ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
25 luglio 2023 (*)
«Ricorso per risarcimento danni – Politica economica e monetaria – Dichiarazione della presidente della BCE nel corso di una conferenza stampa – Ripartizione delle competenze tra gli organi della BCE – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Nesso causale – Ricorso manifestamente infondato in diritto»
Nella causa T‑131/23,
Anna Nardi, residente a Napoli (Italia), rappresentata da M. De Siena, avvocata,
ricorrente,
contro
Banca centrale europea (BCE), rappresentata da O. Heinz, M. Ioannidis, L. Cardone e M. Szablewska, in qualità di agenti,
convenuta,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),
composto da R. da Silva Passos (relatore), presidente, N. Półtorak e T. Pynnä, giudici,
cancelliere: V. Di Bucci
vista la fase scritta del procedimento,
ha emesso la seguente
Ordinanza
1 Con ricorso ai sensi dell’articolo 268 TFUE, la ricorrente, sig.ra Anna Nardi, chiede il risarcimento dei danni che avrebbe subito a seguito di una dichiarazione rilasciata dalla presidente della Banca centrale europea (BCE) il 12 marzo 2020.
Fatti
2 La ricorrente è un’imprenditrice italiana. Tra il 5 e il 12 marzo 2020, ella ha acquistato diversi titoli finanziari a effetto leva denominati «SI FTSE.COPERP», per un importo totale di EUR 770 856,16 (in prosieguo: i «titoli a effetto leva»). Mediante l’effetto leva applicato a tali titoli, i guadagni giornalieri generati dall’importo investito potevano essere moltiplicati per sette, e tale fattore moltiplicatore si applicava anche alle perdite giornaliere.
3 Il 12 marzo 2020, nel corso di una conferenza stampa intesa a presentare le misure adottate dal consiglio direttivo della BCE in risposta alla pandemia di COVID-19, la presidente della BCE ha dichiarato che «[la BCE] [avrebbe risposto] all’appello, utilizzando tutta la [sua] flessibilità, ma [che essa] non [era] lì per ridurre gli “spread” [dei tassi di interesse]», per poi chiarire che «[c]iò non [era] né [la] funzione né [il] compito [della BCE]» (in prosieguo: la «dichiarazione controversa»).
4 Lo stesso giorno, l’indice azionario della Borsa di Milano (Italia) ha registrato un calo del 16,92%.
5 Il 26 maggio 2021 la ricorrente ha inviato alla BCE una lettera in cui affermava, in particolare, che la dichiarazione controversa aveva comportato una diminuzione del valore dei titoli a effetto leva di livello equivalente all’importo che ella aveva investito acquistando tali titoli. Pertanto, con la medesima lettera, la ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni che avrebbe subito a causa della dichiarazione controversa.
6 Con messaggio di posta elettronica del 13 ottobre 2021, la BCE ha respinto la domanda di risarcimento presentata dalla ricorrente.
Conclusioni delle parti
7 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– condannare la BCE al risarcimento dei danni che ella avrebbe subito a causa della dichiarazione controversa, corrispondenti, in primo luogo, a un danno patrimoniale stimato in EUR 1 538 808,12, e in secondo luogo, a un danno morale stimato in EUR 500 000, importi che, in subordine, dovranno essere liquidati dal Tribunale e, in ogni caso, maggiorati degli interessi di mora da calcolarsi a decorrere dal 12 marzo 2020 e fino all’effettivo risarcimento;
– condannare la BCE a versarle un importo fissato dal Tribunale secondo equità, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance che ella avrebbe subito;
– condannare la BCE alle spese.
8 La BCE chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso in quanto manifestamente irricevibile o, in ogni caso, manifestamente infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
9 Ai sensi dell’articolo 126 del regolamento di procedura del Tribunale, quando è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o quando il ricorso è manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale, su proposta del giudice relatore, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento.
10 Nel caso di specie, il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa e decide di statuire senza proseguire il procedimento.
11 La ricorrente afferma che, a seguito della dichiarazione controversa, il valore dei titoli a effetto leva è sceso dell’81,54%. In particolare, ella sottolinea che, trattandosi di titoli con un effetto leva che moltiplica per sette le perdite subite (v. punto 2 supra), ogni diminuzione di oltre il 14% di detti titoli comporterebbe una perdita totale del loro valore, impedendo quindi che essi tornino al loro valore iniziale e generino profitti.
12 Di conseguenza, la BCE dovrebbe essere condannata, a titolo di responsabilità extracontrattuale, a risarcire diversi danni subiti dalla ricorrente e che consistono in sostanza, da un lato, in un danno patrimoniale corrispondente all’81,54% dell’importo di acquisto dei titoli a effetto leva, nel lucro cessante e in una perdita di chance, legati ai profitti che la ricorrente avrebbe potuto ricavare dalla cessione, a un prezzo più elevato, di tali titoli e, dall’altro, in un danno morale stimato in EUR 500 000.
13 Ai sensi dell’articolo 340, terzo comma, TFUE, la BCE deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati da essa stessa o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.
14 Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE, ai sensi di tale disposizione, presuppone che sia soddisfatto un insieme di condizioni aventi carattere cumulativo, vale a dire l’illegittimità del comportamento imputato alla BCE, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento asserito e il danno lamentato. Dato il carattere cumulativo di tali condizioni, il ricorso deve essere respinto nel suo insieme quando anche solo una di esse non sia soddisfatta (sentenze del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punti 65 e 66; del 24 gennaio 2017, Nausicaa Anadyomène e Banque d’escompte/BCE, T‑749/15, non pubblicata, EU:T:2017:21, punto 68, e del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punti 52 e 143).
15 Per quanto riguarda la condizione relativa all’illegittimità del comportamento imputato alla BCE, la giurisprudenza esige che sia dimostrata l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 67 e giurisprudenza citata). In proposito, una norma giuridica è preordinata a conferire diritti ai singoli qualora generi un vantaggio che può essere definito diritto acquisito, abbia lo scopo di tutelare gli interessi dei singoli o implichi l’attribuzione di diritti a favore dei singoli il cui contenuto possa essere adeguatamente individuato (v. sentenza del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 140 e giurisprudenza citata).
16 È stato pertanto dichiarato, in merito a disposizioni di natura istituzionale, che tali disposizioni non potevano essere qualificate come norme giuridiche che conferiscono diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2007, Fédération des industries condimentaires de France e a./Commissione, T‑90/03, non pubblicata, EU:T:2007:208, punto 61; ordinanze del 27 ottobre 2008, Pellegrini/Commissione, T‑375/07, non pubblicata, EU:T:2008:466, punto 19, e del 10 dicembre 2021, Intersagunto Terminales/Spagna e Commissione, T‑626/21, non pubblicata, EU:T:2021:908, punto 16).
17 Del pari, dalla giurisprudenza risulta che il mancato rispetto del sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni dell’Unione europea, che mira a garantire il rispetto dell’equilibrio istituzionale contemplato dai Trattati e non la tutela dei singoli, non può, di per sé, essere sufficiente a far sorgere la responsabilità dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. Non potrebbe dirsi lo stesso qualora una misura dell’Unione fosse adottata in spregio non solo della ripartizione delle competenze fra le istituzioni, ma anche, quanto alle sue disposizioni sostanziali, di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli (v. sentenza del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C‑221/10 P, EU:C:2012:216, punto 81 e giurisprudenza citata). Dato che l’articolo 340, secondo comma, TFUE relativo alla responsabilità extracontrattuale dell’Unione, prevede le medesime condizioni sostanziali di quelle previste all’articolo 340, terzo comma TFUE, tale giurisprudenza si applica anche nel contesto di un ricorso volto a far dichiarare la responsabilità extracontrattuale della BCE (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2016, IPSO/BCE, T‑713/14, EU:T:2016:727, punto 155 e giurisprudenza citata).
18 Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che, con la dichiarazione controversa, la presidente della BCE ha violato l’articolo 127 TFUE, gli articoli 3, da 10 a 13 e 38 del protocollo n. 4 sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della BCE (in prosieguo: lo «statuto del SEBC e della BCE»), nonché gli articoli 17.2 e 17.3 della decisione 2004/257/CE della BCE, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della BCE (GU 2004, L 80, pag. 33).
19 Occorre anzitutto rilevare che la ricorrente non afferma di essere titolare di diritti soggettivi derivanti da tali disposizioni, e neanche che queste ultime siano idonee a conferire diritti ai singoli. Infatti, la ricorrente ritiene che, pronunciando la dichiarazione controversa, la presidente della BCE abbia commesso un abuso di potere ed abbia ecceduto le proprie competenze modificando unilateralmente l’orientamento della politica monetaria della zona euro, mentre, in forza delle predette disposizioni, la determinazione di un tale orientamento rientra nella competenza esclusiva del consiglio direttivo della BCE.
20 Per quanto riguarda nello specifico le disposizioni di cui la ricorrente lamenta la violazione, in primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 127, paragrafo 1, TFUE prevede che l’obiettivo principale della politica monetaria dell’Unione è il mantenimento della stabilità dei prezzi e che, fatto salvo tale obiettivo, il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) sostiene le politiche economiche generali nell’Unione, al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest’ultima, definiti nell’articolo 3 TUE. L’articolo 127, paragrafi 2 e 3, TFUE elenca i compiti fondamentali del SEBC, che consistono nel definire e attuare la politica monetaria dell’Unione, nello svolgere le operazioni sui cambi, nel detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri, senza pregiudicare la detenzione e la gestione da parte dei loro governi di saldi operativi in valuta estera, e nel promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. L’articolo 127, paragrafo 5, TFUE stabilisce che il SEBC contribuisce ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario. Infine, dall’articolo 127, paragrafi 4 e 6, TFUE risulta che la BCE deve essere consultata prima dell’adozione di qualsiasi atto dell’Unione o nazionale che rientri nelle sue competenze, che essa può, nei limiti di tali competenze, formulare pareri da sottoporre alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione o alle autorità nazionali e che il Consiglio dell’Unione europea può affidarle compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese di assicurazione.
21 Ne consegue che l’articolo 127 TFUE mira, nel contempo, a stabilire gli obiettivi, in termini generali, della politica monetaria dell’Unione e a determinare i mezzi a disposizione del SEBC per attuare tale politica nonché talune modalità specifiche dell’azione della BCE rispetto alle altre istituzioni dell’Unione e alle autorità nazionali. In quanto norma volta a determinare gli obiettivi della politica monetaria dell’Unione e attributiva di competenze al SEBC e alla BCE in tale settore, l’articolo 127 TFUE ha natura istituzionale e non è inteso a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 2022, QI e a./Commissione e BCE, T‑868/16, con impugnazione pendente, EU:T:2022:58, punto 100).
22 La medesima conclusione si impone con riferimento all’articolo 3 dello statuto del SEBC e della BCE, che ha il solo scopo di definire i compiti del SEBC, operando un rinvio esplicito a talune disposizioni dell’articolo 127 TFUE.
23 In secondo luogo, gli articoli 10 e 11 dello statuto del SEBC e della BCE riguardano gli organi decisionali della BCE, che sono, rispettivamente, il consiglio direttivo e il comitato esecutivo. Tali disposizioni si limitano a disciplinare la composizione di tali organi e le modalità di adozione delle decisioni al loro interno. Pertanto, tali disposizioni hanno natura istituzionale e non sono intese a conferire diritti ai singoli.
24 In terzo luogo, l’articolo 12 dello statuto del SEBC e della BCE, intitolato «Responsabilità degli organi decisionali», dispone che, da un lato, il consiglio direttivo della BCE «adotta gli indirizzi e prende le decisioni necessarie ad assicurare l’assolvimento dei compiti affidati al SEBC», «formula la politica monetaria dell’Unione ivi comprese, a seconda dei casi, le decisioni relative agli obiettivi monetari intermedi, ai tassi di interesse guida e all’offerta di riserve nel SEBC», «stabilisce i necessari indirizzi per la loro attuazione» (articolo 12.1, primo comma), adotta «il regolamento interno che determina l’organizzazione interna della BCE e dei suoi organi decisionali» (articolo 12.3) e talune decisioni in materia di cooperazione internazionale (articolo 12.5) ed esercita determinate funzioni consultive (articolo 12.4). Dall’altro lato, conformemente alla stessa disposizione, il comitato esecutivo della BCE «attua la politica monetaria secondo le decisioni e gli indirizzi stabiliti dal consiglio direttivo», «impart[isce] le necessarie istruzioni alle banche centrali nazionali», «[può ricevere delega di] taluni poteri quando lo decide il consiglio direttivo» (articolo 12.1, secondo comma), e «ha il compito di preparare le riunioni del consiglio direttivo» (articolo 12.2).
25 Di conseguenza, l’articolo 12 dello statuto del SEBC e della BCE ha come unico oggetto la ripartizione delle competenze tra gli organi decisionali della BCE e non costituisce, pertanto, una disposizione intesa a conferire diritti ai singoli.
26 Allo stesso modo, l’articolo 13 dello statuto del SEBC e della BCE si limita a disciplinare le attribuzioni del presidente della BCE, il quale «presiede il consiglio direttivo e il comitato esecutivo della BCE» e «rappresenta la BCE all’esterno». Di conseguenza, non si può ritenere che tale disposizione conferisca diritti ai singoli.
27 In quarto luogo, l’articolo 38 dello statuto del SEBC e della BCE, intitolato «Poteri di firma», dispone che «[l]a BCE è giuridicamente vincolata nei confronti di terzi dal suo presidente o due membri del comitato esecutivo ovvero dalla firma di due membri del personale della BCE che siano stati debitamente autorizzati dal presidente a firmare per conto della BCE». Neppure tale disposizione, che si limita a stabilire le condizioni di forma in base alle quali gli atti della BCE sono giuridicamente vincolanti nei confronti dei terzi, è intesa a conferire diritti ai singoli che il ricorrente potrebbe far valere nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale.
28 La stessa conclusione deve essere tratta in relazione, da un lato, all’articolo 17.2 della decisione 2004/257, che riguarda le condizioni relative alla motivazione, alla notifica e alla pubblicazione degli indirizzi adottati dal consiglio direttivo della BCE e, dall’altro, all’articolo 17.3 della medesima decisione, riguardante la delega, da parte del consiglio direttivo della BCE, dei suoi poteri normativi al comitato esecutivo.
29 Infine, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente in base al quale la presidente della BCE, rilasciando la dichiarazione controversa, avrebbe commesso un «abuso di potere», occorre constatare che tale argomento non è oggetto di alcuno sviluppo specifico nel ricorso. Infatti, un tale abuso è presentato solo come una conseguenza dell’asserita violazione, da parte della presidente della BCE, delle disposizioni di cui al precedente punto 18. Di conseguenza, dato che tali disposizioni non sono intese a conferire diritti ai singoli, lo stesso deve valere con riferimento all’abuso di potere dedotto nel ricorso.
30 Da quanto precede risulta che, a sostegno del suo ricorso, la ricorrente non ha dedotto la violazione di alcuna norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, cosicché la prima delle tre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE, di cui al precedente punto 14, risulta manifestamente non soddisfatta.
31 Inoltre, per quanto riguarda la condizione per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE relativa al nesso causale, occorre ricordare che essa concerne l’esistenza di un rapporto di causa‑effetto sufficientemente diretto tra il comportamento addebitato a detta istituzione e il danno, nesso di cui spetta al ricorrente fornire la prova, di modo che il comportamento addebitato deve essere la causa determinante del danno (sentenza del 13 dicembre 2018, Unione europea/ASPLA e Armando Álvarez, C‑174/17 P e C‑222/17 P, EU:C:2018:1015, punto 23 e giurisprudenza citata).
32 Nel caso di specie, tuttavia, per quanto riguarda l’asserito danno patrimoniale corrispondente all’81,54% dell’importo di acquisto dei titoli a effetto leva, la ricorrente non dimostra che la diminuzione di valore registrata da tali titoli sia stata direttamente imputabile alla dichiarazione controversa.
33 Da un lato, è vero che la ricorrente si basa sulla relazione di un esperto contabile da cui risulta che il crollo dell’indice borsistico di Milano, il 12 marzo 2020, era imputabile alla dichiarazione controversa e che tale crollo ha comportato la diminuzione di valore dei titoli a effetto leva. Tuttavia, occorre rilevare che una siffatta relazione è stata redatta, su richiesta della ricorrente, dal suo «consulente [finanziario] di fiducia», ai fini della proposizione del presente ricorso. Pertanto, a detta relazione deve essere attribuito un valore probatorio fortemente limitato (v., per analogia, sentenza del 5 maggio 2021, ITD e Danske Fragtmænd/Commissione, T‑561/18, EU:T:2021:240, punto 122).
34 Dall’altro lato, dagli altri elementi di prova prodotti dalla ricorrente risulta che, dal febbraio 2020, ossia diversi giorni prima della dichiarazione controversa, datata 12 marzo 2020, il valore dei titoli a effetto leva aveva iniziato a subire un forte calo, che si è protratto dopo detta dichiarazione.
35 A tal riguardo, occorre sottolineare che l’acquisto da parte di un investitore di titoli finanziari costituisce, per definizione, un’operazione che comporta un certo rischio finanziario, in quanto è soggetta all’alea dell’andamento dei mercati dei capitali. Ciò vale a maggior ragione nel caso di specie, dato che la ricorrente ha scelto di acquistare titoli particolarmente rischiosi, poiché colpiti da un effetto leva che poteva comportare la moltiplicazione per sette non solo degli utili generati da un investimento, ma anche delle perdite subite a seguito di quest’ultimo (v. punto 2 supra). Inoltre, secondo un documento prodotto dalla ricorrente, l’istituto bancario emittente di tali titoli aveva attribuito loro un coefficiente di rischio di 7, su una scala da 1 a 7.
36 È quindi evidente che la ricorrente non ha dimostrato che la dichiarazione controversa sia stata la causa diretta dell’asserito danno patrimoniale corrispondente all’81,54% dell’importo della perdita di valore dei titoli a effetto leva. Di conseguenza, non si può neppure ritenere che la ricorrente abbia dimostrato che la dichiarazione controversa sia stata la causa diretta dei danni costituiti, come sostiene, da un lucro cessante e da una perdita di chance, entrambi corrispondenti ai profitti che ella avrebbe, rispettivamente, ottenuto o potuto ottenere dalla cessione, a un prezzo più elevato, dei titoli a effetto leva.
37 Allo stesso modo, per quanto riguarda l’asserito danno morale, la ricorrente rileva che, a seguito della perdita di valore dei titoli a effetto leva, ella appariva come un’imprenditrice che aveva perso una parte sostanziale del suo patrimonio, il che ha pregiudicato la sua reputazione, in particolare presso il sistema bancario. Tuttavia, dal momento che la ricorrente non ha dimostrato il nesso di causalità tra la dichiarazione controversa e la perdita di valore dei titoli a effetto leva (v. punto 36 supra), ella non può ulteriormente sostenere che detta dichiarazione si trova all’origine del danno morale dedotto, conseguito, come asserisce, a una siffatta perdita di valore.
38 Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta manifesto che le condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE relative all’esistenza, da un lato, di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, e, dall’altro, di un nesso di causalità tra il comportamento contestato e il danno lamentato, non sono soddisfatte. Pertanto, il ricorso deve essere integralmente respinto in quanto manifestamente infondato in diritto, senza che sia necessario esaminare l’ulteriore condizione per il sorgere di una siffatta responsabilità, relativa all’esistenza di un danno reale e certo, né le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla BCE nel suo controricorso.
Sulle spese
39 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della BCE.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
così provvede:
1) Il ricorso è respinto in quanto manifestamente infondato in diritto.
2) La sig.ra Anna Nardi è condannata alle spese.
Lussemburgo, 25 luglio 2023
Il cancelliere |
Il presidente |
V. Di Bucci |
R. da Silva Passos |
* Lingua processuale: l’italiano.
![]() ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione) 25 luglio 2023 (*) «Ricorso per risarcimento danni – Politica economica e monetaria – Dichiarazione della presidente della BCE nel corso di una conferenza stampa – Ripartizione delle competenze tra gli organi della BCE – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Nesso causale – Ricorso manifestamente infondato in diritto» Nella causa T‑131/23, Anna Nardi, residente a Napoli (Italia), rappresentata da M. De Siena, avvocata, ricorrente, contro Banca centrale europea (BCE), rappresentata da O. Heinz, M. Ioannidis, L. Cardone e M. Szablewska, in qualità di agenti, convenuta, IL TRIBUNALE (Quarta Sezione), composto da R. da Silva Passos (relatore), presidente, N. Półtorak e T. Pynnä, giudici, cancelliere: V. Di Bucci vista la fase scritta del procedimento, ha emesso la seguente Ordinanza 1 Con ricorso ai sensi dell’articolo 268 TFUE, la ricorrente, sig.ra Anna Nardi, chiede il risarcimento dei danni che avrebbe subito a seguito di una dichiarazione rilasciata dalla presidente della Banca centrale europea (BCE) il 12 marzo 2020. Fatti 2 La ricorrente è un’imprenditrice italiana. Tra il 5 e il 12 marzo 2020, ella ha acquistato diversi titoli finanziari a effetto leva denominati «SI FTSE.COPERP», per un importo totale di EUR 770 856,16 (in prosieguo: i «titoli a effetto leva»). Mediante l’effetto leva applicato a tali titoli, i guadagni giornalieri generati dall’importo investito potevano essere moltiplicati per sette, e tale fattore moltiplicatore si applicava anche alle perdite giornaliere. 3 Il 12 marzo 2020, nel corso di una conferenza stampa intesa a presentare le misure adottate dal consiglio direttivo della BCE in risposta alla pandemia di COVID-19, la presidente della BCE ha dichiarato che «[la BCE] [avrebbe risposto] all’appello, utilizzando tutta la [sua] flessibilità, ma [che essa] non [era] lì per ridurre gli “spread” [dei tassi di interesse]», per poi chiarire che «[c]iò non [era] né [la] funzione né [il] compito [della BCE]» (in prosieguo: la «dichiarazione controversa»). 4 Lo stesso giorno, l’indice azionario della Borsa di Milano (Italia) ha registrato un calo del 16,92%. 5 Il 26 maggio 2021 la ricorrente ha inviato alla BCE una lettera in cui affermava, in particolare, che la dichiarazione controversa aveva comportato una diminuzione del valore dei titoli a effetto leva di livello equivalente all’importo che ella aveva investito acquistando tali titoli. Pertanto, con la medesima lettera, la ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni che avrebbe subito a causa della dichiarazione controversa. 6 Con messaggio di posta elettronica del 13 ottobre 2021, la BCE ha respinto la domanda di risarcimento presentata dalla ricorrente. Conclusioni delle parti 7 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: – condannare la BCE al risarcimento dei danni che ella avrebbe subito a causa della dichiarazione controversa, corrispondenti, in primo luogo, a un danno patrimoniale stimato in EUR 1 538 808,12, e in secondo luogo, a un danno morale stimato in EUR 500 000, importi che, in subordine, dovranno essere liquidati dal Tribunale e, in ogni caso, maggiorati degli interessi di mora da calcolarsi a decorrere dal 12 marzo 2020 e fino all’effettivo risarcimento; – condannare la BCE a versarle un importo fissato dal Tribunale secondo equità, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance che ella avrebbe subito; – condannare la BCE alle spese. 8 La BCE chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso in quanto manifestamente irricevibile o, in ogni caso, manifestamente infondato; – condannare la ricorrente alle spese. In diritto 9 Ai sensi dell’articolo 126 del regolamento di procedura del Tribunale, quando è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o quando il ricorso è manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale, su proposta del giudice relatore, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento. 10 Nel caso di specie, il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa e decide di statuire senza proseguire il procedimento. 11 La ricorrente afferma che, a seguito della dichiarazione controversa, il valore dei titoli a effetto leva è sceso dell’81,54%. In particolare, ella sottolinea che, trattandosi di titoli con un effetto leva che moltiplica per sette le perdite subite (v. punto 2 supra), ogni diminuzione di oltre il 14% di detti titoli comporterebbe una perdita totale del loro valore, impedendo quindi che essi tornino al loro valore iniziale e generino profitti. 12 Di conseguenza, la BCE dovrebbe essere condannata, a titolo di responsabilità extracontrattuale, a risarcire diversi danni subiti dalla ricorrente e che consistono in sostanza, da un lato, in un danno patrimoniale corrispondente all’81,54% dell’importo di acquisto dei titoli a effetto leva, nel lucro cessante e in una perdita di chance, legati ai profitti che la ricorrente avrebbe potuto ricavare dalla cessione, a un prezzo più elevato, di tali titoli e, dall’altro, in un danno morale stimato in EUR 500 000. 13 Ai sensi dell’articolo 340, terzo comma, TFUE, la BCE deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati da essa stessa o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. 14 Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE, ai sensi di tale disposizione, presuppone che sia soddisfatto un insieme di condizioni aventi carattere cumulativo, vale a dire l’illegittimità del comportamento imputato alla BCE, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento asserito e il danno lamentato. Dato il carattere cumulativo di tali condizioni, il ricorso deve essere respinto nel suo insieme quando anche solo una di esse non sia soddisfatta (sentenze del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punti 65 e 66; del 24 gennaio 2017, Nausicaa Anadyomène e Banque d’escompte/BCE, T‑749/15, non pubblicata, EU:T:2017:21, punto 68, e del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punti 52 e 143). 15 Per quanto riguarda la condizione relativa all’illegittimità del comportamento imputato alla BCE, la giurisprudenza esige che sia dimostrata l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 67 e giurisprudenza citata). In proposito, una norma giuridica è preordinata a conferire diritti ai singoli qualora generi un vantaggio che può essere definito diritto acquisito, abbia lo scopo di tutelare gli interessi dei singoli o implichi l’attribuzione di diritti a favore dei singoli il cui contenuto possa essere adeguatamente individuato (v. sentenza del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 140 e giurisprudenza citata). 16 È stato pertanto dichiarato, in merito a disposizioni di natura istituzionale, che tali disposizioni non potevano essere qualificate come norme giuridiche che conferiscono diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2007, Fédération des industries condimentaires de France e a./Commissione, T‑90/03, non pubblicata, EU:T:2007:208, punto 61; ordinanze del 27 ottobre 2008, Pellegrini/Commissione, T‑375/07, non pubblicata, EU:T:2008:466, punto 19, e del 10 dicembre 2021, Intersagunto Terminales/Spagna e Commissione, T‑626/21, non pubblicata, EU:T:2021:908, punto 16). 17 Del pari, dalla giurisprudenza risulta che il mancato rispetto del sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni dell’Unione europea, che mira a garantire il rispetto dell’equilibrio istituzionale contemplato dai Trattati e non la tutela dei singoli, non può, di per sé, essere sufficiente a far sorgere la responsabilità dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. Non potrebbe dirsi lo stesso qualora una misura dell’Unione fosse adottata in spregio non solo della ripartizione delle competenze fra le istituzioni, ma anche, quanto alle sue disposizioni sostanziali, di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli (v. sentenza del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C‑221/10 P, EU:C:2012:216, punto 81 e giurisprudenza citata). Dato che l’articolo 340, secondo comma, TFUE relativo alla responsabilità extracontrattuale dell’Unione, prevede le medesime condizioni sostanziali di quelle previste all’articolo 340, terzo comma TFUE, tale giurisprudenza si applica anche nel contesto di un ricorso volto a far dichiarare la responsabilità extracontrattuale della BCE (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2016, IPSO/BCE, T‑713/14, EU:T:2016:727, punto 155 e giurisprudenza citata). 18 Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che, con la dichiarazione controversa, la presidente della BCE ha violato l’articolo 127 TFUE, gli articoli 3, da 10 a 13 e 38 del protocollo n. 4 sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della BCE (in prosieguo: lo «statuto del SEBC e della BCE»), nonché gli articoli 17.2 e 17.3 della decisione 2004/257/CE della BCE, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della BCE (GU 2004, L 80, pag. 33). 19 Occorre anzitutto rilevare che la ricorrente non afferma di essere titolare di diritti soggettivi derivanti da tali disposizioni, e neanche che queste ultime siano idonee a conferire diritti ai singoli. Infatti, la ricorrente ritiene che, pronunciando la dichiarazione controversa, la presidente della BCE abbia commesso un abuso di potere ed abbia ecceduto le proprie competenze modificando unilateralmente l’orientamento della politica monetaria della zona euro, mentre, in forza delle predette disposizioni, la determinazione di un tale orientamento rientra nella competenza esclusiva del consiglio direttivo della BCE. 20 Per quanto riguarda nello specifico le disposizioni di cui la ricorrente lamenta la violazione, in primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 127, paragrafo 1, TFUE prevede che l’obiettivo principale della politica monetaria dell’Unione è il mantenimento della stabilità dei prezzi e che, fatto salvo tale obiettivo, il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) sostiene le politiche economiche generali nell’Unione, al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest’ultima, definiti nell’articolo 3 TUE. L’articolo 127, paragrafi 2 e 3, TFUE elenca i compiti fondamentali del SEBC, che consistono nel definire e attuare la politica monetaria dell’Unione, nello svolgere le operazioni sui cambi, nel detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri, senza pregiudicare la detenzione e la gestione da parte dei loro governi di saldi operativi in valuta estera, e nel promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. L’articolo 127, paragrafo 5, TFUE stabilisce che il SEBC contribuisce ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario. Infine, dall’articolo 127, paragrafi 4 e 6, TFUE risulta che la BCE deve essere consultata prima dell’adozione di qualsiasi atto dell’Unione o nazionale che rientri nelle sue competenze, che essa può, nei limiti di tali competenze, formulare pareri da sottoporre alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione o alle autorità nazionali e che il Consiglio dell’Unione europea può affidarle compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese di assicurazione. 21 Ne consegue che l’articolo 127 TFUE mira, nel contempo, a stabilire gli obiettivi, in termini generali, della politica monetaria dell’Unione e a determinare i mezzi a disposizione del SEBC per attuare tale politica nonché talune modalità specifiche dell’azione della BCE rispetto alle altre istituzioni dell’Unione e alle autorità nazionali. In quanto norma volta a determinare gli obiettivi della politica monetaria dell’Unione e attributiva di competenze al SEBC e alla BCE in tale settore, l’articolo 127 TFUE ha natura istituzionale e non è inteso a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 2022, QI e a./Commissione e BCE, T‑868/16, con impugnazione pendente, EU:T:2022:58, punto 100). 22 La medesima conclusione si impone con riferimento all’articolo 3 dello statuto del SEBC e della BCE, che ha il solo scopo di definire i compiti del SEBC, operando un rinvio esplicito a talune disposizioni dell’articolo 127 TFUE. 23 In secondo luogo, gli articoli 10 e 11 dello statuto del SEBC e della BCE riguardano gli organi decisionali della BCE, che sono, rispettivamente, il consiglio direttivo e il comitato esecutivo. Tali disposizioni si limitano a disciplinare la composizione di tali organi e le modalità di adozione delle decisioni al loro interno. Pertanto, tali disposizioni hanno natura istituzionale e non sono intese a conferire diritti ai singoli. 24 In terzo luogo, l’articolo 12 dello statuto del SEBC e della BCE, intitolato «Responsabilità degli organi decisionali», dispone che, da un lato, il consiglio direttivo della BCE «adotta gli indirizzi e prende le decisioni necessarie ad assicurare l’assolvimento dei compiti affidati al SEBC», «formula la politica monetaria dell’Unione ivi comprese, a seconda dei casi, le decisioni relative agli obiettivi monetari intermedi, ai tassi di interesse guida e all’offerta di riserve nel SEBC», «stabilisce i necessari indirizzi per la loro attuazione» (articolo 12.1, primo comma), adotta «il regolamento interno che determina l’organizzazione interna della BCE e dei suoi organi decisionali» (articolo 12.3) e talune decisioni in materia di cooperazione internazionale (articolo 12.5) ed esercita determinate funzioni consultive (articolo 12.4). Dall’altro lato, conformemente alla stessa disposizione, il comitato esecutivo della BCE «attua la politica monetaria secondo le decisioni e gli indirizzi stabiliti dal consiglio direttivo», «impart[isce] le necessarie istruzioni alle banche centrali nazionali», «[può ricevere delega di] taluni poteri quando lo decide il consiglio direttivo» (articolo 12.1, secondo comma), e «ha il compito di preparare le riunioni del consiglio direttivo» (articolo 12.2). 25 Di conseguenza, l’articolo 12 dello statuto del SEBC e della BCE ha come unico oggetto la ripartizione delle competenze tra gli organi decisionali della BCE e non costituisce, pertanto, una disposizione intesa a conferire diritti ai singoli. 26 Allo stesso modo, l’articolo 13 dello statuto del SEBC e della BCE si limita a disciplinare le attribuzioni del presidente della BCE, il quale «presiede il consiglio direttivo e il comitato esecutivo della BCE» e «rappresenta la BCE all’esterno». Di conseguenza, non si può ritenere che tale disposizione conferisca diritti ai singoli. 27 In quarto luogo, l’articolo 38 dello statuto del SEBC e della BCE, intitolato «Poteri di firma», dispone che «[l]a BCE è giuridicamente vincolata nei confronti di terzi dal suo presidente o due membri del comitato esecutivo ovvero dalla firma di due membri del personale della BCE che siano stati debitamente autorizzati dal presidente a firmare per conto della BCE». Neppure tale disposizione, che si limita a stabilire le condizioni di forma in base alle quali gli atti della BCE sono giuridicamente vincolanti nei confronti dei terzi, è intesa a conferire diritti ai singoli che il ricorrente potrebbe far valere nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale. 28 La stessa conclusione deve essere tratta in relazione, da un lato, all’articolo 17.2 della decisione 2004/257, che riguarda le condizioni relative alla motivazione, alla notifica e alla pubblicazione degli indirizzi adottati dal consiglio direttivo della BCE e, dall’altro, all’articolo 17.3 della medesima decisione, riguardante la delega, da parte del consiglio direttivo della BCE, dei suoi poteri normativi al comitato esecutivo. 29 Infine, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente in base al quale la presidente della BCE, rilasciando la dichiarazione controversa, avrebbe commesso un «abuso di potere», occorre constatare che tale argomento non è oggetto di alcuno sviluppo specifico nel ricorso. Infatti, un tale abuso è presentato solo come una conseguenza dell’asserita violazione, da parte della presidente della BCE, delle disposizioni di cui al precedente punto 18. Di conseguenza, dato che tali disposizioni non sono intese a conferire diritti ai singoli, lo stesso deve valere con riferimento all’abuso di potere dedotto nel ricorso. 30 Da quanto precede risulta che, a sostegno del suo ricorso, la ricorrente non ha dedotto la violazione di alcuna norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, cosicché la prima delle tre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE, di cui al precedente punto 14, risulta manifestamente non soddisfatta. 31 Inoltre, per quanto riguarda la condizione per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE relativa al nesso causale, occorre ricordare che essa concerne l’esistenza di un rapporto di causa‑effetto sufficientemente diretto tra il comportamento addebitato a detta istituzione e il danno, nesso di cui spetta al ricorrente fornire la prova, di modo che il comportamento addebitato deve essere la causa determinante del danno (sentenza del 13 dicembre 2018, Unione europea/ASPLA e Armando Álvarez, C‑174/17 P e C‑222/17 P, EU:C:2018:1015, punto 23 e giurisprudenza citata). 32 Nel caso di specie, tuttavia, per quanto riguarda l’asserito danno patrimoniale corrispondente all’81,54% dell’importo di acquisto dei titoli a effetto leva, la ricorrente non dimostra che la diminuzione di valore registrata da tali titoli sia stata direttamente imputabile alla dichiarazione controversa. 33 Da un lato, è vero che la ricorrente si basa sulla relazione di un esperto contabile da cui risulta che il crollo dell’indice borsistico di Milano, il 12 marzo 2020, era imputabile alla dichiarazione controversa e che tale crollo ha comportato la diminuzione di valore dei titoli a effetto leva. Tuttavia, occorre rilevare che una siffatta relazione è stata redatta, su richiesta della ricorrente, dal suo «consulente [finanziario] di fiducia», ai fini della proposizione del presente ricorso. Pertanto, a detta relazione deve essere attribuito un valore probatorio fortemente limitato (v., per analogia, sentenza del 5 maggio 2021, ITD e Danske Fragtmænd/Commissione, T‑561/18, EU:T:2021:240, punto 122). 34 Dall’altro lato, dagli altri elementi di prova prodotti dalla ricorrente risulta che, dal febbraio 2020, ossia diversi giorni prima della dichiarazione controversa, datata 12 marzo 2020, il valore dei titoli a effetto leva aveva iniziato a subire un forte calo, che si è protratto dopo detta dichiarazione. 35 A tal riguardo, occorre sottolineare che l’acquisto da parte di un investitore di titoli finanziari costituisce, per definizione, un’operazione che comporta un certo rischio finanziario, in quanto è soggetta all’alea dell’andamento dei mercati dei capitali. Ciò vale a maggior ragione nel caso di specie, dato che la ricorrente ha scelto di acquistare titoli particolarmente rischiosi, poiché colpiti da un effetto leva che poteva comportare la moltiplicazione per sette non solo degli utili generati da un investimento, ma anche delle perdite subite a seguito di quest’ultimo (v. punto 2 supra). Inoltre, secondo un documento prodotto dalla ricorrente, l’istituto bancario emittente di tali titoli aveva attribuito loro un coefficiente di rischio di 7, su una scala da 1 a 7. 36 È quindi evidente che la ricorrente non ha dimostrato che la dichiarazione controversa sia stata la causa diretta dell’asserito danno patrimoniale corrispondente all’81,54% dell’importo della perdita di valore dei titoli a effetto leva. Di conseguenza, non si può neppure ritenere che la ricorrente abbia dimostrato che la dichiarazione controversa sia stata la causa diretta dei danni costituiti, come sostiene, da un lucro cessante e da una perdita di chance, entrambi corrispondenti ai profitti che ella avrebbe, rispettivamente, ottenuto o potuto ottenere dalla cessione, a un prezzo più elevato, dei titoli a effetto leva. 37 Allo stesso modo, per quanto riguarda l’asserito danno morale, la ricorrente rileva che, a seguito della perdita di valore dei titoli a effetto leva, ella appariva come un’imprenditrice che aveva perso una parte sostanziale del suo patrimonio, il che ha pregiudicato la sua reputazione, in particolare presso il sistema bancario. Tuttavia, dal momento che la ricorrente non ha dimostrato il nesso di causalità tra la dichiarazione controversa e la perdita di valore dei titoli a effetto leva (v. punto 36 supra), ella non può ulteriormente sostenere che detta dichiarazione si trova all’origine del danno morale dedotto, conseguito, come asserisce, a una siffatta perdita di valore. 38 Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta manifesto che le condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BCE relative all’esistenza, da un lato, di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, e, dall’altro, di un nesso di causalità tra il comportamento contestato e il danno lamentato, non sono soddisfatte. Pertanto, il ricorso deve essere integralmente respinto in quanto manifestamente infondato in diritto, senza che sia necessario esaminare l’ulteriore condizione per il sorgere di una siffatta responsabilità, relativa all’esistenza di un danno reale e certo, né le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla BCE nel suo controricorso. Sulle spese 39 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della BCE. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Quarta Sezione) così provvede: 1) Il ricorso è respinto in quanto manifestamente infondato in diritto. 2) La sig.ra Anna Nardi è condannata alle spese. Lussemburgo, 25 luglio 2023
* Lingua processuale: l’italiano. | ||||||