Provvedimento in causa n. C-777/22 P riunita a C-789/22 P del 15/07/2025
Corte di giustizia in sede di impugnazione
Procedura: Impugnazione
Stato della causa: Concluso
Esito: Accolto

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

15 luglio 2025 (*)

 

« Impugnazione – Politica economica e monetaria – Direttiva 2014/59/UE – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi – Articoli da 27 a 29 – Misure di intervento precoce – Regolamento (UE) n. 1024/2013 – Meccanismo di vigilanza unico – Articolo 4, paragrafo 3 – Decisione della Banca centrale europea (BCE) di assoggettare ad amministrazione straordinaria una banca – Ricorso di annullamento proposto da un azionista – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Persona fisica direttamente e individualmente interessata da un atto di un’istituzione dell’Unione europea – Conclusione dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria – Persistenza dell’interesse ad agire – Applicazione del diritto dell’Unione e nazionale da parte della BCE – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale »

Nelle cause riunite C‑777/22 P e C‑789/22 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, depositate, rispettivamente, il 21 e il 22 dicembre 2022,

Banca centrale europea (BCE), rappresentata inizialmente da C. Hernández Saseta e A. Pizzolla, in qualità di agenti, assistite da M. Lamandini, avvocato, successivamente da C. Hernández Saseta, M. Ioannidis, A. Pizzolla e C. Zilioli, in qualità di agenti, assistiti da M. Lamandini, avvocato,

ricorrente nella causa C‑777/22 P,

Commissione europea, rappresentata inizialmente da V. Di Bucci, A. Nijenhuis e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, successivamente da P.A. Messina, A. Nijenhuis e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, e infine da P.A. Messina e D. Triantafyllou, in qualità di agenti,

ricorrente nella causa C‑789/22 P,

sostenute da:

Repubblica italiana, rappresentata inizialmente da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato, successivamente da S. Fiorentino, in qualità di agente, assistito da P. Gentili, avvocato dello Stato,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui l’altra parte è:

Francesca Corneli, residente in Velletri (Italia), rappresentata inizialmente da L. Boggio e F. Ferraro, avvocati, successivamente da L. Boggio, F. Ferraro e C.E. Tuo, avvocati,

ricorrente in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, T. von Danwitz, vicepresidente, F. Biltgen, K. Jürimäe, C. Lycourgos, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen e D. Gratsias (relatore), presidenti di sezione, E. Regan, I. Ziemele, J. Passer e Z. Csehi, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 giugno 2024,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza del 21 novembre 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le loro rispettive impugnazioni, la Banca centrale europea (BCE) e la Commissione europea chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 ottobre 2022, Corneli/BCE (T‑502/19, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2022:627), con la quale quest’ultimo ha parzialmente accolto il ricorso proposto dalla sig.ra Francesca Corneli, annullando la decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-11 della BCE, del 1º gennaio 2019, che assoggetta Banca Carige SpA ad amministrazione straordinaria (in prosieguo: la «decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria») nonché la decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-13 della BCE, del 29 marzo 2019, che proroga l’amministrazione straordinaria fino al 30 settembre 2019 (in prosieguo: la «decisione di proroga» e, unitamente alla decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, le «decisioni controverse»).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Regolamento (UE) n. 1024/2013

2        Il «meccanismo di vigilanza unico» (MVU), ai fini del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), è definito all’articolo 2, punto 9, di quest’ultimo come «il sistema di vigilanza finanziaria composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti come descritto all’articolo 6 del presente regolamento».

3        L’articolo 4 di detto regolamento così dispone:

«1.      Nel quadro dell’articolo 6, conformemente al paragrafo 3 del presente articolo la BCE ha competenza esclusiva nell’assolvimento dei compiti seguenti, a fini di vigilanza prudenziale, nei confronti di tutti gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti:

(...)

e)      assicurare il rispetto degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, che impongono agli enti creditizi requisiti che assicurino la presenza di solidi dispositivi di governo societario, compresi i requisiti di professionalità e onorabilità per le persone responsabili dell’amministrazione degli enti creditizi, di processi di gestione del rischio, di meccanismi di controllo interno, di politiche e prassi di remunerazione e di processi efficaci di valutazione dell’adeguatezza del capitale interno, compresi i modelli basati sui rating interni;

(...)

i)      assolvere i compiti di vigilanza collegati ai piani di risanamento e alle misure di intervento precoce qualora un ente creditizio o gruppo nei cui confronti la BCE sia l’autorità di vigilanza su base consolidata non soddisfi o rischi di violare i requisiti prudenziali applicabili, nonché, solo nei casi previsti espressamente dal pertinente diritto dell’Unione per le autorità competenti, a cambiamenti strutturali richiesti agli enti creditizi per prevenire lo stress finanziario o il fallimento, ad esclusione dei poteri di risoluzione.

2.      Nei confronti degli enti creditizi stabiliti in uno Stato membro non partecipante che aprono una succursale o che prestano servizi transfrontalieri in uno Stato membro partecipante, la BCE assolve, nell’ambito del paragrafo 1, i compiti spettanti alle autorità competenti in conformità del pertinente diritto dell’Unione.

3.      Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni.

(...)».

4        L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento prevede quanto segue:

«1.      Al fine esclusivo di assolvere i compiti attribuitile dall’articolo 4, paragrafo 1, dall’articolo 4, paragrafo 2, e d[a]ll’articolo 5, paragrafo 2, la BCE è considerata, ove opportuno, autorità competente o autorità designata negli Stati membri partecipanti come stabilito dal pertinente diritto dell’Unione.

Al medesimo fine esclusivo, la BCE ha tutti i poteri e obblighi di cui al presente regolamento. Ha inoltre tutti i poteri e gli obblighi che il pertinente diritto dell’Unione conferisce alle autorità competenti e designate, salvo diversamente disposto dal presente regolamento. In particolare, la BCE gode dei poteri elencati nelle sezioni 1 e 2 del presente capo.

(...)

2.      La BCE esercita i poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo conformemente agli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma. Nell’esercizio dei rispettivi poteri di vigilanza e di indagine, la BCE e le autorità nazionali competenti cooperano strettamente».

 Direttiva 2014/59/UE

5        L’articolo 2, paragrafo 1, punto 21, della direttiva n. 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), adotta una definizione di «autorità competente», ai fini di tale direttiva, che include in particolare la BCE «relativamente ai compiti specifici attribuitile dal regolamento del Consiglio [n. 1024/2013]».

6        L’articolo 27 della direttiva 2014/59, intitolato «Misure di intervento precoce», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Qualora un ente [creditizio o un’impresa di investimento] violi o, a causa tra l’altro di un rapido deterioramento della situazione finanziaria, del peggioramento della situazione di liquidità, del rapido aumento dei livelli di leva finanziaria, dei crediti in sofferenza o della concentrazione di esposizioni, così come valutato sulla base di una serie di indicatori, che possono includere il requisito di fondi propri dell’ente più 1,5 punti percentuali, rischi di violare nel prossimo futuro i requisiti del [regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1)], della [direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338)], del titolo II della [direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349)] o di uno degli articoli da 3 a 7, da 14 a 17, e 24, 25 e 26 del [regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2014, L 173, pag. 84)], gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti dispongano (…) almeno delle misure seguenti:

(…)».

7        L’articolo 28 di tale direttiva, intitolato «Rimozione dell’alta dirigenza e dell’organo di amministrazione», stabilisce quanto segue:

«Qualora si verifichi un significativo deterioramento della situazione finanziaria di un ente oppure vi siano gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o dello statuto dell’ente o gravi irregolarità amministrative, e se le altre misure attuate in conformità dell’articolo 27 non siano sufficienti ad invertire tale processo, gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone. La nomina della nuova alta dirigenza o dell’organo di amministrazione è eseguita conformemente al diritto nazionale e dell’Unione ed è soggetta all’approvazione o al consenso dell’autorità competente».

8        L’articolo 29 di detta direttiva, intitolato «Amministratore temporaneo», al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano nominare uno o più amministratori temporanei dell’ente, qualora la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione ai sensi dell’articolo 28 sia ritenuta insufficiente da parte dell’autorità competente per porre rimedio alla situazione. Secondo un principio di proporzionalità e in base alle circostanze, le autorità competenti possono nominare un amministratore temporaneo in sostituzione temporanea dell’organo di amministrazione dell’ente, ovvero in affiancamento temporaneo all’organo di amministrazione stesso, specificando la propria decisione all’atto della nomina. Se nomina un amministratore temporaneo da affiancare all’organo di amministrazione dell’ente, l’autorità competente ne specifica all’atto della nomina ruolo, doveri e poteri unitamente a eventuali obblighi dell’organo di amministrazione dell’ente di consultarsi con l’amministratore temporaneo, o di ottenerne il consenso, prima di assumere specifiche decisioni o iniziative. L’autorità competente è tenuta a rendere pubblica la nomina dell’amministratore temporaneo, salvo quando quest’ultimo non ha il potere di rappresentare l’ente. Gli Stati membri assicurano inoltre che gli amministratori temporanei possiedano le qualifiche, le capacità e le conoscenze necessarie per svolgere le loro funzioni, e siano esenti da qualsiasi conflitto di interessi».

 Diritto italiano

9        L’articolo 69-octiesdecies del decreto legislativo del 1º settembre 1993, n. 385 – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Supplemento ordinario alla GURI n. 230, del 30 settembre 1993), nella versione applicabile alla presente controversia (in prosieguo: il «testo unico bancario»), che recepisce l’articolo 28 della direttiva 2014/59 nell’ordinamento giuridico italiano, al comma 1 prevede quanto segue:

«La Banca d’Italia può disporre le seguenti misure nei confronti di una banca o una società capogruppo di un gruppo bancario:

(...)

(b)      la rimozione [dei membri degli organi di amministrazione e di controllo, nonché dell’alta dirigenza], quando risultano gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie o gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero quando il deterioramento della situazione della banca o del gruppo bancario sia particolarmente significativo, e sempre che gli interventi indicati nella medesima lettera a) o quelli previsti negli articoli 53‑bis e 67-ter non siano sufficienti per porre rimedio alla situazione».

10      L’articolo 70 del testo unico bancario, intitolato «Provvedimento», recepisce l’articolo 29 della direttiva 2014/59 nell’ordinamento giuridico italiano e, al comma 1, dispone quanto segue:

«La Banca d’Italia può disporre lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo delle banche quando ricorrono le violazioni o le irregolarità di cui all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), oppure sono previste gravi perdite del patrimonio ovvero quando lo scioglimento è richiesto con istanza motivata dagli organi amministrativi ovvero dall’assemblea straordinaria».

 Fatti

11      Ai punti da 2 a 19 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esposto i fatti all’origine della controversia e quelli successivi alla proposizione del ricorso dinanzi ad esso. Tali fatti, ai fini delle presenti cause riunite, possono essere sintetizzati come segue.

12      Banca Carige era un ente creditizio con sede in Italia, quotato in borsa e soggetto alla vigilanza prudenziale diretta della BCE dal 2014. Tale banca aveva accumulato perdite per oltre EUR 1,6 miliardi tra il mese di dicembre 2014 e il 1º gennaio 2019. La sig.ra Corneli era azionista di minoranza di Banca Carige. Al momento della proposizione del ricorso dinanzi al Tribunale, ella deteneva 200 000 azioni ordinarie corrispondenti allo 0,000361% del capitale sociale di Banca Carige.

13      Dal momento che Banca Carige non rispettava, al 1º gennaio 2018, i requisiti minimi relativi al coefficiente patrimoniale, nel corso del 2018 essa ha intrapreso vari tentativi per porre rimedio a tale situazione. Tuttavia, tali tentativi non sono stati coronati da successo. A seguito dell’opposizione avverso un aumento di capitale da effettuarsi mediante scambio di obbligazioni subordinate con azioni di nuova emissione, manifestata da azionisti detentori del 70% del capitale di Banca Carige in occasione di un’assemblea generale straordinaria di quest’ultima tenutasi il 22 dicembre 2018, sette membri del consiglio di amministrazione di Banca Carige, tra cui il presidente, il vicepresidente e il direttore generale, si sono dimessi, con effetto immediato, il 23 dicembre 2018 e il 2 gennaio 2019. Tali dimissioni hanno comportato la rimozione del consiglio di amministrazione, in applicazione dello statuto di Banca Carige e della disposizione applicabile del diritto italiano. Conformemente a detto statuto, i quattro membri non dimissionari del consiglio di amministrazione sono rimasti in carica per garantire l’ordinaria amministrazione di Banca Carige.

14      Il 1º gennaio 2019, la BCE ha adottato la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, la quale ha avuto come conseguenze, in primo luogo, lo scioglimento del consiglio di amministrazione di Banca Carige e la sostituzione degli ex membri con tre commissari straordinari, in secondo luogo, lo scioglimento del collegio sindacale di Banca Carige nonché la sostituzione degli ex membri di tale collegio con altre tre persone e, in terzo luogo, l’assegnazione ai nuovi organi del compito di dare corso alle azioni necessarie ad assicurare che Banca Carige tornasse a rispettare i requisiti patrimoniali in modo sostenibile.

15      Il 29 marzo 2019 la BCE ha adottato la decisione di proroga.

16      Con decisione del 30 settembre 2019, la BCE ha prorogato fino al 31 dicembre 2019 l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige. Con decisione del 20 dicembre 2019, essa l’ha nuovamente prorogato, fino al 31 gennaio 2020, al fine di consentire il perfezionamento dell’operazione di rafforzamento patrimoniale di Banca Carige.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2019, la sig.ra Corneli ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria nonché «di ogni atto conseguenziale e successivo», inclusa, in particolare, la decisione di proroga nonché le decisioni successive, recanti nuova proroga dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige.

18      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 ottobre 2019, la BCE ha sollevato un’eccezione di irricevibilità di tale ricorso, che è stata unita al merito con un’ordinanza del Tribunale del 29 aprile 2020.

19      Con decisione del 24 giugno 2020, è stato autorizzato l’intervento della Commissione a sostegno delle conclusioni della BCE.

20      Per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso, il Tribunale, in un primo momento, ai punti da 22 a 28 della sentenza impugnata, ha esaminato se la domanda di annullamento delle diverse decisioni della BCE menzionate al punto 17 della presente sentenza fosse pienamente conforme ai requisiti di forma prescritti dagli articoli 76 e 86 del regolamento di procedura del Tribunale e se gli atti di cui si chiedeva l’annullamento fossero esistenti e pregiudizievoli nei confronti della sig.ra Corneli. In esito a tale esame, esso ha considerato, al punto 29 della sentenza impugnata, che il ricorso della sig.ra Corneli era ricevibile nella parte in cui era proposto avverso le decisioni controverse, ma non lo era nei confronti di «ogni atto conseguenziale e successivo», ivi comprese le decisioni adottate dalla BCE successivamente alla proposizione di tale ricorso e recanti nuova proroga dell’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria.

21      In un secondo momento, pronunciandosi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla BCE, sostenuta dalla Commissione, vertente sull’assenza di legittimazione ad agire della sig.ra Corneli, il Tribunale, ai punti da 33 a 54 della sentenza impugnata, ha esaminato, in primo luogo, la questione se la sig.ra Corneli fosse direttamente interessata dalle decisioni controverse.

22      Come risulta dai punti 34 e 35 di tale sentenza, il Tribunale ha ritenuto che il rapporto giuridico tra Banca Carige e i suoi azionisti, tra i quali figurava la sig.ra Corneli, fosse stato modificato, senza intervento di qualsivoglia atto intermedio, dalle decisioni controverse, che modificavano di per sé i diritti di cui disponeva la sig.ra Corneli per partecipare, in qualità di azionista, alla gestione di Banca Carige conformemente alle norme applicabili. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che tali decisioni violassero i diritti della sig.ra Corneli di eleggere, in quanto azionista, gli organi amministrativi e di controllo di Banca Carige, di convocare l’assemblea generale degli azionisti nonché di stabilire l’ordine del giorno e di modificare le condizioni alle quali gli azionisti, come la sig.ra Corneli, potevano mettere in causa la responsabilità degli organi amministrativi e di controllo.

23      Dopo aver respinto gli argomenti in senso contrario della BCE e della Commissione, il Tribunale ha dichiarato, al punto 54 della sentenza impugnata, che la sig.ra Corneli era direttamente interessata dalle decisioni controverse.

24      In secondo luogo, ai punti da 55 a 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la questione se la sig.ra Corneli fosse individualmente interessata dalle decisioni controverse. Come risulta dai punti da 58 a 64 di tale sentenza, il Tribunale ha affermato che la sig.ra Corneli soddisfaceva i requisiti previsti nella sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17) dato che, da un lato, ella era individuabile, nella sua qualità di azionista di Banca Carige, nel momento in cui sono state adottate le decisioni controverse, poiché, alla data della loro rispettiva adozione, l’elenco degli azionisti che sarebbero stati colpiti da tali decisioni era determinato, a fortiori per quanto riguarda la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria che era stata adottata un giorno in cui gli enti creditizi osservavano la chiusura, cosicché quel giorno le azioni non erano negoziabili. Dall’altro lato, il Tribunale ha constatato che gli azionisti di Banca Carige, tra cui la sig.ra Corneli, si erano trovati colpiti personalmente dall’adozione delle decisioni controverse in una qualità che li distingueva in modo esclusivo, vale a dire quella di detentori di azioni nel capitale di Banca Carige che si sarebbero trovati esclusi, per effetto di tali decisioni, dall’esercizio di taluni diritti connessi a dette azioni.

25      Il Tribunale ha rilevato, in particolare, al punto 63 della sentenza impugnata, che la sig.ra Corneli figurava tra quegli azionisti che in sede di voto erano risultati contrari alla proposta presentata il 22 dicembre 2018 all’assemblea generale, voto che, pur esprimendo solamente una richiesta di rinvio, aveva comportato le dimissioni di alcuni membri del consiglio di amministrazione e, successivamente, lo scioglimento di quest’ultimo, trovandosi allora Banca Carige nella situazione che, nel contesto in cui essa operava, aveva comportato, come precisato nella decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, l’intervento della BCE, con sospensione delle funzioni dell’assemblea generale e quindi della possibilità, per gli azionisti, di concorrere con il loro voto alla futura strategia di Banca Carige.

26      Dopo aver respinto le obiezioni della BCE e della Commissione, il Tribunale ha dichiarato, al punto 76 della sentenza impugnata, che le decisioni controverse riguardavano individualmente la sig.ra Corneli e, pertanto, che ella soddisfaceva i requisiti inerenti alla legittimazione ad agire.

27      In terzo luogo, ai punti da 77 a 82 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla BCE, vertente sulla mancanza di interesse ad agire della sig.ra Corneli. A tal riguardo, il Tribunale ha ricordato, al punto 81 di tale sentenza, che, per fondare il proprio ricorso, la sig.ra Corneli adduceva l’incidenza delle decisioni controverse sui diritti a lei spettanti, personalmente, in qualità di azionista di Banca Carige, in particolare quello di convocare un’assemblea generale per proporre l’esperimento di un ricorso oppure il diritto di integrare in tal senso l’ordine del giorno di siffatta assemblea. Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 82 della sentenza impugnata, che, se le decisioni controverse fossero annullate, l’effetto sulla situazione degli azionisti non sarebbe identico a quello che l’annullamento delle medesime produrrebbe sulla situazione di Banca Carige e che, pertanto, fondando il proprio ricorso sull’effetto prodotto dalle decisioni controverse sui suoi propri diritti, la sig.ra Corneli poteva vantare un interesse distinto a chiedere l’annullamento di dette decisioni che non si confondeva con quello di Banca Carige.

28      Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato il ricorso ricevibile e lo ha esaminato nel merito. A sostegno del suo ricorso in primo grado, la sig.ra Corneli aveva dedotto sette motivi, vertenti, il primo, su una violazione delle norme relative alla proporzionalità; il secondo, su una violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto di essere ascoltata; il terzo, sulla nomina a commissari straordinari di persone che avevano in precedenza esercitato importanti funzioni nella direzione e nell’amministrazione di Banca Carige; il quarto, sull’errore di diritto commesso nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse; il quinto, sul fatto che la BCE avrebbe tentato di risolvere problemi di governo societario con la nomina di persone che avevano causato detti problemi; il sesto, sulla violazione, da un lato, delle norme relative ai diritti dell’azionista e, dall’altro, dei principi fondamentali in materia di tutela della proprietà e del risparmio, di libertà dell’iniziativa economica privata e di autodeterminazione del cittadino nelle scelte personali e, il settimo, sull’inidoneità dell’amministrazione straordinaria a porre rimedio al problema constatato.

29      Il Tribunale ha deciso di esaminare, in primo luogo, il quarto motivo del ricorso in primo grado, vertente sull’errore di diritto commesso nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse. Come risulta dal punto 86 della sentenza impugnata, la sig.ra Corneli ha fatto valere, con tale motivo, che la BCE aveva commesso un errore di diritto nel fondare le decisioni controverse sull’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, laddove tale disposizione non contemplava la situazione addotta per giustificare l’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria, vale a dire un «deterioramento significativo» della situazione di quest’ultima.

30      A tal riguardo, al punto 95 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dedotto da un’analisi comparativa delle disposizioni di cui all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), e all’articolo 70 del testo unico bancario che la seconda di esse non prevedeva lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo delle banche, e l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria, in caso di deterioramento particolarmente significativo della situazione della banca o del gruppo bancario interessato.

31      Pertanto, il Tribunale ha ritenuto, al punto 100 di tale sentenza, che la BCE avesse violato l’articolo 70 del testo unico bancario fondandosi sul significativo deterioramento della situazione di Banca Carige, laddove tale condizione non era prevista da detta disposizione, per dichiarare lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo di detta banca, l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria e l’estensione della durata di tale amministrazione per il periodo previsto nella decisione di proroga.

32      Per la motivazione esposta ai punti da 102 a 108 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento dedotto dalla BCE e dalla Commissione secondo cui, poiché l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria era previsto all’articolo 29 della direttiva 2014/59, l’articolo 70 del testo unico bancario doveva essere letto alla luce di tale disposizione, al cui recepimento nel diritto italiano esso era diretto. A tal riguardo, come risulta dai punti 106 e 107 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato che l’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale non poteva servire da fondamento a un’interpretazione in contrasto con i termini utilizzati nella disposizione nazionale di recepimento di una direttiva. Orbene, secondo il Tribunale, tale sarebbe il risultato ottenuto qualora detto metodo di interpretazione fosse stato applicato nella causa di cui era investito.

33      Inoltre, ai punti da 111 a 113 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento, dedotto all’udienza dinanzi ad esso dalla BCE e dalla Commissione, secondo cui, quando la BCE interviene in qualità di autorità competente ai sensi della normativa bancaria, essa è tenuta ad applicare, oltre al diritto nazionale, l’insieme delle norme di diritto dell’Unione, ivi compresa la norma, contenuta nella direttiva 2014/59, che prevede l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria in caso di deterioramento significativo della situazione dell’ente considerato.

34      A tal riguardo, il Tribunale ha rilevato, al punto 112 della sentenza impugnata, che dall’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 risultava che, quando il diritto dell’Unione pertinente ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuiti alla BCE è composto da direttive, deve essere applicata la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Secondo il Tribunale, tale disposizione non può essere intesa come comprendente due fonti distinte di obblighi, vale a dire il diritto dell’Unione nel suo insieme, ivi comprese le direttive, al quale si dovrebbe aggiungere la legislazione nazionale che le recepisce. Il Tribunale ha ritenuto che una simile interpretazione presupporrebbe che la portata delle disposizioni nazionali differisca da quella delle direttive che esse sono tenute a recepire nel diritto interno e che, in tal caso, i due tipi di norme si impongano alla BCE come fonti normative distinte, il che sarebbe in contrasto con l’articolo 288 TFUE. Il Tribunale ha peraltro ricordato la giurisprudenza della Corte secondo la quale una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un privato e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti.

35      Alla luce di dette considerazioni, il Tribunale ha statuito, al punto 113 della sentenza impugnata, che non si può porre rimedio all’errore commesso dalla BCE nell’applicazione dell’articolo 70 del testo unico bancario con un’interpretazione libera dei testi normativi che consenta di rimodellare le condizioni per l’applicazione di disposizioni concepite in modo distinto nella direttiva 2014/59 e nel diritto nazionale. Il Tribunale ha pertanto accolto il motivo del ricorso vertente su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse e ha annullato queste ultime, senza esaminare gli altri motivi di ricorso dedotti dalla sig.ra Corneli.

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

36      Con la sua impugnazione nella causa C‑777/22 P, la BCE chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato le decisioni controverse;

–        dichiarare irricevibile il ricorso in primo grado;

–        in subordine, dichiarare la legittimità delle decisioni controverse e, occorrendo, rimettere la causa al Tribunale al fine di statuire sui motivi di ricorso non esaminati nella sentenza impugnata; e

–        condannare la sig.ra Corneli alle spese tanto del procedimento di primo grado quanto dell’impugnazione.

37      Con la sua impugnazione nella causa C‑789/22 P, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        respingere il ricorso in primo grado in quanto irricevibile o, quantomeno, infondato;

–         condannare la sig.ra Corneli alle spese, e

–        in subordine, dopo l’annullamento, rinviare la causa al Tribunale.

38      Nella sua comparsa di risposta la sig.ra Corneli chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, dichiarare le impugnazioni irricevibili e, in ogni caso, respingerle in quanto infondate, e

–        in subordine, in caso di accoglimento delle impugnazioni, accogliere il suo ricorso in primo grado o, in ulteriore subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale.

39      Nella sua comparsa di risposta nella causa C‑777/22 P, la Commissione indica di sostenere integralmente le conclusioni della BCE e conclude per l’accoglimento di queste ultime.

40      Con decisione del presidente della Corte dell’8 febbraio 2023, le cause C‑777/22 P e C‑789/22 P sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

41      Con decisione del presidente della Corte del 17 aprile 2023, la Repubblica italiana è stata ammessa, su sua domanda, ad intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE e della Commissione nelle cause C‑777/22 P e C‑789/22 P.

42      Nella sua memoria di intervento, la Repubblica italiana chiede alla Corte di accogliere le impugnazioni della BCE e della Commissione e, pertanto, di dichiarare irricevibile o, in subordine, di respingere nel merito il ricorso di annullamento proposto dalla sig.ra Corneli.

43      Conformemente all’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la BCE e la Repubblica italiana hanno chiesto, rispettivamente il 3 e il 6 novembre 2023, che le presenti cause riunite fossero deferite alla Grande Sezione, circostanza di cui la Corte ha preso atto il 7 maggio 2024.

 Sulle impugnazioni

44      A sostegno della sua impugnazione nella causa C‑777/22 P, la BCE deduce due motivi vertenti, il primo, sullo snaturamento dei fatti da parte del Tribunale per quanto riguarda gli asseriti diritti di cui la sig.ra Corneli potrebbe avvalersi in quanto azionista di Banca Carige e, il secondo, su un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario.

45      Dal canto suo, la Commissione deduce, a sostegno della sua impugnazione nella causa C‑789/22 P, cinque motivi vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 263 TFUE, nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto che le decisioni controverse riguardassero direttamente e individualmente la sig.ra Corneli; il secondo, sulla violazione dell’articolo 84 del regolamento di procedura del Tribunale e del divieto di sollevare d’ufficio un motivo di annullamento attinente alla legittimità sostanziale dell’atto impugnato; il terzo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario; il quarto, sulla violazione dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, in quanto il Tribunale ha ritenuto che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario non potesse essere interpretato in maniera conforme all’articolo 29 della direttiva 2014/59 e, il quinto, sulla violazione sia dell’articolo 288, secondo e terzo comma, TFUE, sia dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, in quanto il Tribunale ha ritenuto che la BCE non potesse fondarsi su disposizioni delle direttive aventi effetto diretto e dovesse applicare la normativa nazionale contraria a direttive.

46      Nella sua memoria di intervento, la Repubblica italiana indica di sostenere tutti i motivi dedotti dalla BCE e dalla Commissione, ad eccezione del quinto motivo di impugnazione di quest’ultima, sul quale essa non prende posizione.

 Sul primo motivo di impugnazione della BCE e sul primo motivo di impugnazione della Commissione

 Argomenti delle parti

47      Con i loro primi motivi di impugnazione, la BCE e la Commissione, sostenute dalla Repubblica italiana, contestano la motivazione della sentenza impugnata in base alla quale il Tribunale ha ritenuto che la sig.ra Corneli fosse legittimata ad agire, per la ragione che le decisioni controverse la riguardavano in modo diretto e individuale, e che essa disponeva altresì dell’interesse ad agire richiesto, cosicché il suo ricorso era ricevibile. Tali motivi di impugnazione si articolano in quattro parti per la BCE e in tre parti per la Commissione.

48      Le prime due parti del primo motivo di impugnazione della BCE e la prima parte del primo motivo di impugnazione della Commissione riguardano i punti 34 e 35 della sentenza impugnata, sulla base dei quali il Tribunale ha ritenuto che le decisioni controverse riguardassero direttamente la sig.ra Corneli, dal momento che gli effetti prodotti da queste ultime su una società e sui suoi organi equivalgono ad effetti prodotti sulla situazione di ciascun azionista di tale società, compresi gli azionisti che, come la sig.ra Corneli, detengono una percentuale minima del capitale. A tal riguardo, la BCE contesta al Tribunale, con la prima parte del suo primo motivo di impugnazione, di aver snaturato i fatti. Inoltre, la BCE, con la seconda parte del suo primo motivo di impugnazione, e la Commissione, con la prima parte del suo primo motivo di impugnazione, sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

49      Tali istituzioni sottolineano che i diritti elencati al punto 34 della sentenza impugnata non spettano, individualmente, a ciascun azionista e ritengono che il Tribunale si sia basato su un’interpretazione erronea delle disposizioni applicabili del diritto italiano e dello statuto di Banca Carige. Da tali disposizioni e da tale statuto risulterebbe, in primo luogo, che il diritto di presentare liste per l’elezione dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale sia riservato agli azionisti detentori di almeno l’1% delle azioni ordinarie; in secondo luogo, che il diritto di eleggere i membri di tali organi spetti all’assemblea generale degli azionisti; in terzo luogo, che il diritto di convocare l’assemblea generale degli azionisti e di stabilire l’ordine del giorno di quest’ultima possa essere esercitato soltanto da un gruppo di azionisti che rappresenti il 5% del capitale sociale della società e, in quarto luogo, che l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori di una società possa essere esercitata solo dall’assemblea generale degli azionisti o da un gruppo di azionisti che rappresenti il 2,5% del capitale sociale.

50      La BCE sostiene, del resto, che la presente controversia presenta un’analogia con la causa che ha dato luogo alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, del 7 luglio 2020, Albert e altri c. Ungheria (CE:ECHR:2020:0707JUD 000529414), con la quale, secondo la BCE, tale organo giurisdizionale ha ritenuto che gli effetti degli atti di cui si trattava in tale causa riguardassero direttamente non già le parti ricorrenti in detta causa, azionisti di due banche, bensì le banche stesse, dato che i loro azionisti avevano subìto soltanto effetti indiretti e incidentali.

51      Con, rispettivamente, la terza e la seconda parte dei loro primi motivi di impugnazione, la BCE e la Commissione, sostenute dalla Repubblica italiana, criticano i punti 58, da 61 a 63, 74 e 75 della sentenza impugnata, ai quali il Tribunale ha esaminato la questione se le decisioni controverse riguardassero la sig.ra Corneli individualmente.

52      A tal riguardo, esse contestano al Tribunale di aver travisato la giurisprudenza citata al punto 56 della sentenza impugnata. La mera possibilità di individuare gli azionisti di Banca Carige alla data del 1º gennaio 2019, quando i mercati erano chiusi, non implicherebbe che la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, adottata lo stesso giorno, riguardasse individualmente tali azionisti. Lo stesso varrebbe per quanto riguarda la decisione di proroga, che non sarebbe stata adottata in un giorno festivo, come lo stesso Tribunale avrebbe riconosciuto. L’assoggettamento ad amministrazione straordinaria avrebbe riguardato Banca Carige, destinataria delle decisioni controverse, nonché gli amministratori di quest’ultima, e non i suoi azionisti. Inoltre, il Tribunale non avrebbe spiegato per quale ragione il voto contrario espresso dalla sig.ra Corneli nei confronti di una proposta di risoluzione presentata all’assemblea generale degli azionisti avrebbe avuto come conseguenza l’individualizzazione di tale persona alla stessa stregua dei destinatari delle decisioni controverse.

53      Peraltro, la motivazione esposta ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata non consentirebbe di ritenere che la sig.ra Corneli appartenesse a un «gruppo chiuso», ai sensi della giurisprudenza della Corte citata al punto 71 di tale sentenza. La sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), menzionata dal Tribunale al punto 74 della sentenza impugnata, non sarebbe pertinente, non essendo le decisioni controverse atti regolamentari.

54      Più in generale, la giurisprudenza della Corte relativa ai «gruppi chiusi» sarebbe stata sviluppata nel contesto particolare di cause in cui taluni atti dell’Unione di portata generale riguardavano, in realtà, solo un numero esiguo di operatori, cosicché questi ultimi erano immediatamente identificabili. Per contro, non si potrebbe ragionevolmente ritenere che i circa 35 000 azionisti di Banca Carige costituiscano un siffatto gruppo ristretto di operatori economici. Del resto, tale giurisprudenza non si applicherebbe qualora le persone interessate da un atto siano identificabili in virtù di una situazione oggettiva di diritto o di fatto definita dallo stesso atto di cui trattasi. Orbene, ciò avverrebbe nel caso della sig.ra Corneli e di ogni altro azionista di Banca Carige.

55      Con, rispettivamente, la quarta e la terza parte dei loro primi motivi di impugnazione, la BCE e la Commissione, sostenute dalla Repubblica italiana, deducono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto in quanto ha ritenuto che la sig.ra Corneli disponesse dell’interesse ad agire richiesto per proporre un ricorso di annullamento avverso le decisioni controverse. La Corte avrebbe riconosciuto un simile interesse solo in via eccezionale agli azionisti di una società destinataria di un atto di un’istituzione dell’Unione, vale a dire quando tale atto ha avuto come conseguenza anche una modifica dello statuto della società interessata o ha prodotto penetranti effetti diretti, di tipo espropriativo, a danno degli azionisti. La creazione di una struttura transitoria di governo societario di una banca non costituirebbe un caso eccezionale di questo tipo.

56      Peraltro, il Tribunale non avrebbe dimostrato che le decisioni controverse fossero tali da ledere gli interessi della sig.ra Corneli. Da un lato, al punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale attribuirebbe erroneamente a ciascun azionista diritti che apparterrebbero a minoranze qualificate di azionisti. Dall’altro lato, al punto 82 di tale sentenza, esso affermerebbe che esistono differenze tra gli effetti prodotti rispettivamente su Banca Carige e sugli azionisti di quest’ultima da un eventuale annullamento delle decisioni controverse, senza tuttavia identificare tali differenze. La Commissione aggiunge che il Tribunale ha omesso di esaminare, se necessario d’ufficio, se l’eventuale interesse ad agire della sig.ra Corneli fosse perdurato dopo la conclusione del periodo di amministrazione straordinaria di Banca Carige.

57      La sig.ra Corneli contesta la ricevibilità del primo motivo di impugnazione della BCE, con la motivazione che quest’ultima non ha precisato se essa invocasse un errore di diritto o uno snaturamento dei fatti. In ogni caso, la sig.ra Corneli ritiene che sia il primo motivo di impugnazione della BCE sia il primo motivo di impugnazione della Commissione debbano essere respinti in quanto infondati.

 Giudizio della Corte

58      Per quanto riguarda la ricevibilità del primo motivo di impugnazione della BCE, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui è chiesto l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (sentenza del 23 novembre 2021, Consiglio/Hamas, C‑833/19 P, EU:C:2021:950, punto 50 e giurisprudenza citata).

59      Nel caso di specie, il primo motivo di impugnazione della BCE soddisfa tali requisiti, ed è pertanto ricevibile, il che, contrariamente a quanto sostiene, in sostanza, la sig.ra Corneli, non può mettere in discussione la circostanza che la BCE addebita al Tribunale al contempo un errore di diritto e uno snaturamento dei fatti.

60      Per quanto riguarda l’esame nel merito dei primi motivi di impugnazione della BCE e della Commissione, occorre ricordare che la ricevibilità di un ricorso proposto da una persona fisica o giuridica contro un atto di cui non è destinataria a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, è subordinata alla condizione che le sia riconosciuta la legittimazione ad agire, la quale si presenta in due ipotesi. Da un lato, tale ricorso può essere proposto a condizione che tale atto la riguardi direttamente ed individualmente. Dall’altro, tale persona può proporre un ricorso contro un atto regolamentare che non comporti misure di esecuzione se quest’ultimo la riguarda direttamente (sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 59).

61      Poiché le presenti cause non rispecchiano la seconda ipotesi, occorre esaminare se il Tribunale abbia giustamente ritenuto che le decisioni controverse riguardassero la sig.ra Corneli direttamente e individualmente.

62      In primo luogo, per quanto riguarda la questione se tali decisioni riguardassero direttamente la sig.ra Corneli, da una giurisprudenza costante, parimenti ricordata dal Tribunale al punto 33 della sentenza impugnata, emerge che il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica deve essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che la misura contestata, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a., C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punto 103 e giurisprudenza citata).

63      Nel caso di specie, al punto 34 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che le decisioni controverse violavano i diritti degli azionisti di Banca Carige, tra cui la sig.ra Corneli. Da un lato, secondo il Tribunale, tali decisioni avrebbero inciso sul diritto di detti azionisti di eleggere gli organi amministrativi e di controllo di tale banca, nonché il loro diritto di convocare l’assemblea generale degli azionisti e di stabilire l’ordine del giorno di quest’ultima. Dall’altro, esse avrebbero inciso sulle condizioni in cui gli azionisti potevano mettere in causa la responsabilità degli organi amministrativi e di controllo di Banca Carige, dato che azioni civili avrebbero potuto essere promosse nei confronti dei commissari straordinari nominati dalla BCE solo in caso di dolo o colpa grave e previa autorizzazione della BCE, mentre le azioni sociali di responsabilità avverso i membri dei disciolti organi di Banca Carige o avverso l’amministratore delegato di quest’ultima avrebbero potuto essere promosse solamente dai commissari straordinari, il che avrebbe privato l’assemblea degli azionisti o gli azionisti che, insieme, detenevano una certa percentuale del capitale sociale del diritto di proporre un siffatto ricorso.

64      Sulla base di tali constatazioni, il Tribunale ha ritenuto, al punto 35 della sentenza impugnata, che il rapporto giuridico tra Banca Carige e i suoi azionisti, tra cui la sig.ra Corneli, fosse stato modificato, senza intervento di qualsivoglia atto intermedio, dalle decisioni controverse, che di conseguenza riguardavano direttamente la sig.ra Corneli.

65      A sostegno delle loro affermazioni vertenti su un errore di diritto che vizia i punti 34 e 35 della sentenza impugnata, la BCE e la Commissione contestano al Tribunale di aver omesso di tener conto del fatto che il diritto di presentare una lista di candidati per l’elezione dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di Banca Carige, il diritto di convocare l’assemblea generale di tale banca e il diritto di promuovere un’azione sociale di responsabilità contro i membri degli organi amministrativi e di controllo di detta banca potevano essere esercitati solo da azionisti che detenessero, individualmente o collettivamente, una quota del capitale di Banca Carige superiore a quella detenuta dalla sig.ra Corneli.

66      Orbene, sin dall’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige e per tutto il tempo in cui tale situazione si è protratta, la sig.ra Corneli è stata privata, quantomeno, della possibilità di esercitare il diritto che ella deteneva, in quanto azionista di tale banca, di associarsi ad altri azionisti di quest’ultima per esercitare collettivamente l’uno o l’altro dei diritti menzionati al punto precedente. Si tratta di un effetto sulla situazione giuridica della sig.ra Corneli derivante direttamente dall’adozione delle decisioni controverse, le quali non lasciavano, a tal riguardo, alcun margine di discrezionalità al loro destinatario, cosicché le condizioni poste dalla giurisprudenza citata al punto 62 della presente sentenza erano effettivamente soddisfatte, come il Tribunale ha giustamente dichiarato.

67      Inoltre, per quanto riguarda la prima parte del primo motivo di impugnazione della BCE, vertente sullo snaturamento, da parte del Tribunale, delle disposizioni applicabili del diritto italiano o dello statuto di Banca Carige, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, lo snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione né dei fatti né delle prove (sentenza del 13 luglio 2023, Commissione/CK Telecoms UK Investments, C‑376/20 P, EU:C:2023:561, punto 142 e giurisprudenza citata).

68      Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla BCE, dalla sentenza impugnata non risulta che il Tribunale abbia ritenuto che la sig.ra Corneli avrebbe potuto, in forza delle disposizioni applicabili del diritto italiano o dello statuto della banca, esercitare da sola l’uno o l’altro dei diritti elencati al punto 34 della sentenza impugnata. Al contrario, in risposta a un argomento dedotto dinanzi ad esso dalla BCE e dalla Commissione, vertente sul fatto che i diritti asseritamente lesi dalle decisioni controverse appartenevano non già, individualmente, a ciascun azionista della società interessata, bensì all’assemblea generale degli azionisti di quest’ultima, il Tribunale ha rilevato, ai punti 44 e 45 della sentenza impugnata, che tale argomento non teneva in considerazione, quantomeno, il diritto di voto che consentiva a ciascun azionista di partecipare individualmente all’elezione dei membri chiamati a far parte degli organi amministrativi e di controllo di Banca Carige, diritto che doveva essere oggetto di tutela giurisdizionale e che non poteva più essere esercitato a seguito dell’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria.

69      Dalla motivazione della sentenza impugnata, come sintetizzata al punto precedente, emerge che il Tribunale ha effettivamente tenuto conto del fatto che talune decisioni menzionate al punto 34 della sentenza impugnata potevano, in forza delle disposizioni applicabili del diritto italiano o dello statuto della banca, essere adottate solo collettivamente, dall’assemblea generale di Banca Carige o da azionisti di quest’ultima detentori di una determinata quota del suo capitale sociale. Il Tribunale ha tuttavia dichiarato, in sostanza e giustamente, che tale circostanza non consentiva di ritenere che le decisioni controverse non riguardassero direttamente un azionista determinato, come la sig.ra Corneli.

70      Infine, la presa in considerazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, del 7 luglio 2020, Albert e altri c. Ungheria (CE:ECHR:2020:0707JUD000529414), invocata dalla BCE, non può mettere in discussione la constatazione che le decisioni controverse riguardavano direttamente la sig.ra Corneli.

71      Infatti, per ritenere che le parti ricorrenti nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, le quali erano azionisti di due banche di risparmio ungheresi, non potessero rivendicare la qualità di «vittime», ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è basata sulla distinzione sancita nella sua giurisprudenza tra le misure che incidono sugli interessi di una società e quelle lesive dei diritti connessi alla qualità di azionista di tale società.

72      Dichiarando che la normativa di cui si trattava in tale causa rientrava nella prima categoria di misure, tale organo giurisdizionale ha applicato il principio generale, emergente dalla sua giurisprudenza e ricordato al § 124 di detta sentenza, secondo il quale gli azionisti di una società non possono avvalersi della qualità di «vittima», nel senso sopra indicato, di atti o di misure che riguardano la loro società. A tal riguardo, esso ha in particolare rilevato, in sostanza, al § 151 della medesima sentenza, che tale normativa non aveva avuto l’effetto di impedire, anche solo temporaneamente, agli azionisti delle due banche interessate di esercitare i diritti di cui disponevano in virtù del proprio status.

73      Tali considerazioni, che si riferiscono ai criteri che consentono di avvalersi della qualità di «vittima» ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sono irrilevanti al fine di valutare se, nel caso di specie, la sig.ra Corneli sia direttamente interessata dalle decisioni controverse.

74      In secondo luogo, per quanto concerne la questione se le decisioni controverse riguardassero la sig.ra Corneli individualmente, come ricordato dal Tribunale al punto 56 della sentenza impugnata, secondo una giurisprudenza costante i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguardi individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, solo se l’atto di cui si chiede l’annullamento li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li identifica alla stessa stregua dei destinatari (v. sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 223, nonché del 4 ottobre 2024, Commissione e Consiglio/Fronte Polisario, C‑779/21 P e C‑799/21 P, EU:C:2024:835, punto 107 e giurisprudenza citata).

75      Certamente, la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica un provvedimento non comporta affatto che tali soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da detto provvedimento, qualora risulti che tale applicazione sia effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto medesimo (sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio, C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 157 e giurisprudenza citata).

76      Tuttavia, qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti identificati o identificabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, questi soggetti possono essere individualmente interessati da detto atto (sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio, C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 158 e giurisprudenza citata).

77      Nel caso di specie, come risulta dai punti da 56 a 59 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che la sig.ra Corneli fosse individualmente interessata dalle decisioni controverse dato che, nella sua qualità di azionista di Banca Carige, ella soddisfaceva due condizioni. Da un lato, ella faceva parte di un gruppo i cui membri erano identificati o identificabili nel momento in cui sono state adottate le decisioni controverse e, dall’altro, era possibile fondare tale identificazione su criteri tipici dei membri di tale gruppo, vale a dire il fatto di detenere azioni nel capitale di tale banca e di trovarsi esclusi, per effetto di tali decisioni, dall’esercizio di taluni diritti connessi a dette azioni.

78      Per quanto riguarda tale seconda condizione, il Tribunale ha rilevato, al punto 61 della sentenza impugnata, che la sig.ra Corneli godeva, prima dell’adozione delle decisioni controverse, di diritti connessi alle sue azioni che erano stati lesi nel corso del periodo in cui le decisioni controverse erano applicabili. In particolare, il Tribunale ha fatto riferimento, al punto 62 di tale sentenza, alla sospensione delle funzioni dell’assemblea generale di Banca Carige che, in quanto primo effetto prodotto dalla decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, ha privato gli azionisti di tale banca della possibilità di far valere la loro posizione su proposte che tuttavia li riguardavano.

79      Tale motivazione della sentenza impugnata costituisce un’applicazione corretta della giurisprudenza della Corte, citata ai punti da 74 a 76 della presente sentenza, e non è quindi viziata da un errore di diritto. Gli argomenti della BCE e della Commissione che criticano tale motivazione non sono tali da inficiare tale conclusione.

80      Sotto un primo profilo, se è vero che il Tribunale ha menzionato, al punto 58 della sentenza impugnata, il fatto che la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria era stata adottata il 1º gennaio, vale a dire in un giorno in cui, poiché gli enti creditizi osservano la chiusura, le quote detenute dagli azionisti di Banca Carige nel capitale azionario della medesima non potevano essere negoziate, esso non si è fondato su questa sola circostanza per ritenere che la sig.ra Corneli fosse individualmente interessata dalle decisioni controverse, come dimostra il fatto che esso ha ritenuto che la sig.ra Corneli fosse altresì individualmente interessata dalla decisione di proroga, la quale, come rilevato dal Tribunale al medesimo punto della sentenza impugnata, non era stata adottata in un giorno festivo.

81      In altri termini, il punto 58 della sentenza impugnata non può essere letto nel senso che il Tribunale abbia motivato la considerazione secondo cui la sig.ra Corneli era individualmente interessata, in particolare, dalla decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria poiché quest’ultima era stata adottata in un giorno festivo. Esso deve essere inteso come diretto meramente a sottolineare, ad abundantiam, la circostanza che, a causa della chiusura delle borse finanziarie in quel giorno, gli azionisti di Banca Carige, individualmente interessati da tale decisione, erano ancor più facilmente identificabili.

82      Allo stesso modo, il punto 63 della sentenza impugnata non può essere letto nel senso che il Tribunale avrebbe deciso che le decisioni controverse riguardavano individualmente la sig.ra Corneli sulla base della considerazione del fatto che ella figurava tra quegli azionisti di Banca Carige che avevano espresso un voto contrario in occasione dell’assemblea generale del 22 dicembre 2018, tanto più che, a detto punto 63, esso ha precisato che tale voto «[esprimeva] solamente una richiesta di rinvio». Con tali considerazioni, il Tribunale intendeva piuttosto sottolineare l’importanza che rivestiva, per la sig.ra Corneli, il diritto di partecipare all’assemblea generale di Banca Carige, diritto che ella non poteva esercitare fintantoché le decisioni controverse erano in vigore.

83      Sotto un secondo profilo, contrariamente a quanto sostenuto dalla BCE e dalla Commissione, la giurisprudenza della Corte citata al punto 76 della presente sentenza, relativa ai gruppi di soggetti identificati o identificabili in base a criteri tipici dei membri del gruppo in parola, trova applicazione nel caso di specie. La circostanza, addotta dalla BCE e dalla Commissione, che Banca Carige avrebbe contato circa 35 000 azionisti che sarebbero stati tutti individualmente interessati dalle decisioni controverse è, a tal riguardo, irrilevante. L’applicazione di tale giurisprudenza dipende unicamente dalla possibilità di individuare le persone su cui un atto incide in base a criteri propri di tali persone, e non dal numero, più o meno elevato, delle persone individuate.

84      La giurisprudenza della Corte menzionata al punto 75 della presente sentenza, invocata dalla BCE e dalla Commissione, non riguarda un caso come quello di cui trattasi nelle presenti cause. Infatti, tale giurisprudenza riguarda situazioni in cui l’applicazione di una misura è effettuata in forza di una situazione di diritto o di fatto definita dall’atto in questione, cosicché essa riguarda, per definizione, atti di portata generale, come rilevato dall’avvocata generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, e non atti individuali, come le decisioni controverse.

85      Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda le censure dirette contro i punti 74 e 75 della sentenza impugnata, è sufficiente rilevare che, come risulta dai punti da 77 a 79 della presente sentenza, la motivazione esposta ai punti da 56 a 62 della sentenza impugnata dimostra in modo giuridicamente sufficiente che la sig.ra Corneli era individualmente interessata dalle decisioni controverse. In tali circostanze, dette censure, quand’anche fondate, non possono comportare l’annullamento della sentenza impugnata e devono essere respinte in quanto inoperanti, poiché dirette contro una motivazione di tale sentenza svolta ad abundantiam (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar, C‑96/09 P, EU:C:2011:189, punto 211 e giurisprudenza citata).

86      In terzo luogo, per quanto riguarda l’interesse ad agire della sig.ra Corneli, occorre rammentare che, secondo giurisprudenza costante, qualsiasi ricorso di annullamento proposto, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, da una persona fisica o giuridica deve fondarsi su un interesse ad agire in capo a quest’ultima. L’esistenza di un siffatto interesse presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato possa, di per sé, procurare un beneficio a tale persona (sentenza del 13 luglio 2023, D & A Pharma/EMA, C‑136/22 P, EU:C:2023:572, punto 43 e giurisprudenza citata).

87      Nel caso di specie, al punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che, per dimostrare un interesse ad agire avverso le decisioni controverse, la sig.ra Corneli si era avvalsa dell’incidenza di tali decisioni sui diritti a lei spettanti personalmente, in qualità di azionista di Banca Carige, in particolare quello di convocare un’assemblea generale per proporre l’esperimento di un ricorso oppure il diritto di integrare in tal senso l’ordine del giorno di siffatta assemblea.

88      Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 82 della sentenza impugnata, che non si potesse ritenere che, in caso di annullamento delle decisioni controverse, l’effetto di tale annullamento sulla situazione degli azionisti sarebbe identico a quello prodotto sulla situazione di Banca Carige e che, di conseguenza, il requisito, in capo a un azionista, di un interesse ad agire distinto da quello della società di cui egli deterrebbe le azioni fosse soddisfatto nel caso di specie.

89      Tale motivazione della sentenza impugnata giustifica in modo giuridicamente sufficiente la sussistenza dell’interesse ad agire richiesto per fondare la proposizione, da parte della sig.ra Corneli, di un ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, avverso le decisioni controverse, fintantoché queste ultime erano in vigore.

90      Il riferimento, effettuato al punto 81 della sentenza impugnata, al diritto di «convocare un’assemblea generale» o di «integrare» l’ordine del giorno di siffatta assemblea non significa, contrariamente a quanto sostengono la BCE e la Commissione, che il Tribunale abbia riconosciuto alla sig.ra Corneli diritti che non erano previsti dallo statuto di Banca Carige o dalle disposizioni applicabili del diritto italiano. Tale riferimento deve essere letto in combinato disposto con la motivazione della sentenza impugnata secondo cui le decisioni controverse riguardavano direttamente la sig.ra Corneli. Inserito in tale contesto, detto riferimento può solo essere inteso nel senso che il Tribunale ha correttamente ritenuto che la sig.ra Corneli disponesse di un interesse ad agire avverso le decisioni controverse, dal momento che, in caso di annullamento di tali decisioni, l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige sarebbe cessato e la sig.ra Corneli avrebbe recuperato il suo diritto di associarsi ad altri azionisti di tale banca, al fine, in particolare, di poter convocare un’assemblea generale o di integrare l’ordine del giorno di quest’ultima.

91      Quanto al punto 82 della sentenza impugnata, esso costituisce la continuazione logica e la conferma del punto 81 di tale sentenza, come testimonia il fatto che esso inizia con il termine «pertanto».

92      In quarto luogo, occorre esaminare l’argomento della Commissione secondo il quale il Tribunale ha omesso di verificare d’ufficio se l’interesse ad agire della sig.ra Corneli fosse perdurato dopo la conclusione del periodo di amministrazione straordinaria di Banca Carige.

93      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’interesse ad agire di un ricorrente deve sussistere, relativamente all’oggetto del ricorso, nella fase della presentazione dello stesso sotto pena di irricevibilità e perdurare, così come l’oggetto della controversia, fino alla pronuncia della decisione del giudice sotto pena di non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (sentenze del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 42, e del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck, C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 26).

94      In linea di principio, una parte conserva il proprio interesse alla prosecuzione del giudizio avviato con un ricorso di annullamento qualora quest’ultimo possa costituire il fondamento di un eventuale ricorso per responsabilità. L’eventualità di un ricorso per risarcimento è sufficiente per fondare un siffatto interesse ad agire, sempreché esso non sia ipotetico (sentenza del 7 novembre 2018, BPC Lux 2 e a./Commissione, C‑544/17 P, EU:C:2018:880, punti 42 e 43 e giurisprudenza citata).

95      L’interesse ad agire può derivare da qualsiasi azione intentata dinanzi ai giudici nazionali nel cui ambito l’eventuale annullamento dell’atto impugnato dinanzi al giudice dell’Unione possa procurare un vantaggio al ricorrente (sentenza del 7 novembre 2018, BPC Lux 2 e a./Commissione, C‑544/17 P, EU:C:2018:880, punto 44 e giurisprudenza citata).

96      Spetta al ricorrente fornire la prova del proprio interesse ad agire, il quale costituisce il presupposto primo ed essenziale di qualsiasi azione in giudizio. In particolare, affinché un ricorso di annullamento di un atto, presentato da una persona fisica o giuridica, sia ricevibile, occorre che il ricorrente giustifichi in modo pertinente l’interesse che per esso riveste l’annullamento di tale atto (sentenza del 7 novembre 2018, BPC Lux 2 e a./Commissione, C‑544/17 P, EU:C:2018:880, punto 34 e giurisprudenza citata).

97      Nel caso di specie, dai punti 1 e 17 della sentenza impugnata risulta che le decisioni controverse hanno cessato di produrre i loro effetti il 30 settembre 2019.

98      È vero che, come risulta dalla giurisprudenza ricordata ai punti 94 e 95 della presente sentenza, tale circostanza non significa necessariamente che l’interesse ad agire della sig.ra Corneli e, pertanto, l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale fossero venuti meno in corso di causa. Tuttavia, prima di statuire sul merito della causa dinanzi ad esso pendente, spettava al Tribunale verificare, se necessario d’ufficio, che ciò non si fosse verificato. Omettendo di farlo, il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

99      Tuttavia, tale errore di diritto non può comportare, di per sé, l’annullamento della sentenza impugnata.

100    Infatti, come risulta dai punti da 94 a 96 della presente sentenza, la sig.ra Corneli conserverebbe il suo interesse a chiedere l’annullamento delle decisioni controverse se un siffatto annullamento potesse costituire la base di un eventuale ricorso per risarcimento danni.

101    Orbene, in risposta a un quesito scritto rivoltole dalla Corte, la sig.ra Corneli ha, in sostanza, confermato che ella riteneva di aver subito un danno a causa delle decisioni adottate dai commissari straordinari di Banca Carige, nominati dalla BCE, danno di cui intendeva ottenere il risarcimento. Secondo la sig.ra Corneli, tali decisioni hanno provocato la diluizione della propria partecipazione nel capitale di Banca Carige e, in definitiva, la vendita obbligatoria delle azioni da essa detenute, a seguito di un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria lanciata dalla BPR Banca SpA, che aveva acquisito una partecipazione maggioritaria nel capitale di Banca Carige.

102    Dalla risposta della sig.ra Corneli risulta altresì che ella prevede la proposizione di ricorsi per risarcimento danni sia dinanzi al Tribunale, avverso la BCE, sia dinanzi ai giudici nazionali competenti, avverso le altre persone fisiche o giuridiche coinvolte, a seguito delle decisioni controverse, nell’amministrazione straordinaria di Banca Carige e successivamente nella vendita di quest’ultima.

103    A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sua risposta al quesito scritto posto dalla Corte, la BCE ha confermato che i commissari straordinari di Banca Carige hanno effettivamente adottato, durante il loro mandato, una serie di decisioni importanti, in particolare la firma, il 9 agosto 2019, con diverse parti, di un accordo quadro vincolante riguardante la ricapitalizzazione di Banca Carige, atto approvato, il 20 settembre 2019, da un’assemblea generale straordinaria degli azionisti di Banca Carige, convocata da detti commissari straordinari.

104    In tali circostanze, si deve ritenere, al pari dell’avvocata generale ai paragrafi 77 e 78 delle sue conclusioni, che, alla luce della giurisprudenza citata al punto 94 della presente sentenza, l’interesse della sig.ra Corneli ad agire avverso le decisioni controverse non possa essere considerato puramente ipotetico, nemmeno dopo la conclusione del periodo di amministrazione straordinaria di Banca Carige e la vendita da parte della sig.ra Corneli delle proprie azioni.

105    Pertanto, sebbene gli effetti delle decisioni controverse e l’amministrazione straordinaria di Banca Carige siano terminati in corso di causa dinanzi al Tribunale, l’interesse della sig.ra Corneli ad ottenere l’annullamento di tali decisioni non è per questo venuto meno.

106    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, i rispettivi primi motivi di impugnazione della BCE e della Commissione devono essere respinti in quanto infondati.

 Sul secondo motivo di impugnazione della Commissione

 Argomenti delle parti

107    Con il suo secondo motivo di impugnazione, la Commissione, sostenuta dalla BCE e dalla Repubblica italiana, fa valere che è stato per la prima volta nella sua replica dinanzi al Tribunale che la sig.ra Corneli ha dedotto che, conformemente all’articolo 70 del testo unico bancario, la BCE non poteva disporre l’assoggettamento di un ente bancario ad amministrazione straordinaria in caso di deterioramento significativo della situazione di tale ente. Infatti, al punto 67 del suo ricorso in primo grado, la sig.ra Corneli avrebbe sostenuto esattamente il contrario, interpretando l’articolo 70 del testo unico bancario allo stesso modo della BCE.

108    Secondo la Commissione, la corretta interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario non richiedeva la presa di conoscenza dell’intero testo della decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, al quale la sig.ra Corneli ha avuto accesso solo dopo la presentazione del suo ricorso. La Commissione ritiene, pertanto, che la sig.ra Corneli abbia sollevato, per la prima volta nella sua replica dinanzi al Tribunale, un motivo di ricorso nuovo, che non era fondato su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Omettendo di respingere tale motivo nuovo in quanto irricevibile, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 84, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura.

109    La sig.ra Corneli sostiene che tale motivo di impugnazione dev’essere respinto.

 Giudizio della Corte

110    Risulta dall’articolo 84, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura del Tribunale che devono essere dichiarati irricevibili i motivi sollevati per la prima volta in sede di replica e che non sono fondati su elementi di diritto o di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, un motivo o un argomento costituente l’ampliamento di un motivo precedentemente formulato nell’atto introduttivo del giudizio non può essere dichiarato irricevibile per tardività (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2024, Kočner/Europol, C‑755/21 P, EU:C:2024:202, punto 41 e giurisprudenza citata).

111    Nel caso di specie, e senza che ciò sia contestato dalla Commissione in sede di impugnazione, dal ricorso in primo grado risulta che, a sostegno del suo ricorso, la sig.ra Corneli ha dedotto, in particolare, un motivo vertente sulla violazione, da parte della BCE, dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario.

112    Vero è che, come sostiene la Commissione, è per la prima volta nella replica in primo grado che la sig.ra Corneli ha sostenuto che tale ultima disposizione non consentiva l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di una banca in caso di deterioramento significativo della sua situazione.

113    Tuttavia, non si può contestare alla sig.ra Corneli di aver dedotto, in fase di tale replica, un nuovo motivo di ricorso, in quanto detto argomento costituiva un ampliamento, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 110 della presente sentenza, del motivo vertente sulla violazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, dedotto nel suo ricorso. Infatti, sebbene nel suo ricorso la ricorrente abbia in particolare sostenuto che non era stato dimostrato alcun deterioramento particolarmente significativo della situazione di Banca Carige, ella ha precisato, nella sua replica, che tale disposizione non consentiva di assoggettare una banca ad amministrazione straordinaria in una situazione del genere. Orbene, così facendo, la sig.ra Corneli si è limitata a completare la sua argomentazione volta a dimostrare che, come aveva già sostenuto in tale ricorso, la BCE aveva adottato la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria in violazione di detta disposizione.

114    Pertanto, la questione se la sig.ra Corneli fosse o meno in grado di dedurre utilmente detto argomento senza avere accesso al testo integrale della decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, avendo ottenuto tale documento solo dopo il deposito del suo ricorso, è irrilevante.

115    Ne consegue che non si può contestare al Tribunale di aver violato l’articolo 84, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura allorché ha omesso di respingere d’ufficio in quanto irricevibile, per tardività, l’argomento della sig.ra Corneli menzionato al punto 112 della presente sentenza. Occorre, dunque, respingere il secondo motivo di impugnazione della Commissione in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di impugnazione della BCE nonché sul terzo e sul quarto motivo di impugnazione della Commissione

 Argomenti delle parti

116    La BCE, con il suo secondo motivo di impugnazione, e la Commissione, con il suo terzo motivo di impugnazione, sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto allorché ha dichiarato che la BCE aveva violato l’articolo 70 del testo unico bancario adottando le decisioni controverse.

117    In primo luogo, la Commissione sostiene che occorre leggere la parte di frase «quando ricorrono le violazioni o le irregolarità di cui all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b)[, del testo unico bancario]», che figura all’articolo 70, comma 1, di tale testo, nel senso che tale articolo si applica non solo alle «gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie o gravi irregolarità nell’amministrazione», bensì anche al «deterioramento [particolarmente significativo] della situazione della banca o del gruppo bancario», parimenti previsto dall’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario.

118    In secondo luogo, la BCE e la Commissione sostengono che anche un’interpretazione contestuale e sistematica delle disposizioni di cui trattasi depone a favore della tesi secondo la quale il rinvio all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario, operato all’articolo 70, comma 1, di tale testo, include altresì il caso di un deterioramento particolarmente significativo della situazione della banca interessata. Infatti, esisterebbe una conseguenza logica tra la «rimozione», ai sensi della prima di tali disposizioni, e lo «scioglimento», ai sensi della seconda, degli organi di amministrazione o di controllo di una banca. Sarebbe pertanto irragionevole ritenere che, in caso di deterioramento particolarmente significativo della situazione di una banca, il legislatore italiano abbia inteso autorizzare unicamente la prima misura e non la seconda.

119    In terzo luogo, la BCE e la Commissione ritengono che l’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario da esse difesa sia confermata dalla genesi di tale disposizione nonché dai relativi lavori preparatori. Tale interpretazione corrisponderebbe, inoltre, all’obiettivo perseguito dal legislatore italiano nonché alla necessità di rispettare la Costituzione della Repubblica italiana. Infatti, l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario sarebbe il risultato di una modifica introdotta con un decreto legislativo del 16 novembre 2015, adottato dal governo italiano sulla base di una delega conferita dal Parlamento italiano, al fine di garantire il recepimento delle direttive dell’Unione. Dalla giurisprudenza costante della Corte costituzionale risulterebbe che, esercitando tale delega, detto governo sia tenuto a rispettare scrupolosamente l’insieme del diritto dell’Unione. Peraltro, la BCE e la Commissione sottolineano che l’interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario da esse difesa è confermata anche dalla giurisprudenza degli organi giurisdizionali italiani.

120    Con il suo quarto motivo di impugnazione, la Commissione sostiene che il Tribunale ha violato il diritto dell’Unione e, più in particolare, l’articolo 288, terzo comma, TFUE allorché ha escluso, ai punti da 105 a 107 della sentenza impugnata, qualsiasi possibilità di interpretare l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario in modo conforme all’articolo 29 della direttiva 2014/59. Secondo la Commissione, il riferimento, effettuato al punto 105 di tale sentenza, a un’interpretazione contra legem del diritto nazionale è «discutibile (…) sul piano semantico», in quanto l’espressione «contra legem» non sarebbe applicabile qualora si tratti di interpretare la portata di un rinvio operato da una disposizione ad un’altra disposizione, come nel caso dell’articolo 70 del testo unico bancario, che rinvia all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), di tale testo.

121    La Commissione sostiene che, per valutare se l’interpretazione di una disposizione di diritto nazionale abbia carattere contra legem, occorre tener conto non solo dell’interpretazione letterale della disposizione di cui trattasi, ma anche degli altri criteri interpretativi, nonché del diritto nazionale nel suo complesso. Orbene, secondo la Commissione, è fuori di dubbio che, sulla base delle norme interpretative vigenti nel diritto italiano, l’articolo 70 del testo unico bancario possa essere interpretato in modo conforme alla direttiva 2014/59.

122    La Repubblica italiana sostiene l’interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto italiano difesa dalla BCE e dalla Commissione. A suo avviso, la nozione di «gravi perdite del patrimonio», ai sensi dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, costituisce uno dei tipi di «deterioramento particolarmente significativo della situazione di una banca», ai sensi dell’articolo 69-octiesdecies, comma 1, di tale testo, cosicché la BCE era legittimata a fare riferimento, nelle decisioni controverse, alla seconda nozione, più generale, piuttosto che alla prima.

123    La sig.ra Corneli sostiene che i presenti motivi di impugnazione devono essere respinti in quanto irricevibili, dal momento che la BCE e la Commissione contestano al Tribunale di aver applicato erroneamente non il diritto dell’Unione, bensì il diritto italiano. Orbene, in sede di impugnazione, il controllo, da parte della Corte, dell’interpretazione del diritto nazionale adottata dal Tribunale sarebbe limitato alla verifica che quest’ultimo non abbia snaturato tale diritto, il che non verrebbe sostenuto nel caso di specie.

124    Quanto al merito, la sig.ra Corneli contesta l’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario difesa dalla BCE e dalla Commissione. Ella ritiene che, conformemente alle regole interpretative del diritto italiano, si debba dare priorità all’interpretazione letterale di tale disposizione. Ella aggiunge che l’interpretazione difesa dalla BCE e dalla Commissione non è confermata dalla giurisprudenza italiana.

125    La sig.ra Corneli ritiene, inoltre, che la direttiva 2014/59 sia stata correttamente recepita nell’ordinamento italiano. Conformemente al principio di proporzionalità, tale direttiva introdurrebbe una graduazione delle misure di intervento dell’autorità competente nella gestione di una banca, che includono la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione di un ente bancario in situazioni meno gravi di quelle in cui la nomina di uno o più amministratori temporanei sia giustificata. L’argomentazione della BCE e della Commissione non terrebbe conto della chiara formulazione dell’articolo 29, paragrafo 1, di detta direttiva, il quale opererebbe una distinzione tra le situazioni che giustificano la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione di un ente bancario e quelle che giustificano la nomina di uno o più amministratori temporanei.

126    La sig.ra Corneli aggiunge che la direttiva 2014/59 realizza unicamente un’armonizzazione minima e osserva che la Commissione, alla quale erano state notificate le disposizioni del diritto italiano di recepimento di detta direttiva, non ha avviato un procedimento per inadempimento contro la Repubblica italiana, come si sarebbe verificato se tale recepimento non fosse stato attuato correttamente. Quand’anche così fosse, la sig.ra Corneli ritiene che tale circostanza non possa giustificare un’interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario contraria al suo tenore letterale.

 Giudizio della Corte

127    La BCE, con il suo secondo motivo di impugnazione, nonché la Commissione, con il suo terzo e quarto motivo di impugnazione, sostengono, in sostanza, che il Tribunale ha erroneamente ritenuto, ai punti 107 e 108 della sentenza impugnata, che la BCE, al fine di applicare nel caso di specie l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, avesse proceduto ad un’interpretazione contra legem di tale disposizione nazionale e, pertanto, avesse violato il limite previsto dal diritto dell’Unione all’obbligo di interpretare detta disposizione in modo conforme all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59.

128    Per quanto riguarda la ricevibilità di tali motivi, occorre ricordare che la competenza della Corte a decidere su un’impugnazione proposta avverso una decisione emessa dal Tribunale viene definita dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE. Tale norma precisa che l’impugnazione deve essere limitata alle questioni di diritto e può essere proposta «alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo Statuto». Nell’ambito di un elenco contenente i motivi che possono essere dedotti a tale titolo, l’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea precisa che l’impugnazione può essere fondata sulla violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 46).

129    Orbene, la questione, sollevata con i suddetti motivi d’impugnazione, se il Tribunale abbia violato il diritto dell’Unione allorché ha ritenuto che la BCE avesse ecceduto i limiti dell’obbligo, ad essa incombente in forza di tale diritto, di procedere a un’interpretazione conforme del diritto nazionale equivale a chiedere alla Corte una valutazione vertente sull’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale. Si tratta quindi di una questione di diritto soggetta in quanto tale al controllo della Corte investita di un’impugnazione.

130    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla sig.ra Corneli, tali medesimi motivi di impugnazione sono ricevibili.

131    Quanto al merito, dal punto 2 della sentenza impugnata risulta che Banca Carige era soggetta alla vigilanza prudenziale diretta della BCE. Quest’ultima, adottando le decisioni controverse, si è basata, come confermato dal punto 111 della sentenza impugnata, sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013.

132    Conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, prima frase, di tale regolamento, ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile da quest’ultimo, tra cui figura la vigilanza prudenziale di taluni enti creditizi, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Ai sensi della seconda frase di tale articolo 4, paragrafo 3, laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni.

133    Da una lettura complessiva dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 risulta quindi che l’applicazione, da parte della BCE, del diritto nazionale mira a rispettare le scelte operate dal legislatore nazionale nell’ambito stabilito dalle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, a prescindere dal fatto che esse figurino in regolamenti o in direttive.

134    A tal riguardo, occorre ricordare che, applicando il loro diritto interno alla situazione di una banca non soggetta alla vigilanza prudenziale diretta della BCE, le autorità amministrative e giudiziarie di uno Stato membro incaricate di applicare, nell’ambito delle loro rispettive competenze, le disposizioni del diritto dell’Unione hanno, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2022, HUMDA (C‑397/21, EU:C:2022:790, punto 41 e giurisprudenza citata).

135    In particolare, quando il diritto dell’Unione applicabile contiene direttive, il principio di interpretazione conforme implica, come ricordato dal Tribunale al punto 103 della sentenza impugnata, l’esigenza di interpretare il diritto nazionale, quanto più possibile, alla luce della lettera e delle finalità di tali direttive, al fine di conseguire il risultato da queste perseguito (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark, C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punto 87 e giurisprudenza citata).

136    Analogamente, quando la BCE, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, applica a una banca soggetta, al pari di Banca Carige, alla sua vigilanza prudenziale diretta una normativa nazionale che recepisce una direttiva, essa è tenuta a procedere a un’interpretazione delle disposizioni di tale normativa sulle quali essa si basa che sia conforme a tale direttiva.

137    Come il Tribunale stesso ha sottolineato al punto 103 della sentenza impugnata, allorché è chiamato, come nel caso di specie, ad applicare il diritto nazionale, esso ha lo stesso obbligo di interpretazione conforme di tale diritto, tenendo conto della direttiva che quest’ultimo è tenuto a recepire.

138    Come ricordato dal Tribunale anche al punto 105 della sentenza impugnata, l’obbligo per il giudice di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale è limitato dai principi generali del diritto, in particolare i principi generali di certezza del diritto e di irretroattività, e non può servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (v. sentenze del 16 giugno 2005, Pupino, C‑105/03, EU:C:2005:386, punti 44 e 47, nonché del 21 dicembre 2023, BMW Bank e a., C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, EU:C:2023:1014, punto 222 e giurisprudenza citata).

139    È alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 132 a 138 della presente sentenza nonché della necessità di rispettare il primato del diritto dell’Unione e l’esigenza di un’applicazione uniforme di quest’ultimo, nel contesto dell’esercizio, da parte della BCE, delle competenze conferitele dal regolamento n. 1024/2013, che deve essere intesa la nozione di «interpretazione contra legem».

140    Peraltro, si deve presumere che, qualora siano state specificamente introdotte disposizioni interne al fine di recepire una direttiva, lo Stato membro interessato abbia avuto l’intenzione di adempiere pienamente agli obblighi derivanti da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 112 e giurisprudenza citata).

141    Di conseguenza, il divieto, risultante dalla giurisprudenza citata al punto 138 della presente sentenza, di un’interpretazione contra legem del diritto nazionale riguarda solo l’ipotesi in cui il diritto nazionale non possa ricevere un’applicazione tale da sfociare in un risultato compatibile con quello perseguito dalla disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 76 e giurisprudenza citata).

142    Nel caso di specie, dai punti 107 e 108 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha ritenuto, in sostanza, che la BCE avesse violato il limite, fissato dal diritto dell’Unione, di un’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario conforme all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59, procedendo ad un’interpretazione contra legem della disposizione nazionale di cui trattasi.

143    Spetta pertanto alla Corte esaminare se, con tale motivazione, il Tribunale abbia violato il diritto dell’Unione, come sostengono la BCE, con il suo secondo motivo di impugnazione, e la Commissione, con il suo terzo e quarto motivo di impugnazione.

144    A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 28 della direttiva 2014/59 prevede l’obbligo degli Stati membri di provvedere a che le autorità competenti possano esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione di un ente bancario, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone, in particolare qualora «si verifichi un significativo deterioramento» della situazione finanziaria di detto ente.

145    L’articolo 29, paragrafo 1, di tale direttiva dispone, dal canto suo, che gli Stati membri provvedono a che l’autorità competente possa nominare uno o più amministratori temporanei dell’ente, qualora la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione ai sensi dell’articolo 28 di detta direttiva sia ritenuta insufficiente da parte di tale autorità per porre rimedio a una tale situazione.

146    Dal combinato disposto di tali due disposizioni risulta quindi che gli Stati membri devono provvedere affinché, qualora la situazione di un ente bancario si deteriori in modo significativo, l’autorità competente possa segnatamente, in funzione di tale situazione, o limitarsi ad esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone, oppure nominare altresì uno o più amministratori temporanei.

147    Dall’articolo 9, paragrafo 1, primo e secondo comma, e paragrafo 2, del regolamento n. 1024/2013 risulta che, al fine di assolvere i compiti attribuitile, in particolare, dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, la BCE è considerata l’«autorità competente», investita di tutti i poteri e gli obblighi che il pertinente diritto dell’Unione conferisce a tali autorità, e che essa deve esercitare tali poteri conformemente agli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento.

148    A tal riguardo, per quanto concerne l’argomento della sig.ra Corneli vertente, in sostanza, sulla necessità di prevedere, nel rispetto del principio di proporzionalità, una «graduazione» delle misure di intervento dell’autorità competente nell’amministrazione di un ente bancario, occorre constatare che il sistema di misure di intervento previsto agli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 rispetta tale principio.

149    Per quanto riguarda, più in particolare, la misura di amministrazione temporanea prevista all’articolo 29, paragrafo 1, della suddetta direttiva, da tale disposizione risulta che la misura in parola può essere adottata solo dopo che la misura meno restrittiva prevista all’articolo 28 di detta direttiva, vale a dire la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente bancario in questione, è stata ritenuta insufficiente alla luce della situazione di quest’ultimo.

150    Dai punti da 144 a 149 della presente sentenza risulta che, nel recepire la direttiva 2014/59 nel suo ordinamento giuridico interno, il legislatore nazionale deve prevedere la possibilità, per l’autorità competente, di istituire un’amministrazione temporanea di un istituto bancario, in particolare in caso di deterioramento significativo della situazione di tale ente.

151    Pertanto, conformemente al principio di interpretazione conforme e alla giurisprudenza della Corte di cui ai punti 134 e 135 della presente sentenza, le disposizioni pertinenti del diritto nazionale devono, quanto più possibile, essere interpretate in modo da raggiungere tale risultato.

152    Nel caso di specie, vero è che, come risulta dai punti da 92 a 95 della sentenza impugnata, l’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario, relativo alla «rimozione», vale a dire alla destituzione degli organi amministrativi o di controllo di una banca, da un lato, e l’articolo 70, comma 1, di tale testo, relativo all’amministrazione straordinaria di una banca, dall’altro, prevedono condizioni applicative formulate in termini parzialmente diversi.

153    In particolare, sebbene il deterioramento particolarmente significativo della situazione di una banca figuri tra le condizioni alternative che giustificano la rimozione degli organi amministrativi o di controllo di una banca, previste all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario, esso non figura, in questi termini, tra le condizioni di applicazione dell’articolo 70, comma 1, di tale testo, relativo all’amministrazione straordinaria di una banca.

154    Tuttavia, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 107 e 108 della sentenza impugnata, da questa sola circostanza non si può dedurre che un’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario conforme all’articolo 29 della direttiva 2014/59, nel senso che tale disposizione trova applicazione in caso di deterioramento significativo della situazione di una banca, avrebbe per questo carattere contra legem, ai sensi della giurisprudenza della Corte citata ai punti 138 e 141 della presente sentenza.

155    Infatti, una siffatta interpretazione non viola tale disposizione, dal momento che, come constatato dallo stesso Tribunale al punto 93 della sentenza impugnata, tra le condizioni alternative che giustificano l’applicazione della medesima disposizione figura quella relativa al fatto che «sono previste gravi perdite del patrimonio» di una banca.

156    Orbene, la nozione di «deterioramento significativo» della situazione di una banca, pertinente nell’ambito dell’articolo 29 della direttiva 2014/59, e quella di previsione di «gravi perdite del patrimonio», di cui all’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, costituiscono nozioni giuridiche formulate in termini generali e simili.

157    Infatti, un deterioramento della situazione di una banca implica necessariamente l’eventualità, in un prossimo futuro, di perdite nel patrimonio di quest’ultima, le quali, se il deterioramento è «significativo», possono essere qualificate come «gravi». Viceversa, se si prevede che una banca subisca gravi perdite nel patrimonio, ciò può significare solo che la situazione di tale banca subisca un deterioramento qualificabile come «significativo».

158    Ne consegue che, ritenendo, in sostanza, ai punti 107 e 108 della sentenza impugnata, che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario non possa, nel diritto italiano, fungere da fondamento per l’adozione di una misura di assoggettamento ad amministrazione straordinaria di una banca che si trovi di fronte a un significativo deterioramento della sua situazione, senza che sia violato il divieto di un’interpretazione contra legem del diritto nazionale, ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 138 e 141 della presente sentenza, il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

159    Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare né le altre censure formulate dalla BCE a sostegno del suo secondo motivo di impugnazione, né quelle dedotte dalla Commissione a sostegno del suo terzo e quarto motivo di impugnazione, né il quinto motivo di impugnazione di quest’ultima, occorre accogliere le impugnazioni e annullare la sentenza impugnata.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

160    Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, la Corte può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

161    Nel caso di specie, lo stato degli atti consente di statuire sulla controversia per quanto riguarda, da un lato, l’eccezione di irricevibilità del ricorso in primo grado, sollevata dalla BCE, sostenuta dalla Commissione, e, dall’altro, il quarto motivo di tale ricorso, nella parte in cui verte su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse.

162    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’eccezione di irricevibilità del ricorso in primo grado sollevata dalla BCE, vertente sul fatto che la sig.ra Corneli non è direttamente e individualmente interessata dalle decisioni controverse e non dispone dell’interesse richiesto per chiedere l’annullamento di queste ultime, occorre considerare, per la medesima motivazione addotta dal Tribunale ai punti da 33 a 83 della sentenza impugnata, nonché per la motivazione esposta ai punti da 62 a 105 della presente sentenza, con la quale la Corte ha respinto in quanto infondati i rispettivi primi motivi di impugnazione della BCE e della Commissione, che le decisioni controverse riguardano in effetti direttamente e individualmente l’interessata, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, e che ella dispone di un interesse ad agire avverso tali decisioni. Pertanto, l’eccezione di irricevibilità deve essere respinta.

163    In secondo luogo, con il quarto motivo del suo ricorso, la sig.ra Corneli sostiene, in particolare, che la BCE ha commesso un errore di diritto allorché ha fondato le decisioni controverse sull’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, mentre tale disposizione non contempla la situazione addotta per giustificare l’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria, vale a dire il «significativo deterioramento» della situazione di tale banca.

164    A tal riguardo, dai punti da 144 a 158 della presente sentenza risulta che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario deve essere oggetto di un’interpretazione conforme all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59.

165    Da un lato, è vero che il «deterioramento significativo» della situazione di una banca non figura, in questi termini, tra le condizioni alternative menzionate all’articolo 70, paragrafo 1, del testo unico bancario come idonee a giustificare l’applicazione di tale disposizione.

166    Tuttavia, come rilevato ai punti 157 e 158 della presente sentenza, la nozione di «deterioramento significativo» della situazione di una banca è simile alla condizione di applicazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, consistente nel fatto che «sono previste gravi perdite nel patrimonio».

167    Dall’altro lato, occorre tener conto del fatto che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario fa parte di un insieme di disposizioni dirette a consentire il risanamento di banche in difficoltà.

168    Peraltro, è pacifico che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario deriva da una modifica della normativa italiana in forza di un decreto legislativo adottato con l’esplicito obiettivo di recepire nel diritto italiano la direttiva 2014/59.

169    In tali circostanze, si deve ritenere che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario debba essere interpretato nel senso che la condizione relativa al fatto che si possa prevedere che la banca interessata subisca gravi perdite nel patrimonio è soddisfatta in caso di deterioramento significativo della sua situazione e, pertanto, giustifica l’assoggettamento di tale banca ad amministrazione straordinaria.

170    Ne consegue che la BCE non ha commesso un errore di diritto allorché si è basata, per adottare le decisioni controverse, sull’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario e che, pertanto, il quarto motivo del ricorso in primo grado, nella parte in cui verte su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse, deve essere respinto in quanto infondato.

171    Quanto al resto, lo stato degli atti non consente di statuire sulla controversia, atteso che gli altri motivi e argomenti dedotti dalla sig.ra Corneli a sostegno del proprio ricorso non sono stati esaminati dal Tribunale.

172    Di conseguenza, occorre rinviare la controversia dinanzi al Tribunale affinché statuisca su tali motivi di ricorso.

 Sulle spese

173    Poiché la causa viene rinviata dinanzi al Tribunale, occorre riservare le spese relative alle presenti impugnazioni.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 ottobre 2022, Corneli/BCE (T502/19, EU:T:2022:627), è annullata.

2)      Il ricorso presentato dalla sig.ra Francesca Corneli volto ad ottenere l’annullamento della decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-11 della Banca centrale europea (BCE), del 1º gennaio 2019, che assoggetta la Banca Carige SpA ad amministrazione straordinaria, nonché della decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-13 della BCE, del 29 marzo 2019, che proroga fino al 30 settembre 2019 la durata dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria, è ricevibile.

3)      Il quarto motivo del ricorso in primo grado, nella parte in cui verte su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse, è respinto. La causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea affinché si pronunci sugli altri motivi e argomenti dedotti a sostegno di tale ricorso.

4)      Le spese sono riservate.

Lenaerts

von Danwitz

Biltgen

Jürimäe

Lycourgos

Jarukaitis

Kumin

Jääskinen

Gratsias

 

Regan

Ziemele

Passer

 

      Csehi

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 luglio 2025.

Il cancelliere

 

Il presidente

A. Calot Escobar

 

K. Lenaerts


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

15 luglio 2025 (*)

 

« Impugnazione – Politica economica e monetaria – Direttiva 2014/59/UE – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi – Articoli da 27 a 29 – Misure di intervento precoce – Regolamento (UE) n. 1024/2013 – Meccanismo di vigilanza unico – Articolo 4, paragrafo 3 – Decisione della Banca centrale europea (BCE) di assoggettare ad amministrazione straordinaria una banca – Ricorso di annullamento proposto da un azionista – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Persona fisica direttamente e individualmente interessata da un atto di un’istituzione dell’Unione europea – Conclusione dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria – Persistenza dell’interesse ad agire – Applicazione del diritto dell’Unione e nazionale da parte della BCE – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale »

Nelle cause riunite C‑777/22 P e C‑789/22 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, depositate, rispettivamente, il 21 e il 22 dicembre 2022,

Banca centrale europea (BCE), rappresentata inizialmente da C. Hernández Saseta e A. Pizzolla, in qualità di agenti, assistite da M. Lamandini, avvocato, successivamente da C. Hernández Saseta, M. Ioannidis, A. Pizzolla e C. Zilioli, in qualità di agenti, assistiti da M. Lamandini, avvocato,

ricorrente nella causa C‑777/22 P,

Commissione europea, rappresentata inizialmente da V. Di Bucci, A. Nijenhuis e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, successivamente da P.A. Messina, A. Nijenhuis e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, e infine da P.A. Messina e D. Triantafyllou, in qualità di agenti,

ricorrente nella causa C‑789/22 P,

sostenute da:

Repubblica italiana, rappresentata inizialmente da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato, successivamente da S. Fiorentino, in qualità di agente, assistito da P. Gentili, avvocato dello Stato,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui l’altra parte è:

Francesca Corneli, residente in Velletri (Italia), rappresentata inizialmente da L. Boggio e F. Ferraro, avvocati, successivamente da L. Boggio, F. Ferraro e C.E. Tuo, avvocati,

ricorrente in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, T. von Danwitz, vicepresidente, F. Biltgen, K. Jürimäe, C. Lycourgos, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen e D. Gratsias (relatore), presidenti di sezione, E. Regan, I. Ziemele, J. Passer e Z. Csehi, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 giugno 2024,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza del 21 novembre 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le loro rispettive impugnazioni, la Banca centrale europea (BCE) e la Commissione europea chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 ottobre 2022, Corneli/BCE (T‑502/19, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2022:627), con la quale quest’ultimo ha parzialmente accolto il ricorso proposto dalla sig.ra Francesca Corneli, annullando la decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-11 della BCE, del 1º gennaio 2019, che assoggetta Banca Carige SpA ad amministrazione straordinaria (in prosieguo: la «decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria») nonché la decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-13 della BCE, del 29 marzo 2019, che proroga l’amministrazione straordinaria fino al 30 settembre 2019 (in prosieguo: la «decisione di proroga» e, unitamente alla decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, le «decisioni controverse»).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Regolamento (UE) n. 1024/2013

2        Il «meccanismo di vigilanza unico» (MVU), ai fini del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), è definito all’articolo 2, punto 9, di quest’ultimo come «il sistema di vigilanza finanziaria composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti come descritto all’articolo 6 del presente regolamento».

3        L’articolo 4 di detto regolamento così dispone:

«1.      Nel quadro dell’articolo 6, conformemente al paragrafo 3 del presente articolo la BCE ha competenza esclusiva nell’assolvimento dei compiti seguenti, a fini di vigilanza prudenziale, nei confronti di tutti gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti:

(...)

e)      assicurare il rispetto degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, che impongono agli enti creditizi requisiti che assicurino la presenza di solidi dispositivi di governo societario, compresi i requisiti di professionalità e onorabilità per le persone responsabili dell’amministrazione degli enti creditizi, di processi di gestione del rischio, di meccanismi di controllo interno, di politiche e prassi di remunerazione e di processi efficaci di valutazione dell’adeguatezza del capitale interno, compresi i modelli basati sui rating interni;

(...)

i)      assolvere i compiti di vigilanza collegati ai piani di risanamento e alle misure di intervento precoce qualora un ente creditizio o gruppo nei cui confronti la BCE sia l’autorità di vigilanza su base consolidata non soddisfi o rischi di violare i requisiti prudenziali applicabili, nonché, solo nei casi previsti espressamente dal pertinente diritto dell’Unione per le autorità competenti, a cambiamenti strutturali richiesti agli enti creditizi per prevenire lo stress finanziario o il fallimento, ad esclusione dei poteri di risoluzione.

2.      Nei confronti degli enti creditizi stabiliti in uno Stato membro non partecipante che aprono una succursale o che prestano servizi transfrontalieri in uno Stato membro partecipante, la BCE assolve, nell’ambito del paragrafo 1, i compiti spettanti alle autorità competenti in conformità del pertinente diritto dell’Unione.

3.      Ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni.

(...)».

4        L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento prevede quanto segue:

«1.      Al fine esclusivo di assolvere i compiti attribuitile dall’articolo 4, paragrafo 1, dall’articolo 4, paragrafo 2, e d[a]ll’articolo 5, paragrafo 2, la BCE è considerata, ove opportuno, autorità competente o autorità designata negli Stati membri partecipanti come stabilito dal pertinente diritto dell’Unione.

Al medesimo fine esclusivo, la BCE ha tutti i poteri e obblighi di cui al presente regolamento. Ha inoltre tutti i poteri e gli obblighi che il pertinente diritto dell’Unione conferisce alle autorità competenti e designate, salvo diversamente disposto dal presente regolamento. In particolare, la BCE gode dei poteri elencati nelle sezioni 1 e 2 del presente capo.

(...)

2.      La BCE esercita i poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo conformemente agli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma. Nell’esercizio dei rispettivi poteri di vigilanza e di indagine, la BCE e le autorità nazionali competenti cooperano strettamente».

 Direttiva 2014/59/UE

5        L’articolo 2, paragrafo 1, punto 21, della direttiva n. 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), adotta una definizione di «autorità competente», ai fini di tale direttiva, che include in particolare la BCE «relativamente ai compiti specifici attribuitile dal regolamento del Consiglio [n. 1024/2013]».

6        L’articolo 27 della direttiva 2014/59, intitolato «Misure di intervento precoce», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Qualora un ente [creditizio o un’impresa di investimento] violi o, a causa tra l’altro di un rapido deterioramento della situazione finanziaria, del peggioramento della situazione di liquidità, del rapido aumento dei livelli di leva finanziaria, dei crediti in sofferenza o della concentrazione di esposizioni, così come valutato sulla base di una serie di indicatori, che possono includere il requisito di fondi propri dell’ente più 1,5 punti percentuali, rischi di violare nel prossimo futuro i requisiti del [regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1)], della [direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338)], del titolo II della [direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349)] o di uno degli articoli da 3 a 7, da 14 a 17, e 24, 25 e 26 del [regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2014, L 173, pag. 84)], gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti dispongano (…) almeno delle misure seguenti:

(…)».

7        L’articolo 28 di tale direttiva, intitolato «Rimozione dell’alta dirigenza e dell’organo di amministrazione», stabilisce quanto segue:

«Qualora si verifichi un significativo deterioramento della situazione finanziaria di un ente oppure vi siano gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o dello statuto dell’ente o gravi irregolarità amministrative, e se le altre misure attuate in conformità dell’articolo 27 non siano sufficienti ad invertire tale processo, gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone. La nomina della nuova alta dirigenza o dell’organo di amministrazione è eseguita conformemente al diritto nazionale e dell’Unione ed è soggetta all’approvazione o al consenso dell’autorità competente».

8        L’articolo 29 di detta direttiva, intitolato «Amministratore temporaneo», al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano nominare uno o più amministratori temporanei dell’ente, qualora la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione ai sensi dell’articolo 28 sia ritenuta insufficiente da parte dell’autorità competente per porre rimedio alla situazione. Secondo un principio di proporzionalità e in base alle circostanze, le autorità competenti possono nominare un amministratore temporaneo in sostituzione temporanea dell’organo di amministrazione dell’ente, ovvero in affiancamento temporaneo all’organo di amministrazione stesso, specificando la propria decisione all’atto della nomina. Se nomina un amministratore temporaneo da affiancare all’organo di amministrazione dell’ente, l’autorità competente ne specifica all’atto della nomina ruolo, doveri e poteri unitamente a eventuali obblighi dell’organo di amministrazione dell’ente di consultarsi con l’amministratore temporaneo, o di ottenerne il consenso, prima di assumere specifiche decisioni o iniziative. L’autorità competente è tenuta a rendere pubblica la nomina dell’amministratore temporaneo, salvo quando quest’ultimo non ha il potere di rappresentare l’ente. Gli Stati membri assicurano inoltre che gli amministratori temporanei possiedano le qualifiche, le capacità e le conoscenze necessarie per svolgere le loro funzioni, e siano esenti da qualsiasi conflitto di interessi».

 Diritto italiano

9        L’articolo 69-octiesdecies del decreto legislativo del 1º settembre 1993, n. 385 – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Supplemento ordinario alla GURI n. 230, del 30 settembre 1993), nella versione applicabile alla presente controversia (in prosieguo: il «testo unico bancario»), che recepisce l’articolo 28 della direttiva 2014/59 nell’ordinamento giuridico italiano, al comma 1 prevede quanto segue:

«La Banca d’Italia può disporre le seguenti misure nei confronti di una banca o una società capogruppo di un gruppo bancario:

(...)

(b)      la rimozione [dei membri degli organi di amministrazione e di controllo, nonché dell’alta dirigenza], quando risultano gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie o gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero quando il deterioramento della situazione della banca o del gruppo bancario sia particolarmente significativo, e sempre che gli interventi indicati nella medesima lettera a) o quelli previsti negli articoli 53‑bis e 67-ter non siano sufficienti per porre rimedio alla situazione».

10      L’articolo 70 del testo unico bancario, intitolato «Provvedimento», recepisce l’articolo 29 della direttiva 2014/59 nell’ordinamento giuridico italiano e, al comma 1, dispone quanto segue:

«La Banca d’Italia può disporre lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo delle banche quando ricorrono le violazioni o le irregolarità di cui all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), oppure sono previste gravi perdite del patrimonio ovvero quando lo scioglimento è richiesto con istanza motivata dagli organi amministrativi ovvero dall’assemblea straordinaria».

 Fatti

11      Ai punti da 2 a 19 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esposto i fatti all’origine della controversia e quelli successivi alla proposizione del ricorso dinanzi ad esso. Tali fatti, ai fini delle presenti cause riunite, possono essere sintetizzati come segue.

12      Banca Carige era un ente creditizio con sede in Italia, quotato in borsa e soggetto alla vigilanza prudenziale diretta della BCE dal 2014. Tale banca aveva accumulato perdite per oltre EUR 1,6 miliardi tra il mese di dicembre 2014 e il 1º gennaio 2019. La sig.ra Corneli era azionista di minoranza di Banca Carige. Al momento della proposizione del ricorso dinanzi al Tribunale, ella deteneva 200 000 azioni ordinarie corrispondenti allo 0,000361% del capitale sociale di Banca Carige.

13      Dal momento che Banca Carige non rispettava, al 1º gennaio 2018, i requisiti minimi relativi al coefficiente patrimoniale, nel corso del 2018 essa ha intrapreso vari tentativi per porre rimedio a tale situazione. Tuttavia, tali tentativi non sono stati coronati da successo. A seguito dell’opposizione avverso un aumento di capitale da effettuarsi mediante scambio di obbligazioni subordinate con azioni di nuova emissione, manifestata da azionisti detentori del 70% del capitale di Banca Carige in occasione di un’assemblea generale straordinaria di quest’ultima tenutasi il 22 dicembre 2018, sette membri del consiglio di amministrazione di Banca Carige, tra cui il presidente, il vicepresidente e il direttore generale, si sono dimessi, con effetto immediato, il 23 dicembre 2018 e il 2 gennaio 2019. Tali dimissioni hanno comportato la rimozione del consiglio di amministrazione, in applicazione dello statuto di Banca Carige e della disposizione applicabile del diritto italiano. Conformemente a detto statuto, i quattro membri non dimissionari del consiglio di amministrazione sono rimasti in carica per garantire l’ordinaria amministrazione di Banca Carige.

14      Il 1º gennaio 2019, la BCE ha adottato la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, la quale ha avuto come conseguenze, in primo luogo, lo scioglimento del consiglio di amministrazione di Banca Carige e la sostituzione degli ex membri con tre commissari straordinari, in secondo luogo, lo scioglimento del collegio sindacale di Banca Carige nonché la sostituzione degli ex membri di tale collegio con altre tre persone e, in terzo luogo, l’assegnazione ai nuovi organi del compito di dare corso alle azioni necessarie ad assicurare che Banca Carige tornasse a rispettare i requisiti patrimoniali in modo sostenibile.

15      Il 29 marzo 2019 la BCE ha adottato la decisione di proroga.

16      Con decisione del 30 settembre 2019, la BCE ha prorogato fino al 31 dicembre 2019 l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige. Con decisione del 20 dicembre 2019, essa l’ha nuovamente prorogato, fino al 31 gennaio 2020, al fine di consentire il perfezionamento dell’operazione di rafforzamento patrimoniale di Banca Carige.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2019, la sig.ra Corneli ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria nonché «di ogni atto conseguenziale e successivo», inclusa, in particolare, la decisione di proroga nonché le decisioni successive, recanti nuova proroga dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige.

18      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 ottobre 2019, la BCE ha sollevato un’eccezione di irricevibilità di tale ricorso, che è stata unita al merito con un’ordinanza del Tribunale del 29 aprile 2020.

19      Con decisione del 24 giugno 2020, è stato autorizzato l’intervento della Commissione a sostegno delle conclusioni della BCE.

20      Per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso, il Tribunale, in un primo momento, ai punti da 22 a 28 della sentenza impugnata, ha esaminato se la domanda di annullamento delle diverse decisioni della BCE menzionate al punto 17 della presente sentenza fosse pienamente conforme ai requisiti di forma prescritti dagli articoli 76 e 86 del regolamento di procedura del Tribunale e se gli atti di cui si chiedeva l’annullamento fossero esistenti e pregiudizievoli nei confronti della sig.ra Corneli. In esito a tale esame, esso ha considerato, al punto 29 della sentenza impugnata, che il ricorso della sig.ra Corneli era ricevibile nella parte in cui era proposto avverso le decisioni controverse, ma non lo era nei confronti di «ogni atto conseguenziale e successivo», ivi comprese le decisioni adottate dalla BCE successivamente alla proposizione di tale ricorso e recanti nuova proroga dell’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria.

21      In un secondo momento, pronunciandosi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla BCE, sostenuta dalla Commissione, vertente sull’assenza di legittimazione ad agire della sig.ra Corneli, il Tribunale, ai punti da 33 a 54 della sentenza impugnata, ha esaminato, in primo luogo, la questione se la sig.ra Corneli fosse direttamente interessata dalle decisioni controverse.

22      Come risulta dai punti 34 e 35 di tale sentenza, il Tribunale ha ritenuto che il rapporto giuridico tra Banca Carige e i suoi azionisti, tra i quali figurava la sig.ra Corneli, fosse stato modificato, senza intervento di qualsivoglia atto intermedio, dalle decisioni controverse, che modificavano di per sé i diritti di cui disponeva la sig.ra Corneli per partecipare, in qualità di azionista, alla gestione di Banca Carige conformemente alle norme applicabili. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che tali decisioni violassero i diritti della sig.ra Corneli di eleggere, in quanto azionista, gli organi amministrativi e di controllo di Banca Carige, di convocare l’assemblea generale degli azionisti nonché di stabilire l’ordine del giorno e di modificare le condizioni alle quali gli azionisti, come la sig.ra Corneli, potevano mettere in causa la responsabilità degli organi amministrativi e di controllo.

23      Dopo aver respinto gli argomenti in senso contrario della BCE e della Commissione, il Tribunale ha dichiarato, al punto 54 della sentenza impugnata, che la sig.ra Corneli era direttamente interessata dalle decisioni controverse.

24      In secondo luogo, ai punti da 55 a 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la questione se la sig.ra Corneli fosse individualmente interessata dalle decisioni controverse. Come risulta dai punti da 58 a 64 di tale sentenza, il Tribunale ha affermato che la sig.ra Corneli soddisfaceva i requisiti previsti nella sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17) dato che, da un lato, ella era individuabile, nella sua qualità di azionista di Banca Carige, nel momento in cui sono state adottate le decisioni controverse, poiché, alla data della loro rispettiva adozione, l’elenco degli azionisti che sarebbero stati colpiti da tali decisioni era determinato, a fortiori per quanto riguarda la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria che era stata adottata un giorno in cui gli enti creditizi osservavano la chiusura, cosicché quel giorno le azioni non erano negoziabili. Dall’altro lato, il Tribunale ha constatato che gli azionisti di Banca Carige, tra cui la sig.ra Corneli, si erano trovati colpiti personalmente dall’adozione delle decisioni controverse in una qualità che li distingueva in modo esclusivo, vale a dire quella di detentori di azioni nel capitale di Banca Carige che si sarebbero trovati esclusi, per effetto di tali decisioni, dall’esercizio di taluni diritti connessi a dette azioni.

25      Il Tribunale ha rilevato, in particolare, al punto 63 della sentenza impugnata, che la sig.ra Corneli figurava tra quegli azionisti che in sede di voto erano risultati contrari alla proposta presentata il 22 dicembre 2018 all’assemblea generale, voto che, pur esprimendo solamente una richiesta di rinvio, aveva comportato le dimissioni di alcuni membri del consiglio di amministrazione e, successivamente, lo scioglimento di quest’ultimo, trovandosi allora Banca Carige nella situazione che, nel contesto in cui essa operava, aveva comportato, come precisato nella decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, l’intervento della BCE, con sospensione delle funzioni dell’assemblea generale e quindi della possibilità, per gli azionisti, di concorrere con il loro voto alla futura strategia di Banca Carige.

26      Dopo aver respinto le obiezioni della BCE e della Commissione, il Tribunale ha dichiarato, al punto 76 della sentenza impugnata, che le decisioni controverse riguardavano individualmente la sig.ra Corneli e, pertanto, che ella soddisfaceva i requisiti inerenti alla legittimazione ad agire.

27      In terzo luogo, ai punti da 77 a 82 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla BCE, vertente sulla mancanza di interesse ad agire della sig.ra Corneli. A tal riguardo, il Tribunale ha ricordato, al punto 81 di tale sentenza, che, per fondare il proprio ricorso, la sig.ra Corneli adduceva l’incidenza delle decisioni controverse sui diritti a lei spettanti, personalmente, in qualità di azionista di Banca Carige, in particolare quello di convocare un’assemblea generale per proporre l’esperimento di un ricorso oppure il diritto di integrare in tal senso l’ordine del giorno di siffatta assemblea. Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 82 della sentenza impugnata, che, se le decisioni controverse fossero annullate, l’effetto sulla situazione degli azionisti non sarebbe identico a quello che l’annullamento delle medesime produrrebbe sulla situazione di Banca Carige e che, pertanto, fondando il proprio ricorso sull’effetto prodotto dalle decisioni controverse sui suoi propri diritti, la sig.ra Corneli poteva vantare un interesse distinto a chiedere l’annullamento di dette decisioni che non si confondeva con quello di Banca Carige.

28      Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato il ricorso ricevibile e lo ha esaminato nel merito. A sostegno del suo ricorso in primo grado, la sig.ra Corneli aveva dedotto sette motivi, vertenti, il primo, su una violazione delle norme relative alla proporzionalità; il secondo, su una violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto di essere ascoltata; il terzo, sulla nomina a commissari straordinari di persone che avevano in precedenza esercitato importanti funzioni nella direzione e nell’amministrazione di Banca Carige; il quarto, sull’errore di diritto commesso nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse; il quinto, sul fatto che la BCE avrebbe tentato di risolvere problemi di governo societario con la nomina di persone che avevano causato detti problemi; il sesto, sulla violazione, da un lato, delle norme relative ai diritti dell’azionista e, dall’altro, dei principi fondamentali in materia di tutela della proprietà e del risparmio, di libertà dell’iniziativa economica privata e di autodeterminazione del cittadino nelle scelte personali e, il settimo, sull’inidoneità dell’amministrazione straordinaria a porre rimedio al problema constatato.

29      Il Tribunale ha deciso di esaminare, in primo luogo, il quarto motivo del ricorso in primo grado, vertente sull’errore di diritto commesso nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse. Come risulta dal punto 86 della sentenza impugnata, la sig.ra Corneli ha fatto valere, con tale motivo, che la BCE aveva commesso un errore di diritto nel fondare le decisioni controverse sull’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, laddove tale disposizione non contemplava la situazione addotta per giustificare l’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria, vale a dire un «deterioramento significativo» della situazione di quest’ultima.

30      A tal riguardo, al punto 95 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dedotto da un’analisi comparativa delle disposizioni di cui all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), e all’articolo 70 del testo unico bancario che la seconda di esse non prevedeva lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo delle banche, e l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria, in caso di deterioramento particolarmente significativo della situazione della banca o del gruppo bancario interessato.

31      Pertanto, il Tribunale ha ritenuto, al punto 100 di tale sentenza, che la BCE avesse violato l’articolo 70 del testo unico bancario fondandosi sul significativo deterioramento della situazione di Banca Carige, laddove tale condizione non era prevista da detta disposizione, per dichiarare lo scioglimento degli organi amministrativi o di controllo di detta banca, l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria e l’estensione della durata di tale amministrazione per il periodo previsto nella decisione di proroga.

32      Per la motivazione esposta ai punti da 102 a 108 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento dedotto dalla BCE e dalla Commissione secondo cui, poiché l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria era previsto all’articolo 29 della direttiva 2014/59, l’articolo 70 del testo unico bancario doveva essere letto alla luce di tale disposizione, al cui recepimento nel diritto italiano esso era diretto. A tal riguardo, come risulta dai punti 106 e 107 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato che l’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale non poteva servire da fondamento a un’interpretazione in contrasto con i termini utilizzati nella disposizione nazionale di recepimento di una direttiva. Orbene, secondo il Tribunale, tale sarebbe il risultato ottenuto qualora detto metodo di interpretazione fosse stato applicato nella causa di cui era investito.

33      Inoltre, ai punti da 111 a 113 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento, dedotto all’udienza dinanzi ad esso dalla BCE e dalla Commissione, secondo cui, quando la BCE interviene in qualità di autorità competente ai sensi della normativa bancaria, essa è tenuta ad applicare, oltre al diritto nazionale, l’insieme delle norme di diritto dell’Unione, ivi compresa la norma, contenuta nella direttiva 2014/59, che prevede l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria in caso di deterioramento significativo della situazione dell’ente considerato.

34      A tal riguardo, il Tribunale ha rilevato, al punto 112 della sentenza impugnata, che dall’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 risultava che, quando il diritto dell’Unione pertinente ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuiti alla BCE è composto da direttive, deve essere applicata la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Secondo il Tribunale, tale disposizione non può essere intesa come comprendente due fonti distinte di obblighi, vale a dire il diritto dell’Unione nel suo insieme, ivi comprese le direttive, al quale si dovrebbe aggiungere la legislazione nazionale che le recepisce. Il Tribunale ha ritenuto che una simile interpretazione presupporrebbe che la portata delle disposizioni nazionali differisca da quella delle direttive che esse sono tenute a recepire nel diritto interno e che, in tal caso, i due tipi di norme si impongano alla BCE come fonti normative distinte, il che sarebbe in contrasto con l’articolo 288 TFUE. Il Tribunale ha peraltro ricordato la giurisprudenza della Corte secondo la quale una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un privato e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti.

35      Alla luce di dette considerazioni, il Tribunale ha statuito, al punto 113 della sentenza impugnata, che non si può porre rimedio all’errore commesso dalla BCE nell’applicazione dell’articolo 70 del testo unico bancario con un’interpretazione libera dei testi normativi che consenta di rimodellare le condizioni per l’applicazione di disposizioni concepite in modo distinto nella direttiva 2014/59 e nel diritto nazionale. Il Tribunale ha pertanto accolto il motivo del ricorso vertente su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse e ha annullato queste ultime, senza esaminare gli altri motivi di ricorso dedotti dalla sig.ra Corneli.

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

36      Con la sua impugnazione nella causa C‑777/22 P, la BCE chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato le decisioni controverse;

–        dichiarare irricevibile il ricorso in primo grado;

–        in subordine, dichiarare la legittimità delle decisioni controverse e, occorrendo, rimettere la causa al Tribunale al fine di statuire sui motivi di ricorso non esaminati nella sentenza impugnata; e

–        condannare la sig.ra Corneli alle spese tanto del procedimento di primo grado quanto dell’impugnazione.

37      Con la sua impugnazione nella causa C‑789/22 P, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        respingere il ricorso in primo grado in quanto irricevibile o, quantomeno, infondato;

–         condannare la sig.ra Corneli alle spese, e

–        in subordine, dopo l’annullamento, rinviare la causa al Tribunale.

38      Nella sua comparsa di risposta la sig.ra Corneli chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, dichiarare le impugnazioni irricevibili e, in ogni caso, respingerle in quanto infondate, e

–        in subordine, in caso di accoglimento delle impugnazioni, accogliere il suo ricorso in primo grado o, in ulteriore subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale.

39      Nella sua comparsa di risposta nella causa C‑777/22 P, la Commissione indica di sostenere integralmente le conclusioni della BCE e conclude per l’accoglimento di queste ultime.

40      Con decisione del presidente della Corte dell’8 febbraio 2023, le cause C‑777/22 P e C‑789/22 P sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

41      Con decisione del presidente della Corte del 17 aprile 2023, la Repubblica italiana è stata ammessa, su sua domanda, ad intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE e della Commissione nelle cause C‑777/22 P e C‑789/22 P.

42      Nella sua memoria di intervento, la Repubblica italiana chiede alla Corte di accogliere le impugnazioni della BCE e della Commissione e, pertanto, di dichiarare irricevibile o, in subordine, di respingere nel merito il ricorso di annullamento proposto dalla sig.ra Corneli.

43      Conformemente all’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la BCE e la Repubblica italiana hanno chiesto, rispettivamente il 3 e il 6 novembre 2023, che le presenti cause riunite fossero deferite alla Grande Sezione, circostanza di cui la Corte ha preso atto il 7 maggio 2024.

 Sulle impugnazioni

44      A sostegno della sua impugnazione nella causa C‑777/22 P, la BCE deduce due motivi vertenti, il primo, sullo snaturamento dei fatti da parte del Tribunale per quanto riguarda gli asseriti diritti di cui la sig.ra Corneli potrebbe avvalersi in quanto azionista di Banca Carige e, il secondo, su un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario.

45      Dal canto suo, la Commissione deduce, a sostegno della sua impugnazione nella causa C‑789/22 P, cinque motivi vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 263 TFUE, nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto che le decisioni controverse riguardassero direttamente e individualmente la sig.ra Corneli; il secondo, sulla violazione dell’articolo 84 del regolamento di procedura del Tribunale e del divieto di sollevare d’ufficio un motivo di annullamento attinente alla legittimità sostanziale dell’atto impugnato; il terzo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario; il quarto, sulla violazione dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, in quanto il Tribunale ha ritenuto che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario non potesse essere interpretato in maniera conforme all’articolo 29 della direttiva 2014/59 e, il quinto, sulla violazione sia dell’articolo 288, secondo e terzo comma, TFUE, sia dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, in quanto il Tribunale ha ritenuto che la BCE non potesse fondarsi su disposizioni delle direttive aventi effetto diretto e dovesse applicare la normativa nazionale contraria a direttive.

46      Nella sua memoria di intervento, la Repubblica italiana indica di sostenere tutti i motivi dedotti dalla BCE e dalla Commissione, ad eccezione del quinto motivo di impugnazione di quest’ultima, sul quale essa non prende posizione.

 Sul primo motivo di impugnazione della BCE e sul primo motivo di impugnazione della Commissione

 Argomenti delle parti

47      Con i loro primi motivi di impugnazione, la BCE e la Commissione, sostenute dalla Repubblica italiana, contestano la motivazione della sentenza impugnata in base alla quale il Tribunale ha ritenuto che la sig.ra Corneli fosse legittimata ad agire, per la ragione che le decisioni controverse la riguardavano in modo diretto e individuale, e che essa disponeva altresì dell’interesse ad agire richiesto, cosicché il suo ricorso era ricevibile. Tali motivi di impugnazione si articolano in quattro parti per la BCE e in tre parti per la Commissione.

48      Le prime due parti del primo motivo di impugnazione della BCE e la prima parte del primo motivo di impugnazione della Commissione riguardano i punti 34 e 35 della sentenza impugnata, sulla base dei quali il Tribunale ha ritenuto che le decisioni controverse riguardassero direttamente la sig.ra Corneli, dal momento che gli effetti prodotti da queste ultime su una società e sui suoi organi equivalgono ad effetti prodotti sulla situazione di ciascun azionista di tale società, compresi gli azionisti che, come la sig.ra Corneli, detengono una percentuale minima del capitale. A tal riguardo, la BCE contesta al Tribunale, con la prima parte del suo primo motivo di impugnazione, di aver snaturato i fatti. Inoltre, la BCE, con la seconda parte del suo primo motivo di impugnazione, e la Commissione, con la prima parte del suo primo motivo di impugnazione, sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

49      Tali istituzioni sottolineano che i diritti elencati al punto 34 della sentenza impugnata non spettano, individualmente, a ciascun azionista e ritengono che il Tribunale si sia basato su un’interpretazione erronea delle disposizioni applicabili del diritto italiano e dello statuto di Banca Carige. Da tali disposizioni e da tale statuto risulterebbe, in primo luogo, che il diritto di presentare liste per l’elezione dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale sia riservato agli azionisti detentori di almeno l’1% delle azioni ordinarie; in secondo luogo, che il diritto di eleggere i membri di tali organi spetti all’assemblea generale degli azionisti; in terzo luogo, che il diritto di convocare l’assemblea generale degli azionisti e di stabilire l’ordine del giorno di quest’ultima possa essere esercitato soltanto da un gruppo di azionisti che rappresenti il 5% del capitale sociale della società e, in quarto luogo, che l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori di una società possa essere esercitata solo dall’assemblea generale degli azionisti o da un gruppo di azionisti che rappresenti il 2,5% del capitale sociale.

50      La BCE sostiene, del resto, che la presente controversia presenta un’analogia con la causa che ha dato luogo alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, del 7 luglio 2020, Albert e altri c. Ungheria (CE:ECHR:2020:0707JUD 000529414), con la quale, secondo la BCE, tale organo giurisdizionale ha ritenuto che gli effetti degli atti di cui si trattava in tale causa riguardassero direttamente non già le parti ricorrenti in detta causa, azionisti di due banche, bensì le banche stesse, dato che i loro azionisti avevano subìto soltanto effetti indiretti e incidentali.

51      Con, rispettivamente, la terza e la seconda parte dei loro primi motivi di impugnazione, la BCE e la Commissione, sostenute dalla Repubblica italiana, criticano i punti 58, da 61 a 63, 74 e 75 della sentenza impugnata, ai quali il Tribunale ha esaminato la questione se le decisioni controverse riguardassero la sig.ra Corneli individualmente.

52      A tal riguardo, esse contestano al Tribunale di aver travisato la giurisprudenza citata al punto 56 della sentenza impugnata. La mera possibilità di individuare gli azionisti di Banca Carige alla data del 1º gennaio 2019, quando i mercati erano chiusi, non implicherebbe che la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, adottata lo stesso giorno, riguardasse individualmente tali azionisti. Lo stesso varrebbe per quanto riguarda la decisione di proroga, che non sarebbe stata adottata in un giorno festivo, come lo stesso Tribunale avrebbe riconosciuto. L’assoggettamento ad amministrazione straordinaria avrebbe riguardato Banca Carige, destinataria delle decisioni controverse, nonché gli amministratori di quest’ultima, e non i suoi azionisti. Inoltre, il Tribunale non avrebbe spiegato per quale ragione il voto contrario espresso dalla sig.ra Corneli nei confronti di una proposta di risoluzione presentata all’assemblea generale degli azionisti avrebbe avuto come conseguenza l’individualizzazione di tale persona alla stessa stregua dei destinatari delle decisioni controverse.

53      Peraltro, la motivazione esposta ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata non consentirebbe di ritenere che la sig.ra Corneli appartenesse a un «gruppo chiuso», ai sensi della giurisprudenza della Corte citata al punto 71 di tale sentenza. La sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), menzionata dal Tribunale al punto 74 della sentenza impugnata, non sarebbe pertinente, non essendo le decisioni controverse atti regolamentari.

54      Più in generale, la giurisprudenza della Corte relativa ai «gruppi chiusi» sarebbe stata sviluppata nel contesto particolare di cause in cui taluni atti dell’Unione di portata generale riguardavano, in realtà, solo un numero esiguo di operatori, cosicché questi ultimi erano immediatamente identificabili. Per contro, non si potrebbe ragionevolmente ritenere che i circa 35 000 azionisti di Banca Carige costituiscano un siffatto gruppo ristretto di operatori economici. Del resto, tale giurisprudenza non si applicherebbe qualora le persone interessate da un atto siano identificabili in virtù di una situazione oggettiva di diritto o di fatto definita dallo stesso atto di cui trattasi. Orbene, ciò avverrebbe nel caso della sig.ra Corneli e di ogni altro azionista di Banca Carige.

55      Con, rispettivamente, la quarta e la terza parte dei loro primi motivi di impugnazione, la BCE e la Commissione, sostenute dalla Repubblica italiana, deducono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto in quanto ha ritenuto che la sig.ra Corneli disponesse dell’interesse ad agire richiesto per proporre un ricorso di annullamento avverso le decisioni controverse. La Corte avrebbe riconosciuto un simile interesse solo in via eccezionale agli azionisti di una società destinataria di un atto di un’istituzione dell’Unione, vale a dire quando tale atto ha avuto come conseguenza anche una modifica dello statuto della società interessata o ha prodotto penetranti effetti diretti, di tipo espropriativo, a danno degli azionisti. La creazione di una struttura transitoria di governo societario di una banca non costituirebbe un caso eccezionale di questo tipo.

56      Peraltro, il Tribunale non avrebbe dimostrato che le decisioni controverse fossero tali da ledere gli interessi della sig.ra Corneli. Da un lato, al punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale attribuirebbe erroneamente a ciascun azionista diritti che apparterrebbero a minoranze qualificate di azionisti. Dall’altro lato, al punto 82 di tale sentenza, esso affermerebbe che esistono differenze tra gli effetti prodotti rispettivamente su Banca Carige e sugli azionisti di quest’ultima da un eventuale annullamento delle decisioni controverse, senza tuttavia identificare tali differenze. La Commissione aggiunge che il Tribunale ha omesso di esaminare, se necessario d’ufficio, se l’eventuale interesse ad agire della sig.ra Corneli fosse perdurato dopo la conclusione del periodo di amministrazione straordinaria di Banca Carige.

57      La sig.ra Corneli contesta la ricevibilità del primo motivo di impugnazione della BCE, con la motivazione che quest’ultima non ha precisato se essa invocasse un errore di diritto o uno snaturamento dei fatti. In ogni caso, la sig.ra Corneli ritiene che sia il primo motivo di impugnazione della BCE sia il primo motivo di impugnazione della Commissione debbano essere respinti in quanto infondati.

 Giudizio della Corte

58      Per quanto riguarda la ricevibilità del primo motivo di impugnazione della BCE, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui è chiesto l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (sentenza del 23 novembre 2021, Consiglio/Hamas, C‑833/19 P, EU:C:2021:950, punto 50 e giurisprudenza citata).

59      Nel caso di specie, il primo motivo di impugnazione della BCE soddisfa tali requisiti, ed è pertanto ricevibile, il che, contrariamente a quanto sostiene, in sostanza, la sig.ra Corneli, non può mettere in discussione la circostanza che la BCE addebita al Tribunale al contempo un errore di diritto e uno snaturamento dei fatti.

60      Per quanto riguarda l’esame nel merito dei primi motivi di impugnazione della BCE e della Commissione, occorre ricordare che la ricevibilità di un ricorso proposto da una persona fisica o giuridica contro un atto di cui non è destinataria a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, è subordinata alla condizione che le sia riconosciuta la legittimazione ad agire, la quale si presenta in due ipotesi. Da un lato, tale ricorso può essere proposto a condizione che tale atto la riguardi direttamente ed individualmente. Dall’altro, tale persona può proporre un ricorso contro un atto regolamentare che non comporti misure di esecuzione se quest’ultimo la riguarda direttamente (sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 59).

61      Poiché le presenti cause non rispecchiano la seconda ipotesi, occorre esaminare se il Tribunale abbia giustamente ritenuto che le decisioni controverse riguardassero la sig.ra Corneli direttamente e individualmente.

62      In primo luogo, per quanto riguarda la questione se tali decisioni riguardassero direttamente la sig.ra Corneli, da una giurisprudenza costante, parimenti ricordata dal Tribunale al punto 33 della sentenza impugnata, emerge che il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica deve essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che la misura contestata, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a., C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punto 103 e giurisprudenza citata).

63      Nel caso di specie, al punto 34 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che le decisioni controverse violavano i diritti degli azionisti di Banca Carige, tra cui la sig.ra Corneli. Da un lato, secondo il Tribunale, tali decisioni avrebbero inciso sul diritto di detti azionisti di eleggere gli organi amministrativi e di controllo di tale banca, nonché il loro diritto di convocare l’assemblea generale degli azionisti e di stabilire l’ordine del giorno di quest’ultima. Dall’altro, esse avrebbero inciso sulle condizioni in cui gli azionisti potevano mettere in causa la responsabilità degli organi amministrativi e di controllo di Banca Carige, dato che azioni civili avrebbero potuto essere promosse nei confronti dei commissari straordinari nominati dalla BCE solo in caso di dolo o colpa grave e previa autorizzazione della BCE, mentre le azioni sociali di responsabilità avverso i membri dei disciolti organi di Banca Carige o avverso l’amministratore delegato di quest’ultima avrebbero potuto essere promosse solamente dai commissari straordinari, il che avrebbe privato l’assemblea degli azionisti o gli azionisti che, insieme, detenevano una certa percentuale del capitale sociale del diritto di proporre un siffatto ricorso.

64      Sulla base di tali constatazioni, il Tribunale ha ritenuto, al punto 35 della sentenza impugnata, che il rapporto giuridico tra Banca Carige e i suoi azionisti, tra cui la sig.ra Corneli, fosse stato modificato, senza intervento di qualsivoglia atto intermedio, dalle decisioni controverse, che di conseguenza riguardavano direttamente la sig.ra Corneli.

65      A sostegno delle loro affermazioni vertenti su un errore di diritto che vizia i punti 34 e 35 della sentenza impugnata, la BCE e la Commissione contestano al Tribunale di aver omesso di tener conto del fatto che il diritto di presentare una lista di candidati per l’elezione dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di Banca Carige, il diritto di convocare l’assemblea generale di tale banca e il diritto di promuovere un’azione sociale di responsabilità contro i membri degli organi amministrativi e di controllo di detta banca potevano essere esercitati solo da azionisti che detenessero, individualmente o collettivamente, una quota del capitale di Banca Carige superiore a quella detenuta dalla sig.ra Corneli.

66      Orbene, sin dall’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige e per tutto il tempo in cui tale situazione si è protratta, la sig.ra Corneli è stata privata, quantomeno, della possibilità di esercitare il diritto che ella deteneva, in quanto azionista di tale banca, di associarsi ad altri azionisti di quest’ultima per esercitare collettivamente l’uno o l’altro dei diritti menzionati al punto precedente. Si tratta di un effetto sulla situazione giuridica della sig.ra Corneli derivante direttamente dall’adozione delle decisioni controverse, le quali non lasciavano, a tal riguardo, alcun margine di discrezionalità al loro destinatario, cosicché le condizioni poste dalla giurisprudenza citata al punto 62 della presente sentenza erano effettivamente soddisfatte, come il Tribunale ha giustamente dichiarato.

67      Inoltre, per quanto riguarda la prima parte del primo motivo di impugnazione della BCE, vertente sullo snaturamento, da parte del Tribunale, delle disposizioni applicabili del diritto italiano o dello statuto di Banca Carige, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, lo snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione né dei fatti né delle prove (sentenza del 13 luglio 2023, Commissione/CK Telecoms UK Investments, C‑376/20 P, EU:C:2023:561, punto 142 e giurisprudenza citata).

68      Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla BCE, dalla sentenza impugnata non risulta che il Tribunale abbia ritenuto che la sig.ra Corneli avrebbe potuto, in forza delle disposizioni applicabili del diritto italiano o dello statuto della banca, esercitare da sola l’uno o l’altro dei diritti elencati al punto 34 della sentenza impugnata. Al contrario, in risposta a un argomento dedotto dinanzi ad esso dalla BCE e dalla Commissione, vertente sul fatto che i diritti asseritamente lesi dalle decisioni controverse appartenevano non già, individualmente, a ciascun azionista della società interessata, bensì all’assemblea generale degli azionisti di quest’ultima, il Tribunale ha rilevato, ai punti 44 e 45 della sentenza impugnata, che tale argomento non teneva in considerazione, quantomeno, il diritto di voto che consentiva a ciascun azionista di partecipare individualmente all’elezione dei membri chiamati a far parte degli organi amministrativi e di controllo di Banca Carige, diritto che doveva essere oggetto di tutela giurisdizionale e che non poteva più essere esercitato a seguito dell’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria.

69      Dalla motivazione della sentenza impugnata, come sintetizzata al punto precedente, emerge che il Tribunale ha effettivamente tenuto conto del fatto che talune decisioni menzionate al punto 34 della sentenza impugnata potevano, in forza delle disposizioni applicabili del diritto italiano o dello statuto della banca, essere adottate solo collettivamente, dall’assemblea generale di Banca Carige o da azionisti di quest’ultima detentori di una determinata quota del suo capitale sociale. Il Tribunale ha tuttavia dichiarato, in sostanza e giustamente, che tale circostanza non consentiva di ritenere che le decisioni controverse non riguardassero direttamente un azionista determinato, come la sig.ra Corneli.

70      Infine, la presa in considerazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, del 7 luglio 2020, Albert e altri c. Ungheria (CE:ECHR:2020:0707JUD000529414), invocata dalla BCE, non può mettere in discussione la constatazione che le decisioni controverse riguardavano direttamente la sig.ra Corneli.

71      Infatti, per ritenere che le parti ricorrenti nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, le quali erano azionisti di due banche di risparmio ungheresi, non potessero rivendicare la qualità di «vittime», ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è basata sulla distinzione sancita nella sua giurisprudenza tra le misure che incidono sugli interessi di una società e quelle lesive dei diritti connessi alla qualità di azionista di tale società.

72      Dichiarando che la normativa di cui si trattava in tale causa rientrava nella prima categoria di misure, tale organo giurisdizionale ha applicato il principio generale, emergente dalla sua giurisprudenza e ricordato al § 124 di detta sentenza, secondo il quale gli azionisti di una società non possono avvalersi della qualità di «vittima», nel senso sopra indicato, di atti o di misure che riguardano la loro società. A tal riguardo, esso ha in particolare rilevato, in sostanza, al § 151 della medesima sentenza, che tale normativa non aveva avuto l’effetto di impedire, anche solo temporaneamente, agli azionisti delle due banche interessate di esercitare i diritti di cui disponevano in virtù del proprio status.

73      Tali considerazioni, che si riferiscono ai criteri che consentono di avvalersi della qualità di «vittima» ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sono irrilevanti al fine di valutare se, nel caso di specie, la sig.ra Corneli sia direttamente interessata dalle decisioni controverse.

74      In secondo luogo, per quanto concerne la questione se le decisioni controverse riguardassero la sig.ra Corneli individualmente, come ricordato dal Tribunale al punto 56 della sentenza impugnata, secondo una giurisprudenza costante i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguardi individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, solo se l’atto di cui si chiede l’annullamento li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li identifica alla stessa stregua dei destinatari (v. sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 223, nonché del 4 ottobre 2024, Commissione e Consiglio/Fronte Polisario, C‑779/21 P e C‑799/21 P, EU:C:2024:835, punto 107 e giurisprudenza citata).

75      Certamente, la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica un provvedimento non comporta affatto che tali soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da detto provvedimento, qualora risulti che tale applicazione sia effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto medesimo (sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio, C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 157 e giurisprudenza citata).

76      Tuttavia, qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti identificati o identificabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, questi soggetti possono essere individualmente interessati da detto atto (sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio, C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 158 e giurisprudenza citata).

77      Nel caso di specie, come risulta dai punti da 56 a 59 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che la sig.ra Corneli fosse individualmente interessata dalle decisioni controverse dato che, nella sua qualità di azionista di Banca Carige, ella soddisfaceva due condizioni. Da un lato, ella faceva parte di un gruppo i cui membri erano identificati o identificabili nel momento in cui sono state adottate le decisioni controverse e, dall’altro, era possibile fondare tale identificazione su criteri tipici dei membri di tale gruppo, vale a dire il fatto di detenere azioni nel capitale di tale banca e di trovarsi esclusi, per effetto di tali decisioni, dall’esercizio di taluni diritti connessi a dette azioni.

78      Per quanto riguarda tale seconda condizione, il Tribunale ha rilevato, al punto 61 della sentenza impugnata, che la sig.ra Corneli godeva, prima dell’adozione delle decisioni controverse, di diritti connessi alle sue azioni che erano stati lesi nel corso del periodo in cui le decisioni controverse erano applicabili. In particolare, il Tribunale ha fatto riferimento, al punto 62 di tale sentenza, alla sospensione delle funzioni dell’assemblea generale di Banca Carige che, in quanto primo effetto prodotto dalla decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, ha privato gli azionisti di tale banca della possibilità di far valere la loro posizione su proposte che tuttavia li riguardavano.

79      Tale motivazione della sentenza impugnata costituisce un’applicazione corretta della giurisprudenza della Corte, citata ai punti da 74 a 76 della presente sentenza, e non è quindi viziata da un errore di diritto. Gli argomenti della BCE e della Commissione che criticano tale motivazione non sono tali da inficiare tale conclusione.

80      Sotto un primo profilo, se è vero che il Tribunale ha menzionato, al punto 58 della sentenza impugnata, il fatto che la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria era stata adottata il 1º gennaio, vale a dire in un giorno in cui, poiché gli enti creditizi osservano la chiusura, le quote detenute dagli azionisti di Banca Carige nel capitale azionario della medesima non potevano essere negoziate, esso non si è fondato su questa sola circostanza per ritenere che la sig.ra Corneli fosse individualmente interessata dalle decisioni controverse, come dimostra il fatto che esso ha ritenuto che la sig.ra Corneli fosse altresì individualmente interessata dalla decisione di proroga, la quale, come rilevato dal Tribunale al medesimo punto della sentenza impugnata, non era stata adottata in un giorno festivo.

81      In altri termini, il punto 58 della sentenza impugnata non può essere letto nel senso che il Tribunale abbia motivato la considerazione secondo cui la sig.ra Corneli era individualmente interessata, in particolare, dalla decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria poiché quest’ultima era stata adottata in un giorno festivo. Esso deve essere inteso come diretto meramente a sottolineare, ad abundantiam, la circostanza che, a causa della chiusura delle borse finanziarie in quel giorno, gli azionisti di Banca Carige, individualmente interessati da tale decisione, erano ancor più facilmente identificabili.

82      Allo stesso modo, il punto 63 della sentenza impugnata non può essere letto nel senso che il Tribunale avrebbe deciso che le decisioni controverse riguardavano individualmente la sig.ra Corneli sulla base della considerazione del fatto che ella figurava tra quegli azionisti di Banca Carige che avevano espresso un voto contrario in occasione dell’assemblea generale del 22 dicembre 2018, tanto più che, a detto punto 63, esso ha precisato che tale voto «[esprimeva] solamente una richiesta di rinvio». Con tali considerazioni, il Tribunale intendeva piuttosto sottolineare l’importanza che rivestiva, per la sig.ra Corneli, il diritto di partecipare all’assemblea generale di Banca Carige, diritto che ella non poteva esercitare fintantoché le decisioni controverse erano in vigore.

83      Sotto un secondo profilo, contrariamente a quanto sostenuto dalla BCE e dalla Commissione, la giurisprudenza della Corte citata al punto 76 della presente sentenza, relativa ai gruppi di soggetti identificati o identificabili in base a criteri tipici dei membri del gruppo in parola, trova applicazione nel caso di specie. La circostanza, addotta dalla BCE e dalla Commissione, che Banca Carige avrebbe contato circa 35 000 azionisti che sarebbero stati tutti individualmente interessati dalle decisioni controverse è, a tal riguardo, irrilevante. L’applicazione di tale giurisprudenza dipende unicamente dalla possibilità di individuare le persone su cui un atto incide in base a criteri propri di tali persone, e non dal numero, più o meno elevato, delle persone individuate.

84      La giurisprudenza della Corte menzionata al punto 75 della presente sentenza, invocata dalla BCE e dalla Commissione, non riguarda un caso come quello di cui trattasi nelle presenti cause. Infatti, tale giurisprudenza riguarda situazioni in cui l’applicazione di una misura è effettuata in forza di una situazione di diritto o di fatto definita dall’atto in questione, cosicché essa riguarda, per definizione, atti di portata generale, come rilevato dall’avvocata generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, e non atti individuali, come le decisioni controverse.

85      Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda le censure dirette contro i punti 74 e 75 della sentenza impugnata, è sufficiente rilevare che, come risulta dai punti da 77 a 79 della presente sentenza, la motivazione esposta ai punti da 56 a 62 della sentenza impugnata dimostra in modo giuridicamente sufficiente che la sig.ra Corneli era individualmente interessata dalle decisioni controverse. In tali circostanze, dette censure, quand’anche fondate, non possono comportare l’annullamento della sentenza impugnata e devono essere respinte in quanto inoperanti, poiché dirette contro una motivazione di tale sentenza svolta ad abundantiam (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar, C‑96/09 P, EU:C:2011:189, punto 211 e giurisprudenza citata).

86      In terzo luogo, per quanto riguarda l’interesse ad agire della sig.ra Corneli, occorre rammentare che, secondo giurisprudenza costante, qualsiasi ricorso di annullamento proposto, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, da una persona fisica o giuridica deve fondarsi su un interesse ad agire in capo a quest’ultima. L’esistenza di un siffatto interesse presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato possa, di per sé, procurare un beneficio a tale persona (sentenza del 13 luglio 2023, D & A Pharma/EMA, C‑136/22 P, EU:C:2023:572, punto 43 e giurisprudenza citata).

87      Nel caso di specie, al punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che, per dimostrare un interesse ad agire avverso le decisioni controverse, la sig.ra Corneli si era avvalsa dell’incidenza di tali decisioni sui diritti a lei spettanti personalmente, in qualità di azionista di Banca Carige, in particolare quello di convocare un’assemblea generale per proporre l’esperimento di un ricorso oppure il diritto di integrare in tal senso l’ordine del giorno di siffatta assemblea.

88      Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 82 della sentenza impugnata, che non si potesse ritenere che, in caso di annullamento delle decisioni controverse, l’effetto di tale annullamento sulla situazione degli azionisti sarebbe identico a quello prodotto sulla situazione di Banca Carige e che, di conseguenza, il requisito, in capo a un azionista, di un interesse ad agire distinto da quello della società di cui egli deterrebbe le azioni fosse soddisfatto nel caso di specie.

89      Tale motivazione della sentenza impugnata giustifica in modo giuridicamente sufficiente la sussistenza dell’interesse ad agire richiesto per fondare la proposizione, da parte della sig.ra Corneli, di un ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, avverso le decisioni controverse, fintantoché queste ultime erano in vigore.

90      Il riferimento, effettuato al punto 81 della sentenza impugnata, al diritto di «convocare un’assemblea generale» o di «integrare» l’ordine del giorno di siffatta assemblea non significa, contrariamente a quanto sostengono la BCE e la Commissione, che il Tribunale abbia riconosciuto alla sig.ra Corneli diritti che non erano previsti dallo statuto di Banca Carige o dalle disposizioni applicabili del diritto italiano. Tale riferimento deve essere letto in combinato disposto con la motivazione della sentenza impugnata secondo cui le decisioni controverse riguardavano direttamente la sig.ra Corneli. Inserito in tale contesto, detto riferimento può solo essere inteso nel senso che il Tribunale ha correttamente ritenuto che la sig.ra Corneli disponesse di un interesse ad agire avverso le decisioni controverse, dal momento che, in caso di annullamento di tali decisioni, l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di Banca Carige sarebbe cessato e la sig.ra Corneli avrebbe recuperato il suo diritto di associarsi ad altri azionisti di tale banca, al fine, in particolare, di poter convocare un’assemblea generale o di integrare l’ordine del giorno di quest’ultima.

91      Quanto al punto 82 della sentenza impugnata, esso costituisce la continuazione logica e la conferma del punto 81 di tale sentenza, come testimonia il fatto che esso inizia con il termine «pertanto».

92      In quarto luogo, occorre esaminare l’argomento della Commissione secondo il quale il Tribunale ha omesso di verificare d’ufficio se l’interesse ad agire della sig.ra Corneli fosse perdurato dopo la conclusione del periodo di amministrazione straordinaria di Banca Carige.

93      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’interesse ad agire di un ricorrente deve sussistere, relativamente all’oggetto del ricorso, nella fase della presentazione dello stesso sotto pena di irricevibilità e perdurare, così come l’oggetto della controversia, fino alla pronuncia della decisione del giudice sotto pena di non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (sentenze del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 42, e del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck, C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 26).

94      In linea di principio, una parte conserva il proprio interesse alla prosecuzione del giudizio avviato con un ricorso di annullamento qualora quest’ultimo possa costituire il fondamento di un eventuale ricorso per responsabilità. L’eventualità di un ricorso per risarcimento è sufficiente per fondare un siffatto interesse ad agire, sempreché esso non sia ipotetico (sentenza del 7 novembre 2018, BPC Lux 2 e a./Commissione, C‑544/17 P, EU:C:2018:880, punti 42 e 43 e giurisprudenza citata).

95      L’interesse ad agire può derivare da qualsiasi azione intentata dinanzi ai giudici nazionali nel cui ambito l’eventuale annullamento dell’atto impugnato dinanzi al giudice dell’Unione possa procurare un vantaggio al ricorrente (sentenza del 7 novembre 2018, BPC Lux 2 e a./Commissione, C‑544/17 P, EU:C:2018:880, punto 44 e giurisprudenza citata).

96      Spetta al ricorrente fornire la prova del proprio interesse ad agire, il quale costituisce il presupposto primo ed essenziale di qualsiasi azione in giudizio. In particolare, affinché un ricorso di annullamento di un atto, presentato da una persona fisica o giuridica, sia ricevibile, occorre che il ricorrente giustifichi in modo pertinente l’interesse che per esso riveste l’annullamento di tale atto (sentenza del 7 novembre 2018, BPC Lux 2 e a./Commissione, C‑544/17 P, EU:C:2018:880, punto 34 e giurisprudenza citata).

97      Nel caso di specie, dai punti 1 e 17 della sentenza impugnata risulta che le decisioni controverse hanno cessato di produrre i loro effetti il 30 settembre 2019.

98      È vero che, come risulta dalla giurisprudenza ricordata ai punti 94 e 95 della presente sentenza, tale circostanza non significa necessariamente che l’interesse ad agire della sig.ra Corneli e, pertanto, l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale fossero venuti meno in corso di causa. Tuttavia, prima di statuire sul merito della causa dinanzi ad esso pendente, spettava al Tribunale verificare, se necessario d’ufficio, che ciò non si fosse verificato. Omettendo di farlo, il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

99      Tuttavia, tale errore di diritto non può comportare, di per sé, l’annullamento della sentenza impugnata.

100    Infatti, come risulta dai punti da 94 a 96 della presente sentenza, la sig.ra Corneli conserverebbe il suo interesse a chiedere l’annullamento delle decisioni controverse se un siffatto annullamento potesse costituire la base di un eventuale ricorso per risarcimento danni.

101    Orbene, in risposta a un quesito scritto rivoltole dalla Corte, la sig.ra Corneli ha, in sostanza, confermato che ella riteneva di aver subito un danno a causa delle decisioni adottate dai commissari straordinari di Banca Carige, nominati dalla BCE, danno di cui intendeva ottenere il risarcimento. Secondo la sig.ra Corneli, tali decisioni hanno provocato la diluizione della propria partecipazione nel capitale di Banca Carige e, in definitiva, la vendita obbligatoria delle azioni da essa detenute, a seguito di un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria lanciata dalla BPR Banca SpA, che aveva acquisito una partecipazione maggioritaria nel capitale di Banca Carige.

102    Dalla risposta della sig.ra Corneli risulta altresì che ella prevede la proposizione di ricorsi per risarcimento danni sia dinanzi al Tribunale, avverso la BCE, sia dinanzi ai giudici nazionali competenti, avverso le altre persone fisiche o giuridiche coinvolte, a seguito delle decisioni controverse, nell’amministrazione straordinaria di Banca Carige e successivamente nella vendita di quest’ultima.

103    A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sua risposta al quesito scritto posto dalla Corte, la BCE ha confermato che i commissari straordinari di Banca Carige hanno effettivamente adottato, durante il loro mandato, una serie di decisioni importanti, in particolare la firma, il 9 agosto 2019, con diverse parti, di un accordo quadro vincolante riguardante la ricapitalizzazione di Banca Carige, atto approvato, il 20 settembre 2019, da un’assemblea generale straordinaria degli azionisti di Banca Carige, convocata da detti commissari straordinari.

104    In tali circostanze, si deve ritenere, al pari dell’avvocata generale ai paragrafi 77 e 78 delle sue conclusioni, che, alla luce della giurisprudenza citata al punto 94 della presente sentenza, l’interesse della sig.ra Corneli ad agire avverso le decisioni controverse non possa essere considerato puramente ipotetico, nemmeno dopo la conclusione del periodo di amministrazione straordinaria di Banca Carige e la vendita da parte della sig.ra Corneli delle proprie azioni.

105    Pertanto, sebbene gli effetti delle decisioni controverse e l’amministrazione straordinaria di Banca Carige siano terminati in corso di causa dinanzi al Tribunale, l’interesse della sig.ra Corneli ad ottenere l’annullamento di tali decisioni non è per questo venuto meno.

106    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, i rispettivi primi motivi di impugnazione della BCE e della Commissione devono essere respinti in quanto infondati.

 Sul secondo motivo di impugnazione della Commissione

 Argomenti delle parti

107    Con il suo secondo motivo di impugnazione, la Commissione, sostenuta dalla BCE e dalla Repubblica italiana, fa valere che è stato per la prima volta nella sua replica dinanzi al Tribunale che la sig.ra Corneli ha dedotto che, conformemente all’articolo 70 del testo unico bancario, la BCE non poteva disporre l’assoggettamento di un ente bancario ad amministrazione straordinaria in caso di deterioramento significativo della situazione di tale ente. Infatti, al punto 67 del suo ricorso in primo grado, la sig.ra Corneli avrebbe sostenuto esattamente il contrario, interpretando l’articolo 70 del testo unico bancario allo stesso modo della BCE.

108    Secondo la Commissione, la corretta interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario non richiedeva la presa di conoscenza dell’intero testo della decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, al quale la sig.ra Corneli ha avuto accesso solo dopo la presentazione del suo ricorso. La Commissione ritiene, pertanto, che la sig.ra Corneli abbia sollevato, per la prima volta nella sua replica dinanzi al Tribunale, un motivo di ricorso nuovo, che non era fondato su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Omettendo di respingere tale motivo nuovo in quanto irricevibile, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 84, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura.

109    La sig.ra Corneli sostiene che tale motivo di impugnazione dev’essere respinto.

 Giudizio della Corte

110    Risulta dall’articolo 84, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura del Tribunale che devono essere dichiarati irricevibili i motivi sollevati per la prima volta in sede di replica e che non sono fondati su elementi di diritto o di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, un motivo o un argomento costituente l’ampliamento di un motivo precedentemente formulato nell’atto introduttivo del giudizio non può essere dichiarato irricevibile per tardività (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2024, Kočner/Europol, C‑755/21 P, EU:C:2024:202, punto 41 e giurisprudenza citata).

111    Nel caso di specie, e senza che ciò sia contestato dalla Commissione in sede di impugnazione, dal ricorso in primo grado risulta che, a sostegno del suo ricorso, la sig.ra Corneli ha dedotto, in particolare, un motivo vertente sulla violazione, da parte della BCE, dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario.

112    Vero è che, come sostiene la Commissione, è per la prima volta nella replica in primo grado che la sig.ra Corneli ha sostenuto che tale ultima disposizione non consentiva l’assoggettamento ad amministrazione straordinaria di una banca in caso di deterioramento significativo della sua situazione.

113    Tuttavia, non si può contestare alla sig.ra Corneli di aver dedotto, in fase di tale replica, un nuovo motivo di ricorso, in quanto detto argomento costituiva un ampliamento, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 110 della presente sentenza, del motivo vertente sulla violazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, dedotto nel suo ricorso. Infatti, sebbene nel suo ricorso la ricorrente abbia in particolare sostenuto che non era stato dimostrato alcun deterioramento particolarmente significativo della situazione di Banca Carige, ella ha precisato, nella sua replica, che tale disposizione non consentiva di assoggettare una banca ad amministrazione straordinaria in una situazione del genere. Orbene, così facendo, la sig.ra Corneli si è limitata a completare la sua argomentazione volta a dimostrare che, come aveva già sostenuto in tale ricorso, la BCE aveva adottato la decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria in violazione di detta disposizione.

114    Pertanto, la questione se la sig.ra Corneli fosse o meno in grado di dedurre utilmente detto argomento senza avere accesso al testo integrale della decisione di assoggettamento ad amministrazione straordinaria, avendo ottenuto tale documento solo dopo il deposito del suo ricorso, è irrilevante.

115    Ne consegue che non si può contestare al Tribunale di aver violato l’articolo 84, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura allorché ha omesso di respingere d’ufficio in quanto irricevibile, per tardività, l’argomento della sig.ra Corneli menzionato al punto 112 della presente sentenza. Occorre, dunque, respingere il secondo motivo di impugnazione della Commissione in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di impugnazione della BCE nonché sul terzo e sul quarto motivo di impugnazione della Commissione

 Argomenti delle parti

116    La BCE, con il suo secondo motivo di impugnazione, e la Commissione, con il suo terzo motivo di impugnazione, sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto allorché ha dichiarato che la BCE aveva violato l’articolo 70 del testo unico bancario adottando le decisioni controverse.

117    In primo luogo, la Commissione sostiene che occorre leggere la parte di frase «quando ricorrono le violazioni o le irregolarità di cui all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b)[, del testo unico bancario]», che figura all’articolo 70, comma 1, di tale testo, nel senso che tale articolo si applica non solo alle «gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie o gravi irregolarità nell’amministrazione», bensì anche al «deterioramento [particolarmente significativo] della situazione della banca o del gruppo bancario», parimenti previsto dall’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario.

118    In secondo luogo, la BCE e la Commissione sostengono che anche un’interpretazione contestuale e sistematica delle disposizioni di cui trattasi depone a favore della tesi secondo la quale il rinvio all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario, operato all’articolo 70, comma 1, di tale testo, include altresì il caso di un deterioramento particolarmente significativo della situazione della banca interessata. Infatti, esisterebbe una conseguenza logica tra la «rimozione», ai sensi della prima di tali disposizioni, e lo «scioglimento», ai sensi della seconda, degli organi di amministrazione o di controllo di una banca. Sarebbe pertanto irragionevole ritenere che, in caso di deterioramento particolarmente significativo della situazione di una banca, il legislatore italiano abbia inteso autorizzare unicamente la prima misura e non la seconda.

119    In terzo luogo, la BCE e la Commissione ritengono che l’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario da esse difesa sia confermata dalla genesi di tale disposizione nonché dai relativi lavori preparatori. Tale interpretazione corrisponderebbe, inoltre, all’obiettivo perseguito dal legislatore italiano nonché alla necessità di rispettare la Costituzione della Repubblica italiana. Infatti, l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario sarebbe il risultato di una modifica introdotta con un decreto legislativo del 16 novembre 2015, adottato dal governo italiano sulla base di una delega conferita dal Parlamento italiano, al fine di garantire il recepimento delle direttive dell’Unione. Dalla giurisprudenza costante della Corte costituzionale risulterebbe che, esercitando tale delega, detto governo sia tenuto a rispettare scrupolosamente l’insieme del diritto dell’Unione. Peraltro, la BCE e la Commissione sottolineano che l’interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario da esse difesa è confermata anche dalla giurisprudenza degli organi giurisdizionali italiani.

120    Con il suo quarto motivo di impugnazione, la Commissione sostiene che il Tribunale ha violato il diritto dell’Unione e, più in particolare, l’articolo 288, terzo comma, TFUE allorché ha escluso, ai punti da 105 a 107 della sentenza impugnata, qualsiasi possibilità di interpretare l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario in modo conforme all’articolo 29 della direttiva 2014/59. Secondo la Commissione, il riferimento, effettuato al punto 105 di tale sentenza, a un’interpretazione contra legem del diritto nazionale è «discutibile (…) sul piano semantico», in quanto l’espressione «contra legem» non sarebbe applicabile qualora si tratti di interpretare la portata di un rinvio operato da una disposizione ad un’altra disposizione, come nel caso dell’articolo 70 del testo unico bancario, che rinvia all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), di tale testo.

121    La Commissione sostiene che, per valutare se l’interpretazione di una disposizione di diritto nazionale abbia carattere contra legem, occorre tener conto non solo dell’interpretazione letterale della disposizione di cui trattasi, ma anche degli altri criteri interpretativi, nonché del diritto nazionale nel suo complesso. Orbene, secondo la Commissione, è fuori di dubbio che, sulla base delle norme interpretative vigenti nel diritto italiano, l’articolo 70 del testo unico bancario possa essere interpretato in modo conforme alla direttiva 2014/59.

122    La Repubblica italiana sostiene l’interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto italiano difesa dalla BCE e dalla Commissione. A suo avviso, la nozione di «gravi perdite del patrimonio», ai sensi dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, costituisce uno dei tipi di «deterioramento particolarmente significativo della situazione di una banca», ai sensi dell’articolo 69-octiesdecies, comma 1, di tale testo, cosicché la BCE era legittimata a fare riferimento, nelle decisioni controverse, alla seconda nozione, più generale, piuttosto che alla prima.

123    La sig.ra Corneli sostiene che i presenti motivi di impugnazione devono essere respinti in quanto irricevibili, dal momento che la BCE e la Commissione contestano al Tribunale di aver applicato erroneamente non il diritto dell’Unione, bensì il diritto italiano. Orbene, in sede di impugnazione, il controllo, da parte della Corte, dell’interpretazione del diritto nazionale adottata dal Tribunale sarebbe limitato alla verifica che quest’ultimo non abbia snaturato tale diritto, il che non verrebbe sostenuto nel caso di specie.

124    Quanto al merito, la sig.ra Corneli contesta l’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario difesa dalla BCE e dalla Commissione. Ella ritiene che, conformemente alle regole interpretative del diritto italiano, si debba dare priorità all’interpretazione letterale di tale disposizione. Ella aggiunge che l’interpretazione difesa dalla BCE e dalla Commissione non è confermata dalla giurisprudenza italiana.

125    La sig.ra Corneli ritiene, inoltre, che la direttiva 2014/59 sia stata correttamente recepita nell’ordinamento italiano. Conformemente al principio di proporzionalità, tale direttiva introdurrebbe una graduazione delle misure di intervento dell’autorità competente nella gestione di una banca, che includono la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione di un ente bancario in situazioni meno gravi di quelle in cui la nomina di uno o più amministratori temporanei sia giustificata. L’argomentazione della BCE e della Commissione non terrebbe conto della chiara formulazione dell’articolo 29, paragrafo 1, di detta direttiva, il quale opererebbe una distinzione tra le situazioni che giustificano la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione di un ente bancario e quelle che giustificano la nomina di uno o più amministratori temporanei.

126    La sig.ra Corneli aggiunge che la direttiva 2014/59 realizza unicamente un’armonizzazione minima e osserva che la Commissione, alla quale erano state notificate le disposizioni del diritto italiano di recepimento di detta direttiva, non ha avviato un procedimento per inadempimento contro la Repubblica italiana, come si sarebbe verificato se tale recepimento non fosse stato attuato correttamente. Quand’anche così fosse, la sig.ra Corneli ritiene che tale circostanza non possa giustificare un’interpretazione dell’articolo 70 del testo unico bancario contraria al suo tenore letterale.

 Giudizio della Corte

127    La BCE, con il suo secondo motivo di impugnazione, nonché la Commissione, con il suo terzo e quarto motivo di impugnazione, sostengono, in sostanza, che il Tribunale ha erroneamente ritenuto, ai punti 107 e 108 della sentenza impugnata, che la BCE, al fine di applicare nel caso di specie l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, avesse proceduto ad un’interpretazione contra legem di tale disposizione nazionale e, pertanto, avesse violato il limite previsto dal diritto dell’Unione all’obbligo di interpretare detta disposizione in modo conforme all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59.

128    Per quanto riguarda la ricevibilità di tali motivi, occorre ricordare che la competenza della Corte a decidere su un’impugnazione proposta avverso una decisione emessa dal Tribunale viene definita dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE. Tale norma precisa che l’impugnazione deve essere limitata alle questioni di diritto e può essere proposta «alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo Statuto». Nell’ambito di un elenco contenente i motivi che possono essere dedotti a tale titolo, l’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea precisa che l’impugnazione può essere fondata sulla violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 46).

129    Orbene, la questione, sollevata con i suddetti motivi d’impugnazione, se il Tribunale abbia violato il diritto dell’Unione allorché ha ritenuto che la BCE avesse ecceduto i limiti dell’obbligo, ad essa incombente in forza di tale diritto, di procedere a un’interpretazione conforme del diritto nazionale equivale a chiedere alla Corte una valutazione vertente sull’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale. Si tratta quindi di una questione di diritto soggetta in quanto tale al controllo della Corte investita di un’impugnazione.

130    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla sig.ra Corneli, tali medesimi motivi di impugnazione sono ricevibili.

131    Quanto al merito, dal punto 2 della sentenza impugnata risulta che Banca Carige era soggetta alla vigilanza prudenziale diretta della BCE. Quest’ultima, adottando le decisioni controverse, si è basata, come confermato dal punto 111 della sentenza impugnata, sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013.

132    Conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, prima frase, di tale regolamento, ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile da quest’ultimo, tra cui figura la vigilanza prudenziale di taluni enti creditizi, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Ai sensi della seconda frase di tale articolo 4, paragrafo 3, laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni.

133    Da una lettura complessiva dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 risulta quindi che l’applicazione, da parte della BCE, del diritto nazionale mira a rispettare le scelte operate dal legislatore nazionale nell’ambito stabilito dalle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, a prescindere dal fatto che esse figurino in regolamenti o in direttive.

134    A tal riguardo, occorre ricordare che, applicando il loro diritto interno alla situazione di una banca non soggetta alla vigilanza prudenziale diretta della BCE, le autorità amministrative e giudiziarie di uno Stato membro incaricate di applicare, nell’ambito delle loro rispettive competenze, le disposizioni del diritto dell’Unione hanno, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2022, HUMDA (C‑397/21, EU:C:2022:790, punto 41 e giurisprudenza citata).

135    In particolare, quando il diritto dell’Unione applicabile contiene direttive, il principio di interpretazione conforme implica, come ricordato dal Tribunale al punto 103 della sentenza impugnata, l’esigenza di interpretare il diritto nazionale, quanto più possibile, alla luce della lettera e delle finalità di tali direttive, al fine di conseguire il risultato da queste perseguito (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark, C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punto 87 e giurisprudenza citata).

136    Analogamente, quando la BCE, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, applica a una banca soggetta, al pari di Banca Carige, alla sua vigilanza prudenziale diretta una normativa nazionale che recepisce una direttiva, essa è tenuta a procedere a un’interpretazione delle disposizioni di tale normativa sulle quali essa si basa che sia conforme a tale direttiva.

137    Come il Tribunale stesso ha sottolineato al punto 103 della sentenza impugnata, allorché è chiamato, come nel caso di specie, ad applicare il diritto nazionale, esso ha lo stesso obbligo di interpretazione conforme di tale diritto, tenendo conto della direttiva che quest’ultimo è tenuto a recepire.

138    Come ricordato dal Tribunale anche al punto 105 della sentenza impugnata, l’obbligo per il giudice di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale è limitato dai principi generali del diritto, in particolare i principi generali di certezza del diritto e di irretroattività, e non può servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (v. sentenze del 16 giugno 2005, Pupino, C‑105/03, EU:C:2005:386, punti 44 e 47, nonché del 21 dicembre 2023, BMW Bank e a., C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, EU:C:2023:1014, punto 222 e giurisprudenza citata).

139    È alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 132 a 138 della presente sentenza nonché della necessità di rispettare il primato del diritto dell’Unione e l’esigenza di un’applicazione uniforme di quest’ultimo, nel contesto dell’esercizio, da parte della BCE, delle competenze conferitele dal regolamento n. 1024/2013, che deve essere intesa la nozione di «interpretazione contra legem».

140    Peraltro, si deve presumere che, qualora siano state specificamente introdotte disposizioni interne al fine di recepire una direttiva, lo Stato membro interessato abbia avuto l’intenzione di adempiere pienamente agli obblighi derivanti da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 112 e giurisprudenza citata).

141    Di conseguenza, il divieto, risultante dalla giurisprudenza citata al punto 138 della presente sentenza, di un’interpretazione contra legem del diritto nazionale riguarda solo l’ipotesi in cui il diritto nazionale non possa ricevere un’applicazione tale da sfociare in un risultato compatibile con quello perseguito dalla disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 76 e giurisprudenza citata).

142    Nel caso di specie, dai punti 107 e 108 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha ritenuto, in sostanza, che la BCE avesse violato il limite, fissato dal diritto dell’Unione, di un’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario conforme all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59, procedendo ad un’interpretazione contra legem della disposizione nazionale di cui trattasi.

143    Spetta pertanto alla Corte esaminare se, con tale motivazione, il Tribunale abbia violato il diritto dell’Unione, come sostengono la BCE, con il suo secondo motivo di impugnazione, e la Commissione, con il suo terzo e quarto motivo di impugnazione.

144    A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 28 della direttiva 2014/59 prevede l’obbligo degli Stati membri di provvedere a che le autorità competenti possano esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione di un ente bancario, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone, in particolare qualora «si verifichi un significativo deterioramento» della situazione finanziaria di detto ente.

145    L’articolo 29, paragrafo 1, di tale direttiva dispone, dal canto suo, che gli Stati membri provvedono a che l’autorità competente possa nominare uno o più amministratori temporanei dell’ente, qualora la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione ai sensi dell’articolo 28 di detta direttiva sia ritenuta insufficiente da parte di tale autorità per porre rimedio a una tale situazione.

146    Dal combinato disposto di tali due disposizioni risulta quindi che gli Stati membri devono provvedere affinché, qualora la situazione di un ente bancario si deteriori in modo significativo, l’autorità competente possa segnatamente, in funzione di tale situazione, o limitarsi ad esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone, oppure nominare altresì uno o più amministratori temporanei.

147    Dall’articolo 9, paragrafo 1, primo e secondo comma, e paragrafo 2, del regolamento n. 1024/2013 risulta che, al fine di assolvere i compiti attribuitile, in particolare, dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, la BCE è considerata l’«autorità competente», investita di tutti i poteri e gli obblighi che il pertinente diritto dell’Unione conferisce a tali autorità, e che essa deve esercitare tali poteri conformemente agli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento.

148    A tal riguardo, per quanto concerne l’argomento della sig.ra Corneli vertente, in sostanza, sulla necessità di prevedere, nel rispetto del principio di proporzionalità, una «graduazione» delle misure di intervento dell’autorità competente nell’amministrazione di un ente bancario, occorre constatare che il sistema di misure di intervento previsto agli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 rispetta tale principio.

149    Per quanto riguarda, più in particolare, la misura di amministrazione temporanea prevista all’articolo 29, paragrafo 1, della suddetta direttiva, da tale disposizione risulta che la misura in parola può essere adottata solo dopo che la misura meno restrittiva prevista all’articolo 28 di detta direttiva, vale a dire la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente bancario in questione, è stata ritenuta insufficiente alla luce della situazione di quest’ultimo.

150    Dai punti da 144 a 149 della presente sentenza risulta che, nel recepire la direttiva 2014/59 nel suo ordinamento giuridico interno, il legislatore nazionale deve prevedere la possibilità, per l’autorità competente, di istituire un’amministrazione temporanea di un istituto bancario, in particolare in caso di deterioramento significativo della situazione di tale ente.

151    Pertanto, conformemente al principio di interpretazione conforme e alla giurisprudenza della Corte di cui ai punti 134 e 135 della presente sentenza, le disposizioni pertinenti del diritto nazionale devono, quanto più possibile, essere interpretate in modo da raggiungere tale risultato.

152    Nel caso di specie, vero è che, come risulta dai punti da 92 a 95 della sentenza impugnata, l’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario, relativo alla «rimozione», vale a dire alla destituzione degli organi amministrativi o di controllo di una banca, da un lato, e l’articolo 70, comma 1, di tale testo, relativo all’amministrazione straordinaria di una banca, dall’altro, prevedono condizioni applicative formulate in termini parzialmente diversi.

153    In particolare, sebbene il deterioramento particolarmente significativo della situazione di una banca figuri tra le condizioni alternative che giustificano la rimozione degli organi amministrativi o di controllo di una banca, previste all’articolo 69-octiesdecies, comma 1, lettera b), del testo unico bancario, esso non figura, in questi termini, tra le condizioni di applicazione dell’articolo 70, comma 1, di tale testo, relativo all’amministrazione straordinaria di una banca.

154    Tuttavia, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 107 e 108 della sentenza impugnata, da questa sola circostanza non si può dedurre che un’interpretazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario conforme all’articolo 29 della direttiva 2014/59, nel senso che tale disposizione trova applicazione in caso di deterioramento significativo della situazione di una banca, avrebbe per questo carattere contra legem, ai sensi della giurisprudenza della Corte citata ai punti 138 e 141 della presente sentenza.

155    Infatti, una siffatta interpretazione non viola tale disposizione, dal momento che, come constatato dallo stesso Tribunale al punto 93 della sentenza impugnata, tra le condizioni alternative che giustificano l’applicazione della medesima disposizione figura quella relativa al fatto che «sono previste gravi perdite del patrimonio» di una banca.

156    Orbene, la nozione di «deterioramento significativo» della situazione di una banca, pertinente nell’ambito dell’articolo 29 della direttiva 2014/59, e quella di previsione di «gravi perdite del patrimonio», di cui all’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, costituiscono nozioni giuridiche formulate in termini generali e simili.

157    Infatti, un deterioramento della situazione di una banca implica necessariamente l’eventualità, in un prossimo futuro, di perdite nel patrimonio di quest’ultima, le quali, se il deterioramento è «significativo», possono essere qualificate come «gravi». Viceversa, se si prevede che una banca subisca gravi perdite nel patrimonio, ciò può significare solo che la situazione di tale banca subisca un deterioramento qualificabile come «significativo».

158    Ne consegue che, ritenendo, in sostanza, ai punti 107 e 108 della sentenza impugnata, che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario non possa, nel diritto italiano, fungere da fondamento per l’adozione di una misura di assoggettamento ad amministrazione straordinaria di una banca che si trovi di fronte a un significativo deterioramento della sua situazione, senza che sia violato il divieto di un’interpretazione contra legem del diritto nazionale, ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 138 e 141 della presente sentenza, il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

159    Di conseguenza, senza che sia necessario esaminare né le altre censure formulate dalla BCE a sostegno del suo secondo motivo di impugnazione, né quelle dedotte dalla Commissione a sostegno del suo terzo e quarto motivo di impugnazione, né il quinto motivo di impugnazione di quest’ultima, occorre accogliere le impugnazioni e annullare la sentenza impugnata.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

160    Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, la Corte può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

161    Nel caso di specie, lo stato degli atti consente di statuire sulla controversia per quanto riguarda, da un lato, l’eccezione di irricevibilità del ricorso in primo grado, sollevata dalla BCE, sostenuta dalla Commissione, e, dall’altro, il quarto motivo di tale ricorso, nella parte in cui verte su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse.

162    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’eccezione di irricevibilità del ricorso in primo grado sollevata dalla BCE, vertente sul fatto che la sig.ra Corneli non è direttamente e individualmente interessata dalle decisioni controverse e non dispone dell’interesse richiesto per chiedere l’annullamento di queste ultime, occorre considerare, per la medesima motivazione addotta dal Tribunale ai punti da 33 a 83 della sentenza impugnata, nonché per la motivazione esposta ai punti da 62 a 105 della presente sentenza, con la quale la Corte ha respinto in quanto infondati i rispettivi primi motivi di impugnazione della BCE e della Commissione, che le decisioni controverse riguardano in effetti direttamente e individualmente l’interessata, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, e che ella dispone di un interesse ad agire avverso tali decisioni. Pertanto, l’eccezione di irricevibilità deve essere respinta.

163    In secondo luogo, con il quarto motivo del suo ricorso, la sig.ra Corneli sostiene, in particolare, che la BCE ha commesso un errore di diritto allorché ha fondato le decisioni controverse sull’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, mentre tale disposizione non contempla la situazione addotta per giustificare l’assoggettamento di Banca Carige ad amministrazione straordinaria, vale a dire il «significativo deterioramento» della situazione di tale banca.

164    A tal riguardo, dai punti da 144 a 158 della presente sentenza risulta che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario deve essere oggetto di un’interpretazione conforme all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2014/59.

165    Da un lato, è vero che il «deterioramento significativo» della situazione di una banca non figura, in questi termini, tra le condizioni alternative menzionate all’articolo 70, paragrafo 1, del testo unico bancario come idonee a giustificare l’applicazione di tale disposizione.

166    Tuttavia, come rilevato ai punti 157 e 158 della presente sentenza, la nozione di «deterioramento significativo» della situazione di una banca è simile alla condizione di applicazione dell’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario, consistente nel fatto che «sono previste gravi perdite nel patrimonio».

167    Dall’altro lato, occorre tener conto del fatto che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario fa parte di un insieme di disposizioni dirette a consentire il risanamento di banche in difficoltà.

168    Peraltro, è pacifico che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario deriva da una modifica della normativa italiana in forza di un decreto legislativo adottato con l’esplicito obiettivo di recepire nel diritto italiano la direttiva 2014/59.

169    In tali circostanze, si deve ritenere che l’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario debba essere interpretato nel senso che la condizione relativa al fatto che si possa prevedere che la banca interessata subisca gravi perdite nel patrimonio è soddisfatta in caso di deterioramento significativo della sua situazione e, pertanto, giustifica l’assoggettamento di tale banca ad amministrazione straordinaria.

170    Ne consegue che la BCE non ha commesso un errore di diritto allorché si è basata, per adottare le decisioni controverse, sull’articolo 70, comma 1, del testo unico bancario e che, pertanto, il quarto motivo del ricorso in primo grado, nella parte in cui verte su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse, deve essere respinto in quanto infondato.

171    Quanto al resto, lo stato degli atti non consente di statuire sulla controversia, atteso che gli altri motivi e argomenti dedotti dalla sig.ra Corneli a sostegno del proprio ricorso non sono stati esaminati dal Tribunale.

172    Di conseguenza, occorre rinviare la controversia dinanzi al Tribunale affinché statuisca su tali motivi di ricorso.

 Sulle spese

173    Poiché la causa viene rinviata dinanzi al Tribunale, occorre riservare le spese relative alle presenti impugnazioni.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 ottobre 2022, Corneli/BCE (T502/19, EU:T:2022:627), è annullata.

2)      Il ricorso presentato dalla sig.ra Francesca Corneli volto ad ottenere l’annullamento della decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-11 della Banca centrale europea (BCE), del 1º gennaio 2019, che assoggetta la Banca Carige SpA ad amministrazione straordinaria, nonché della decisione ECB-SSM-2019-ITCAR-13 della BCE, del 29 marzo 2019, che proroga fino al 30 settembre 2019 la durata dell’assoggettamento ad amministrazione straordinaria, è ricevibile.

3)      Il quarto motivo del ricorso in primo grado, nella parte in cui verte su un errore di diritto nella determinazione della base giuridica utilizzata per l’adozione delle decisioni controverse, è respinto. La causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea affinché si pronunci sugli altri motivi e argomenti dedotti a sostegno di tale ricorso.

4)      Le spese sono riservate.

Lenaerts

von Danwitz

Biltgen

Jürimäe

Lycourgos

Jarukaitis

Kumin

Jääskinen

Gratsias

 

Regan

Ziemele

Passer

 

      Csehi

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 luglio 2025.

Il cancelliere

 

Il presidente

A. Calot Escobar

 

K. Lenaerts


*      Lingua processuale: l’italiano.

Provvedimento in causa n. C-777/22 P riunita a C-789/22 P del 15/07/2025