Ne consegue che una siffatta normativa può rendere meno attrattivo l’esercizio della libertà di stabilimento e costituisce, di conseguenza, un ostacolo all’esercizio della libertà di stabilimento.

33      Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che la STE è una società di diritto lussemburghese, la cui sede sociale si trova in Lussemburgo. Tuttavia, dall’ordinanza di rinvio risulta altresì che, per quanto riguarda i suoi atti di gestione, l’applicazione dell’articolo 25, paragrafo 1, seconda frase, della legge n. 218/1995 assoggetta tale società al diritto italiano, per il solo motivo che essa svolge la parte principale delle sue attività in Italia.

34      In tali circostanze, una società che si trovi nella situazione della STE potrebbe essere assoggettata, cumulativamente, tanto al diritto lussemburghese quanto al diritto italiano. Orbene, una siffatta applicazione cumulativa del diritto di due Stati membri può rendere più difficile la gestione di tale società.

35      Occorre pertanto analizzare, in terzo luogo, se una restrizione alla libertà di stabilimento risultante da una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale possa essere nondimeno giustificata.

36      Risulta da costante giurisprudenza che una restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo se giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Occorre inoltre che essa sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo da essa perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer, C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 35, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 52).

37      Al riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che il giudice del rinvio non indica le ragioni che giustifichino la restrizione alla libertà di stabilimento derivante dall’applicazione dell’articolo 25, paragrafo 1, seconda frase, della legge n. 218/1995 agli atti di gestione di una società validamente costituita in virtù del diritto di un altro Stato membro e che svolge la parte principale delle sue attività sul territorio italiano. Tali indicazioni non risultano neppure dal tenore letterale di detta disposizione né da quello dell’articolo 2381 del codice civile.

38      Per contro, dalle memorie del governo italiano risulta, sotto un primo profilo, che la restrizione alla libertà di stabilimento di cui trattasi è giustificata dall’obiettivo di tutela dei soci, dei creditori, dei dipendenti e dei terzi.

39      A tal proposito, va ricordato che la tutela degli interessi dei creditori, dei lavoratori e dei soci di minoranza figura tra i motivi imperativi d’interesse generale riconosciuti dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

40      Pertanto, gli articoli 49 e 54 TFUE non ostano, in linea di principio, a misure di uno Stato membro dirette a far sì che gli interessi dei creditori, dei soci di minoranza e dei lavoratori di una società, che è stata costituita conformemente al diritto di un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel territorio nazionale, non siano indebitamente lesi.

41      Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 36 della presente sentenza, la restrizione di cui trattasi nel procedimento principale deve essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di tutela dei creditori, dei soci di minoranza e dei lavoratori e non deve eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo.

42      Orbene, se l’articolo 25, paragrafo 1, seconda frase, della legge n. 218/1995 dovesse essere interpretato nel senso di implicare che qualsiasi atto di gestione di una società validamente costituita secondo il diritto di un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività in Italia debba essere assoggettato alla normativa italiana, non sarebbe possibile verificare l’esistenza, in un caso concreto, di un rischio di lesione degli interessi dei creditori, dei soci di minoranza o dei lavoratori. Infatti, occorre precisare che tale rischio può dipendere, in particolare, dal tipo di atto adottato e variare in funzione della composizione dell’assetto societario della società di cui trattasi. Inoltre, la normativa dello Stato membro in cui si è costituita la società in questione può aver preso in considerazione tali interessi, circostanza di cui l’applicazione automatica della normativa italiana non consente di tener conto.

43      Ciò considerato, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di tutela degli interessi menzionati al punto 39 della presente sentenza.

44      Sotto un secondo profilo, il governo italiano sostiene che la normativa nazionale di cui al procedimento principale mira a contrastare le pratiche abusive, ostacolando comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica.

45      A tal proposito, occorre ricordare che gli Stati membri possono certamente adottare tutte le misure tali da prevenire o sanzionare le frodi (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1999, Centros, C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 38, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 61).

46      Peraltro, la repressione della frode e dell’evasione fiscale può giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento di cui all’articolo 49 TFUE a condizione che l’obiettivo specifico della restrizione stessa sia di impedire condotte consistenti nella creazione di costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, finalizzate a eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55, nonché del 20 gennaio 2021, Lexel, C‑484/19, EU:C:2021:34, punto 49).

47      Tuttavia, la Corte ha statuito, da un lato, che il fatto di stabilire la sede, legale o effettiva, di una società in conformità alla legislazione di uno Stato membro al fine di beneficiare di una legislazione più vantaggiosa non costituisce di per sé un abuso (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1999, Centros, C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 27, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 40).

48      Dall’altro lato, la mera circostanza che una società, pur avendo la propria sede in uno Stato membro, svolga la parte principale delle sue attività in un altro Stato membro non può fondare una presunzione generale di frode, né giustificare una misura che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (v., per analogia, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 63).

49      Orbene, nel caso di specie, se la normativa di cui trattasi nel procedimento principale dovesse essere interpretata nel senso che impone l’applicazione sistematica della legge italiana a qualsiasi atto di gestione di una società avente sede in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività in Italia, essa equivarrebbe a introdurre una presunzione secondo cui i comportamenti di tale società sarebbero abusivi. Alla luce delle considerazioni esposte ai punti 47 e 48 della presente sentenza, una normativa di questo tipo sarebbe sproporzionata (v., per analogia, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 64).

50      Considerato quanto precede, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che prevede, in via generale, l’applicazione del suo diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro.

 Sulle spese

51      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che:

ostano alla normativa di uno Stato membro che prevede, in via generale, l’applicazione del suo diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

25 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 e 54 del TFUE – Libertà di stabilimento – Società stabilita in uno Stato membro ma che svolge la propria attività in un altro Stato membro – Funzionamento e gestione della società – Normativa nazionale che prevede l’applicazione della legge dello Stato membro in cui una società svolge la propria attività – Restrizione alla libertà di stabilimento – Giustificazione – Tutela degli interessi dei creditori, dei soci di minoranza e dei dipendenti – Lotta contro le pratiche abusive e le costruzioni artificiose – Proporzionalità»

Nella causa C‑276/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza dell’11 aprile 2022, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2022, nel procedimento

Edil Work 2 Srl,

S.T. Srl

contro

STE Sàrl,

altra parte nel procedimento:

CM,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe (relatrice), presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Piçarra, N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 luglio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Edil Work 2 Srl e la S.T. Srl, da R. Vaccarella, avvocato;

–        per la STE Sàrl, da A. Pontecorvo e P. Sammarco, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Meloncelli, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da G. Braun, L. Malferrari e M. Mataija, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 54 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Edil Work 2 Srl e la S.T. Srl, da un lato, e la STE Sàrl, dall’altro, in merito alla legittimità del trasferimento della proprietà del complesso immobiliare denominato Castello di Tor Crescenza (in prosieguo: il «Castello») a favore delle prime due società.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il considerando 2 della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere (GU 2019, L 321, pag. 1), è così formulato:

«La libertà di stabilimento è uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione. In virtù dell’articolo 49, secondo comma, [TFUE], in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento delle società comporta, tra l’altro, la costituzione e la gestione di tali società alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento. Nell’interpretazione che ne ha dato la Corte di giustizia dell’Unione europea, la disposizione comprende il diritto per una società costituita in conformità con la normativa di uno Stato membro di trasformarsi in una società disciplinata dal diritto di un altro Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla normativa di tale altro Stato membro e, in particolare, il criterio posto da quest’ultimo Stato membro per collegare una società all’ordinamento giuridico nazionale».

 Diritto italiano

4        L’articolo 25 della legge del 31 maggio 1995, n. 218 – Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato (GURI n. 128 del 3 giugno 1995; in prosieguo: la «legge n. 218/1995»), prevede quanto segue:

«1.      Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti.

2.      In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell’ente:

a)      la natura giuridica;

b)      la denominazione o ragione sociale;

c)      la costituzione, la trasformazione e l’estinzione;

d)      la capacità;

e)      la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi;

f)      la rappresentanza dell’ente;

g)      le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità;

h)      la responsabilità per le obbligazioni dell’ente;

i)      le conseguenze delle violazioni della legge o dell’atto costitutivo.

3.      I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati».

5        L’articolo 2381, secondo comma, del codice civile è così formulato:

«Se lo statuto o l’assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

6        Il Castello, situato nei dintorni di Roma (Italia), costituiva l’unico bene del patrimonio dell’Agricola Torcrescenza Srl, società la cui attività consisteva nella gestione di tale bene immobile. Nel 2004, detta società ha, anzitutto, cambiato la propria denominazione in STA Srl e, successivamente, ha trasferito la propria sede sociale in Lussemburgo, dove si è trasformata in una società lussemburghese, la STE, pur continuando a gestire il Castello.

7        Nel 2010, in un’assemblea generale straordinaria della STE, tenutasi in Lussemburgo, S.B. è stata nominata amministratrice unica. In tale occasione, S.B. ha nominato F.F., che non era né azionista né membro del consiglio di amministrazione della STE, in qualità di mandatario generale, attribuendogli il potere di compiere «tutti gli atti e le operazioni necessarie, senza eccezioni ed esclusioni, sempre comunque nei limiti dell’oggetto sociale della società» (in prosieguo: l’«attribuzione di poteri controversa»).

8        Nel 2012, F.F., agendo in nome e per conto della STE, ha trasferito la proprietà del Castello alla S.T., che l’ha successivamente trasferita alla Edil Work 2. Nel 2013, la STE ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma (Italia) la S.T. e la Edil Work 2 al fine di ottenere l’annullamento dei due trasferimenti di proprietà del Castello, sostenendo che l’attribuzione di poteri controversa fosse illegittima ai sensi del diritto italiano.

9        Giudicando regolare tale attribuzione, il Tribunale di Roma ha respinto la domanda. Poiché la sentenza di tale giudice è stata riformata dalla Corte d’appello di Roma (Italia), la Edil Work 2 e la S.T. hanno proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio.

10      Tale giudice osserva che dall’articolo 25, paragrafo 3, della legge n. 218/1995 risulta che il diritto italiano consente la trasformazione, mediante il trasferimento della sede sociale in un altro Stato membro, delle società italiane in società straniere, a condizione che il trasferimento risulti valido tanto nello Stato membro di origine quanto in quello di destinazione.

11      Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, si pone la questione se la costituzione della STE come società lussemburghese comporti l’assoggettamento al diritto lussemburghese degli atti di gestione di tale società, che ha tuttavia mantenuto il centro della propria attività in Italia.

12      A tale riguardo, detto giudice rileva, da un lato, che, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, della legge n. 218/1995, il criterio generale che consente di determinare la legge applicabile all’attribuzione di poteri controversa è quello del luogo in cui la società è stata costituita.

13      Orbene, conformemente alla seconda frase di tale disposizione, la legge italiana si applicherebbe alle società il cui «oggetto principale» si trova in Italia. Poiché il centro di attività della STE, vale a dire il Castello, suo unico attivo, si trova in Italia, la legge applicabile all’attribuzione di poteri controversa sarebbe la legge italiana.

14      Orbene, ai sensi dell’articolo 2381, secondo comma, del codice civile, il consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata può delegare i propri poteri ai soli componenti di tale consiglio. Pertanto, l’attribuzione di tali poteri a un soggetto terzo alla società sarebbe illegittima.

15      Dall’altro lato, il giudice del rinvio osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte, la libertà di stabilimento comprende il diritto per una società costituita conformemente alla normativa di uno Stato membro di trasformarsi in una società di un altro Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dal diritto di quest’altro Stato membro e, in particolare, sia soddisfatto il criterio di collegamento fissato da quest’ultimo. Ne consegue che il fatto che venga trasferita soltanto la sede sociale – e non l’amministrazione centrale o il centro di attività principale – di per sé non escluderebbe l’applicabilità della libertà di stabilimento in virtù dell’articolo 49 TFUE.

16      Peraltro, secondo tale disposizione, la libertà di stabilimento comprenderebbe non solo la costituzione ma anche la «gestione di imprese». Le attività di gestione dovrebbero essere svolte, conformemente al considerando 2 della direttiva 2019/2121, alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento, vale a dire, nel caso di specie, il Granducato di Lussemburgo.

17      Alla luce di tali considerazioni, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 49 e 54 [TFUE] ostino a che uno Stato membro, in cui è stata originariamente costituita una società (società a responsabilità limitata), applichi alla stessa le disposizioni di diritto nazionale relative al funzionamento e alla gestione della società qualora la società, trasferita la sede e ricostituita la società secondo il diritto dello Stato membro di destinazione, mantenga il centro della sua attività nello Stato membro di partenza e l’atto di gestione in questione incida in modo determinante sull’attività della società».

 Sulla questione pregiudiziale

18      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare la questione ad essa sottoposta. A tale proposito, la Corte può trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto del procedimento principale [sentenza del 16 febbraio 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Figlio in gestazione al momento della domanda di asilo), C‑745/21, EU:C:2023:113, punto 43].

19      Nella presente causa, il giudice del rinvio chiede alla Corte se gli articoli 49 e 54 TFUE ostino a che gli atti di gestione di una società che si trovi nella situazione della STE siano disciplinati dal diritto italiano, facendo riferimento alla circostanza che tale società è stata costituita come società di uno Stato membro, ossia la Repubblica italiana, e che essa ha successivamente trasferito la propria sede sociale e si è costituita secondo il diritto di un altro Stato membro, ossia il Granducato di Lussemburgo, pur mantenendo il centro della propria attività nel primo Stato membro.

20      Orbene, dalle informazioni di cui dispone la Corte, che spetta al giudice del rinvio verificare, risulta che non è stata imposta alcuna restrizione in occasione di tale trasferimento e di tale trasformazione societaria.

21      Poiché il trasferimento della sede sociale e la trasformazione della società italiana STA nella società lussemburghese STE non fanno quindi parte delle circostanze pertinenti al fine di rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio, occorre riformulare la questione pregiudiziale nel senso che tale giudice chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 54 TFUE ostino alla normativa di uno Stato membro che prevede, in via generale, l’applicazione del suo diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro.

22      A tale riguardo, occorre, in primo luogo, stabilire se la situazione di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito della libertà di stabilimento.

23      L’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, accorda il beneficio della libertà di stabilimento alle società costituite in conformità alla legislazione di uno Stato membro e con la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione europea (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 32).

24      In virtù dell’articolo 49, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento delle società citate in quest’ultimo articolo comporta, in particolare, la costituzione e la gestione di tali società alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento per le proprie società (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 33).

25      Peraltro, dette società hanno il diritto di svolgere la loro attività in un altro Stato membro, e la localizzazione della loro sede sociale, della loro amministrazione centrale o del loro centro di attività principale serve a determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2002, Überseering, C‑208/00, EU:C:2002:632, punto 57).

26      In assenza di uniformazione nel diritto dell’Unione, la definizione del criterio di collegamento che determina il diritto nazionale applicabile ad una società rientra, conformemente all’articolo 54 TFUE, nella competenza di ciascuno Stato membro, avendo tale articolo posto sullo stesso piano la sede sociale, l’amministrazione centrale e il centro d’attività principale di una società come criteri di collegamento (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 34).

27      Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta, innanzitutto, che la STE è stata costituita nel 2004 come società lussemburghese, inoltre, che tale società ha la propria sede sociale in Lussemburgo e, infine, che essa svolge la parte principale delle sue attività in un altro Stato membro, ossia la Repubblica italiana.

28      Alla luce della giurisprudenza di cui ai punti da 23 a 26 della presente sentenza, si deve ritenere che la situazione di tale società e, in particolare, gli atti di gestione da essa adottati in relazione alle attività che svolge in Italia rientrino nell’ambito della libertà di stabilimento.

29      Ciò premesso, occorre determinare, in secondo luogo, se la normativa di uno Stato membro che prevede l’applicazione del proprio diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro in ragione del fatto che tale società svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.

30      Devono essere considerate restrizioni alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attrattivo l’esercizio di tale libertà (sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France, C‑442/02, EU:C:2004:586, punto 11, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 46).

31      Orbene, occorre rilevare che una normativa di uno Stato membro, ai sensi della quale le società stabilite in un altro Stato membro che svolgono la parte principale delle loro attività nel primo Stato membro devono rispettare, nella realizzazione dei loro atti di gestione, oltre agli obblighi eventualmente derivanti dal diritto del loro Stato membro di stabilimento, il diritto del primo Stato membro, potrebbe rendere più difficile la gestione di tali società, in quanto potrebbe obbligarle a conformarsi ai requisiti imposti da entrambi tali diritti.

32      Ne consegue che una siffatta normativa può rendere meno attrattivo l’esercizio della libertà di stabilimento e costituisce, di conseguenza, un ostacolo all’esercizio della libertà di stabilimento.

33      Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che la STE è una società di diritto lussemburghese, la cui sede sociale si trova in Lussemburgo. Tuttavia, dall’ordinanza di rinvio risulta altresì che, per quanto riguarda i suoi atti di gestione, l’applicazione dell’articolo 25, paragrafo 1, seconda frase, della legge n. 218/1995 assoggetta tale società al diritto italiano, per il solo motivo che essa svolge la parte principale delle sue attività in Italia.

34      In tali circostanze, una società che si trovi nella situazione della STE potrebbe essere assoggettata, cumulativamente, tanto al diritto lussemburghese quanto al diritto italiano. Orbene, una siffatta applicazione cumulativa del diritto di due Stati membri può rendere più difficile la gestione di tale società.

35      Occorre pertanto analizzare, in terzo luogo, se una restrizione alla libertà di stabilimento risultante da una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale possa essere nondimeno giustificata.

36      Risulta da costante giurisprudenza che una restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo se giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Occorre inoltre che essa sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo da essa perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer, C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 35, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 52).

37      Al riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che il giudice del rinvio non indica le ragioni che giustifichino la restrizione alla libertà di stabilimento derivante dall’applicazione dell’articolo 25, paragrafo 1, seconda frase, della legge n. 218/1995 agli atti di gestione di una società validamente costituita in virtù del diritto di un altro Stato membro e che svolge la parte principale delle sue attività sul territorio italiano. Tali indicazioni non risultano neppure dal tenore letterale di detta disposizione né da quello dell’articolo 2381 del codice civile.

38      Per contro, dalle memorie del governo italiano risulta, sotto un primo profilo, che la restrizione alla libertà di stabilimento di cui trattasi è giustificata dall’obiettivo di tutela dei soci, dei creditori, dei dipendenti e dei terzi.

39      A tal proposito, va ricordato che la tutela degli interessi dei creditori, dei lavoratori e dei soci di minoranza figura tra i motivi imperativi d’interesse generale riconosciuti dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

40      Pertanto, gli articoli 49 e 54 TFUE non ostano, in linea di principio, a misure di uno Stato membro dirette a far sì che gli interessi dei creditori, dei soci di minoranza e dei lavoratori di una società, che è stata costituita conformemente al diritto di un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel territorio nazionale, non siano indebitamente lesi.

41      Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 36 della presente sentenza, la restrizione di cui trattasi nel procedimento principale deve essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di tutela dei creditori, dei soci di minoranza e dei lavoratori e non deve eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo.

42      Orbene, se l’articolo 25, paragrafo 1, seconda frase, della legge n. 218/1995 dovesse essere interpretato nel senso di implicare che qualsiasi atto di gestione di una società validamente costituita secondo il diritto di un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività in Italia debba essere assoggettato alla normativa italiana, non sarebbe possibile verificare l’esistenza, in un caso concreto, di un rischio di lesione degli interessi dei creditori, dei soci di minoranza o dei lavoratori. Infatti, occorre precisare che tale rischio può dipendere, in particolare, dal tipo di atto adottato e variare in funzione della composizione dell’assetto societario della società di cui trattasi. Inoltre, la normativa dello Stato membro in cui si è costituita la società in questione può aver preso in considerazione tali interessi, circostanza di cui l’applicazione automatica della normativa italiana non consente di tener conto.

43      Ciò considerato, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di tutela degli interessi menzionati al punto 39 della presente sentenza.

44      Sotto un secondo profilo, il governo italiano sostiene che la normativa nazionale di cui al procedimento principale mira a contrastare le pratiche abusive, ostacolando comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica.

45      A tal proposito, occorre ricordare che gli Stati membri possono certamente adottare tutte le misure tali da prevenire o sanzionare le frodi (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1999, Centros, C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 38, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 61).

46      Peraltro, la repressione della frode e dell’evasione fiscale può giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento di cui all’articolo 49 TFUE a condizione che l’obiettivo specifico della restrizione stessa sia di impedire condotte consistenti nella creazione di costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, finalizzate a eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55, nonché del 20 gennaio 2021, Lexel, C‑484/19, EU:C:2021:34, punto 49).

47      Tuttavia, la Corte ha statuito, da un lato, che il fatto di stabilire la sede, legale o effettiva, di una società in conformità alla legislazione di uno Stato membro al fine di beneficiare di una legislazione più vantaggiosa non costituisce di per sé un abuso (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1999, Centros, C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 27, e del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 40).

48      Dall’altro lato, la mera circostanza che una società, pur avendo la propria sede in uno Stato membro, svolga la parte principale delle sue attività in un altro Stato membro non può fondare una presunzione generale di frode, né giustificare una misura che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato (v., per analogia, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 63).

49      Orbene, nel caso di specie, se la normativa di cui trattasi nel procedimento principale dovesse essere interpretata nel senso che impone l’applicazione sistematica della legge italiana a qualsiasi atto di gestione di una società avente sede in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività in Italia, essa equivarrebbe a introdurre una presunzione secondo cui i comportamenti di tale società sarebbero abusivi. Alla luce delle considerazioni esposte ai punti 47 e 48 della presente sentenza, una normativa di questo tipo sarebbe sproporzionata (v., per analogia, sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 64).

50      Considerato quanto precede, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che prevede, in via generale, l’applicazione del suo diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro.

 Sulle spese

51      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che:

ostano alla normativa di uno Stato membro che prevede, in via generale, l’applicazione del suo diritto nazionale agli atti di gestione di una società stabilita in un altro Stato membro ma che svolge la parte principale delle sue attività nel primo Stato membro.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.

Provvedimento in causa n. C-276/22 del 25/04/2024