Sintesi n. C-908/24 P del 30/12/2024
Corte di giustizia in sede di impugnazione
Procedura: Impugnazione
Stato della causa: Pendente
Esito: Pendente

Impugnazione proposta il 31 dicembre 2024 da Crescenzio Rivellini avverso la sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 23 ottobre 2024, causa T-465/23, Rivellini / Parlamento europeo

(Causa C-908/24 P)

(C/2025/1088)

Lingua processuale: l’italiano

Parti

Ricorrente: Crescenzio Rivellini (rappresentante: A. Maffeo, avvocato)

Altra parte nel procedimento: Parlamento europeo

Conclusioni

Il ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza resa dal Tribunale dell’Unione europea in data 23 ottobre 2024 nel procedimento T-465/23, Rivellini/Parlamento, con la quale detto organo giurisdizionale ha rigettato il ricorso avverso la decisione impugnata e condannato il ricorrente al pagamento delle spese;

per l’effetto, annullare la decisione impugnata del 17 aprile 2023 dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo nonché la presupposta decisione dei questori del 4 ottobre 2022 e la relativa nota di addebito n. 7020000091 del 19 gennaio 2022;

in subordine, laddove la Corte dovesse ritenere di non poter decidere definitivamente la causa allo stato degli atti, rinviare la causa al Tribunale;

condannare, in ogni caso, il Parlamento alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno della propria impugnazione, il ricorrente deduce cinque motivi di ricorso.

1.

Con il primo motivo, egli deduce un errore di diritto commesso dal Tribunale in ragione della qualificazione della portata dell’obbligo, gravante in capo al deputato del Parlamento europeo, di dimostrazione dell’effettività dell’attività svolta da un assistente parlamentare accreditato (APA) e dalla società di beneficiaria dei contratti di prestazione di servizi nonché la contraddittorietà della motivazione. Il ricorrente evidenzia come, in assenza di una definizione delle funzioni di un APA, il Tribunale è incorso in errore laddove, al punto 29 della sentenza, ha affermato che la «presenza fisica dell’assistente parlamentare nei locali del Parlamento nei giorni in questione (…) non può essere sufficiente a dimostrare l’effettività dell’esecuzione di compiti conformi all’articolo 33 delle MAS». Egli lamenta, inoltre, la contraddittorietà della motivazione con cui il Tribunale giunge ad escludere qualsiasi rilievo del procedimento di certificazione di cui all’articolo 41 delle MAS ai fini della dimostrazione dell’effettività delle prestazioni fornite dalla società di servizi. Al punto 60 della sentenza impugnata, infatti, il Tribunale, pur ricordando che il menzionato procedimento «persegu[e] un obiettivo strettamente contabile», chiarisce poi che «tale procedura [è] intesa a controllare l’effettività del lavoro fornito dal prestatore di servizi». Pertanto, per quanto è evidente che la procedura di cui all’articolo 41 delle MAS è chiaramente differente rispetto ad una procedura di recupero, l’accertamento dell’effettività delle prestazioni operata nell’ambito della prima non può essere priva di rilievo anche per la seconda, quanto meno sotto il profilo dell’insorgenza di un legittimo affidamento da parte dell’interessato in merito alla valutazione della regolarità delle prestazioni oggetto di rendicontazione.

2.

Con il secondo motivo, il ricorrente contesta una non corretta valutazione dell’onere della prova gravante sul membro del Parlamento europeo, tenuto conto del notevole lasso temporale intercorso tra i contratti contestati e la richiesta di produzione di documenti attestanti l’effettività delle prestazioni. In una prima parte di tale motivo, il ricorrente mette in evidenza la violazione del proprio diritto di difesa conseguente alla violazione del termine ragionevole nella conclusione dei procedimenti da parte delle istituzioni dell’Unione. In una seconda parte del motivo, egli deduce la violazione del principio del legittimo affidamento in merito alla valutazione della regolarità delle prestazioni ricevute. A sostegno di ciò, il ricorrente evidenzia di non aver mai ricevuto né direttamente, né per il tramite del terzo erogatore, alcune contestazione da parte del Parlamento né alcuna richiesta di integrazione documentale ai sensi degli articoli 39, paragrafo 3, e 41, paragrafo 2, delle MAS.

3.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 43, lettere c) e d), e 58, paragrafo 2, delle MAS con riferimento alla sussistenza di un conflitto di interessi. Il ricorrente deduce un errore di diritto commesso dal Tribunale, il quale ha ritenuto che la condizione del rilascio di un certificato attestante la stabile unione di fatto cui fa riferimento l’articolo 58 delle MAS non rilevi ai fini dell’applicazione del divieto di cui all’articolo 43. Laddove il legislatore avesse inteso disciplinare in maniera differente le ipotesi di «unioni stabili di fatto» ai sensi dell’articolo 43 rispetto a quelle disciplinate dal successivo articolo 58 delle MAS, non avrebbe inserito nella prima disposizione uno specifico rinvio alla seconda.

4.

Con il quarto motivo, il ricorrente contesta, da un lato, la determinazione del dies a quo a partire dal quale computare il termine di prescrizione del diritto del Parlamento di richiedere il rimborso di indennità pagate a titolo di assistenza parlamentare. Individuare tale dies a quo nel momento della consegna della relazione finale di OLAF, avvenuta a distanza di oltre sette anni dai contratti contestati, equivarrebbe a non stabilire un effettivo termine di prescrizione preordinato, di contro, a tutelare la certezza del diritto e la sana gestione finanziaria. Dall’altro, il ricorrente deduce che l’avvio di un’indagine amministrativa da parte di OLAF a distanza di oltre sette anni dal presunto indebito pagamento delle indennità contestate, nonché la successiva notifica al ricorrente di una decisione di recupero e di una relativa nota di addebito ad oltre dieci anni dalla conclusione dei contratti controversi, hanno determinato una violazione dell’ordinaria diligenza richiesta alle istituzioni dell’Unione.

5.

Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente contesta la statuizione sulle spese.

 

Impugnazione proposta il 31 dicembre 2024 da Crescenzio Rivellini avverso la sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 23 ottobre 2024, causa T-465/23, Rivellini / Parlamento europeo

(Causa C-908/24 P)

(C/2025/1088)

Lingua processuale: l’italiano

Parti

Ricorrente: Crescenzio Rivellini (rappresentante: A. Maffeo, avvocato)

Altra parte nel procedimento: Parlamento europeo

Conclusioni

Il ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza resa dal Tribunale dell’Unione europea in data 23 ottobre 2024 nel procedimento T-465/23, Rivellini/Parlamento, con la quale detto organo giurisdizionale ha rigettato il ricorso avverso la decisione impugnata e condannato il ricorrente al pagamento delle spese;

per l’effetto, annullare la decisione impugnata del 17 aprile 2023 dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo nonché la presupposta decisione dei questori del 4 ottobre 2022 e la relativa nota di addebito n. 7020000091 del 19 gennaio 2022;

in subordine, laddove la Corte dovesse ritenere di non poter decidere definitivamente la causa allo stato degli atti, rinviare la causa al Tribunale;

condannare, in ogni caso, il Parlamento alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno della propria impugnazione, il ricorrente deduce cinque motivi di ricorso.

1.

Con il primo motivo, egli deduce un errore di diritto commesso dal Tribunale in ragione della qualificazione della portata dell’obbligo, gravante in capo al deputato del Parlamento europeo, di dimostrazione dell’effettività dell’attività svolta da un assistente parlamentare accreditato (APA) e dalla società di beneficiaria dei contratti di prestazione di servizi nonché la contraddittorietà della motivazione. Il ricorrente evidenzia come, in assenza di una definizione delle funzioni di un APA, il Tribunale è incorso in errore laddove, al punto 29 della sentenza, ha affermato che la «presenza fisica dell’assistente parlamentare nei locali del Parlamento nei giorni in questione (…) non può essere sufficiente a dimostrare l’effettività dell’esecuzione di compiti conformi all’articolo 33 delle MAS». Egli lamenta, inoltre, la contraddittorietà della motivazione con cui il Tribunale giunge ad escludere qualsiasi rilievo del procedimento di certificazione di cui all’articolo 41 delle MAS ai fini della dimostrazione dell’effettività delle prestazioni fornite dalla società di servizi. Al punto 60 della sentenza impugnata, infatti, il Tribunale, pur ricordando che il menzionato procedimento «persegu[e] un obiettivo strettamente contabile», chiarisce poi che «tale procedura [è] intesa a controllare l’effettività del lavoro fornito dal prestatore di servizi». Pertanto, per quanto è evidente che la procedura di cui all’articolo 41 delle MAS è chiaramente differente rispetto ad una procedura di recupero, l’accertamento dell’effettività delle prestazioni operata nell’ambito della prima non può essere priva di rilievo anche per la seconda, quanto meno sotto il profilo dell’insorgenza di un legittimo affidamento da parte dell’interessato in merito alla valutazione della regolarità delle prestazioni oggetto di rendicontazione.

2.

Con il secondo motivo, il ricorrente contesta una non corretta valutazione dell’onere della prova gravante sul membro del Parlamento europeo, tenuto conto del notevole lasso temporale intercorso tra i contratti contestati e la richiesta di produzione di documenti attestanti l’effettività delle prestazioni. In una prima parte di tale motivo, il ricorrente mette in evidenza la violazione del proprio diritto di difesa conseguente alla violazione del termine ragionevole nella conclusione dei procedimenti da parte delle istituzioni dell’Unione. In una seconda parte del motivo, egli deduce la violazione del principio del legittimo affidamento in merito alla valutazione della regolarità delle prestazioni ricevute. A sostegno di ciò, il ricorrente evidenzia di non aver mai ricevuto né direttamente, né per il tramite del terzo erogatore, alcune contestazione da parte del Parlamento né alcuna richiesta di integrazione documentale ai sensi degli articoli 39, paragrafo 3, e 41, paragrafo 2, delle MAS.

3.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 43, lettere c) e d), e 58, paragrafo 2, delle MAS con riferimento alla sussistenza di un conflitto di interessi. Il ricorrente deduce un errore di diritto commesso dal Tribunale, il quale ha ritenuto che la condizione del rilascio di un certificato attestante la stabile unione di fatto cui fa riferimento l’articolo 58 delle MAS non rilevi ai fini dell’applicazione del divieto di cui all’articolo 43. Laddove il legislatore avesse inteso disciplinare in maniera differente le ipotesi di «unioni stabili di fatto» ai sensi dell’articolo 43 rispetto a quelle disciplinate dal successivo articolo 58 delle MAS, non avrebbe inserito nella prima disposizione uno specifico rinvio alla seconda.

4.

Con il quarto motivo, il ricorrente contesta, da un lato, la determinazione del dies a quo a partire dal quale computare il termine di prescrizione del diritto del Parlamento di richiedere il rimborso di indennità pagate a titolo di assistenza parlamentare. Individuare tale dies a quo nel momento della consegna della relazione finale di OLAF, avvenuta a distanza di oltre sette anni dai contratti contestati, equivarrebbe a non stabilire un effettivo termine di prescrizione preordinato, di contro, a tutelare la certezza del diritto e la sana gestione finanziaria. Dall’altro, il ricorrente deduce che l’avvio di un’indagine amministrativa da parte di OLAF a distanza di oltre sette anni dal presunto indebito pagamento delle indennità contestate, nonché la successiva notifica al ricorrente di una decisione di recupero e di una relativa nota di addebito ad oltre dieci anni dalla conclusione dei contratti controversi, hanno determinato una violazione dell’ordinaria diligenza richiesta alle istituzioni dell’Unione.

5.

Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente contesta la statuizione sulle spese.

Provvedimento in causa n. C-908/24 P del 30/12/2024