Provvedimento in causa n. T-422/23 del 29/10/2025
Organo giudicante: Tribunale
Procedura: Ricorso di annullamento
Stato della causa: Concluso
Esito: Accolto Parzialmente

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

29 ottobre 2025 (*)

« Diritto delle istituzioni – Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo – Recupero di indennità versate a titolo di rimborso di spese parlamentari – Ripetizione dell’indebito – Arricchimento senza causa »

Nella causa T‑422/23,

Lara Comi, residente a Saronno (Italia), rappresentata da V. Mariconda, M. Centonze, G. Recine e L. Della Volpe, avvocati,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da N. Görlitz, M. Ecker e R. Rende Granata, in qualità di agenti,

convenuto

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto, in sede di deliberazione, da I. Nõmm, facente funzione di presidente, G. Steinfatt (relatrice) e D. Kukovec, giudici,

cancelliere: P. Nuñez Ruiz, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’ordinanza del 19 marzo 2024, Comi/Parlamento (T‑422/23, non pubblicata, EU:T:2024:196), che ha dichiarato irricevibile il ricorso nella parte in cui è diretto contro il Gruppo del Partito popolare europeo (PPE) al Parlamento europeo e contro il Segretario generale del gruppo medesimo,

in seguito all’udienza del 26 novembre 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la ricorrente, sig.ra Lara Comi, chiede, segnatamente, l’annullamento della decisione del Segretario generale del Gruppo del Partito popolare europeo (PPE) al Parlamento europeo (in prosieguo: il «Gruppo PPE») del 5 giugno 2023 (in prosieguo: la «decisione impugnata») e della nota di addebito n. 7030000946 del Direttore generale delle Finanze del Parlamento del 3 luglio 2023 (in prosieguo: la «nota di addebito»).

 Fatti

2        La ricorrente è stata deputata al Parlamento dal 2022 al 2024, dopo esserlo già stata dal 2009 al 2019. È stata membro del Gruppo PPE.

3        La ricorrente ha presentato, in relazione agli stanziamenti assegnati a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento, varie richieste di pagamento di spese relative a fatture emesse nell’ambito di contratti conclusi con diversi prestatori di servizi, afferenti a diversi periodi compresi tra novembre 2014 e aprile 2019.

4        La ricorrente ha scelto, per tutte le spese effettuate a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento (in prosieguo: le «spese controverse»), il pagamento diretto ai prestatori di servizi con i quali essa aveva concluso i contratti. I pagamenti a tali prestatori di servizi sono stati effettuati dagli organi competenti del Gruppo PPE in seguito allo svolgimento di un controllo ex ante.

5        A seguito di sospetti di irregolarità riguardanti, tra l’altro, alcune richieste formulate dalla ricorrente in relazione agli stanziamenti assegnati al Gruppo PPE a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha avviato un’indagine il 15 aprile 2019 (caso OC/2019/0160/A1).

6        Il 4 dicembre 2019, la ricorrente è stata informata dell’avvio di tale indagine in quanto persona interessata.

7        L’8 giugno 2020, l’OLAF ha inviato una richiesta di informazioni e di documenti alla ricorrente, alla quale quest’ultima ha risposto il 24 giugno 2020.

8        Il 25 agosto 2020, l’OLAF ha emesso la sua relazione finale sull’indagine, che ha constatato irregolarità riguardanti, tra l’altro, alcune richieste presentate dalla ricorrente nel quadro degli stanziamenti assegnati al Gruppo PPE a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento.

9        Con lettera del 4 febbraio 2022, il Segretario generale del Gruppo PPE ha avviato la procedura per l’eventuale recupero degli importi che sarebbero stati indebitamente versati a seguito della domanda della ricorrente, conformemente all’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), e agli articoli 1.1.1 e 1.4 del regolamento relativo all’utilizzo degli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento, adottato dall’Ufficio di presidenza del Parlamento il 30 giugno 2003, nella versione in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata (in prosieguo: il «regolamento 400»), per un importo complessivo di EUR 131 266, invitando la ricorrente a presentare osservazioni al riguardo.

10      Il 1° aprile 2022, la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni, che erano accompagnate da otto documenti giustificativi in formato elettronico e cartaceo.

11      Il 13 dicembre 2022, la ricorrente ha presentato osservazioni supplementari alle quali erano allegati otto nuovi documenti in formato elettronico e cartaceo.

12      Il 5 giugno 2023, il Segretario generale del Gruppo PPE ha adottato la decisione impugnata. L’articolo 1 di tale decisione ordina, in conformità all’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario e all’articolo 1.4 del regolamento 400, il recupero presso la ricorrente di un importo complessivo di EUR 116 870 a titolo dei vari contratti che essa ha concluso con sette prestatori (in prosieguo: i «contratti controversi»). L’articolo 2 della medesima decisione incarica il Direttore generale delle Finanze del Parlamento, in qualità di ordinatore delegato per gli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento, di procedere al recupero della somma in questione, ai sensi dell’articolo 1.4 del regolamento 400 e degli articoli da 98 a 101 del regolamento finanziario.

13      Il 3 luglio 2023, il Direttore generale delle Finanze del Parlamento ha emesso la nota di addebito che ha trasmesso alla ricorrente il 4 luglio 2023 assieme alla decisione impugnata.

 Conclusioni delle parti

14      La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        in via preliminare, sospendere l’esecutività della decisione impugnata e della nota di addebito;

–        accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva di essa ricorrente in quanto i destinatari delle contestazioni avrebbero dovuto essere le società con cui sono stati sottoscritti i contratti di servizi in questione;

–        in via principale, accertare e dichiarare che, visti i contratti di servizi in esame e i relativi giustificativi prodotti (verificati e autorizzati ex ante ed ex post dal PPE e dal Parlamento), la ricorrente non ha violato le disposizioni delle misure di attuazione dello statuto dei deputati del Parlamento (in prosieguo: le «MAS») in relazione alle richieste relative agli stanziamenti assegnati al Gruppo PPE a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento;

–        annullare la decisione impugnata e la nota di addebito;

–        in via subordinata e condizionata, in caso di accoglimento delle contestazioni addebitate con la decisione impugnata, accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione/decadenza per il recupero di una parte degli importi (pari a EUR 54 889,99) intimati con la nota di addebito;

–        annullare la nota di addebito, rideterminando le eventuali somme dovute dai terzi percettori dei pagamenti indicati in atti o, in via ulteriormente subordinata, da chi di dovere, nella minor misura che eventualmente risulterà all’esito del presente procedimento;

–        condannare il Parlamento alle spese.

15      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere la domanda di sospensione dell’esecuzione in quanto irricevibile;

–        respingere le domande di accertamento in quanto irricevibili;

–        per il resto, respingere il ricorso proposto contro il medesimo in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

16      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sei motivi vertenti, in sostanza, il primo, sulla responsabilità del Gruppo PPE e del Parlamento in considerazione dei controlli effettuati sulle spese oggetto dei contratti controversi e sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento; il secondo, sulla prescrizione di una parte delle somme richieste; il terzo, sul suo difetto di legittimazione passiva a fronte di un’azione petitoria e sull’assenza di una qualsiasi responsabilità oggettiva ad essa imputabile; il quarto, sulla violazione del principio di proporzionalità; il quinto, sulla mancata indicazione delle norme violate, con conseguente violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione e, il sesto, sull’inesistenza delle irregolarità contestate riguardo ai vari contratti di servizi e, in ogni caso, sull’assenza di ogni sua responsabilità.

17      Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente. Esso eccepisce, inoltre, l’irricevibilità dei documenti prodotti per la prima volta con la replica, del mezzo istruttorio richiesto dalla ricorrente, della domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata e delle domande di accertamento.

 Sulla ricevibilità dei documenti prodotti per la prima volta in sede di replica

18      Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie. L’articolo 85, paragrafo 2, di detto regolamento precisa che «le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».

19      Secondo la giurisprudenza, la prova contraria e l’ampliamento delle deduzioni istruttorie a seguito di una prova contraria della controparte nella replica non sono colpite dalla decadenza prevista dall’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento di procedura. Tale disposizione riguarda, infatti, le offerte di prova nuove e deve essere letta alla luce dell’articolo 92, paragrafo 7, di detto regolamento che prevede espressamente che sono riservati la prova contraria e l’ampliamento dei mezzi di prova (sentenza del 7 luglio 2021, HM/Commissione, T‑587/16 RENV, non pubblicata, EU:T:2021:415, punto 55).

20      Nell’ordinanza del 21 marzo 2019, Troszczynski/Parlamento (C‑462/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:239, punti 39 e 40), la Corte ha approvato il rigetto da parte del Tribunale di una prova presentata dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, precisando che benché, nella sua sentenza del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 72), essa avesse dichiarato che la prova contraria e l’ampliamento delle deduzioni istruttorie a seguito di una prova contraria della controparte nel controricorso non sono colpiti da una decadenza come quella prevista all’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, che ha un carattere ancora più eccezionale di quella prevista al paragrafo 2 di tale articolo, la ricorrente non aveva sostenuto che le prove supplementari fossero state prodotte a seguito di una prova contraria, presentata dal convenuto.

21      Nel caso di specie, la ricorrente ha prodotto quindici nuovi documenti in fase di replica, corrispondenti a un messaggio di posta elettronica proveniente da A del 22 novembre 2023 (allegato C1), a un messaggio di posta elettronica di verifica del PPE (allegato C2), a un messaggio di posta elettronica del tesoriere del PPE (allegato C3), a una comunicazione dell’OLAF dell’8 giugno 2020 (allegato C4), all’organigramma e allo schema delle società del gruppo B (allegato C5), a una comunicazione della società C all’OLAF del 30 gennaio 2020 (allegato C6), a messaggi di posta elettronica tra D ed E del 19 e 24 febbraio 2020 (allegato C7), ai bilanci delle società F, C, G, H, I e J (allegati da C8 a C13), alle fatture n. 1117 del 25 settembre 2014, n. 1118 del 25 settembre 2014, n. 1206 del 26 novembre 2015 e n. 1216 del 30 novembre 2016 (allegato C14) e alle fatture n. 1216 del 30 novembre 2016, n. 1239 del 28 novembre 2017, nonché 131/A dell’8 febbraio 2019, per un importo complessivo di EUR 3 660 (allegato C15).

22      La ricorrente spiega che tutte le nuove prove sono la conseguenza immediata e diretta dei mezzi di difesa dedotti dal Parlamento. Infatti, la ricorrente avrebbe inizialmente dovuto difendersi contro un’altra entità, nella fattispecie il Gruppo PPE, mentre oggi essa dovrebbe difendersi contro il Parlamento che avrebbe sollevato nel controricorso una serie di nuove contestazioni e di nuove obiezioni in risposta all’argomentazione contenuta nell’atto introduttivo, il che avrebbe reso necessaria la produzione dei nuovi documenti in questione.

23      Il Parlamento sostiene che la produzione tardiva di tali documenti non è giustificata.

24      A questo proposito, gli allegati da C1 a C3 della replica sono stati presentati al fine di suffragare, nell’ambito del primo motivo di ricorso, l’argomento secondo cui i controlli ex ante erano esaustivi. Tuttavia, essi non sono stati presentati al fine di reagire alla presentazione, da parte del Parlamento nel controricorso, di una prova contraria ai sensi della giurisprudenza citata ai precedenti punti 19 e 20.

25      L’allegato C4 della replica è stato presentato al fine di suffragare l’argomento, rientrante nel secondo motivo di ricorso, vertente sulla prescrizione di varie somme di cui il Parlamento ha chiesto il rimborso alla ricorrente, secondo il quale, in sostanza, contrariamente a quanto risulterebbe dai punti 17 e 19 del controricorso, essa è stata informata delle contestazioni relative all’utilizzo dei fondi rientranti nella voce di bilancio 400 del Parlamento sollevate dal Parlamento nei suoi confronti solo il 4 febbraio 2022, ossia più di cinque anni dopo la conclusione della maggior parte dei contratti in questione. Orbene, nulla ostava a che essa sostenesse già nell’atto introduttivo che diversi contratti controversi erano stati conclusi più di cinque anni prima che essa fosse stata realmente informata dell’oggetto di tale parte dell’indagine condotta dall’OLAF, né la ricorrente deduce che tale prova sia stata prodotta al fine di reagire a una prova contraria presentata dal Parlamento.

26      In ogni caso, come risulta dall’esame del secondo motivo di ricorso, il dies a quo della prescrizione quinquennale previsto all’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario corrisponde al momento in cui l’istituzione dell’Unione era, in circostanze normali, in grado di far valere il proprio credito. Per contro, il momento della conclusione dei contratti controversi, o addirittura quello in cui la ricorrente è venuta a conoscenza del procedimento relativo al recupero dei fondi in questione, non è pertinente al riguardo.

27      Quanto agli allegati da C5 a C7 della replica, essi sono presentati a sostegno del quinto motivo di ricorso, vertente sulla mancata indicazione delle norme violate, con conseguente violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione. In sostanza, la ricorrente afferma che non è stato indicato quale regola imporrebbe un recupero dei fondi assegnati a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento in assenza di fatture tra il subcommittente e il subappaltatore. Essa aggiunge che D ha precisato che tutte le società del gruppo B lavoravano in sinergia le une con le altre, che i conti intrasocietari (o «inter-company») erano redatti alla fine dell’anno e che i servizi forniti dall’una o dall’altra società si inserivano in un «reciproco scambio di prestazioni in un rapporto inter[‑]company». La presentazione di tali allegati aveva lo scopo di fornire un organigramma del gruppo di società in questione (allegato C5) e di dimostrare che l’OLAF è stato informato da D dell’esistenza di tali prestazioni di servizi tra le suddette società (allegati C6 e C7). Ne consegue che la produzione dei tre allegati in parola non è destinata, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, a reagire a una nuova contestazione o a una nuova obiezione da parte del Parlamento. Essa non risponde neppure a una prova contraria del Parlamento. Inoltre, come rilevato anche dalla ricorrente al punto 93 della replica, la questione della base giuridica per considerare una spesa a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento come irregolare in caso di assenza di un rapporto di subappalto chiaramente accertato si poneva già nella decisione impugnata ed è stata affrontata dalla ricorrente nell’atto introduttivo. Pertanto, essa avrebbe potuto produrre detti allegati in sede di atto introduttivo.

28      Lo stesso vale per gli allegati da C8 a C13 della replica che contengono i bilanci delle società F, C, G, H, I e J, che apparterrebbero al gruppo B, e la cui produzione aveva lo scopo di dimostrare che i servizi forniti erano stati oggetto di una ripartizione del lavoro legale e del tutto normale nei rapporti intrasocietari delle società di uno stesso gruppo, sfruttando le potenzialità dell’una o dell’altra, di far emergere i crediti e i debiti tra imprese nonché il fatto che tali società erano soggette alla gestione e al coordinamento della società madre.

29      L’allegato C14 alla replica contiene, dal canto suo, fatture emesse dalla società K e indirizzate alla società F per servizi di ritagli stampa e monitoraggio di Internet. La ricorrente le ha presentate a sostegno del sesto motivo di ricorso al fine di contestare le conclusioni contenute nella decisione impugnata in merito ai contratti da essa conclusi con la società F. Tuttavia, la ricorrente non individua alcuna contestazione, alcuna obiezione o prova contraria contenuta nel controricorso che giustifichi la presentazione di tali documenti in fase di replica.

30      Nei limiti in cui la ricorrente sostiene di aver ricevuto tali fatture solo il 27 novembre 2023, occorre constatare che, in ogni caso, esse non riguardano i costi per i quali la decisione impugnata ordina un recupero. Esse non sono quindi pertinenti ai fini della soluzione della controversia.

31      Per quanto riguarda le fatture emesse dalla società K e indirizzate alla società F contenute nell’allegato C15 alla replica, che sono state presentate dalla ricorrente a sostegno del sesto motivo di ricorso per contestare le conclusioni contenute nella decisione impugnata in merito ai contratti da essa conclusi con la società H, la ricorrente non individua alcuna censura, né alcuna obiezione o prova contraria contenuta nel controricorso che giustificherebbe la presentazione di tali documenti in fase di replica. Nella misura in cui la ricorrente le presenta al fine di dimostrare che le società del gruppo B mettevano a disposizione il loro know-how e i loro servizi, ciascuna nel settore più appropriato, e si fatturavano poi reciprocamente o fatturavano alla società holding, nulla ostava a che tali fatture fossero presentate già al momento della presentazione del ricorso.

32      Poiché la produzione tardiva di tali nuovi documenti in fase di replica non trova una valida giustificazione, occorre dichiararli irricevibili.

 Sulla ricevibilità della domanda di mezzi istruttori

33      Ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le misure di organizzazione del procedimento e i mezzi istruttori possono essere adottati in qualsiasi fase del procedimento. Tuttavia, conformemente all’articolo 88, paragrafo 2, del medesimo regolamento, quando tali domande sono formulate dopo il primo scambio di memorie, la parte che le presenta deve esporre le ragioni per le quali non ha potuto presentarle anteriormente.

34      Nel caso di specie, nella replica, la ricorrente chiede al Tribunale un mezzo istruttorio volto all’accertamento dei fatti mediante l’ammissione e la presa in considerazione della prova testimoniale, in particolare invitando il direttore generale del gruppo B a testimoniare dinanzi ad esso al fine di rispondere ai seguenti quesiti:

«Le attività oggetto dei contratti tra l’On. Comi e le società coinvolte nel presente procedimento, ossia le società F, J, G, H, I e L sono state effettivamente eseguite e portate a termine?

Chi si occupava dell’esecuzione delle attività oggetto dei contratti di prestazione di servizi per cui è causa?

Come venivano regolati i rapporti di appalto e/o di subappalto e/o comunque la realizzazione dei lavori con le varie società del gruppo B?»

35      Il Parlamento si oppone all’attuazione di tale mezzo istruttorio sostenendo che esso è irricevibile, in quanto il suo carattere tardivo non sarebbe stato giustificato dalla ricorrente. Inoltre, la ricorrente non avrebbe giustificato la sua utilità.

36      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che l’opportunità di formulare una siffatta domanda si ricollega all’accertamento dei fatti. In particolare, la testimonianza di D dovrebbe dimostrare che «contrariamente a quanto asserito dal Parlamento [nel] controricorso – anche in mancanza di alcune delle relative fatture e/o di analoga documentazione – i lavori sono stati effettivamente e regolarmente eseguiti in regime di subappalto e/o di servizi inter‑company dalle società con cui sono stati stipulati i contratti [controversi] oppure da altre società [che sarebbero] appartenenti al medesimo gruppo societario».

37      Orbene, l’insieme di tali questioni e problemi si poneva già nel corso del procedimento amministrativo sfociato nell’adozione della decisione impugnata e risultava parimenti da quest’ultima. La ricorrente non adduce alcuna ragione per la quale essa non ha potuto presentare una siffatta domanda nell’atto introduttivo.

38      Pertanto, occorre respingere la domanda di mezzi istruttori di cui al precedente punto 34 in quanto irricevibile.

 Sulla ricevibilità della domanda di sospensione dellesecuzione della decisione impugnata

39      Con il primo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di sospendere l’esecutività della decisione impugnata e della nota di addebito.

40      Il Parlamento chiede il rigetto di tale capo della domanda in quanto manifestamente irricevibile.

41      Alla luce del suo tenore letterale, il capo della domanda di cui si tratta deve essere interpretato come una domanda fondata sull’articolo 278 TFUE e diretta alla sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata e della nota di addebito. Conformemente a tale disposizione, il Tribunale può, qualora reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

42      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 156, paragrafo 5, del regolamento di procedura, la domanda deve essere presentata con atto separato, il che non è avvenuto nel caso di specie. Di conseguenza, il primo capo della domanda deve essere respinto perché irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 28 maggio 2013, Trabelsi e a./Consiglio, T‑187/11, EU:T:2013:273, punto 45].

 Sulla competenza del Tribunale a conoscere delle domande di accertamento

43      Con il secondo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva di essa ricorrente.

44      Inoltre, con il terzo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di accertare e dichiarare che essa non ha violato le disposizioni delle MAS.

45      Il Parlamento chiede il rigetto del secondo e del terzo capo della domanda della ricorrente in quanto irricevibili.

46      Alla luce del loro tenore letterale, il secondo e il terzo capo della domanda della ricorrente devono essere interpretati come domande volte a che il Tribunale emetta una pronuncia dichiarativa.

47      Orbene, secondo una giurisprudenza costante, il Tribunale non è competente, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, a pronunciare sentenze dichiarative (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, DenizBank/Consiglio, T‑798/14, EU:T:2018:546, punto 135 e giurisprudenza citata).

48      Pertanto, il secondo e il terzo capo della domanda della ricorrente devono essere respinti.

49      Per contro, il quinto capo della domanda della ricorrente (v. punto 14 supra), sebbene contenga il termine «dichiarare», deve ritenersi diretto all’annullamento parziale della decisione impugnata e della nota di addebito, cosicché il Tribunale è competente a conoscerne.

 Nel merito

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla responsabilità del Gruppo PPE e del Parlamento in considerazione dei controlli effettuati sulle spese oggetto dei contratti controversi e sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

50      La ricorrente deduce che, ai sensi del regolamento 400, l’utilizzazione dei fondi destinati ai partiti politici sarebbe soggetta al controllo del gruppo politico e non, individualmente, del deputato interessato, tanto nella fase di approvazione delle spese quanto al momento del loro pagamento. A suo avviso, il fatto che gli organi competenti abbiano effettuato controlli approfonditi ex ante e abbiano autorizzato il pagamento avrebbe fatto sorgere nella ricorrente la legittima aspettativa che i pagamenti in questione non sarebbero stati successivamente messi in discussione. In ogni caso, essa sostiene che, per quanto riguarda la maggior parte dei servizi per i quali i fondi sono stati versati, oggetto di contestazione non è il fatto che tali servizi siano stati effettivamente forniti, bensì unicamente le modalità con cui il fornitore dei servizi ha organizzato la propria attività ai fini dell’esecuzione del contratto. Orbene, un deputato non avrebbe, singolarmente, il potere di effettuare controlli riguardanti la sfera interna delle società fornitrici. Non potrebbe quindi essergli addebitata alcuna responsabilità oggettiva al riguardo. Al momento dell’esecuzione dei contratti contestati, il modulo interno per la presentazione dei documenti giustificativi e la richiesta di rimborso non avrebbero previsto la necessità di specificare se tali servizi venissero forniti in subappalto e da chi. La ricorrente ritiene quindi che non possa esserle imputata alcuna responsabilità, in quanto essa non ha mai partecipato alle procedure di controllo o di approvazione.

51      A parere della ricorrente, come previsto dall’articolo 2.7 del regolamento 400, il Gruppo PPE e il Parlamento avrebbero potuto accedere a tutte le informazioni necessarie per effettuare un controllo effettivo in più fasi e, quindi, anche ex post, delle spese controverse. A tal proposito, a seguito di numerose richieste di ulteriori chiarimenti e informazioni, i funzionari del PPE e del Parlamento incaricati dei controlli avrebbero effettuato le verifiche previste dal regolamento medesimo in modo strutturato e approfondito, per poi approvare e rimborsare tutte le fatture in questione.

52      La ricorrente ritiene, conseguentemente, di difettare della legittimazione passiva in merito alla ripetizione delle somme che le sono state richieste e di cui essa non si ritiene debitrice.

53      Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente, e ritiene che tale motivo di ricorso si suddivida in realtà in due parti. Esso deduce che la prima parte, vertente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, è irricevibile alla luce dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, dato che difetta degli elementi essenziali di diritto su cui si fonda.

54      Inoltre, ad avviso del Parlamento, la seconda parte del primo motivo di ricorso, vertente sulla responsabilità del Parlamento, dovrebbe essere parimenti dichiarata irricevibile poiché, da un lato, a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata, non specifica quale fattispecie ricorra tra quelle contemplate dall’articolo 263, secondo comma, TFUE, vale a dire l’annullamento per incompetenza, per violazione di forme sostanziali, per violazione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere. Dall’altro lato, tale parte sarebbe altresì irricevibile per violazione dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

55      In subordine, il Parlamento deduce, da un lato, che la mancata identificazione di uno dei casi di esperibilità del ricorso di annullamento consentirebbe di concludere che la seconda parte è manifestamente infondata.

56      Dall’altro lato, il Parlamento espone che la ricorrente avrebbe beneficiato degli stanziamenti a titolo della voce di bilancio 400, sebbene i fondi siano stati versati, su sua richiesta, dal Gruppo PPE ai fornitori di servizi con cui essa aveva stipulato i contratti in questione. Orbene, in caso di accertamento dell’esistenza di pagamenti indebiti, occorrerebbe procedere, ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario, al recupero delle somme indebitamente versate nei confronti della persona che ha beneficiato degli stanziamenti di detta voce di bilancio, con modalità analoghe a quelle applicabili al recupero delle somme versate a titolo di indennità di assistenza parlamentare ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 4, delle misure di attuazione dello statuto dei deputati del Parlamento europeo (MAS).

57      A tale riguardo, come sostiene il Parlamento, il presente motivo di ricorso si articola in realtà in due parti, la prima vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e la seconda, che occorre esaminare per prima, sulla responsabilità del Gruppo PPE e del Parlamento riguardo ai controlli effettuati sulle spese controverse.

–       Sulla seconda parte del primo motivo di ricorso

58      La ricorrente deduce, in sostanza, che il Parlamento le chiede a torto il rimborso di somme che, asseritamente, sono state indebitamente pagate a diversi prestatori di servizi, mentre, a suo avviso, non le incombeva l’onere della verifica della regolarità di detti pagamenti e dei relativi servizi. Un siffatto errore vizierebbe di illegittimità la decisione impugnata.

59      Per quanto riguarda la ricevibilità di tale parte, contestata sotto un duplice profilo dal Parlamento, occorre ricordare che l’articolo 263, secondo comma, TFUE, che precisa le fattispecie che consentono l’introduzione dei ricorsi di annullamento, dispone in particolare che la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere.

60      Ai sensi dell’articolo 21, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, «[l]’istanza deve contenere l’indicazione del nome e del domicilio dell’istante e della qualità del firmatario, l’indicazione della parte o delle parti avverso le quali è proposta, l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati».

61      In forza dell’articolo 76 del regolamento di procedura, il ricorso di cui all’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea contiene il nome e il domicilio del ricorrente, l’indicazione della qualità e del recapito del rappresentante del ricorrente, la designazione della parte principale contro cui il ricorso è proposto, l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti nonché un’esposizione sommaria di detti motivi, le conclusioni del ricorrente, se del caso, le prove e le offerte di prova.

62      Tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. L’atto introduttivo deve pertanto chiarire il motivo sul quale il ricorso si basa, cosicché la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura. Requisiti analoghi sono imposti quando una parte o una censura sono formulate a sostegno di un motivo dedotto [v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2024, MPM-Quality/EUIPO – Elton hodinářská (PRIM), T‑333/23, non pubblicata, EU:T:2024:837, punto 25 e giurisprudenza citata].

63      In primo luogo, ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, nessuna di tali disposizioni prevede che un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE debba precisare in forza di quale fattispecie, tra quelle che consentono l’introduzione del ricorso previste al secondo comma di tale disposizione, esso sia presentato. Pertanto, non si può sostenere che l’assenza di tale precisazione nel caso di specie abbia come conseguenza l’irricevibilità della presente parte.

64      Del resto, dato che la ricorrente afferma in sostanza che, tenuto conto, da un lato, della responsabilità dei gruppi politici in seno al Parlamento per quanto riguarda i controlli sull’utilizzo dei fondi a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento e, dall’altro, dei controlli effettivamente realizzati dai responsabili del Gruppo PPE e del Parlamento, la decisione impugnata viola tanto il regolamento 400 quanto il regolamento finanziario, tale parte verte chiaramente su una violazione delle regole di diritto relative all’applicazione del Trattato FUE.

65      In secondo luogo, nell’atto introduttivo, la ricorrente espone altresì in modo chiaro le ragioni per le quali ritiene che il regolamento 400 e il regolamento finanziario siano stati violati, il che ha consentito al Parlamento di preparare la sua difesa e consente al Tribunale di controllare la legittimità della decisione impugnata al riguardo.

66      La presente parte è quindi ricevibile.

67      Per quanto riguarda la fondatezza di tale parte, la ricorrente sostiene, da un lato, di non essere autorizzata ad effettuare controlli quanto alle modalità specifiche di esecuzione dei contratti controversi e che non possa esserle imputata alcuna responsabilità oggettiva al riguardo. Tale argomento si sovrappone a quello contenuto nel terzo motivo di ricorso, vertente, in sostanza, sull’impossibilità di citare in giudizio la ricorrente per il pagamento e sull’assenza di una qualsiasi responsabilità oggettiva ad essa imputabile, e sarà esaminato in tale contesto.

68      Dall’altro lato, la ricorrente sostiene che l’onere della verifica della regolarità dei pagamenti in questione e dei relativi servizi non incombeva ad essa, bensì ai servizi del Parlamento.

69      Il regolamento 400, che disciplina l’utilizzo degli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento, all’articolo 1, intitolato «Base giuridica della gestione degli stanziamenti», nonché all’articolo 1.1, intitolato «Natura delle spese», prevede segnatamente che gli stanziamenti in questione sono gestiti dai gruppi politici del Parlamento e sono destinati a coprire le spese amministrative ed operative nonché le spese connesse alle loro attività politiche e d’informazione.

70      L’articolo 2.2.3 del regolamento 400, che figura sotto il titolo «Esecuzione del bilancio», prevede che «[c]iascun gruppo istituisce un sistema di controllo interno ed assicura che ciascuna operazione finanziaria sia svolta dai seguenti soggetti: (...) l’agente incaricato del suo avvio, (...) l’agente preposto alle verifiche ex ante [e] l’ordinatore competente» e che «[l]e funzioni di avvio e di verifica ex ante sono fra loro incompatibili, come pure le funzioni di ordinatore e di contabile».

71      L’articolo 1.4 del regolamento 400, che figura sotto il titolo «Responsabilità», prevede che «[i] gruppi politici sono responsabili di fronte all’Istituzione dell’utilizzo degli stanziamenti nei limiti dei poteri loro conferiti dall’Ufficio di Presidenza ai fini dell’attuazione del presente regolamento [e che essi] vigilano a che gli stanziamenti siano utilizzati nel rispetto del presente regolamento prendendo ogni disposizione atta ad evitare spese non conformi al regolamento stesso».

72      L’articolo 2.7.1 del regolamento 400, che figura sotto il titolo «Relazione al Parlamento europeo», enuncia che «[p]rima della fine del quarto mese successivo alla chiusura dell’esercizio ogni gruppo politico presenta al Presidente del Parlamento una relazione certificata sull’utilizzo degli stanziamenti nel trascorso esercizio finanziario».

73      L’articolo 74 del regolamento finanziario, intitolato «Poteri e funzioni dell’ordinatore», dispone, in particolare, quanto segue:

«1.      L’ordinatore è incaricato, nell’istituzione dell’Unione interessata, di eseguire le entrate e le spese secondo il principio della sana gestione finanziaria, anche assicurando la rendicontazione sulla performance, e di garantire il rispetto dei requisiti di legittimità, regolarità e parità di trattamento dei destinatari.

2.      Ai fini del paragrafo 1 del presente articolo, l’ordinatore delegato pone in atto (...) la struttura organizzativa e i sistemi di controllo interno adeguati all’esecuzione dei suoi compiti.

(...)

6.      L’ordinatore delegato può predisporre controlli ex post per individuare e correggere errori e irregolarità nelle operazioni dopo la loro autorizzazione».

74      L’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario, intitolato «Accertamento dei crediti», dispone che «[g]li importi indebitamente pagati sono recuperati».

75      Dalle disposizioni citate ai precedenti punti da 69 a 74 risulta che sono predisposti meccanismi di controllo al fine di garantire che le spese sostenute dai gruppi politici del Parlamento, o per loro conto, siano sostenute conformemente al principio di sana gestione finanziaria e nel rispetto della legalità e della regolarità.

76      Tuttavia, l’articolo 74, paragrafo 6, del regolamento finanziario prevede che l’ordinatore delegato possa istituire controlli ex post per individuare e correggere errori e irregolarità nelle operazioni dopo la loro autorizzazione.

77      Infatti, contrariamente a quanto afferma, in sostanza, la ricorrente, l’esistenza di controlli ex ante non può essere assimilata a un’autorizzazione incondizionata, in quanto nulla consente di garantire, in tale fase, che un utilizzo di fondi destinati al perseguimento di obiettivi a priori legittimi dei gruppi politici, quali le attività politiche e di informazione, non possano dar luogo a irregolarità.

78      Inoltre, i gruppi politici sono responsabili nei confronti del Parlamento per l’utilizzo degli stanziamenti nei limiti dei poteri loro conferiti. In tali circostanze, i meccanismi di controllo ex post rispondono all’obiettivo di verificare che le spese effettivamente sostenute lo siano state regolarmente e conformemente alla loro destinazione ufficiale.

79      La ricorrente fraintende quindi la portata dei controlli ex ante, ma anche di quelli ex post, effettuati dai servizi del Parlamento, quali disciplinati dal regolamento 400 e dal regolamento finanziario. Infatti, da un lato, i controlli ex ante non possono garantire che le spese siano sostenute conformemente al contesto normativo e regolamentare. Dall’altro lato, i controlli ex post sarebbero privati del loro obiettivo se non consentissero di mettere in discussione spese già sostenute e pagate, qualora non fossero state sostenute in conformità al quadro giuridico.

80      Ne consegue che l’esistenza e la realizzazione di controlli ex ante, effettuati dal gruppo politico o dal Parlamento, non escludono che siano effettuati controlli successivi al fine di assicurarsi che i fondi siano stati utilizzati correttamente.

81      Pertanto, la seconda parte è infondata.

–       Sulla prima parte del primo motivo di ricorso

82      La ricorrente deduce, in sostanza, che, poiché il controllo della regolarità delle spese controverse spettava ai servizi amministrativi del Parlamento nonché al Gruppo PPE e che, a seguito del controllo, tanto ex ante quanto ex post, della regolarità di dette spese e delle relative prestazioni, né detto gruppo né il Parlamento avevano sollevato obiezioni, ciò ha fatto sorgere in lei un legittimo affidamento nel fatto che tali spese fossero state regolarmente sostenute e pagate, il che escludeva la loro successiva messa in discussione. Pertanto, l’adozione della decisione impugnata avrebbe comportato una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

83      Per quanto riguarda la ricevibilità della presente parte, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, la ricorrente espone chiaramente le ragioni per le quali ritiene che la decisione impugnata sia stata adottata in violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, cosicché detta parte soddisfa i requisiti di cui all’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

84      La presente parte è quindi ricevibile.

85      Quanto al merito di tale parte, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a qualunque soggetto che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto sorgere in esso aspettative fondate. Costituiscono assicurazioni idonee a far nascere siffatte aspettative, quale che sia la forma in cui vengono comunicate, eventuali informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanino da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione del principio suddetto in assenza di precise assicurazioni che gli siano state fornite dall’amministrazione [v. sentenza del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 112 e giurisprudenza citata].

86      Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non dimostra di aver ricevuto da parte dei servizi del Parlamento, o addirittura del Gruppo PPE, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 85, che potevano aver fatto sorgere in lei la fondata aspettativa che le spese controverse non sarebbero state oggetto di controlli ex post e non avrebbero potuto, a seguito di tali controlli, essere messe in discussione per il motivo che erano state effettuate in modo irregolare. In particolare, nella parte in cui la ricorrente fa riferimento ai controlli effettuati prima dell’autorizzazione dei pagamenti, si tratta di controlli ex ante. Nei limiti in cui rinvia al meccanismo previsto all’articolo 2.7 del regolamento 400, secondo il quale, prima della fine del quarto mese successivo alla chiusura dell’esercizio, viene redatta una relazione sull’utilizzo degli stanziamenti, che è trasmessa al Segretario generale del Parlamento e pubblicata sul sito Internet del Parlamento e successivamente trasmessa dal presidente del Parlamento all’Ufficio di presidenza e alla commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento per verifica e controllo, si tratta certamente di un controllo successivo ai pagamenti, dato che un revisore esterno, ai sensi dell’articolo 2.6 di detto regolamento, è incaricato di verificare se le spese siano conformi alle disposizioni di tale regolamento. Tuttavia, nulla in tali disposizioni impedisce o esclude che il gruppo politico interessato o il Parlamento possano procedere ad altri controlli ex post in applicazione dell’articolo 1.4 del regolamento 400 e dell’articolo 74, paragrafo 6, del regolamento finanziario.

87      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, i documenti da essa prodotti non dimostrano l’esistenza di siffatte assicurazioni.

88      Per quanto riguarda, in particolare, lo scambio di messaggi di posta elettronica tra la ricorrente, da un lato, e i servizi del Parlamento e del Gruppo PPE, dall’altro (allegato A7 dell’atto introduttivo), si deve constatare che, in essi, la ricorrente ha fornito talune informazioni o spiegazioni a seguito di domande che le sono state rivolte, vertenti, in particolare, sulla qualità dei beneficiari dei pagamenti (persone fisiche o imprese), sulla descrizione precisa delle prestazioni fornite o sulla designazione dei conti bancari da accreditare. Tuttavia, tali scambi non comportano alcun impegno da parte del Parlamento circa l’assenza di possibili contestazioni successive.

89      Per ciò che concerne i documenti prodotti dalla ricorrente quali allegati da A8 a A15 e A19 dell’atto introduttivo e che sono costituiti da preventivi, contratti controversi e fatture, trasmessi a titolo di documenti giustificativi ai servizi del Parlamento, si deve constatare che tali elementi hanno certamente dato luogo a un controllo prima del pagamento ai prestatori di servizi, in quanto recano il visto di un gestore e, sotto il titolo «Contrôle de l’ex ante» (Controllo de l’ex ante), quello di un ordinatore e di un contabile. Tuttavia, detti documenti non possono essere considerati come un impegno quanto all’assenza di contestazioni successive a seguito di controlli ex post.

90      Da un lato, dall’esame dei documenti in questione risulta che essi non contengono alcun impegno esplicito in tal senso, né peraltro implicito. Dall’altro lato, se è vero che, in forza del regolamento 400 (v. punto 70 supra), i gruppi politici sono tenuti a istituire un sistema di controllo interno delle operazioni finanziarie, un siffatto controllo non può valere come conferma della regolarità per spese controllate e convalidate ex ante, dal momento che l’articolo 74, paragrafo 6, del regolamento finanziario (v. punto 73 supra) consente all’ordinatore delle spese di istituire controlli ex post per individuare e correggere errori e irregolarità nelle operazioni, dopo che queste ultime sono state autorizzate.

91      Alla luce di quanto precede, la presente parte non è fondata, cosicché il primo motivo di ricorso, considerato nelle sue due parti, deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente in sostanza sulla prescrizione di una parte delle somme richieste

92      La ricorrente ritiene che, in applicazione dell’articolo 98, paragrafo 2, e dell’articolo 105 del regolamento finanziario, nella sua versione in vigore a partire dal 2018, che costituirebbero l’espressione particolare del principio della certezza del diritto, una parte delle somme che le sono richieste in forza della decisione impugnata non possa essere recuperata nei suoi confronti, a causa, in sostanza, dell’avvenuto decorso della prescrizione quinquennale.

93      In particolare, la ricorrente afferma che, ben prima della presentazione della relazione finale dell’OLAF, il Gruppo PPE e i servizi del Parlamento sono stati in possesso di tutti gli elementi, segnatamente la documentazione contabile completa, le pubblicazioni, le rassegne e i comunicati stampa, i post sui social network, gli aggiornamenti di siti Internet, i libretti divulgativi o le newsletter, che avrebbero consentito di effettuare, in particolare, in applicazione dell’articolo 2.2.3 del regolamento 400, controlli approfonditi e, eventualmente, di contestare il pagamento delle somme in questione. Tali controlli non potrebbero essere rinviati senza fine. Sarebbe erroneo affermare, come si leggerebbe nella decisione impugnata, che il recupero dell’intero credito nei confronti della ricorrente sarebbe potuto avvenire solo successivamente al 25 agosto 2020, data di ricezione della relazione finale dell’OLAF, la quale avrebbe rivelato «elementi precedentemente ignoti». Da un lato, tali elementi non sarebbero identificati. Dall’altro lato, la relazione finale dell’OLAF non avrebbe fornito alcun elemento nuovo e pertinente al riguardo. Ciò varrebbe, in particolare, per le informazioni raccolte durante le indagini condotte dalla Guardia di Finanza.

94      La ricorrente sostiene altresì che l’OLAF non può indagare su fatti risalenti a più di cinque anni prima, in quanto ciò pregiudicherebbe il principio della certezza del diritto. Se la prescrizione iniziasse solo a partire dal risultato dell’indagine, il dies a quo del termine di prescrizione sarebbe prorogato indefinitamente. Orbene, ammettere indagini su fatti risalenti nel tempo pregiudicherebbe anche il diritto di difesa dell’indagato, il quale verosimilmente non avrebbe più la disponibilità del materiale probatorio. La ricorrente aggiunge che, nel caso di specie, essa è venuta a conoscenza dell’indagine dell’OLAF in questione solo il 4 febbraio 2022, oltre cinque anni dopo i fatti, alcuni dei quali risalirebbero al 2014. A suo avviso, alla luce del termine di prescrizione derivante dal regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU 2012, L 298, pag. 1), essa non aveva, al momento della prima comunicazione relativa all’indagine dell’OLAF sui fatti del caso, alcun obbligo di conservare i documenti pertinenti.

95      Ne consegue, secondo la ricorrente, che il credito rivendicato dal Parlamento per i contratti controversi è prescritto nella misura di EUR 54 889,99, di cui EUR 1 999,99 in relazione al primo contratto concluso con la società F, vertente su servizi di «raccolta informazioni ed elaborazione materiale informativo relativo alle opportunità offerte dai finanziamenti europei 2014-2020», EUR 14 000 in totale in relazione al contratto concluso con la stessa società per il periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015, EUR 10 390 in relazione al contratto concluso con la società J, EUR 14 000 in relazione al contratto concluso con la società C ed EUR 14 500 in relazione al contratto concluso con la società G.

96      La ricorrente contesta poi l’applicazione del regolamento finanziario nella sua versione in vigore a partire dal 2018, che prevede un’interruzione del termine di prescrizione da parte della relazione finale dell’OLAF o di altri atti delle istituzioni, in quanto i fatti del caso di specie sarebbero disciplinati dal regolamento n. 966/2012, il cui articolo 81 menzionerebbe unicamente un termine di prescrizione di cinque anni, senza aggiungere nulla sull’interruzione di detto termine.

97      Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

98      A questo proposito, in via preliminare, per quanto riguarda la determinazione della normativa applicabile ratione temporis, occorre rilevare che il regolamento finanziario, come figura all’articolo 282, è entrato in vigore il 2 agosto 2018, cosicché era in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata, il 5 giugno 2023. Orbene, come giustamente rilevato dal Parlamento, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione, si applicano le norme sulla prescrizione dei crediti vantati dell’Unione nei confronti dei terzi, quali risultanti dal regolamento finanziario in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenze del 10 ottobre 2014, Marchiani/Parlamento, T‑479/13, non pubblicata, EU:T:2014:866, punti 70 e 71, e dell’11 settembre 2024, CQ/Corte dei conti, T‑386/19, EU:T:2024:613, punto 89).

99      In ogni caso, come parimenti sostenuto correttamente dal Parlamento, le norme sulla prescrizione non sarebbero state diverse anche se si fossero dovute applicare quelle derivanti dal regolamento n. 966/2012. Infatti, la Corte ha dichiarato che, tenuto conto dell’articolo 81 di tale regolamento, nel silenzio dei testi applicabili per quanto riguarda il termine di comunicazione di una nota di addebito al debitore da parte di un’istituzione dell’Unione, si deve presumere, in linea di principio, che tale termine sia irragionevole allorché tale comunicazione sia intervenuta oltre un termine di cinque anni a decorrere dal momento in cui l’istituzione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito (sentenze del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 102, e dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 69). Orbene, tale regola corrisponde, in sostanza, a quella che risulta dall’articolo 98, paragrafo 2, del regolamento finanziario, applicabile al momento dell’adozione della decisione impugnata (v. punti 100 e 101 infra).

100    Ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario, che riguarda la fissazione dell’ordine di riscossione e il termine per la trasmissione della nota di addebito, «[l]’ordinatore trasmette la nota di addebito immediatamente dopo l’accertamento del credito e al più tardi entro un periodo di cinque anni a decorrere dal momento in cui l’istituzione dell’Unione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito».

101    A tale riguardo, la Corte ha considerato, in una situazione disciplinata dal regolamento finanziario nella sua versione risultante dal regolamento n. 966/2012, che «un’istituzione dell’Unione [era] normalmente in grado di far valere il proprio credito a partire dalla data in cui tale istituzione dispone[va] degli elementi giustificativi che consent[ivano] di appurare un determinato credito come certo, liquido ed esigibile, ovvero avrebbe potuto disporre di tali elementi giustificativi, se essa avesse agito con la diligenza richiesta» (sentenze del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 103, e del 20 settembre 2019, LL/Parlamento, T‑615/15 RENV, non pubblicata, EU:T:2019:636, punto 97). Tale interpretazione della Corte si applica anche in una situazione disciplinata dal regolamento finanziario nella sua versione del 2018 (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2024, CQ/Corte dei conti, T‑386/19, EU:T:2024:613, punto 95), dato che nessun motivo consente di ritenere che la nozione di «data in cui [l’]istituzione dispone degli elementi giustificativi» non debba ricevere un’interpretazione uniforme.

102    Orbene, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, un’istituzione abbia certamente proceduto a controlli ex ante e poi accettato di pagare talune spese, ciò non toglie che, quando l’OLAF attua un’indagine approfondita le cui conclusioni consentono di portare a conoscenza dell’istituzione in questione elementi essenziali che essa ignorava fino a quel momento, e di cui non poteva essere a conoscenza nonostante la diligenza richiesta, in particolare confrontando le informazioni disponibili le une con le altre, ovvero con fonti pubblicamente disponibili o interrogando i suoi membri interessati in merito a tali documenti, nei limiti in cui essi potevano già far sorgere interrogativi quanto alla conformità delle spese effettuate, si deve ritenere che solo la ricezione della relazione finale dell’OLAF abbia permesso a tale istituzione di disporre degli elementi che le consentissero di far valere il suo credito (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 2014, Nencini/Parlamento, C‑447/13 P, EU:C:2014:2372, punto 50, e del 28 novembre 2018, Le Pen/Parlamento, T‑161/17, non pubblicata, EU:T:2018:848, punto 159 e giurisprudenza citata).

103    Occorre pertanto verificare, contratto per contratto, se, in base alla decisione impugnata, la relazione finale dell’OLAF abbia rivelato informazioni essenziali che il Gruppo PPE non avrebbe potuto conoscere nonostante la diligenza richiesta, o se, al contrario, fosse possibile per il Gruppo PPE venire a conoscenza dei presunti crediti di cui si tratta e della loro natura certa, liquida ed esigibile in una fase precedente (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2024, CQ/Corte dei conti, T‑386/19, EU:T:2024:613, punto 102).

–       Sui contratti controversi conclusi con la società F

104    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società F, il primo di essi riguarda servizi di raccolta informazioni ed elaborazione materiale informativo relativo alle opportunità offerte dai finanziamenti europei 2014-2020.

105    Secondo la ricorrente, la decisione impugnata si basa sul postulato secondo cui la documentazione consistente in due presentazioni è stata, in realtà, prodotta e distribuita dalla società M in occasione di un corso di formazione organizzato nell’ottobre 2014, del quale la società F si sarebbe appropriata. La ricorrente sostiene che, sebbene tale corso abbia avuto luogo nell’ottobre 2014, il Gruppo PPE avrebbe potuto verificarlo al momento dell’autorizzazione di pagamento, in quanto la decisione impugnata non preciserebbe quali «indagini approfondite» abbiano reso necessario attendere fino al 5 giugno 2023 per adottare la decisione impugnata.

106    Per quanto riguarda il secondo contratto concluso con la società F per il periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015, relativo a servizi di ufficio stampa e comunicazione comprendente la redazione e l’invio di comunicati stampa nonché di una rassegna stampa informatizzata, la ricorrente non vede alcuna ragione per cui un controllo dei relativi documenti contabili non potesse aver luogo prima della trasmissione della relazione finale dell’OLAF il 25 agosto 2020.

107    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

108    A questo proposito, per quanto riguarda il primo contratto relativo alle due presentazioni che dovevano essere preparate dalla società F, la decisione impugnata precisa, ai punti da 85 a 87, che la ricorrente ha trasmesso al Gruppo PPE la fattura della società F, accompagnata dalle due presentazioni, e ne ha chiesto e ottenuto il rimborso a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento. Tuttavia, secondo la decisione impugnata, «l’indagine dell’OLAF ha rivelato che tali presentazioni sono state realizzate e distribuite non già dalla società F (...), bensì dalla società M (...), in occasione di un corso di formazione organizzato gratuitamente per alcuni assistenti della ricorrente dal 13 al 15 ottobre 2014». Inoltre, secondo tale decisione, «[c]ome emerge dalle informazioni e dalla documentazione raccolte dall’OLAF presso il presidente della società M (...), la [società F] (...) si è appropriata delle presentazioni della società M (...) all’insaputa di quest’ultima e senza alcuna autorizzazione, ha sostituito il logo della società M (...) con il proprio logo e quello del Gruppo PPE e le ha inviate [alla ricorrente] unitamente alla fattura n. 20/2014 per giustificare un’attività che in realtà non ha mai effettuato».

109    La ricorrente, limitandosi ad affermare, in sostanza, che è a partire dal momento in cui la spesa è stata autorizzata che il Gruppo PPE avrebbe potuto verificare la prestazione prevista nel primo contratto concluso con la società F, non contesta l’importanza delle informazioni contenute nella relazione finale dell’OLAF e non spiega come il Gruppo PPE avrebbe potuto concretamente ravvisare un’incoerenza nei documenti rilevanti a sua disposizione, o addirittura pensare o sospettare che presentazioni che gli erano state sottoposte per il pagamento con il logo della società F, contraente secondo il contratto allegato, avrebbero in realtà potuto essere effettuate da un’altra società, per avviare, con la massima diligenza, adeguate verifiche al suo interno.

110    Peraltro, il Gruppo PPE non dispone di competenze che gli avrebbero consentito di raccogliere deposizioni da persone estranee all’istituzione o di assistere le autorità nazionali competenti in materia penale, cosicché esso dipendeva dalla relazione finale dell’OLAF al fine di avviare il procedimento di ripetizione dell’indebito per le somme pagate a titolo di tale contratto.

111    La relazione finale dell’OLAF è stata trasmessa al Gruppo PPE il 25 agosto 2020 e la nota di addebito è stata inviata alla ricorrente il 4 luglio 2023, cosicché il termine quinquennale previsto dall’articolo 98, paragrafo 2, del regolamento finanziario non è stato superato.

112    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

113    Quanto al secondo contratto concluso con la società F, la decisione impugnata indica, ai punti da 102 a 106, in sostanza, che, per quanto attiene al servizio di redazione e invio dei comunicati stampa, l’indagine dell’OLAF ha rivelato che esso non era stato fornito dalla società F, bensì da N, giornalista che aveva lavorato per la ricorrente come addetto stampa negli anni 2015 e 2016, a fronte di un corrispettivo mensile, fatturato dapprima alla ricorrente e poi alla società J. Secondo tale decisione, dalle informazioni fornite da N alla Guardia di Finanza emerge che la ricorrente, anche per il tramite dei suoi assistenti, ha chiesto a N di produrre comunicati stampa su determinate tematiche, che N li ha redatti e trasmessi per approvazione alla ricorrente all’indirizzo di posta elettronica personale di quest’ultima e che, una volta approvati, N li ha inoltrati ad alcune società di comunicazione. Secondo detta decisione, N ha peraltro riconosciuto di essere autrice di vari comunicati stampa presentati dalla società F come propri nell’ambito di tale contratto. Dal verbale delle operazioni effettuate dalla Guardia di Finanza di cui all’allegato 54 della relazione finale dell’OLAF risulterebbe altresì che N ha fornito una copia della sua corrispondenza elettronica con la ricorrente, da cui emerge che numerosi testi dei comunicati stampa da essa inviati a quest’ultima per approvazione corrispondevano esattamente a quelli che la società F ha trasmesso alla ricorrente a titolo di prova del lavoro asseritamente svolto. Infine, l’OLAF avrebbe dimostrato l’assenza di qualsiasi rapporto di subappalto tra N e la società F quanto alla fornitura del servizio in questione.

114    Sostenendo che il Gruppo PPE era già stato messo in condizione di esaminare tali documenti e di sollevare le contestazioni contenute nella decisione impugnata nel momento in cui ha esaminato i documenti allegati alla domanda di rimborso, la ricorrente non spiega come il Gruppo PPE avrebbe potuto rendersi conto esso stesso, sulla base di tali elementi, della circostanza che non era la società F, bensì N ad aver redatto i comunicati stampa in questione e del modo in cui la società F si era appropriata di tale lavoro. Infatti, le domande relative ai pagamenti relativi al servizio di comunicati stampa non possono rivelare un’incoerenza quanto alla questione di chi sia l’autore di detti comunicati stampa.

115    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

–       Sul contratto controverso concluso con la società J

116    Per quanto riguarda il contratto concluso con la società J relativo alla fornitura di un servizio di aggiornamento tecnico del sito Internet «www.laracomi.it», di un servizio di gestione, manutenzione e aggiornamento dello stesso sito Internet nonché di un servizio di gestione e di invio di una newsletter mensile per il periodo compreso tra il 1° luglio e il 1° dicembre 2014, la ricorrente deduce che la decisione impugnata non spiega perché il Gruppo PPE non sia stato in grado di contestare i fatti in questione al momento dei controlli preliminari al pagamento delle somme di cui si tratta. L’unico elemento addotto a giustificazione del rimborso di tali importi deriverebbe dall’interpretazione distorta e non corrispondente al vero che la decisione fa delle informazioni rese da D alla Guardia di Finanza il 29 ottobre 2019. Tuttavia, se quanto desunto nella decisione corrispondesse al vero, allora la Guardia di Finanza avrebbe dovuto procedere a contestare la falsa fatturazione alla società J, cosa che non avrebbe fatto. Di conseguenza, tali informazioni non fornirebbero alcun elemento decisivo.

117    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

118    A questo proposito, secondo il punto 115 della decisione impugnata, dalle informazioni rese da D alla Guardia di Finanza, emerge che la società J non ha mai fornito i servizi in questione, che sono stati prestati personalmente da O, in assenza di qualunque contratto con la società J e senza che quest’ultima abbia ricevuto fatture né sostenuto alcun costo. D avrebbe segnatamente dichiarato che «tutta la parte tecnica, in particolare gestione e aggiornamento del sito internet www.laracomi.it e gestione e invio mensile delle newsletter (...) faceva capo a O».

119    Al riguardo, gli argomenti della ricorrente non sono tali da mettere in discussione l’importanza essenziale della relazione finale dell’OLAF affinché il Gruppo PPE fosse in grado di accertare il credito in questione. Infatti, in assenza di tale relazione, detto gruppo non avrebbe avuto alcuna reale possibilità di rendersi conto che le prestazioni attribuite alla società J erano state, in realtà, effettuate dalla società F. La ricorrente non ha del resto sostenuto che i documenti da essa sottoposti a tale gruppo per approvazione fossero tali da rivelare un’incoerenza che avrebbe potuto far sorgere un sospetto tale, a sua volta, da indurlo ad avviare controlli o a contattare l’OLAF in una fase precedente.

120    Peraltro, da un lato, la ricorrente non individua le dichiarazioni di D che sarebbero state mal interpretate né dimostra come esse dovrebbero essere intese. Dall’altro lato, il Parlamento ha ragione di sostenere che la circostanza che le autorità italiane non abbiano sollevato alcuna contestazione nei confronti della ricorrente, della società J o della società F in relazione a tale contratto non significa, di per sé, che le conclusioni che il Gruppo PPE ha tratto alla luce delle norme derivanti dal regolamento 400 e dal regolamento finanziario siano infondate, in quanto il procedimento penale nazionale e il procedimento di ripetizione dell’indebito sono disciplinati da norme diverse.

121    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

–       Sul contratto controverso concluso con la società C

122    Per quanto riguarda il contratto concluso con la società C, che prevedeva la fornitura di servizi di gestione e aggiornamento del sito Internet e di un servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 novembre 2016, la ricorrente ritiene che la domanda di rimborso sia fondata su un’erronea interpretazione delle dichiarazioni rese da D alla Guardia di Finanza. Poiché quest’ultima non ha contestato la fattura, il Segretario generale del Gruppo PPE non può aver ottenuto alcuna informazione supplementare sulla base di tali informazioni. Pertanto, tutti gli elementi sui quali la verifica poteva basarsi sarebbero già stati in mano al PPE fin dal momento della presentazione della richiesta di stanziamento dei fondi della voce di bilancio 400 del Parlamento.

123    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

124    A tale riguardo, la decisione impugnata indica, ai punti 122 e 123, che dalle informazioni rese da D alla Guardia di Finanza emerge che la società C non ha mai fornito alcuno dei servizi in questione e che la ricorrente era sicuramente assistita da O e dalla società F, in particolare per quanto attiene al servizio di rassegna stampa informatizzata, per il quale la società C non ha sostenuto alcun costo.

125    Gli argomenti della ricorrente coincidono, in sostanza, con quelli sviluppati in relazione al contratto con la società J e richiedono una risposta analoga a quella formulata ai precedenti punti 119 e 120. In assenza della relazione finale dell’OLAF, il Gruppo PPE non avrebbe potuto sapere chi avesse effettivamente fornito le prestazioni in questione.

126    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

–       Sui contratti controversi conclusi con la società G

127    Per quanto riguarda i due contratti conclusi con la società G, che prevedevano, quanto al primo, un servizio di newsletter da aprile a novembre 2016 e, quanto al secondo, la gestione e l’invio di newsletter comprendenti, in particolare, l’aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio di dette newsletter, la gestione dei contatti e del servizio di reportistica post-invio nonché l’impaginazione e l’invio, oltre a un servizio di ufficio stampa e di comunicazione comprendente la redazione di comunicati stampa e l’invio del comunicato stampa a un indirizzario da febbraio a novembre 2016, la ricorrente sostiene che, sebbene la decisione impugnata menzioni le conclusioni tratte dalle informazioni ottenute dalla Guardia di Finanza, queste ultime non forniscono alcuna precisazione supplementare rispetto a quanto avrebbe potuto essere appreso dall’esame dei documenti inizialmente forniti. In particolare, sarebbe stato possibile conoscere, sin dal ricevimento dei documenti giustificativi, il tipo di attività esercitata dalla società G, che sarebbe stata descritta nei suddetti contratti e nella relativa fattura.

128    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

129    A questo proposito, ai punti da 145 a 148 della decisione impugnata si afferma, in particolare, che dalla relazione finale dell’OLAF, che si basava al riguardo sulle dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza da P, amministratore e rappresentante legale della società G, e da Q, all’epoca addetto stampa della ricorrente, risulta che la società G non era coinvolta nella redazione o nell’invio delle newsletter o dei comunicati stampa oggetto dei contratti in questione. Infatti, la società G si sarebbe limitata a realizzare l’impaginazione e ad apporre il logo del Gruppo PPE su testi già interamente predisposti, poi inviati da terzi – tra cui Q, che avrebbe riconosciuto di essere l’autore di molti di questi testi – modificando occasionalmente qualche parola. Secondo detta decisione, una volta redatti, tali testi erano approvati dalla ricorrente prima di essere presentati come lavoro della società G.

130    Il Parlamento sostiene giustamente che solo l’indagine dell’OLAF ha consentito di rivelare che diverse prestazioni sono state effettuate da altre persone, mentre avrebbero dovuto essere effettuate dalla società G. La ricorrente non ha poi sostenuto che i documenti che essa aveva presentato al Gruppo PPE per approvazione fossero tali da rivelare un’incoerenza che avrebbe potuto far sorgere un sospetto tale, a sua volta, da indurlo ad avviare controlli o a contattare l’OLAF in una fase precedente.

131    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

132    Inoltre, ai sensi dell’articolo 105, paragrafi 1 e 2, del regolamento finanziario, il termine di prescrizione per i crediti dell’Unione nei confronti di terzi è di cinque anni e inizia a decorrere dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nella nota di addebito indirizzata al debitore. Nel caso di specie, poiché il termine di pagamento menzionato nella nota di addebito era il 31 agosto 2023, la prescrizione di cui al suddetto articolo 105 non era manifestamente intervenuta.

133    Il secondo motivo di ricorso deve essere dunque respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sul difetto di legittimazione passiva della ricorrente a fronte di un’azione petitoria e sull’assenza di una qualsiasi responsabilità oggettiva ad essa imputabile

134    La ricorrente, pur ammettendo di aver ordinato le prestazioni oggetto dei contratti contestati utilizzando i fondi a disposizione del Gruppo PPE, deduce di aver agito in qualità di rappresentante e membro del gruppo medesimo e nell’interesse e a beneficio diretto di quest’ultimo. A suo avviso, se il Gruppo PPE dovesse essere considerato una parte lesa, ciò varrebbe anche per lei, in quanto membro di detto gruppo. Essa ritiene quindi che non sia possibile affermare nei suoi confronti una responsabilità oggettiva per fatti commessi da terzi totalmente autonomi e indipendenti. Ritiene che la giurisprudenza sull’assistenza parlamentare non possa applicarsi per analogia al caso di specie. La ricorrente sostiene altresì di non essere autorizzata ad effettuare controlli quanto alle specifiche modalità di esecuzione di detti contratti e che il Gruppo PPE non ha dimostrato di essere almeno al corrente di questi ultimi, cosicché non potrebbe esserle imputata alcuna responsabilità oggettiva al riguardo. Aggiunge che non può esserle addebitato di non aver avuto a sua disposizione i contratti di subappalto tra i contraenti e i subappaltatori. Peraltro, i moduli di domanda di rimborso a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento non avrebbero previsto, all’epoca dei fatti, che occorresse indicare che la prestazione sarebbe stata resa ricorrendo al subappalto. Del resto, il riconoscimento di una responsabilità oggettiva, che prescinderebbe dal comportamento del responsabile, può fondarsi solo su norme espresse al riguardo e esigerebbe una dimostrazione molto rigorosa della sua sussistenza da parte di colui che la invoca, in quanto snaturerebbe il principio fondamentale della natura personale della responsabilità. Orbene, nel caso di specie tale prova non sarebbe stata fornita.

135    La ricorrente deduce inoltre che, mentre le viene richiesta la restituzione delle somme dovute in relazione ai contratti controversi sulla base di un’azione di ripetizione dell’indebito, nessuna disposizione legislativa verrebbe menzionata nella decisione impugnata quale fondamento normativo per un’azione di tal genere. Il regolamento finanziario non conterrebbe, d’altronde, alcun riferimento al riguardo. Orbene, emergerebbe, in particolare, dalla dottrina che i principi che dispongono una responsabilità oggettiva potrebbero essere previsti unicamente dalla legge, ipotesi che non ricorrerebbe nel caso di specie.

136    I pretesi illeciti sarebbero stati peraltro causati intenzionalmente da terzi, i quali sarebbero gli unici e diretti beneficiari delle somme versate dal Gruppo PPE, mentre la ricorrente non avrebbe ricevuto alcuna somma e non sarebbe stata minimamente a conoscenza delle irregolarità in questione. In ogni caso, la responsabilità oggettiva della ricorrente dovrebbe essere esclusa alla luce della colpa concorrente del gruppo suddetto, la cui attività di controllo sarebbe risultata carente. Infine, la ricorrente afferma, in sostanza, che, anche laddove i servizi del Parlamento dovessero dubitare dell’esistenza di lavori eseguiti da terzi, lavori che sarebbero stati semplicemente adattati al fine di ottenerne indebitamente il pagamento, tutte le prestazioni previste nei contratti controversi sarebbero state eseguite da società appartenenti a un unico gruppo, ossia il gruppo B. Orbene, non vi sarebbe stato nulla di anormale nella ripartizione del lavoro nell’ambito delle relazioni intrasocietarie tra società appartenenti a uno stesso gruppo.

137    Il Parlamento deduce l’irricevibilità del presente motivo di ricorso, poiché la ricorrente non indicherebbe quale regola di diritto sarebbe stata violata. In particolare, la ricorrente non invocherebbe, a sostegno di tale motivo di ricorso nessuno dei casi di esperibilità del ricorso elencati all’articolo 263, secondo comma, TFUE.

138    Nel merito, il Parlamento afferma che il terzo motivo di ricorso, non avendo evidenziato alcuno dei casi di esperibilità del ricorso elencati all’articolo 263, secondo comma, TFUE, dovrebbe essere respinto in quanto infondato.

139    Inoltre, considerato che i contratti controversi sarebbero stati conclusi dalla ricorrente stessa la quale sarebbe stata la beneficiaria, nella sua qualità di deputato al Parlamento cui il gruppo politico assegna una dotazione di bilancio per spese relative alle sue attività politiche e di informazione, degli stanziamenti assegnati alla voce di bilancio 400 del Parlamento, il Parlamento può esperire nei suoi confronti l’azione di recupero delle somme indebitamente versate, come previsto dall’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario. Secondo il Parlamento, si tratterebbe di una misura amministrativa che implicherebbe l’obbligo incondizionato di procedere, a fronte di somme indebitamente versate, al loro recupero, senza che tale misura sia legata all’accertamento di una qualsivoglia responsabilità o colpa individuale da parte del beneficiario delle somme concesse. Avendo peraltro stipulato i contratti con i prestatori di servizi a nome proprio, la ricorrente potrebbe conseguentemente contestare ai medesimi la loro responsabilità ed esperire l’azione di risarcimento per il preteso danno subito.

140    A questo proposito, per quanto riguarda la ricevibilità del presente motivo di ricorso, dai precedenti punti da 59 a 63 risulta che, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, nessuna di tali disposizioni prevede che un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE debba precisare in forza di quale fattispecie, tra quelle che consentono l’introduzione del ricorso previste al secondo comma di tale disposizione, esso sia presentato. Pertanto, non si può sostenere che l’assenza di tale precisazione nel caso di specie abbia come conseguenza l’irricevibilità o il rigetto di tale motivo di ricorso in quanto infondato.

141    Del resto, dall’atto introduttivo risulta chiaramente che, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente contesta l’applicazione delle norme che hanno indotto il Gruppo PPE a chiederle il rimborso delle somme versate a terzi in forza dei contratti controversi, vale a dire il regolamento finanziario e in particolare l’articolo 98, paragrafo 5, nonché gli articoli 1.1.1 e 1.4 del regolamento 400. Ritenendo altresì che le venga imputata una responsabilità oggettiva, essa ritiene che le condizioni per il sorgere di quest’ultima non siano soddisfatte. Il terzo motivo di ricorso verte quindi chiaramente su una violazione delle regole di diritto relative all’applicazione del Trattato FUE (v. punto 64 supra).

142    Peraltro, un siffatto argomento soddisfa le condizioni di ricevibilità derivanti dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

143    Il presente motivo è pertanto ricevibile.

144    Per quanto riguarda la fondatezza del presente motivo di ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, l’assenza di base giuridica della decisione impugnata, il che sarebbe dimostrato dalla mancata menzione di qualsiasi disposizione normativa che consenta di giustificare l’attuazione nei suoi confronti di un’azione di ripetizione dell’indebito, che essa equipara all’affermazione di una sua «responsabilità oggettiva».

145    In primo luogo, nei limiti in cui, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente invoca un difetto di motivazione della decisione impugnata (v., in particolare, il punto 135 supra), occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2008, Commissione/Salzgitter, C‑408/04 P, EU:C:2008:236, punto 56 e giurisprudenza citata).

146    L’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi le condizioni di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 88 e giurisprudenza citata).

147    Inoltre, la violazione dell’obbligo di motivazione costituisce un motivo vertente sulla violazione delle forme sostanziali, distinto, come tale, dal motivo attinente all’inesattezza dei motivi della decisione, il cui sindacato rientra nell’esame della fondatezza della decisione medesima. Infatti, la motivazione di una decisione consiste nell’esprimere formalmente le ragioni su cui si fonda tale decisione. Qualora dette ragioni siano viziate da errori, questi ultimi inficiano la legittimità nel merito della decisione, ma non la motivazione di quest’ultima, che può essere sufficiente pur illustrando ragioni errate (sentenze del 16 novembre 2017, Ludwig-Bölkow-Systemtechnik/Commissione, C‑250/16 P, EU:C:2017:871, punto 16, e del 24 novembre 2022, Thunus e a./BEI, C‑91/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:928, punto 90).

148    Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la decisione impugnata menziona effettivamente, nel suo preambolo e nei suoi punti da 9 a 13, la base giuridica sul cui fondamento essa è stata adottata, vale a dire l’articolo 33, paragrafo 1, l’articolo 36, paragrafi 1 e 2, l’articolo 74, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 98, paragrafi 2 e 5, del regolamento finanziario, oltre che il regolamento 400, e in particolare gli articoli 1.1.1 e 1.4 di detto regolamento.

149    Ai punti da 74 a 178, la decisione impugnata contiene spiegazioni circostanziate in merito all’applicazione delle norme di cui si tratta ai fatti addebitati alla ricorrente per quanto riguarda i sette operatori con i quali essa ha concluso i contratti controversi. La decisione impugnata si riferisce in proposito alle constatazioni effettuate dall’OLAF, che figurano nella relazione contenuta nell’allegato A3 dell’atto introduttivo.

150    Pertanto, la decisione impugnata non è viziata da un difetto di motivazione.

151    In secondo luogo, nei limiti in cui, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente contesta l’applicazione delle norme che hanno indotto il Gruppo PPE a chiederle il rimborso delle somme versate a terzi in forza dei contratti controversi e di una responsabilità oggettiva, sebbene le condizioni per il sorgere di una siffatta responsabilità non fossero soddisfatte, occorre esaminare se le disposizioni di cui al precedente punto 148 consentano al Segretario generale del Gruppo PPE di esigere dalla ricorrente il rimborso delle somme dovute a titolo dei contratti controversi.

152    Ai punti da 76 a 80 della decisione impugnata, il Segretario generale del Gruppo PPE ha spiegato, in sostanza, che, su richiesta della ricorrente, detto gruppo ha accettato di rimborsare i costi relativi a specifici servizi forniti da specifici operatori economici a fronte di specifici corrispettivi nell’ambito della voce di bilancio 400 del Parlamento. Ne conseguirebbe che, ogni qual volta le risorse assegnate in favore della ricorrente siano state destinate a servizi diversi da quelli che devono essere forniti e/o a servizi forniti da operatori economici diversi da quelli che avrebbero dovuto prestarli secondo il contratto e/o a servizi prestati per un corrispettivo inferiore a quello previsto nel contratto, le risorse in questione possono essere soggette a totale o parziale recupero. Si tratterebbe di somme indebitamente versate, nell’ambito di contratti che generano spese di cui all’articolo 1.1.1 del regolamento 400, che non sarebbero stati debitamente eseguiti.

153    Sarebbe stata la ricorrente ad aver chiesto e ottenuto dal Gruppo PPE il rimborso a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento delle fatture che sarebbero state emesse dai suoi prestatori di servizi, che sarebbero terzi rispetto al Gruppo PPE. Sarebbe per tale ragione che la decisione impugnata ha come destinatario la ricorrente. La circostanza che, in talune situazioni, la ricorrente abbia potuto non essere pienamente consapevole della natura delle irregolarità perpetrate sarebbe irrilevante nel caso di specie, poiché il procedimento di ripetizione dell’indebito avrebbe natura oggettiva, ossia si fonderebbe sul diritto di colui che ha eseguito pagamenti non dovuti di ottenerne la ripetizione da colui che ne ha beneficiato, vale a dire la ricorrente. Nella sua qualità di beneficiaria dei fondi in questione, la ricorrente sarebbe stata responsabile nei confronti del Gruppo PPE del loro corretto utilizzo conformemente ai contratti controversi da essa stipulati. Orbene, contrariamente a quanto sosterrebbe la ricorrente, nessuno dei servizi che avrebbero dovuto esserle prestati dai suoi contraenti sarebbe stato fornito in regime di subappalto. Infatti, non vi sarebbero stati né un contratto di subappalto concluso tra tali contraenti e i terzi che hanno effettivamente realizzato le prestazioni in questione, né fatture o pagamenti tra di essi. L’assenza di un rapporto di subappalto deriverebbe altresì dalle dichiarazioni rese al riguardo dagli amministratori e dai rappresentanti legali di tali contraenti. Questa conclusione non sarebbe messa in discussione neanche qualora tali società facessero parte di uno stesso gruppo. Infatti, sebbene le società appartenenti a uno stesso gruppo siano soggette alla gestione e al coordinamento di una società holding, ciascuna di esse sarebbe un’entità giuridica indipendente, di modo che qualsiasi prestazione di servizi infragruppo dovrebbe essere attestata da un contratto o da una fattura e da un pagamento. Tuttavia, tali elementi mancherebbero nel caso di specie.

154    Nelle sue memorie dinanzi al Tribunale e in udienza, il Parlamento ha inoltre precisato che, da un lato, ai sensi dell’articolo 74, paragrafo 1, del regolamento finanziario, l’ordinatore è incaricato di garantire la legittimità e la regolarità delle spese. Nell’ambito delle operazioni di liquidazione delle spese, l’ordinatore verificherebbe, ai sensi dell’articolo 111, paragrafo 3, di tale regolamento, tra l’altro, i diritti del creditore e le condizioni di esigibilità del credito del contraente interessato. Orbene, una siffatta esigibilità presupporrebbe l’esecuzione del contratto da parte del contraente, direttamente o tramite un subappalto debitamente documentato.

155    Dall’altro lato, secondo il Parlamento, il ragionamento contenuto nella decisione impugnata è fondato sull’analogia con la giurisprudenza relativa all’assistenza parlamentare. Infatti, la dotazione di bilancio messa a disposizione dei deputati a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento sarebbe analoga a quella di cui essi beneficiano a titolo dell’indennità di assistenza parlamentare conformemente all’articolo 29, paragrafo 4, delle MAS. Secondo tale giurisprudenza, il deputato sarebbe beneficiario di tale dotazione, sebbene i fondi siano versati all’assistente parlamentare o al prestatore di servizi che ha concluso un contratto con il deputato. Nel caso in cui il deputato non sia in grado di dimostrare un’utilizzazione dei fondi conforme ai contratti conclusi, si dovrebbe constatare che tali fondi sono stati indebitamente versati e procedere al loro recupero.

156    A tale riguardo, al fine di constatare la corretta esecuzione di un contratto, così da rendere possibile l’esigibilità del credito del contraente e quindi il pagamento del credito in questione, l’articolo 111, paragrafo 3, del regolamento finanziario prevede che l’ordinatore verifichi «i documenti giustificativi che attestano i diritti del creditore secondo le condizioni fissate nell’impegno giuridico». A tal fine, l’ordinatore verifica l’esistenza dei diritti del creditore, determina o verifica l’esistenza e l’importo del credito attraverso la menzione «conforme ai fatti» e verifica le condizioni di esigibilità del credito. Ne consegue, in particolare, che il servizio fornito deve essere giuridicamente imputabile al contraente ed essere stato, in linea di principio, prestato da quest’ultimo.

157    Ciò non significa che sia vietato il ricorso al subappalto, ma che tale ricorso deve essere stato previamente convenuto e documentato, al fine di inserirsi nelle «condizioni fissate nell’impegno giuridico». In caso contrario, non si può ritenere che il contraente abbia acquisito un diritto alle condizioni fissate nell’impegno giuridico, cosicché non si può ritenere che il suo credito sia esigibile.

158    Tuttavia, la presente causa è caratterizzata dalla circostanza che, per quanto riguarda diversi contratti controversi, la prestazione o il prodotto convenuto sono stati forniti, di modo che il bilancio assegnato al Gruppo PPE non ha subito alcun pregiudizio.

159    In una situazione del genere, ammettere che il Gruppo PPE possa recuperare dalla ricorrente le spese da esso sostenute per tali prestazioni o prodotti condurrebbe al suo arricchimento senza causa (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2024, Gabel Industria Tessile e Canavesi, C‑316/22, EU:C:2024:301, punti 30 e 31). Infatti, nell’ipotesi di un rimborso delle spese relative a tali prestazioni o a tali prodotti, il Gruppo PPE avrebbe, in definitiva, ricevuto le suddette prestazioni e tali prodotti senza doverne sopportare le spese.

160    Orbene, il divieto di arricchimento senza causa è un principio generale del diritto dell’Unione [v. sentenza del 16 novembre 2006, Masdar (UK)/Commissione, T‑333/03, EU:T:2006:348, punto 94 e giurisprudenza citata], al quale gli atti delle istituzioni dell’Unione devono essere conformi.

161    La tutela degli interessi finanziari dell’Unione è certamente un obiettivo di quest’ultima (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 184). Tuttavia, la domanda di rimborso formulata nella decisione impugnata eccederebbe quanto necessario per raggiungere tale obiettivo (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 settembre 2014, Cruz & Companhia, C‑341/13, EU:C:2014:2230, punto 65), dato che a tali interessi non è stato arrecato alcun danno.

162    Pertanto, in situazioni in cui le prestazioni sono state effettuate o i prodotti sono stati forniti, il principio generale del divieto di arricchimento senza causa osta normalmente a che il Segretario generale del gruppo politico del deputato interessato agisca per la ripetizione dell’indebito in applicazione delle disposizioni ricordate ai precedenti punti 148 e 154.

163    La situazione è tuttavia diversa quando, in realtà, le prestazioni sono state realizzate o i prodotti sono stati forniti dagli assistenti parlamentari del deputato in questione nell’ambito dell’esercizio dei loro compiti di assistenza o, in generale, mediante le risorse del Parlamento. Infatti, dato che la retribuzione degli assistenti grava sul bilancio del gruppo politico e del Parlamento, questi ultimi effettuerebbero un doppio pagamento se, in aggiunta, potesse essere loro richiesto un pagamento delle prestazioni o dei prodotti. In una situazione del genere, deve essere quindi possibile far valere una ripetizione dell’indebito.

164    Analogamente, il divieto di arricchimento senza causa non può essere invocato in situazioni in cui il deputato interessato sapeva o doveva chiaramente sapere che le modalità di esecuzione del contratto di cui si tratta non rispettavano il quadro normativo, tra cui il regolamento finanziario o il regolamento 400. Si tratta, in particolare, delle norme relative alla natura delle spese ai sensi dell’articolo 1.1 di detto regolamento, come il divieto di conflitti di interessi, obiettivo sottolineato dal Parlamento in udienza.

165    Per contro, in materia di spese rientranti nella voce di bilancio 400 del Parlamento, una ripetizione dell’indebito non può essere richiesta a un deputato se non era a conoscenza o se non doveva essere chiaramente al corrente dell’irregolarità contestata.

166    Infatti, la giurisprudenza relativa all’assistenza parlamentare, secondo la quale spetta al deputato provare al Parlamento che il suo assistente parlamentare gli ha fornito l’assistenza necessaria e direttamente connessa all’esercizio del suo mandato, in mancanza della quale il Parlamento deve adottare, conformemente all’articolo 68, paragrafi 1 e 2, di tali misure, una decisione di recupero delle spese sostenute a titolo di tale assistenza (v. ordinanza del 6 maggio 2020, Szegedi/Parlamento, C‑628/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:358, punto 45 e giurisprudenza citata; sentenze del 4 luglio 2024, SN/Parlamento, C‑430/23 P, non pubblicata, EU:C:2024:576, punto 53, e dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punti 40 e 41), e che ha ispirato il ragionamento su cui si fonda la decisione impugnata, si basa sulla premessa secondo cui il lavoro che si presume svolto da un assistente parlamentare è tale che il deputato in questione, tenuto conto della natura dell’assistenza parlamentare, è il solo in grado di sapere se il lavoro richiesto sia stato effettivamente svolto (sentenza del 4 luglio 2024, SN/Parlamento, C‑430/23 P, non pubblicata, EU:C:2024:576, punti 52 e da 64 a 67). È per tale ragione che la Corte ha precisato, ai punti 66 e 67 di quest’ultima sentenza, che l’ipotesi che un deputato che non fosse a conoscenza del versamento indebito dello stipendio del suo assistente parlamentare poteva essere esclusa a priori e che le MAS non istituivano un «regime di responsabilità oggettiva» dei deputati per il rimborso delle somme indebitamente versate ai loro assistenti.

167    Ne consegue che il regime della responsabilità dei deputati per i pagamenti a titolo di assistenza parlamentare si basa sulla premessa secondo cui essi sanno o dovrebbero sapere se i loro assistenti fornivano o meno l’assistenza in questione.

168    Ciò non si verifica, tuttavia, nel caso in cui un deputato abbia concluso un contratto con un terzo, per il quale non dispone di alcun mezzo di controllo effettivo delle modalità di esecuzione da parte di tale terzo, a meno che il Parlamento non dimostri che il deputato in parola era a conoscenza o avrebbe dovuto essere chiaramente a conoscenza dell’irregolarità contestata nell’ambito dell’esecuzione di tale contratto.

169    Inoltre, è stato dichiarato che, in mancanza di una base giuridica esplicita, un deputato non può essere ritenuto responsabile nei confronti del Parlamento del comportamento di un terzo, nella fattispecie il suo prestatore di servizi, in materia fiscale (v., in tal senso, sentenza del 24 marzo 2011, Dover/Parlamento, T‑149/09, non pubblicata, EU:T:2011:119, punti 152 e da 154 a 157). Lo stesso principio, vale a dire l’assenza di responsabilità di un deputato nei confronti del Parlamento per il comportamento di un terzo, nel caso di specie, del prestatore di servizi del deputato interessato, deve applicarsi per quanto riguarda la voce di bilancio 400 del Parlamento.

170    Tuttavia, nel caso di specie, la decisione impugnata si limita a indicare, con riferimento a diversi contratti controversi, che, tenuto conto della natura oggettiva del procedimento di ripetizione dell’indebito, non è necessario sapere se la ricorrente fosse al corrente delle irregolarità contestate.

171    Ne consegue che il ragionamento del Segretario generale del Gruppo PPE nella decisione impugnata è viziato da un errore di diritto, cosicché il presente motivo di ricorso deve essere accolto. Le conseguenze di tale errore sulla legittimità della decisione impugnata saranno esaminate nell’ambito del sesto motivo di ricorso, relativo ai contratti controversi.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

172    A parere della ricorrente, la nota di addebito sarebbe stata emessa in violazione del principio di proporzionalità di cui all’articolo 101, paragrafo 2, lettera c), del regolamento finanziario, a termini del quale «[l]’ordinatore responsabile può rinunciare, in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato, soltanto (...) quando il recupero lede il principio di proporzionalità».

173    La ricorrente ritiene di essere stata vittima di una palese violazione del principio di proporzionalità, dato che sarebbe sempre stata convinta della regolarità e della liceità del proprio comportamento per quanto attiene all’utilizzazione degli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento concessi al Gruppo PPE.

174    Sussisterebbe, inoltre, una violazione del principio di proporzionalità se si considera che i pagamenti effettuati hanno effettivamente finanziato i servizi per i quali erano stati concessi, ragion per cui non sussisterebbe alcun pregiudizio, considerato che i prestatori sono stati effettivamente pagati e i contraenti di questi ultimi hanno effettivamente beneficiato delle loro prestazioni.

175    La ricorrente deduce, parimenti, che sarebbe contraddittorio affermare, allo stesso tempo, la gravità delle irregolarità commesse sostenendo, d’altro canto, che la ricorrente ne debba rispondere per responsabilità oggettiva. Inoltre, essa afferma che, anche ammettendo che le somme richieste presentino, come sostiene il Parlamento, un impatto significativo sulle finanze dell’Unione, ciò è ancora più vero, tanto sul piano finanziario quanto in termini di immagine, per una persona fisica come lei, le cui capacità economiche sono limitate.

176    La ricorrente reitera, inoltre, le deduzioni formulate nell’ambito del primo motivo di ricorso, secondo cui il Parlamento avrebbe violato il legittimo affidamento sorto in capo alla ricorrente stessa, a seguito dell’esito positivo delle verifiche effettuate sia dal Gruppo PPE che dal Parlamento, riguardo alla circostanza che le spese in questione fossero state correttamente sostenute e non potessero essere quindi oggetto di successive procedure di recupero.

177    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

178    A tale riguardo, nei limiti in cui il presente motivo di ricorso deve essere inteso nel senso che contiene una prima parte, vertente sulla violazione del principio del rispetto del legittimo affidamento, tale parte deve essere respinta in quanto infondata per le stesse ragioni esposte nell’ambito dell’esame del primo motivo di ricorso (v. punti da 82 a 91 supra).

179    Per quanto riguarda la seconda parte, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente deduce una violazione dell’articolo 101, paragrafi 2 e 3, del regolamento finanziario, che è così formulato:

«2.      L’ordinatore responsabile può rinunciare, in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato, soltanto nei casi seguenti:

(...)

c)      quando il recupero lede il principio di proporzionalità.

Qualora l’ordinatore responsabile intenda rinunciare, anche parzialmente, a recuperare un credito accertato, si assicura che la rinuncia sia regolare e conforme ai principi della sana gestione finanziaria e della proporzionalità. La decisione di rinunciare al recupero è motivata. L’ordinatore può delegare il potere di adottare detta decisione.

3.      Nella fattispecie di cui al paragrafo 2, primo comma, lettera c), l’ordinatore responsabile osserva le procedure preventivamente stabilite da sua istituzione dell’Unione e applica in qualsiasi circostanza i seguenti criteri cogenti:

a)       natura dei fatti, in considerazione della gravità dell’irregolarità che ha dato luogo all’accertamento del credito (frode, recidiva, dolo, diligenza, buona fede, errore manifesto);

b)       impatto della rinuncia al recupero sull’attività dell’Unione e sui suoi interessi finanziari (importo in oggetto, rischio di costituire precedenti, lesione dell’autorità della legge)».

180    In primo luogo, l’eventuale rinuncia a una parte o alla totalità del suo credito da parte del Parlamento non presenta alcun carattere automatico, ma rientra nel potere discrezionale di quest’ultimo. Pertanto, un creditore non può invocare l’articolo 101, paragrafo 2, del regolamento finanziario per esigere una riduzione, o addirittura una rinuncia alla totalità del suo debito. Infatti, tale disposizione prevede che l’ordinatore competente «può» rinunciare, in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato solo in taluni casi e non che egli «rinunci», in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato quando tali casi si presentano.

181    In secondo luogo, la rinuncia a una parte o alla totalità del credito può avvenire solo tenendo conto dei criteri enunciati all’articolo 101, paragrafo 3, del regolamento finanziario.

182    Orbene, come dedotto dal Parlamento, la ricorrente non dimostra che tali criteri siano soddisfatti nel caso di specie, mentre, al contrario, il Segretario generale del Gruppo PPE ha rilevato, al punto 54 della decisione impugnata, che i fatti in questione vertevano su un numero rilevante di contratti ed erano di spiccata gravità in quanto le «irregolarità in parola sono state poste in essere in modo sofisticato e sistemico, inducendo in errore il Gruppo PPE quanto alla corretta esecuzione dei diversi contratti». In udienza, il Parlamento ha precisato che la gravità riguardava gli elementi non soggettivi di tali fatti, ossia ciò che è accaduto, e non la ricorrente e la sua responsabilità.

183    Inoltre, tanto il Segretario generale del Gruppo PPE, al punto 55 della decisione impugnata, quanto il Parlamento invocano giustamente anche il fatto che un’eventuale rinuncia al recupero del credito accertato avrebbe un impatto finanziario significativo, essendo rilevanti le somme in questione dovute a titolo dei contratti controversi, e che non si può escludere che essa abbia altresì un impatto negativo sull’immagine e sulla reputazione del Gruppo PPE e del Parlamento.

184    Ne consegue che, fatta salva la conclusione tratta in esito all’esame del terzo e del sesto motivo di ricorso, la parte vertente su una violazione del principio di proporzionalità non è fondata, cosicché occorre respingere tale parte nonché, pertanto, il quarto motivo di ricorso nel suo insieme.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla mancata indicazione delle norme violate, con conseguente violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione

185    La ricorrente reitera in parte l’argomento sviluppato a sostegno del terzo motivo di ricorso, secondo cui la decisione impugnata non conterrebbe alcuna indicazione precisa della norma di legge asseritamente violata se non il riferimento, da essa contestato, all’esistenza di una responsabilità oggettiva. In particolare, essa sostiene che il Parlamento non ha indicato alcuna norma ai sensi della quale, in assenza di fattura tra il contraente della ricorrente e il prestatore, occorre recuperare i pagamenti effettuati, sebbene le prestazioni siano state effettuate da società che lavorano in sinergia all’interno di uno stesso gruppo, il che risulterebbe non solo dalle dichiarazioni e dai messaggi di posta elettronica di D, ma anche dall’organigramma di detto gruppo e dai bilanci delle società appartenenti a tale gruppo. Ne conseguirebbe un difetto di motivazione della decisione impugnata e una violazione dei diritti della difesa della ricorrente, quali sanciti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto ciò avrebbe pregiudicato le possibilità di difesa della ricorrente, non sapendo essa in relazione a cosa dovrebbe difendersi e in base a quale norma di legge.

186    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

187    Nel caso di specie, occorre constatare che il presente motivo coincide in parte con il terzo motivo di ricorso.

188    A questo proposito, come risulta dall’esame del terzo motivo di ricorso (v. punti da 145 a 150 supra), contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la decisione impugnata non è viziata da un difetto di motivazione per quanto riguarda la base giuridica sul cui fondamento è stata adottata.

189    Peraltro, nei limiti in cui, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente deduce un vizio di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda il fatto di averla ritenuta responsabile di irregolarità commesse da terzi nell’ambito dell’esecuzione dei contratti controversi, il Segretario generale del Gruppo PPE espone in modo chiaro, ai punti da 74 a 178 della decisione impugnata, le ragioni per le quali ritiene che, in applicazione delle disposizioni di cui al precedente punto 148, la ricorrente sia tenuta al rimborso delle somme dovute a titolo di detti contratti.

190    Pertanto, la decisione impugnata non è inficiata da un vizio di motivazione quanto alle basi su cui si fonda la responsabilità della ricorrente. Tale conclusione non pregiudica tuttavia la questione se le ragioni addotte dal Parlamento siano esenti da errori, questione esaminata nell’ambito del terzo e del sesto motivo di ricorso.

191    Poiché il quinto motivo di ricorso è infondato, occorre respingerlo.

 Sul sesto motivo di ricorso, vertente sull’inesistenza delle irregolarità addebitate alla ricorrente riguardo ai vari contratti di servizi e, in ogni caso, sull’assenza di ogni sua responsabilità

192    La ricorrente osserva, in via preliminare, che la contestazione formulata nei suoi confronti dal Parlamento si basa sostanzialmente sul fatto che i servizi oggetto dei contratti controversi sarebbero stati forniti indirettamente da un soggetto diverso dai suoi contraenti. Orbene, tale situazione, che del resto non potrebbe esserle imputata, non potrebbe essere equiparata a una grave irregolarità né potrebbe integrare gli estremi di una violazione degli obblighi contrattuali. La ricorrente sottolinea, a tale riguardo, che le società che hanno fornito i servizi controversi avrebbero operato in sinergia le une con le altre e avrebbero fatto parte di uno stesso gruppo, guidato da una società holding, all’interno del quale esistevano contratti di subappalto e operazioni infragruppo con retrocessioni calcolate a fine anno. Anche ammettendo l’esistenza di irregolarità in tale contesto, ciò costituirebbe al massimo una violazione della legge italiana, tuttavia priva di qualsivoglia attinenza con la normativa dell’Unione richiamata nella decisione impugnata.

193    Il Parlamento rammenta che la decisione impugnata si fonda sull’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario e sull’articolo 1.4, del regolamento 400. Orbene, in base a tali norme, che sarebbero state applicate dall’ordinatore responsabile nell’ambito della procedura di recupero, i servizi forniti e pagati con gli stanziamenti assegnati alla voce di bilancio 400 del Parlamento avrebbero dovuto corrispondere a quanto convenuto nei contratti, ossia alle prestazioni ivi descritte e avrebbero dovuto essere stati effettuati dal fornitore di servizi con cui i contratti erano stati conclusi e che aveva ricevuto il pagamento. Sarebbe obbligo della ricorrente, laddove intendesse contestare le conclusioni dell’OLAF secondo cui la normativa in questione sarebbe stata violata, fornire prove contrarie, senza limitarsi a formulare semplici contestazioni.

194    Il Parlamento fa presente che, conformemente al quadro normativo applicabile, la legalità e regolarità del pagamento dei fondi nell’ambito della voce di bilancio 400 del Parlamento sarebbe, anzitutto, subordinata all’esigibilità del credito del contraente interessato. Orbene, l’esigibilità presupporrebbe l’avvenuta esecuzione del contratto da parte del contraente mediante la fornitura del servizio dovuto. Ciò che rileverebbe sotto il profilo giuridico per poter ritenere il contratto eseguito, con conseguente esigibilità del credito del contraente, sarebbe l’imputabilità giuridica al contraente stesso della prestazione fornita. Orbene, tale imputabilità giuridica al contraente del servizio dovuto presupporrebbe che il servizio sia stato fornito dal contraente medesimo o da un subappaltatore debitamente incaricato.

195    A tale riguardo, si è concluso, al termine dell’analisi del terzo motivo di ricorso, che il Segretario generale del Gruppo PPE era incorso in un errore di diritto nel ritenere che la responsabilità dei deputati per le spese effettuate a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento sia di natura oggettiva, nel senso che essa non dipende né da una colpa dei deputati né dalla loro conoscenza delle asserite irregolarità e che esso ha fondato la decisione impugnata sull’analogia con la giurisprudenza relativa all’assistenza parlamentare (punti da 152 a 171 supra).

196    Occorre quindi esaminare se, alla luce di tale circostanza, le conclusioni cui è pervenuto il Segretario generale del Gruppo PPE riguardo ai contratti controversi siano errate, come sostiene la ricorrente.

–       Sui contratti conclusi con la società F

197    Quanto al primo dei contratti conclusi con la società F, riguardante servizi di «raccolta informazioni ed elaborazione materiale informativo relativo alle opportunità offerte dai finanziamenti europei 2014-2020», la ricorrente contesta l’esistenza di qualsiasi appropriazione di prestazioni o di documentazione provenienti da una società terza. La ricorrente deduce parimenti che tale contratto sarebbe stato convalidato dai servizi del Gruppo PPE, mentre essa non sarebbe stata in grado di effettuare controlli preventivi o di intervenire a posteriori. Essa sottolinea di non poter controllare l’origine di tali documenti né la catena di subappalto.

198    Quanto al secondo dei due contratti, la ricorrente riconosce che il lavoro di preparazione dei comunicati stampa è stato svolto in collaborazione con il proprio addetto stampa, N, ma sostiene che tale collaborazione non avrebbe avuto l’effetto di vanificare il contenuto del lavoro effettivamente svolto dalla società F. Afferma, in particolare, che il lavoro svolto dalla società F restava essenziale e complementare, in particolare perché, tenuto conto della sua esperienza nel settore della comunicazione, quest’ultima verificava l’adeguatezza dei comunicati stampa adattandoli anche da un punto di vista formale con specifiche impaginazioni in formato PDF nonché inviandoli ai contatti stampa della ricorrente. Inoltre, essa precisa che, a partire dal settembre 2015, N è stata retribuita non da lei, bensì dalla società J.

199    Il Parlamento ritiene che, ai punti da 84 a 87 e 92 della decisione impugnata, il Segretario generale del Gruppo PPE abbia giustificato il recupero delle somme indebitamente pagate con il fatto che, per quanto riguarda il primo contratto, in realtà, né la società F né un subappaltatore debitamente incaricato da quest’ultima avevano fornito le prestazioni dovute e che, per tale motivo, il pagamento contrattuale effettuato da detto gruppo su richiesta della ricorrente era indebito. Infatti, il lavoro realizzato e recante il logo della società F e del Gruppo PPE sarebbe stato realizzato e distribuito da un’altra società, ossia la società M, in occasione di un corso di formazione organizzato gratuitamente per taluni assistenti della ricorrente, e non dalla società F, che non avrebbe effettuato la prestazione di cui trattasi, essendosi limitata ad appropriarsene senza autorizzazione. Per quanto riguarda la convalida ex ante da parte del Gruppo PPE essa sarebbe irrilevante, essendo stata ottenuta sulla base di informazioni erronee. La responsabilità per l’utilizzazione di tali risorse graverebbe, in definitiva, sulla ricorrente, la quale avrebbe avuto facoltà di agire nei confronti del fornitore in questione. Tali elementi sarebbero dimostrati dalla relazione finale dell’OLAF, che costituirebbe una prova ammissibile in un procedimento amministrativo come quello nel caso di specie.

200    Per quanto riguarda il secondo contratto concluso con la società F, il recupero sarebbe giustificato dal fatto che la redazione e l’invio di comunicati stampa non sarebbero stati forniti dalla società F, che si sarebbe limitata, in sostanza, ad appropriarsi dei lavori effettuati dall’addetto stampa della ricorrente, poi dalla società J presso cui è stato successivamente impiegato l’addetto stampa. I servizi fatturati dalla società F non sarebbero stati quindi forniti da quest’ultima società. In particolare, da un lato, contrariamente a quanto sosterrebbe la ricorrente, secondo il contratto in questione, non spettava alla società F verificare l’adeguatezza di comunicati stampa redatti da un’altra persona. Inoltre, tale controllo sarebbe stato effettuato dalla ricorrente stessa dopo averli ricevuti per posta elettronica dal suo addetto stampa. Dall’altro lato, per il periodo durante il quale N è stata impiegata presso la società J, non vi sarebbe stato un rapporto di subappalto debitamente documentato tra la società F e la società J.

201    A questo proposito, per quanto riguarda il primo di tali contratti, come concluso in particolare ai punti 85, 86 e 89 della decisione impugnata, dalla relazione finale dell’OLAF emerge che la società F non ha fornito la prestazione in questione, ma ha fatto passare per sue, senza alcuna autorizzazione, le presentazioni preparate e distribuite ad alcuni assistenti della ricorrente in occasione di una formazione organizzata dalla società M dal 13 al 15 ottobre 2015.

202    Tuttavia, la decisione impugnata non constata né che la ricorrente ha ricevuto le presentazioni distribuite durante la formazione in questione né che essa era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’appropriazione da parte della società F del lavoro svolto dalla società M.

203    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, il Segretario generale del Gruppo PPE non può legittimamente esigere dalla ricorrente il rimborso della somma controversa relativa al primo contratto concluso con la società F.

204    Quanto al secondo contratto concluso con la società F, esso aveva segnatamente ad oggetto la «redazione di comunicati stampa», nonché l’«invio di comunicati stampa» nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015. Dai punti da 102 a 112 della decisione impugnata nonché dalla relazione finale alla quale essa rinvia risulta che era stato un addetto stampa della ricorrente, N, ad aver in realtà prestato la parte essenziale di tali servizi.

205    Sebbene la ricorrente sostenga che, nonostante tale circostanza, il lavoro della società F era essenziale e complementare a causa delle verifiche e dell’invio dei comunicati stampa che quest’ultima avrebbe effettuato, occorre ricordare che il contratto in questione non prevedeva una siffatta verifica, bensì la redazione e l’invio di comunicati stampa, servizio anch’esso prestato da N, come risulta dai punti 102 e 103 della decisione impugnata e dalla relazione finale dell’OLAF, che non sono stati contestati in maniera circostanziata dalla ricorrente. Inoltre, è stato dimostrato, in particolare ai punti 103, 105, 108, 110 e 111 della decisione impugnata, che i suddetti comunicati erano stati verificati dalla ricorrente stessa.

206    La ricorrente era pienamente consapevole dell’irregolarità in questione, avendo verificato e approvato i comunicati stampa redatti dal suo addetto stampa, N, che sono stati poi presentati come lavoro della società F, sicché i suoi argomenti devono essere respinti.

–       Sul contratto concluso con la società J

207    Quanto al contratto concluso con la società J, la ricorrente contesta la censura secondo cui i servizi oggetto di tale contratto, ossia «aggiornamento tecnico del sito [I]nternet www.laracomi.it» e «gestione ed invio (...) di newsletter», sarebbero stati forniti da un soggetto distinto dalla società J. Essa afferma di aver avuto contatti al riguardo esclusivamente con l’amministratore delegato della società J, D, e che dalle dichiarazioni di quest’ultimo, contenute nell’allegato 42 della relazione finale dell’OLAF, risulta che egli agiva come «general contractor» (imprenditore generale), nel senso che egli aveva fornito servizi alla ricorrente con alcuni operatori che frequentavano l’associazione culturale T e aveva chiesto a questi ultimi di eseguire le operazioni materiali. La ricorrente aggiunge che questi operatori sono società appartenenti allo stesso gruppo. D, che sarebbe altresì azionista e amministratore delegato della società F, avrebbe dichiarato, secondo quanto risulta dall’allegato 42 della relazione finale dell’OLAF, che tutte le società del suo gruppo lavoravano in sinergia tra di loro, che a fine anno effettuavano un conteggio su «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», le quali poi fatturavano alla società holding, ossia la società holding B. Pertanto, l’assenza di contratti, fatture e pagamenti specificamente riferiti a tali rapporti nulla proverebbe circa la loro effettiva esistenza. In ogni caso, la ricorrente afferma di non essere stata a conoscenza dei legami esistenti tra la società J e la società F e che, del resto, i servizi in questione sono stati effettivamente prestati.

208    Il Parlamento replica che il contratto concluso con la società J prevedeva la fornitura di un servizio di aggiornamento tecnico per il sito Internet «www.laracomi.it», di un servizio di gestione, manutenzione e aggiornamento del sito medesimo nonché di un servizio di gestione e invio mensile di newsletter per il periodo compreso tra il 1° luglio e il 1° dicembre 2014. La decisione impugnata si fonderebbe correttamente sulla sola constatazione che la società J non avrebbe fornito, nella fattispecie, la prestazione contrattualmente dovuta e che, per questo motivo, non sarebbe stata legittimata a chiedere il corrispettivo contrattualmente previsto. L’eventuale ignoranza di tale circostanza da parte della ricorrente sarebbe priva di conseguenze al riguardo, in quanto il procedimento di ripetizione dell’indebito sarebbe di natura oggettiva. L’argomento della ricorrente secondo cui la prestazione in questione sarebbe stata effettivamente fornita, ancorché da un terzo all’interno della società C, non sarebbe tale da inficiare il ragionamento del Segretario generale del Gruppo PPE. In ogni caso, la ricorrente non avrebbe prodotto alcun contratto di subappalto o di fatturazione intrasocietario in grado di imputare la fornitura del servizio di cui trattasi alla società J, mentre sarebbe stata proprio la società J ad aver fatturato i servizi medesimi. Inoltre, le dichiarazioni di D non corrisponderebbero a quanto indicato dalla ricorrente. In particolare, esse non dimostrerebbero che tutte le società contraenti della ricorrente appartenevano allo stesso gruppo B, la cui società madre sarebbe la società holding B.

209    A tale riguardo, dalla decisione impugnata risulta che le prestazioni previste sono state effettuate dall’amministratore e legale rappresentante della società F, O in persona, o in collaborazione con altre persone, e non dalla società J, mentre non è stato prodotto alcun contratto di subappalto o documento giustificativo di fatturazione intrasocietari idoneo ad imputare la prestazione del servizio di cui si tratta alla società J. Del pari, è dimostrato dalle dichiarazioni di D, riportate ai punti 115 e 116 della decisione impugnata, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, per l’esecuzione di tale contratto essa non aveva avuto esclusivamente contatti con D, ma piuttosto con O.

210    Tuttavia, la ricorrente sostiene di non essere stata a conoscenza del fatto che D era anche presidente del consiglio di amministrazione della società C, azionista di maggioranza della società F, di cui O era l’amministratore e il legale rappresentante. Orbene, la decisione impugnata non constata né tanto meno dimostra che essa ne era al corrente. In particolare, nella decisione impugnata non è dimostrato che la ricorrente sapeva o avrebbe dovuto sapere che i servizi interessati dal contratto concluso con la società J erano stati prestati da O in assenza di qualsiasi rapporto di subappalto. Alla luce delle conclusioni tratte al termine dell’analisi del terzo motivo di ricorso, il Parlamento sostiene a torto che la mancata conoscenza della situazione da parte della ricorrente sarebbe priva di conseguenze sul suo obbligo di rimborsare le somme di cui si tratta.

211    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, dato che è pacifico che i servizi oggetto del contratto sono stati effettivamente prestati e che non è stato dimostrato che la ricorrente fosse al corrente dell’irregolarità in questione, il Segretario generale del Gruppo PPE non può legittimamente esigere dalla ricorrente il rimborso delle somme in questione.

–       Sul contratto concluso con la società C

212    Per quanto riguarda il contratto concluso con la società C, riguardante la gestione e l’aggiornamento del sito Internet, nonché un servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata dal gennaio al novembre 2016, la ricorrente contesta la censura secondo cui il servizio di rassegna stampa sarebbe stato realizzato, senza giustificazione economica, da un’entità diversa dal contraente ufficiale, vale a dire la società F. A suo avviso, il servizio in questione è stato effettivamente eseguito senza costi aggiuntivi rispetto all’anno precedente. Inoltre, dal novembre 2015, la società C avrebbe acquisito il 60% della società F. Le società del gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre ed avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», e l’avrebbero fatturato alla società holding B. La ricorrente sostiene, inoltre, di non essere stata né in grado né tenuta a effettuare controlli a tale riguardo.

213    Il Parlamento afferma che la società C, in violazione dei propri obblighi contrattuali, non ha mai fornito essa stessa, né direttamente né tramite un subappaltatore debitamente incaricato o sulla base di un contratto intrasocietario, i servizi che essa avrebbe tuttavia fatturato. Esso deduce che sarebbero inoperanti gli argomenti della ricorrente secondo cui, da un lato, i servizi effettuati dalla società F nell’ambito di pretesi «servizi inter-company» non sarebbero stati soggetti ad aumenti di prezzo e, dall’altro, la ricorrente non sarebbe stata a conoscenza della situazione suddetta.

214    A questo proposito, dalla decisione impugnata risulta che la società C non ha fornito essa stessa i servizi ordinati, che sono stati prestati da altre società all’interno dello stesso gruppo del quale era a capo.

215    Tuttavia, la decisione impugnata non constata che i servizi di cui si trattasi non sono stati prestati. Essa non constata neppure che le prestazioni, in realtà fornite dalla società F e/o da O, assistente parlamentare locale della ricorrente a partire dal gennaio 2016 e amministratore e rappresentante legale della società F, rientravano tra i compiti di assistenza parlamentare di quest’ultimo. Sebbene, secondo la relazione finale dell’OLAF, la conclusione del contratto in questione con la società C sarebbe stata solo formale e volta a dissimulare un conflitto di interessi nel quale si sarebbe trovata la società F, la decisione impugnata non constata alcun conflitto di interessi in relazione ai servizi in questione, circostanza che il Parlamento ha espressamente confermato. Inoltre, la decisione impugnata non constata che la ricorrente era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’irregolarità della situazione.

216    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso delle somme controverse.

–       Sui contratti conclusi con la società H

217    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società H che prevedevano servizi di gestione e di aggiornamento del sito Internet nonché un servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata dal gennaio al novembre 2017, poi da gennaio a novembre 2018 e per il quale la somma di cui si chiede la restituzione è stata ridotta da EUR 28 060 a EUR 17 324, la ricorrente sostiene anzitutto che, come sarebbe stato dimostrato dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza, l’infrastruttura tecnologica necessaria per l’invio quotidiano delle rassegne stampa elettroniche ai suoi contatti esisteva effettivamente ed era funzionale, e che tali elementi non erano mai stati contestati. Del resto, i servizi sarebbero stati prestati. Inoltre, la ricorrente ribadisce che le società appartenenti al gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre e avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», fatturandolo alla società holding B. Vi sarebbe quindi effettivamente un vincolo contrattuale tra la società K e la società H. Inoltre, il costo del servizio di invio quotidiano delle rassegne stampa elettroniche non sarebbe aumentato nel corso del tempo, né sarebbe diminuito rispetto al suo livello del 2014. Infine, nella replica, la ricorrente considera che il costo dei servizi di manutenzione e di aggiornamento del suo sito Internet è stato sottovalutato nella decisione impugnata. Riferendosi ai contratti figuranti nell’allegato A11 dell’atto introduttivo, essa stima il loro costo in EUR 21 660. Peraltro, dalla parte introduttiva di tale motivo di ricorso risulta che la ricorrente ha in generale sottolineato che l’eventuale assenza di contratti e di fatture tra i prestatori di servizi da essa scelti e i terzi ai quali essi hanno fatto ricorso non può costituire un’irregolarità a lei imputabile.

218    Il Parlamento ricorda, anzitutto, che la domanda di rimborso formulata nei confronti della ricorrente verte ormai unicamente sul servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata che non è stato fornito dalla società H, bensì dalla società K che ha inviato le fatture relative a tale servizio alla società F e non alla società H. Pertanto, né la società K né la società F avrebbero agito in qualità di subappaltatori debitamente incaricati dalla società H. Peraltro, la società H doveva fornire un servizio di rassegna stampa e non un semplice servizio di trasmissione di questa. Conseguentemente, il pagamento effettuato, su richiesta della ricorrente, in base ai contratti stipulati con la società H dal Gruppo PPE, sarebbe avvenuto indebitamente. Inoltre, l’argomento della ricorrente relativo alla portata dei controlli ex ante effettuati dal Parlamento nonché quello secondo cui i servizi sarebbero stati prestati nonostante l’assenza di un contratto di subappalto sarebbero irrilevanti. Infine, nei limiti in cui la ricorrente contesta nella replica il livello della riduzione del rimborso che le viene chiesto, in quanto tale riduzione sarebbe troppo esigua rispetto alla riduzione del costo dei servizi della società K, tale argomento sarebbe tardivo e quindi irricevibile.

219    In via preliminare, per quanto riguarda la contestazione da parte della ricorrente dell’importo della somma che le viene richiesta, tenuto conto di un’asserita insufficiente valutazione da parte del Parlamento della parte dei servizi effettivamente prestati dalla società H, occorre ricordare che i due contratti controversi prevedono la prestazione di due servizi per una somma complessiva. Poiché il Segretario generale del Gruppo PPE constata nella decisione impugnata che uno dei servizi è stato effettivamente prestato da tale società, mentre il secondo non è stato prestato, egli ha proceduto, ai punti da 133 a 136 della decisione impugnata, a una valutazione del prezzo del servizio effettivamente reso al fine di dedurlo dal prezzo totale complessivo dei due contratti.

220    Ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Inoltre, dev’essere dichiarato ricevibile un motivo che costituisca l’ampliamento di un motivo enunciato precedentemente, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che presenti uno stretto collegamento con quest’ultimo. Del resto, gli argomenti la cui sostanza presenta uno stretto nesso con un motivo enunciato nell’atto introduttivo del giudizio non possono essere considerati motivi nuovi e la loro presentazione è consentita nella fase della replica o dell’udienza (v. sentenza del 12 settembre 2012, Italia/Commissione, T‑394/06, non pubblicata, EU:T:2012:417, punto 48 e giurisprudenza citata; sentenza del 28 febbraio 2018, Vakakis kai Synergates/Commissione, T‑292/15, EU:T:2018:103, punto 50).

221    Nel caso di specie, se è vero che, nell’atto introduttivo, la ricorrente critica l’analisi del Segretario generale del Gruppo PPE quanto alla questione se la società H disponga di un diritto al pagamento delle somme convenute contrattualmente, essa lo fa solo per quanto riguarda l’incidenza della mancata dimostrazione di un rapporto di subappalto tra la società H e la società K, il prestatore effettivo del servizio di rassegna stampa, o la società F, la società alla quale la società K ha fatturato tale servizio. L’argomento relativo al calcolo concreto del prezzo di tale servizio riveste una natura del tutto diversa e non può essere considerato un ampliamento degli argomenti sviluppati nella parte relativa ai contratti conclusi con la società H nell’ambito del sesto motivo, vertente sull’inesistenza delle irregolarità addebitate alla ricorrente riguardo ai diversi contratti di prestazione di servizi e, in ogni caso, sull’assenza di ogni sua responsabilità. Tale argomento va quindi considerato un motivo nuovo, che deve essere respinto in quanto irricevibile poiché non si basa su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

222    In ogni caso, tale argomento deve essere respinto nel merito, poiché la ricorrente, riferendosi globalmente all’allegato A11 dell’atto introduttivo, non dimostra quale avrebbe dovuto essere il prezzo reale per i servizi di gestione e di aggiornamento del suo sito Internet, dato che la somma anticipata di EUR 21 660 non risulta peraltro in modo evidente dai documenti contenuti in tale allegato. Inoltre, la ricorrente non propone alcun metodo di calcolo dei prezzi per tali servizi.

223    Quanto agli altri argomenti dedotti dalla ricorrente, occorre, sotto un primo profilo, respingere l’affermazione relativa all’insufficienza di motivazione della decisione impugnata. Infatti, in quest’ultima, il Segretario generale del Gruppo PPE risponde agli argomenti relativi alla natura dell’attività svolta in realtà dalla società H (punti 138 e 139), ai costi dei servizi (punto 140) e alla circostanza che la società H abbia prestato i servizi rientranti nella gestione e nell’aggiornamento del sito Internet della ricorrente (punti da 131 a 136).

224    Sotto un secondo profilo, l’argomento della ricorrente secondo cui il pagamento delle fatture relative ai contratti controversi è stato oggetto di un controllo ex ante si confonde con quelli contenuti nel primo motivo di ricorso, che è stato respinto (v. punto 80 supra). Pertanto, esso non può essere accolto.

225    Sotto un terzo profilo, dalla decisione impugnata risulta che una parte delle prestazioni convenute nei contratti conclusi con la società H, vale a dire il servizio quotidiano di una rivista stampa informatizzata, non è stato svolto da detta società, bensì dalla società K, mentre dinanzi al Tribunale non è stato prodotto alcun contratto di subappalto o documento giustificativo di fatturazione intrasocietari, idoneo ad imputare la prestazione fornita alla società H.

226    Tuttavia, nella decisione impugnata è pacifico che le prestazioni di cui trattasi sono state fornite alla ricorrente. Non si constata neppure che la ricorrente era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’irregolarità della situazione, vale a dire del fatto che, in realtà, era la società K ad aver fornito tali servizi, e dell’assenza di subappalto debitamente dimostrato tra il contraente e il prestatore effettivo del servizio.

227    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso della somma di EUR 17 324 relativa ai contratti conclusi con la società H.

–       Sui contratti conclusi con la società G

228    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società G, la ricorrente contesta la censura secondo cui i comunicati stampa e le newsletter sono stati realizzati dai propri addetti stampa e comunicazione. A suo avviso, detti contratti non prevedevano la redazione di comunicati stampa né l’individuazione di argomenti di interesse, bensì l’impaginazione delle newsletter con l’ausilio di un software specifico utilizzando strumenti tecnologici volti, in particolare, a contenere il fenomeno dei messaggi elettronici indesiderati (SPAM). Nella replica, essa aggiunge che le attività di detta società comprendevano anche la gestione e l’aggiornamento dei social network, oltre alla predisposizione e all’invio dei comunicati stampa e delle newsletter. L’OLAF e il Segretario generale del Gruppo PPE avrebbero quindi effettuato una valutazione erronea dei contratti in questione. Inoltre, la ricorrente ribadisce il proprio argomento secondo cui le società appartenenti al gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre e avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», fatturandolo alla società holding B.

229    Il Parlamento sostiene che i contratti stipulati con la società G prevedevano, quanto al primo, un servizio di newsletter e, quanto al secondo, la gestione e l’invio di newsletter comprendente, in particolare, l’aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio di dette newsletter, la gestione dei contatti e il servizio di reportistica post-invio così come l’impaginazione e l’invio, oltre a un servizio di stampa e comunicazione comprendente la redazione di comunicati stampa e il loro invio a un indirizzario.

230    Orbene, come la stessa ricorrente avrebbe riconosciuto, le newsletter e i comunicati stampa non sarebbero stati redatti dalla società G, ma da terzi, nel caso di specie dagli addetti stampa della ricorrente, e detta società si sarebbe limitata all’impaginazione dei comunicati stampa apponendovi il logo del Gruppo PPE. Secondo il Parlamento, la relazione finale dell’OLAF avrebbe peraltro rilevato, senza che la ricorrente abbia fornito alcuna prova contraria, che l’amministratore di detta società aveva ammesso che la gestione e l’invio delle newsletter sarebbero stati effettuati dalla società F, in assenza di qualsiasi rapporto contrattuale con la società G, tramite la sua piattaforma informatica, e che la società G non avrebbe partecipato alla creazione del contenuto dei comunicati stampa né alla distribuzione dei comunicati stampa ai destinatari dell’indirizzario. Conseguentemente, la decisione impugnata non conterrebbe alcun errore di valutazione dell’oggetto dei contratti conclusi con la società G, legittimando la conclusione che la ricorrente fosse tenuta a rimborsare integralmente le somme indebitamente versate.

231    A tale riguardo, occorre distinguere i servizi relativi ai comunicati stampa, da un lato, e le newsletter, dall’altro.

232    Per quanto riguarda i servizi relativi ai comunicati stampa, essi sono previsti solo nel secondo contratto concluso con la società G, il quale precisa che esso ha in particolare ad oggetto un servizio di «ufficio stampa e comunicazione:  redazione di comunicati stampa (...) e invio del comunicato stampa all’indirizzario». Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la redazione dei comunicati stampa è ivi chiaramente prevista. Tuttavia, la ricorrente non ha fornito alcuna spiegazione pertinente idonea a confutare le constatazioni secondo le quali, da un lato, i comunicati stampa erano redatti dai suoi addetti stampa, anziché dalla società G, che si era limitata a impaginare detti comunicati apponendovi il logo del Gruppo PPE e, dall’altro, la gestione e l’invio di tali comunicati stampa erano in realtà effettuati dalla società F. Inoltre, è dimostrato, in particolare ai punti da 145 a 149 della decisione impugnata, che la ricorrente era a conoscenza di tale situazione irregolare rispetto al contratto.

233    Quanto ai servizi relativi alle newsletter, essi sono oggetto dei due contratti conclusi con la società G. Secondo il punto 142 della decisione impugnata, il primo contratto verte sulla fornitura di un servizio di newsletter nel dicembre 2015. Il secondo contratto prevede, dal canto suo, la fornitura di servizi di «gestione e invio newsletter:  aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio delle newsletter, gestione dei contatti e del servizio di reportistica post-invio, nonché impaginazione e invio della newsletter stessa» per il periodo dal 1° febbraio al 30 novembre 2016.

234    La ricorrente ha quindi ragione di sostenere che la redazione delle newsletter non era prevista dai contratti conclusi con la società G, quantomeno non esplicitamente. Del pari, come essa afferma in sostanza, l’attività consistente nell’impaginazione delle newsletter corrisponde effettivamente all’impaginazione espressamente prevista dal secondo di detti contratti.

235    Per contro, è dimostrato in particolare ai punti da 145 a 148 della decisione impugnata che era la società F ad essersi effettivamente incaricata dei servizi da fornire nell’ambito dei contratti conclusi con la società G, i quali consistevano in particolare nella gestione e nell’invio di dette newsletter, circostanza di cui la ricorrente era a conoscenza.

236    Ciò premesso, si deve concludere che, essendo stata consapevole dell’irregolarità relativa alla gestione e all’invio delle newsletter, la ricorrente non può invocare la circostanza che il servizio è stato prestato.

237    Tuttavia, il Segretario generale del Gruppo PPE è incorso in un errore contestando nei confronti della ricorrente il fatto che la società G non aveva redatto le newsletter e il fatto che l’impaginazione di tali newsletter non risultava dai contratti conclusi con detta società (v. punto 234 supra).

238    In tali circostanze, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso di tutte le somme controverse in quanto una parte di tali somme è interessata dagli errori menzionati al precedente punto 237.

–       Sui contratti conclusi con la società I

239    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società I, al pari dei contratti conclusi con la società G, la ricorrente deduce, anzitutto, che la censura secondo cui i comunicati stampa e le newsletter sono stati preparati dai propri addetti stampa e comunicazione è inconferente, dal momento che i contratti in questione avrebbero avuto un oggetto completamente diverso, vale a dire il supporto alla comunicazione e al servizio stampa, nonché l’impaginazione di newsletter con l’utilizzo di uno specifico software, avvalendosi di strumenti tecnologici volti, in particolare, a contenere il fenomeno dello SPAM. La società I si sarebbe avvalsa di una propria piattaforma, totalmente autonoma e indipendente, diversa dal sito Internet, a partire dalla quale essa avrebbe trattato gli invii di cui si tratta. Inoltre, le valutazioni relative al valore da attribuire alle prestazioni realmente effettuate da tale società sarebbero soggettive e senza alcun valore probatorio. Infine, la ricorrente ribadisce il proprio argomento secondo cui le società appartenenti al gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre e avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», fatturandolo alla società holding B.

240    Per quanto concerne i contratti conclusi con la società I, e le relative fatture, il Parlamento ritiene che la ricorrente sostenga a torto l’esistenza di un errore di valutazione riguardo all’oggetto di detti contratti, dato che essi prevedevano effettivamente servizi di stampa e comunicazione, vale a dire la redazione di comunicati stampa, la gestione di newsletter e il loro invio. Orbene, la prestazione principale prevista da detti contratti non sarebbe stata fornita dalla società I, come confermato dalle persone sentite nel corso dell’indagine dell’OLAF. Per quanto attiene al messaggio di posta elettronica del 19 ottobre 2017 di O a R contenuto nell’allegato A17 dell’atto introduttivo, invocato dalla ricorrente, da cui risulterebbe che il Parlamento aveva effettuato controlli sulle fatture ritenendo corretto procedere al loro rimborso, il Parlamento ribadisce che sarebbe ancora esistita la facoltà di controlli ex post. Infine, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui i servizi in questione sono stati erroneamente valutati dal Parlamento, quest’ultimo osserva che la natura dell’impaginazione e dell’apposizione del logo del Gruppo PPE, su newsletter e comunicati stampa interamente redatti e inviati da terzi sarebbe stata trascurabile in termini economici, per cui l’intervento effettivo della società I sarebbe stato puramente accessorio e strumentale, senza che la ricorrente abbia fornito prova contraria.

241    A questo proposito, risulta dal fascicolo che tre contratti conclusi tra la ricorrente e la società I costituiscono l’oggetto della presente controversia.

242    Il primo contratto concluso con la società I ha ad oggetto la prestazione di servizi per «gestione e invio newsletter: aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio delle newsletter, gestione dei contatti e del servizio di reportistica post-invio, nonché impaginazione e invio della newsletter stessa» e «ufficio stampa e comunicazione: redazione di comunicati stampa (...) e invio del comunicato stampa (...)», per il periodo dal 1° gennaio al 30 novembre 2017, per un corrispettivo lordo complessivo di EUR 14 640, di cui è stato fatturato e pagato solo l’importo di EUR 12 200. Occorre rilevare, del resto, che l’oggetto di tale contratto corrisponde all’oggetto del secondo contratto concluso con la società G (v. punti 232 e 233 supra).

243    Il secondo contratto concluso con la società I riguarda la fornitura degli stessi servizi per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 novembre 2018, per un importo lordo complessivo di EUR 14 640.

244    Il terzo contratto concluso con la società I ha ad oggetto la fornitura dei medesimi servizi, oltre che di «servizi di gestione e aggiornamento sito [I]internet» e di un «servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata, trasmessa ogni mattina all’indirizzo mail», per il periodo dal 1° gennaio al 19 aprile 2019, a fronte di un corrispettivo totale lordo di EUR 13 176.

245    Sotto un primo profilo, così come per i contratti con la società G (v. punto 234 supra), il Segretario generale del Gruppo PPE non può addebitare alla ricorrente il fatto che la società I non abbia redatto le newsletter, in quanto tale prestazione non risulta dai contratti stipulati con quest’ultima società, quanto meno non esplicitamente. Del pari, come affermato in sostanza dalla ricorrente, l’attività consistente nell’impaginazione delle newsletter corrisponde effettivamente all’impaginazione espressamente prevista da questi tre contratti. È in tale misura che il Segretario generale del Gruppo PPE è incorso in errori.

246    Sotto un secondo profilo, è invece dimostrato, in particolare ai punti da 155 a 165 della decisione impugnata, che, per quanto riguarda gli altri servizi relativi alle newsletter e i servizi relativi ai comunicati stampa previsti in tre contratti conclusi con la società I, erano gli addetti stampa e l’assistente parlamentare della ricorrente, o addirittura la società F, ad essersene effettivamente incaricati, circostanza di cui la ricorrente era a conoscenza.

247    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda i due servizi aggiuntivi contenuti nel terzo contratto concluso con la società I, è dimostrato, nelle dichiarazioni dell’amministratore delegato della società I, riportate ai punti 155, 156 o 165 della decisione impugnata, che tale società non li ha forniti. La ricorrente non spiega chi abbia prestato tali servizi. Dal fascicolo non risulta, quindi, che tali servizi siano stati forniti. Tutt’al più, dal punto 160 della decisione impugnata risulta che era un assistente locale della ricorrente ad essere stato incaricato, dal novembre 2017 al giugno 2019, dell’aggiornamento del sito Internet della ricorrente. Pertanto, la questione di un eventuale arricchimento senza causa del Gruppo PPE non si pone affatto in relazione a questi due servizi.

248    Ne consegue che il Segretario Generale del Gruppo PPE è incorso in errori addebitando alla ricorrente il fatto che la società I non avesse redatto le newsletter e che l’impaginazione delle stesse non risultasse dai contratti conclusi con detta società (v. punto 245 supra).

249    In tali circostanze, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso di tutte le somme controverse relative ai contratti conclusi con la società I, in quanto una parte di tali somme è interessata da detto errore.

–       Sul contratto concluso con la società L

250    Quanto al contratto stipulato con la società L, relativo alla «realizzazione, impaginazione e stampa dell’opuscolo ‟365 giorni dedicati a voi”», la ricorrente contesta la censura secondo cui la suddetta società si sarebbe limitata a stampare detto opuscolo, mentre un dipendente della società F sarebbe stato responsabile dell’impaginazione e del contenuto di tale opuscolo. Essa deduce, anzitutto, che non poteva sapere quale collaboratore o dipendente della società L avesse in concreto prestato il servizio in questione di cui trattasi, il quale era stato effettivamente svolto e per il quale l’adeguatezza del prezzo e del materiale fornito era già stata oggetto di esame e approvazione preventiva da parte del Gruppo PPE e del Parlamento. Inoltre, nella decisione impugnata non si terrebbe conto della dichiarazione scritta di S del 14 gennaio 2020, nella quale quest’ultimo preciserebbe di aver eseguito le stampe degli opuscoli (circa 5 000 esemplari) e di aver comprato personalmente tutto il materiale necessario (toner, punte, carta, ecc.). Infine, la posizione del Parlamento non terrebbe conto della struttura delle società coinvolte nell’esecuzione dei servizi né delle dichiarazioni rese, in merito, da D.

251    La ricorrente ribadisce altresì che non esisterebbe alcuna norma che imponga la presentazione di documenti aggiuntivi quali contratti di subappalto, fatture o prove di pagamenti specifici. Non esisterebbe alcuna disposizione di legge secondo cui, in assenza di contratti e fatture intrasocietari, il rimborso per i servizi forniti non dovrebbe essere considerato lecito.

252    Il Parlamento sostiene che il contratto concluso con la società L è stato in gran parte eseguito dalla società F. Il fatto che la ricorrente non fosse a conoscenza delle modalità di esecuzione del servizio convenuto sarebbe irrilevante ai fini della procedura di recupero in questione. Esso sottolinea che, secondo le conclusioni della relazione finale dell’OLAF, la realizzazione e l’impaginazione dell’opuscolo di cui si tratta sono state effettuate dalla società F, senza che fosse stato concluso un contratto di subappalto. In ogni caso, il Parlamento precisa di aver tenuto conto del fatto che parte di tale servizio potrebbe nondimeno essere stata eseguita dal dirigente della società L. Esso ricorda, inoltre, la facoltà, contestata dalla ricorrente, di effettuare controlli ex post su spese che siano già state oggetto di un controllo ex ante.

253    A tale riguardo, ai punti da 170 a 179 della decisione impugnata è dimostrato che il servizio convenuto è stato svolto in gran parte dalla società F (ricerca del contenuto, realizzazione, impaginazione, realizzazione grafica e rilegatura) e non dalla società L. In aggiunta, è altresì dimostrato che una parte del materiale utilizzato per tale servizio (la stampante e il materiale necessario per la rilegatura) apparteneva ad altre società del gruppo B e alla società F. Ciononostante, in tale decisione è dimostrato che queste ultime società non intrattenevano rapporti di subappalto con la società L e che quest’ultima si è occupata soltanto della stampa, in quanto tale, degli esemplari dell’opuscolo di cui si tratta, e della fornitura di una parte del materiale, circostanza che essa non ha tuttavia potuto dimostrare. La ricorrente non contesta tali fatti, ma sostiene che detto servizio è stato prestato nell’ambito di una cooperazione intrasocietaria. Peraltro, l’argomento della ricorrente secondo cui le spese sostenute in base al contratto concluso con la società L avevano già dato luogo a un controllo ex ante che equivarrebbe a un’approvazione incondizionata e definitiva deve essere respinto per gli stessi motivi enunciati nell’ambito dell’esame del primo motivo di ricorso (v. punto 80 supra).

254    Tuttavia, è pacifico che il servizio previsto nel contratto concluso con la società L è stato svolto. Inoltre, la ricorrente sostiene che non poteva essere al corrente delle modalità di esecuzione di detto contratto da parte della sua contraente e che la decisione impugnata non constata che essa era a conoscenza o che avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’irregolarità contestata.

255    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, si deve concludere che il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso della somma relativa al contratto concluso con la società L.

256    Ne consegue che il sesto motivo di ricorso deve essere parzialmente accolto, nel senso indicato ai precedenti punti 203, 211, 216, 227, 237, 238, 248, 249 e 255.

 Sulle spese

257    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafi 1 e 3, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Qualora vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese. Se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.

258    Poiché la ricorrente e il Parlamento sono rimasti parzialmente soccombenti, occorre decidere che ciascuna parte si faccia carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Segretario generale del Gruppo politico del Partito popolare europeo (PPE) al Parlamento europeo del 5 giugno 2023 e la nota di addebito n. 7030000946 del Direttore generale delle Finanze del Parlamento del 3 luglio 2023 sono annullate nella parte in cui richiedono che la sig.ra Lara Comi restituisca le somme relative al primo contratto concluso con la società F e ai contratti conclusi con la società J, la società C, la società H, la società G, la società I e la società L.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Nõmm

Steinfatt

Kukovec

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 ottobre 2025.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

29 ottobre 2025 (*)

« Diritto delle istituzioni – Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo – Recupero di indennità versate a titolo di rimborso di spese parlamentari – Ripetizione dell’indebito – Arricchimento senza causa »

Nella causa T‑422/23,

Lara Comi, residente a Saronno (Italia), rappresentata da V. Mariconda, M. Centonze, G. Recine e L. Della Volpe, avvocati,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da N. Görlitz, M. Ecker e R. Rende Granata, in qualità di agenti,

convenuto

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto, in sede di deliberazione, da I. Nõmm, facente funzione di presidente, G. Steinfatt (relatrice) e D. Kukovec, giudici,

cancelliere: P. Nuñez Ruiz, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’ordinanza del 19 marzo 2024, Comi/Parlamento (T‑422/23, non pubblicata, EU:T:2024:196), che ha dichiarato irricevibile il ricorso nella parte in cui è diretto contro il Gruppo del Partito popolare europeo (PPE) al Parlamento europeo e contro il Segretario generale del gruppo medesimo,

in seguito all’udienza del 26 novembre 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la ricorrente, sig.ra Lara Comi, chiede, segnatamente, l’annullamento della decisione del Segretario generale del Gruppo del Partito popolare europeo (PPE) al Parlamento europeo (in prosieguo: il «Gruppo PPE») del 5 giugno 2023 (in prosieguo: la «decisione impugnata») e della nota di addebito n. 7030000946 del Direttore generale delle Finanze del Parlamento del 3 luglio 2023 (in prosieguo: la «nota di addebito»).

 Fatti

2        La ricorrente è stata deputata al Parlamento dal 2022 al 2024, dopo esserlo già stata dal 2009 al 2019. È stata membro del Gruppo PPE.

3        La ricorrente ha presentato, in relazione agli stanziamenti assegnati a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento, varie richieste di pagamento di spese relative a fatture emesse nell’ambito di contratti conclusi con diversi prestatori di servizi, afferenti a diversi periodi compresi tra novembre 2014 e aprile 2019.

4        La ricorrente ha scelto, per tutte le spese effettuate a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento (in prosieguo: le «spese controverse»), il pagamento diretto ai prestatori di servizi con i quali essa aveva concluso i contratti. I pagamenti a tali prestatori di servizi sono stati effettuati dagli organi competenti del Gruppo PPE in seguito allo svolgimento di un controllo ex ante.

5        A seguito di sospetti di irregolarità riguardanti, tra l’altro, alcune richieste formulate dalla ricorrente in relazione agli stanziamenti assegnati al Gruppo PPE a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha avviato un’indagine il 15 aprile 2019 (caso OC/2019/0160/A1).

6        Il 4 dicembre 2019, la ricorrente è stata informata dell’avvio di tale indagine in quanto persona interessata.

7        L’8 giugno 2020, l’OLAF ha inviato una richiesta di informazioni e di documenti alla ricorrente, alla quale quest’ultima ha risposto il 24 giugno 2020.

8        Il 25 agosto 2020, l’OLAF ha emesso la sua relazione finale sull’indagine, che ha constatato irregolarità riguardanti, tra l’altro, alcune richieste presentate dalla ricorrente nel quadro degli stanziamenti assegnati al Gruppo PPE a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento.

9        Con lettera del 4 febbraio 2022, il Segretario generale del Gruppo PPE ha avviato la procedura per l’eventuale recupero degli importi che sarebbero stati indebitamente versati a seguito della domanda della ricorrente, conformemente all’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), e agli articoli 1.1.1 e 1.4 del regolamento relativo all’utilizzo degli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento, adottato dall’Ufficio di presidenza del Parlamento il 30 giugno 2003, nella versione in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata (in prosieguo: il «regolamento 400»), per un importo complessivo di EUR 131 266, invitando la ricorrente a presentare osservazioni al riguardo.

10      Il 1° aprile 2022, la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni, che erano accompagnate da otto documenti giustificativi in formato elettronico e cartaceo.

11      Il 13 dicembre 2022, la ricorrente ha presentato osservazioni supplementari alle quali erano allegati otto nuovi documenti in formato elettronico e cartaceo.

12      Il 5 giugno 2023, il Segretario generale del Gruppo PPE ha adottato la decisione impugnata. L’articolo 1 di tale decisione ordina, in conformità all’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario e all’articolo 1.4 del regolamento 400, il recupero presso la ricorrente di un importo complessivo di EUR 116 870 a titolo dei vari contratti che essa ha concluso con sette prestatori (in prosieguo: i «contratti controversi»). L’articolo 2 della medesima decisione incarica il Direttore generale delle Finanze del Parlamento, in qualità di ordinatore delegato per gli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento, di procedere al recupero della somma in questione, ai sensi dell’articolo 1.4 del regolamento 400 e degli articoli da 98 a 101 del regolamento finanziario.

13      Il 3 luglio 2023, il Direttore generale delle Finanze del Parlamento ha emesso la nota di addebito che ha trasmesso alla ricorrente il 4 luglio 2023 assieme alla decisione impugnata.

 Conclusioni delle parti

14      La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        in via preliminare, sospendere l’esecutività della decisione impugnata e della nota di addebito;

–        accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva di essa ricorrente in quanto i destinatari delle contestazioni avrebbero dovuto essere le società con cui sono stati sottoscritti i contratti di servizi in questione;

–        in via principale, accertare e dichiarare che, visti i contratti di servizi in esame e i relativi giustificativi prodotti (verificati e autorizzati ex ante ed ex post dal PPE e dal Parlamento), la ricorrente non ha violato le disposizioni delle misure di attuazione dello statuto dei deputati del Parlamento (in prosieguo: le «MAS») in relazione alle richieste relative agli stanziamenti assegnati al Gruppo PPE a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento;

–        annullare la decisione impugnata e la nota di addebito;

–        in via subordinata e condizionata, in caso di accoglimento delle contestazioni addebitate con la decisione impugnata, accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione/decadenza per il recupero di una parte degli importi (pari a EUR 54 889,99) intimati con la nota di addebito;

–        annullare la nota di addebito, rideterminando le eventuali somme dovute dai terzi percettori dei pagamenti indicati in atti o, in via ulteriormente subordinata, da chi di dovere, nella minor misura che eventualmente risulterà all’esito del presente procedimento;

–        condannare il Parlamento alle spese.

15      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere la domanda di sospensione dell’esecuzione in quanto irricevibile;

–        respingere le domande di accertamento in quanto irricevibili;

–        per il resto, respingere il ricorso proposto contro il medesimo in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

16      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sei motivi vertenti, in sostanza, il primo, sulla responsabilità del Gruppo PPE e del Parlamento in considerazione dei controlli effettuati sulle spese oggetto dei contratti controversi e sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento; il secondo, sulla prescrizione di una parte delle somme richieste; il terzo, sul suo difetto di legittimazione passiva a fronte di un’azione petitoria e sull’assenza di una qualsiasi responsabilità oggettiva ad essa imputabile; il quarto, sulla violazione del principio di proporzionalità; il quinto, sulla mancata indicazione delle norme violate, con conseguente violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione e, il sesto, sull’inesistenza delle irregolarità contestate riguardo ai vari contratti di servizi e, in ogni caso, sull’assenza di ogni sua responsabilità.

17      Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente. Esso eccepisce, inoltre, l’irricevibilità dei documenti prodotti per la prima volta con la replica, del mezzo istruttorio richiesto dalla ricorrente, della domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata e delle domande di accertamento.

 Sulla ricevibilità dei documenti prodotti per la prima volta in sede di replica

18      Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie. L’articolo 85, paragrafo 2, di detto regolamento precisa che «le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».

19      Secondo la giurisprudenza, la prova contraria e l’ampliamento delle deduzioni istruttorie a seguito di una prova contraria della controparte nella replica non sono colpite dalla decadenza prevista dall’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento di procedura. Tale disposizione riguarda, infatti, le offerte di prova nuove e deve essere letta alla luce dell’articolo 92, paragrafo 7, di detto regolamento che prevede espressamente che sono riservati la prova contraria e l’ampliamento dei mezzi di prova (sentenza del 7 luglio 2021, HM/Commissione, T‑587/16 RENV, non pubblicata, EU:T:2021:415, punto 55).

20      Nell’ordinanza del 21 marzo 2019, Troszczynski/Parlamento (C‑462/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:239, punti 39 e 40), la Corte ha approvato il rigetto da parte del Tribunale di una prova presentata dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, precisando che benché, nella sua sentenza del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 72), essa avesse dichiarato che la prova contraria e l’ampliamento delle deduzioni istruttorie a seguito di una prova contraria della controparte nel controricorso non sono colpiti da una decadenza come quella prevista all’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, che ha un carattere ancora più eccezionale di quella prevista al paragrafo 2 di tale articolo, la ricorrente non aveva sostenuto che le prove supplementari fossero state prodotte a seguito di una prova contraria, presentata dal convenuto.

21      Nel caso di specie, la ricorrente ha prodotto quindici nuovi documenti in fase di replica, corrispondenti a un messaggio di posta elettronica proveniente da A del 22 novembre 2023 (allegato C1), a un messaggio di posta elettronica di verifica del PPE (allegato C2), a un messaggio di posta elettronica del tesoriere del PPE (allegato C3), a una comunicazione dell’OLAF dell’8 giugno 2020 (allegato C4), all’organigramma e allo schema delle società del gruppo B (allegato C5), a una comunicazione della società C all’OLAF del 30 gennaio 2020 (allegato C6), a messaggi di posta elettronica tra D ed E del 19 e 24 febbraio 2020 (allegato C7), ai bilanci delle società F, C, G, H, I e J (allegati da C8 a C13), alle fatture n. 1117 del 25 settembre 2014, n. 1118 del 25 settembre 2014, n. 1206 del 26 novembre 2015 e n. 1216 del 30 novembre 2016 (allegato C14) e alle fatture n. 1216 del 30 novembre 2016, n. 1239 del 28 novembre 2017, nonché 131/A dell’8 febbraio 2019, per un importo complessivo di EUR 3 660 (allegato C15).

22      La ricorrente spiega che tutte le nuove prove sono la conseguenza immediata e diretta dei mezzi di difesa dedotti dal Parlamento. Infatti, la ricorrente avrebbe inizialmente dovuto difendersi contro un’altra entità, nella fattispecie il Gruppo PPE, mentre oggi essa dovrebbe difendersi contro il Parlamento che avrebbe sollevato nel controricorso una serie di nuove contestazioni e di nuove obiezioni in risposta all’argomentazione contenuta nell’atto introduttivo, il che avrebbe reso necessaria la produzione dei nuovi documenti in questione.

23      Il Parlamento sostiene che la produzione tardiva di tali documenti non è giustificata.

24      A questo proposito, gli allegati da C1 a C3 della replica sono stati presentati al fine di suffragare, nell’ambito del primo motivo di ricorso, l’argomento secondo cui i controlli ex ante erano esaustivi. Tuttavia, essi non sono stati presentati al fine di reagire alla presentazione, da parte del Parlamento nel controricorso, di una prova contraria ai sensi della giurisprudenza citata ai precedenti punti 19 e 20.

25      L’allegato C4 della replica è stato presentato al fine di suffragare l’argomento, rientrante nel secondo motivo di ricorso, vertente sulla prescrizione di varie somme di cui il Parlamento ha chiesto il rimborso alla ricorrente, secondo il quale, in sostanza, contrariamente a quanto risulterebbe dai punti 17 e 19 del controricorso, essa è stata informata delle contestazioni relative all’utilizzo dei fondi rientranti nella voce di bilancio 400 del Parlamento sollevate dal Parlamento nei suoi confronti solo il 4 febbraio 2022, ossia più di cinque anni dopo la conclusione della maggior parte dei contratti in questione. Orbene, nulla ostava a che essa sostenesse già nell’atto introduttivo che diversi contratti controversi erano stati conclusi più di cinque anni prima che essa fosse stata realmente informata dell’oggetto di tale parte dell’indagine condotta dall’OLAF, né la ricorrente deduce che tale prova sia stata prodotta al fine di reagire a una prova contraria presentata dal Parlamento.

26      In ogni caso, come risulta dall’esame del secondo motivo di ricorso, il dies a quo della prescrizione quinquennale previsto all’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario corrisponde al momento in cui l’istituzione dell’Unione era, in circostanze normali, in grado di far valere il proprio credito. Per contro, il momento della conclusione dei contratti controversi, o addirittura quello in cui la ricorrente è venuta a conoscenza del procedimento relativo al recupero dei fondi in questione, non è pertinente al riguardo.

27      Quanto agli allegati da C5 a C7 della replica, essi sono presentati a sostegno del quinto motivo di ricorso, vertente sulla mancata indicazione delle norme violate, con conseguente violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione. In sostanza, la ricorrente afferma che non è stato indicato quale regola imporrebbe un recupero dei fondi assegnati a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento in assenza di fatture tra il subcommittente e il subappaltatore. Essa aggiunge che D ha precisato che tutte le società del gruppo B lavoravano in sinergia le une con le altre, che i conti intrasocietari (o «inter-company») erano redatti alla fine dell’anno e che i servizi forniti dall’una o dall’altra società si inserivano in un «reciproco scambio di prestazioni in un rapporto inter[‑]company». La presentazione di tali allegati aveva lo scopo di fornire un organigramma del gruppo di società in questione (allegato C5) e di dimostrare che l’OLAF è stato informato da D dell’esistenza di tali prestazioni di servizi tra le suddette società (allegati C6 e C7). Ne consegue che la produzione dei tre allegati in parola non è destinata, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, a reagire a una nuova contestazione o a una nuova obiezione da parte del Parlamento. Essa non risponde neppure a una prova contraria del Parlamento. Inoltre, come rilevato anche dalla ricorrente al punto 93 della replica, la questione della base giuridica per considerare una spesa a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento come irregolare in caso di assenza di un rapporto di subappalto chiaramente accertato si poneva già nella decisione impugnata ed è stata affrontata dalla ricorrente nell’atto introduttivo. Pertanto, essa avrebbe potuto produrre detti allegati in sede di atto introduttivo.

28      Lo stesso vale per gli allegati da C8 a C13 della replica che contengono i bilanci delle società F, C, G, H, I e J, che apparterrebbero al gruppo B, e la cui produzione aveva lo scopo di dimostrare che i servizi forniti erano stati oggetto di una ripartizione del lavoro legale e del tutto normale nei rapporti intrasocietari delle società di uno stesso gruppo, sfruttando le potenzialità dell’una o dell’altra, di far emergere i crediti e i debiti tra imprese nonché il fatto che tali società erano soggette alla gestione e al coordinamento della società madre.

29      L’allegato C14 alla replica contiene, dal canto suo, fatture emesse dalla società K e indirizzate alla società F per servizi di ritagli stampa e monitoraggio di Internet. La ricorrente le ha presentate a sostegno del sesto motivo di ricorso al fine di contestare le conclusioni contenute nella decisione impugnata in merito ai contratti da essa conclusi con la società F. Tuttavia, la ricorrente non individua alcuna contestazione, alcuna obiezione o prova contraria contenuta nel controricorso che giustifichi la presentazione di tali documenti in fase di replica.

30      Nei limiti in cui la ricorrente sostiene di aver ricevuto tali fatture solo il 27 novembre 2023, occorre constatare che, in ogni caso, esse non riguardano i costi per i quali la decisione impugnata ordina un recupero. Esse non sono quindi pertinenti ai fini della soluzione della controversia.

31      Per quanto riguarda le fatture emesse dalla società K e indirizzate alla società F contenute nell’allegato C15 alla replica, che sono state presentate dalla ricorrente a sostegno del sesto motivo di ricorso per contestare le conclusioni contenute nella decisione impugnata in merito ai contratti da essa conclusi con la società H, la ricorrente non individua alcuna censura, né alcuna obiezione o prova contraria contenuta nel controricorso che giustificherebbe la presentazione di tali documenti in fase di replica. Nella misura in cui la ricorrente le presenta al fine di dimostrare che le società del gruppo B mettevano a disposizione il loro know-how e i loro servizi, ciascuna nel settore più appropriato, e si fatturavano poi reciprocamente o fatturavano alla società holding, nulla ostava a che tali fatture fossero presentate già al momento della presentazione del ricorso.

32      Poiché la produzione tardiva di tali nuovi documenti in fase di replica non trova una valida giustificazione, occorre dichiararli irricevibili.

 Sulla ricevibilità della domanda di mezzi istruttori

33      Ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le misure di organizzazione del procedimento e i mezzi istruttori possono essere adottati in qualsiasi fase del procedimento. Tuttavia, conformemente all’articolo 88, paragrafo 2, del medesimo regolamento, quando tali domande sono formulate dopo il primo scambio di memorie, la parte che le presenta deve esporre le ragioni per le quali non ha potuto presentarle anteriormente.

34      Nel caso di specie, nella replica, la ricorrente chiede al Tribunale un mezzo istruttorio volto all’accertamento dei fatti mediante l’ammissione e la presa in considerazione della prova testimoniale, in particolare invitando il direttore generale del gruppo B a testimoniare dinanzi ad esso al fine di rispondere ai seguenti quesiti:

«Le attività oggetto dei contratti tra l’On. Comi e le società coinvolte nel presente procedimento, ossia le società F, J, G, H, I e L sono state effettivamente eseguite e portate a termine?

Chi si occupava dell’esecuzione delle attività oggetto dei contratti di prestazione di servizi per cui è causa?

Come venivano regolati i rapporti di appalto e/o di subappalto e/o comunque la realizzazione dei lavori con le varie società del gruppo B?»

35      Il Parlamento si oppone all’attuazione di tale mezzo istruttorio sostenendo che esso è irricevibile, in quanto il suo carattere tardivo non sarebbe stato giustificato dalla ricorrente. Inoltre, la ricorrente non avrebbe giustificato la sua utilità.

36      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che l’opportunità di formulare una siffatta domanda si ricollega all’accertamento dei fatti. In particolare, la testimonianza di D dovrebbe dimostrare che «contrariamente a quanto asserito dal Parlamento [nel] controricorso – anche in mancanza di alcune delle relative fatture e/o di analoga documentazione – i lavori sono stati effettivamente e regolarmente eseguiti in regime di subappalto e/o di servizi inter‑company dalle società con cui sono stati stipulati i contratti [controversi] oppure da altre società [che sarebbero] appartenenti al medesimo gruppo societario».

37      Orbene, l’insieme di tali questioni e problemi si poneva già nel corso del procedimento amministrativo sfociato nell’adozione della decisione impugnata e risultava parimenti da quest’ultima. La ricorrente non adduce alcuna ragione per la quale essa non ha potuto presentare una siffatta domanda nell’atto introduttivo.

38      Pertanto, occorre respingere la domanda di mezzi istruttori di cui al precedente punto 34 in quanto irricevibile.

 Sulla ricevibilità della domanda di sospensione dellesecuzione della decisione impugnata

39      Con il primo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di sospendere l’esecutività della decisione impugnata e della nota di addebito.

40      Il Parlamento chiede il rigetto di tale capo della domanda in quanto manifestamente irricevibile.

41      Alla luce del suo tenore letterale, il capo della domanda di cui si tratta deve essere interpretato come una domanda fondata sull’articolo 278 TFUE e diretta alla sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata e della nota di addebito. Conformemente a tale disposizione, il Tribunale può, qualora reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

42      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 156, paragrafo 5, del regolamento di procedura, la domanda deve essere presentata con atto separato, il che non è avvenuto nel caso di specie. Di conseguenza, il primo capo della domanda deve essere respinto perché irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 28 maggio 2013, Trabelsi e a./Consiglio, T‑187/11, EU:T:2013:273, punto 45].

 Sulla competenza del Tribunale a conoscere delle domande di accertamento

43      Con il secondo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva di essa ricorrente.

44      Inoltre, con il terzo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di accertare e dichiarare che essa non ha violato le disposizioni delle MAS.

45      Il Parlamento chiede il rigetto del secondo e del terzo capo della domanda della ricorrente in quanto irricevibili.

46      Alla luce del loro tenore letterale, il secondo e il terzo capo della domanda della ricorrente devono essere interpretati come domande volte a che il Tribunale emetta una pronuncia dichiarativa.

47      Orbene, secondo una giurisprudenza costante, il Tribunale non è competente, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, a pronunciare sentenze dichiarative (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, DenizBank/Consiglio, T‑798/14, EU:T:2018:546, punto 135 e giurisprudenza citata).

48      Pertanto, il secondo e il terzo capo della domanda della ricorrente devono essere respinti.

49      Per contro, il quinto capo della domanda della ricorrente (v. punto 14 supra), sebbene contenga il termine «dichiarare», deve ritenersi diretto all’annullamento parziale della decisione impugnata e della nota di addebito, cosicché il Tribunale è competente a conoscerne.

 Nel merito

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla responsabilità del Gruppo PPE e del Parlamento in considerazione dei controlli effettuati sulle spese oggetto dei contratti controversi e sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

50      La ricorrente deduce che, ai sensi del regolamento 400, l’utilizzazione dei fondi destinati ai partiti politici sarebbe soggetta al controllo del gruppo politico e non, individualmente, del deputato interessato, tanto nella fase di approvazione delle spese quanto al momento del loro pagamento. A suo avviso, il fatto che gli organi competenti abbiano effettuato controlli approfonditi ex ante e abbiano autorizzato il pagamento avrebbe fatto sorgere nella ricorrente la legittima aspettativa che i pagamenti in questione non sarebbero stati successivamente messi in discussione. In ogni caso, essa sostiene che, per quanto riguarda la maggior parte dei servizi per i quali i fondi sono stati versati, oggetto di contestazione non è il fatto che tali servizi siano stati effettivamente forniti, bensì unicamente le modalità con cui il fornitore dei servizi ha organizzato la propria attività ai fini dell’esecuzione del contratto. Orbene, un deputato non avrebbe, singolarmente, il potere di effettuare controlli riguardanti la sfera interna delle società fornitrici. Non potrebbe quindi essergli addebitata alcuna responsabilità oggettiva al riguardo. Al momento dell’esecuzione dei contratti contestati, il modulo interno per la presentazione dei documenti giustificativi e la richiesta di rimborso non avrebbero previsto la necessità di specificare se tali servizi venissero forniti in subappalto e da chi. La ricorrente ritiene quindi che non possa esserle imputata alcuna responsabilità, in quanto essa non ha mai partecipato alle procedure di controllo o di approvazione.

51      A parere della ricorrente, come previsto dall’articolo 2.7 del regolamento 400, il Gruppo PPE e il Parlamento avrebbero potuto accedere a tutte le informazioni necessarie per effettuare un controllo effettivo in più fasi e, quindi, anche ex post, delle spese controverse. A tal proposito, a seguito di numerose richieste di ulteriori chiarimenti e informazioni, i funzionari del PPE e del Parlamento incaricati dei controlli avrebbero effettuato le verifiche previste dal regolamento medesimo in modo strutturato e approfondito, per poi approvare e rimborsare tutte le fatture in questione.

52      La ricorrente ritiene, conseguentemente, di difettare della legittimazione passiva in merito alla ripetizione delle somme che le sono state richieste e di cui essa non si ritiene debitrice.

53      Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente, e ritiene che tale motivo di ricorso si suddivida in realtà in due parti. Esso deduce che la prima parte, vertente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, è irricevibile alla luce dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, dato che difetta degli elementi essenziali di diritto su cui si fonda.

54      Inoltre, ad avviso del Parlamento, la seconda parte del primo motivo di ricorso, vertente sulla responsabilità del Parlamento, dovrebbe essere parimenti dichiarata irricevibile poiché, da un lato, a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata, non specifica quale fattispecie ricorra tra quelle contemplate dall’articolo 263, secondo comma, TFUE, vale a dire l’annullamento per incompetenza, per violazione di forme sostanziali, per violazione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere. Dall’altro lato, tale parte sarebbe altresì irricevibile per violazione dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

55      In subordine, il Parlamento deduce, da un lato, che la mancata identificazione di uno dei casi di esperibilità del ricorso di annullamento consentirebbe di concludere che la seconda parte è manifestamente infondata.

56      Dall’altro lato, il Parlamento espone che la ricorrente avrebbe beneficiato degli stanziamenti a titolo della voce di bilancio 400, sebbene i fondi siano stati versati, su sua richiesta, dal Gruppo PPE ai fornitori di servizi con cui essa aveva stipulato i contratti in questione. Orbene, in caso di accertamento dell’esistenza di pagamenti indebiti, occorrerebbe procedere, ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario, al recupero delle somme indebitamente versate nei confronti della persona che ha beneficiato degli stanziamenti di detta voce di bilancio, con modalità analoghe a quelle applicabili al recupero delle somme versate a titolo di indennità di assistenza parlamentare ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 4, delle misure di attuazione dello statuto dei deputati del Parlamento europeo (MAS).

57      A tale riguardo, come sostiene il Parlamento, il presente motivo di ricorso si articola in realtà in due parti, la prima vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e la seconda, che occorre esaminare per prima, sulla responsabilità del Gruppo PPE e del Parlamento riguardo ai controlli effettuati sulle spese controverse.

–       Sulla seconda parte del primo motivo di ricorso

58      La ricorrente deduce, in sostanza, che il Parlamento le chiede a torto il rimborso di somme che, asseritamente, sono state indebitamente pagate a diversi prestatori di servizi, mentre, a suo avviso, non le incombeva l’onere della verifica della regolarità di detti pagamenti e dei relativi servizi. Un siffatto errore vizierebbe di illegittimità la decisione impugnata.

59      Per quanto riguarda la ricevibilità di tale parte, contestata sotto un duplice profilo dal Parlamento, occorre ricordare che l’articolo 263, secondo comma, TFUE, che precisa le fattispecie che consentono l’introduzione dei ricorsi di annullamento, dispone in particolare che la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere.

60      Ai sensi dell’articolo 21, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, «[l]’istanza deve contenere l’indicazione del nome e del domicilio dell’istante e della qualità del firmatario, l’indicazione della parte o delle parti avverso le quali è proposta, l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati».

61      In forza dell’articolo 76 del regolamento di procedura, il ricorso di cui all’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea contiene il nome e il domicilio del ricorrente, l’indicazione della qualità e del recapito del rappresentante del ricorrente, la designazione della parte principale contro cui il ricorso è proposto, l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti nonché un’esposizione sommaria di detti motivi, le conclusioni del ricorrente, se del caso, le prove e le offerte di prova.

62      Tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. L’atto introduttivo deve pertanto chiarire il motivo sul quale il ricorso si basa, cosicché la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura. Requisiti analoghi sono imposti quando una parte o una censura sono formulate a sostegno di un motivo dedotto [v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2024, MPM-Quality/EUIPO – Elton hodinářská (PRIM), T‑333/23, non pubblicata, EU:T:2024:837, punto 25 e giurisprudenza citata].

63      In primo luogo, ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, nessuna di tali disposizioni prevede che un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE debba precisare in forza di quale fattispecie, tra quelle che consentono l’introduzione del ricorso previste al secondo comma di tale disposizione, esso sia presentato. Pertanto, non si può sostenere che l’assenza di tale precisazione nel caso di specie abbia come conseguenza l’irricevibilità della presente parte.

64      Del resto, dato che la ricorrente afferma in sostanza che, tenuto conto, da un lato, della responsabilità dei gruppi politici in seno al Parlamento per quanto riguarda i controlli sull’utilizzo dei fondi a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento e, dall’altro, dei controlli effettivamente realizzati dai responsabili del Gruppo PPE e del Parlamento, la decisione impugnata viola tanto il regolamento 400 quanto il regolamento finanziario, tale parte verte chiaramente su una violazione delle regole di diritto relative all’applicazione del Trattato FUE.

65      In secondo luogo, nell’atto introduttivo, la ricorrente espone altresì in modo chiaro le ragioni per le quali ritiene che il regolamento 400 e il regolamento finanziario siano stati violati, il che ha consentito al Parlamento di preparare la sua difesa e consente al Tribunale di controllare la legittimità della decisione impugnata al riguardo.

66      La presente parte è quindi ricevibile.

67      Per quanto riguarda la fondatezza di tale parte, la ricorrente sostiene, da un lato, di non essere autorizzata ad effettuare controlli quanto alle modalità specifiche di esecuzione dei contratti controversi e che non possa esserle imputata alcuna responsabilità oggettiva al riguardo. Tale argomento si sovrappone a quello contenuto nel terzo motivo di ricorso, vertente, in sostanza, sull’impossibilità di citare in giudizio la ricorrente per il pagamento e sull’assenza di una qualsiasi responsabilità oggettiva ad essa imputabile, e sarà esaminato in tale contesto.

68      Dall’altro lato, la ricorrente sostiene che l’onere della verifica della regolarità dei pagamenti in questione e dei relativi servizi non incombeva ad essa, bensì ai servizi del Parlamento.

69      Il regolamento 400, che disciplina l’utilizzo degli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento, all’articolo 1, intitolato «Base giuridica della gestione degli stanziamenti», nonché all’articolo 1.1, intitolato «Natura delle spese», prevede segnatamente che gli stanziamenti in questione sono gestiti dai gruppi politici del Parlamento e sono destinati a coprire le spese amministrative ed operative nonché le spese connesse alle loro attività politiche e d’informazione.

70      L’articolo 2.2.3 del regolamento 400, che figura sotto il titolo «Esecuzione del bilancio», prevede che «[c]iascun gruppo istituisce un sistema di controllo interno ed assicura che ciascuna operazione finanziaria sia svolta dai seguenti soggetti: (...) l’agente incaricato del suo avvio, (...) l’agente preposto alle verifiche ex ante [e] l’ordinatore competente» e che «[l]e funzioni di avvio e di verifica ex ante sono fra loro incompatibili, come pure le funzioni di ordinatore e di contabile».

71      L’articolo 1.4 del regolamento 400, che figura sotto il titolo «Responsabilità», prevede che «[i] gruppi politici sono responsabili di fronte all’Istituzione dell’utilizzo degli stanziamenti nei limiti dei poteri loro conferiti dall’Ufficio di Presidenza ai fini dell’attuazione del presente regolamento [e che essi] vigilano a che gli stanziamenti siano utilizzati nel rispetto del presente regolamento prendendo ogni disposizione atta ad evitare spese non conformi al regolamento stesso».

72      L’articolo 2.7.1 del regolamento 400, che figura sotto il titolo «Relazione al Parlamento europeo», enuncia che «[p]rima della fine del quarto mese successivo alla chiusura dell’esercizio ogni gruppo politico presenta al Presidente del Parlamento una relazione certificata sull’utilizzo degli stanziamenti nel trascorso esercizio finanziario».

73      L’articolo 74 del regolamento finanziario, intitolato «Poteri e funzioni dell’ordinatore», dispone, in particolare, quanto segue:

«1.      L’ordinatore è incaricato, nell’istituzione dell’Unione interessata, di eseguire le entrate e le spese secondo il principio della sana gestione finanziaria, anche assicurando la rendicontazione sulla performance, e di garantire il rispetto dei requisiti di legittimità, regolarità e parità di trattamento dei destinatari.

2.      Ai fini del paragrafo 1 del presente articolo, l’ordinatore delegato pone in atto (...) la struttura organizzativa e i sistemi di controllo interno adeguati all’esecuzione dei suoi compiti.

(...)

6.      L’ordinatore delegato può predisporre controlli ex post per individuare e correggere errori e irregolarità nelle operazioni dopo la loro autorizzazione».

74      L’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario, intitolato «Accertamento dei crediti», dispone che «[g]li importi indebitamente pagati sono recuperati».

75      Dalle disposizioni citate ai precedenti punti da 69 a 74 risulta che sono predisposti meccanismi di controllo al fine di garantire che le spese sostenute dai gruppi politici del Parlamento, o per loro conto, siano sostenute conformemente al principio di sana gestione finanziaria e nel rispetto della legalità e della regolarità.

76      Tuttavia, l’articolo 74, paragrafo 6, del regolamento finanziario prevede che l’ordinatore delegato possa istituire controlli ex post per individuare e correggere errori e irregolarità nelle operazioni dopo la loro autorizzazione.

77      Infatti, contrariamente a quanto afferma, in sostanza, la ricorrente, l’esistenza di controlli ex ante non può essere assimilata a un’autorizzazione incondizionata, in quanto nulla consente di garantire, in tale fase, che un utilizzo di fondi destinati al perseguimento di obiettivi a priori legittimi dei gruppi politici, quali le attività politiche e di informazione, non possano dar luogo a irregolarità.

78      Inoltre, i gruppi politici sono responsabili nei confronti del Parlamento per l’utilizzo degli stanziamenti nei limiti dei poteri loro conferiti. In tali circostanze, i meccanismi di controllo ex post rispondono all’obiettivo di verificare che le spese effettivamente sostenute lo siano state regolarmente e conformemente alla loro destinazione ufficiale.

79      La ricorrente fraintende quindi la portata dei controlli ex ante, ma anche di quelli ex post, effettuati dai servizi del Parlamento, quali disciplinati dal regolamento 400 e dal regolamento finanziario. Infatti, da un lato, i controlli ex ante non possono garantire che le spese siano sostenute conformemente al contesto normativo e regolamentare. Dall’altro lato, i controlli ex post sarebbero privati del loro obiettivo se non consentissero di mettere in discussione spese già sostenute e pagate, qualora non fossero state sostenute in conformità al quadro giuridico.

80      Ne consegue che l’esistenza e la realizzazione di controlli ex ante, effettuati dal gruppo politico o dal Parlamento, non escludono che siano effettuati controlli successivi al fine di assicurarsi che i fondi siano stati utilizzati correttamente.

81      Pertanto, la seconda parte è infondata.

–       Sulla prima parte del primo motivo di ricorso

82      La ricorrente deduce, in sostanza, che, poiché il controllo della regolarità delle spese controverse spettava ai servizi amministrativi del Parlamento nonché al Gruppo PPE e che, a seguito del controllo, tanto ex ante quanto ex post, della regolarità di dette spese e delle relative prestazioni, né detto gruppo né il Parlamento avevano sollevato obiezioni, ciò ha fatto sorgere in lei un legittimo affidamento nel fatto che tali spese fossero state regolarmente sostenute e pagate, il che escludeva la loro successiva messa in discussione. Pertanto, l’adozione della decisione impugnata avrebbe comportato una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

83      Per quanto riguarda la ricevibilità della presente parte, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, la ricorrente espone chiaramente le ragioni per le quali ritiene che la decisione impugnata sia stata adottata in violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, cosicché detta parte soddisfa i requisiti di cui all’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

84      La presente parte è quindi ricevibile.

85      Quanto al merito di tale parte, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a qualunque soggetto che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto sorgere in esso aspettative fondate. Costituiscono assicurazioni idonee a far nascere siffatte aspettative, quale che sia la forma in cui vengono comunicate, eventuali informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanino da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione del principio suddetto in assenza di precise assicurazioni che gli siano state fornite dall’amministrazione [v. sentenza del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 112 e giurisprudenza citata].

86      Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non dimostra di aver ricevuto da parte dei servizi del Parlamento, o addirittura del Gruppo PPE, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 85, che potevano aver fatto sorgere in lei la fondata aspettativa che le spese controverse non sarebbero state oggetto di controlli ex post e non avrebbero potuto, a seguito di tali controlli, essere messe in discussione per il motivo che erano state effettuate in modo irregolare. In particolare, nella parte in cui la ricorrente fa riferimento ai controlli effettuati prima dell’autorizzazione dei pagamenti, si tratta di controlli ex ante. Nei limiti in cui rinvia al meccanismo previsto all’articolo 2.7 del regolamento 400, secondo il quale, prima della fine del quarto mese successivo alla chiusura dell’esercizio, viene redatta una relazione sull’utilizzo degli stanziamenti, che è trasmessa al Segretario generale del Parlamento e pubblicata sul sito Internet del Parlamento e successivamente trasmessa dal presidente del Parlamento all’Ufficio di presidenza e alla commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento per verifica e controllo, si tratta certamente di un controllo successivo ai pagamenti, dato che un revisore esterno, ai sensi dell’articolo 2.6 di detto regolamento, è incaricato di verificare se le spese siano conformi alle disposizioni di tale regolamento. Tuttavia, nulla in tali disposizioni impedisce o esclude che il gruppo politico interessato o il Parlamento possano procedere ad altri controlli ex post in applicazione dell’articolo 1.4 del regolamento 400 e dell’articolo 74, paragrafo 6, del regolamento finanziario.

87      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, i documenti da essa prodotti non dimostrano l’esistenza di siffatte assicurazioni.

88      Per quanto riguarda, in particolare, lo scambio di messaggi di posta elettronica tra la ricorrente, da un lato, e i servizi del Parlamento e del Gruppo PPE, dall’altro (allegato A7 dell’atto introduttivo), si deve constatare che, in essi, la ricorrente ha fornito talune informazioni o spiegazioni a seguito di domande che le sono state rivolte, vertenti, in particolare, sulla qualità dei beneficiari dei pagamenti (persone fisiche o imprese), sulla descrizione precisa delle prestazioni fornite o sulla designazione dei conti bancari da accreditare. Tuttavia, tali scambi non comportano alcun impegno da parte del Parlamento circa l’assenza di possibili contestazioni successive.

89      Per ciò che concerne i documenti prodotti dalla ricorrente quali allegati da A8 a A15 e A19 dell’atto introduttivo e che sono costituiti da preventivi, contratti controversi e fatture, trasmessi a titolo di documenti giustificativi ai servizi del Parlamento, si deve constatare che tali elementi hanno certamente dato luogo a un controllo prima del pagamento ai prestatori di servizi, in quanto recano il visto di un gestore e, sotto il titolo «Contrôle de l’ex ante» (Controllo de l’ex ante), quello di un ordinatore e di un contabile. Tuttavia, detti documenti non possono essere considerati come un impegno quanto all’assenza di contestazioni successive a seguito di controlli ex post.

90      Da un lato, dall’esame dei documenti in questione risulta che essi non contengono alcun impegno esplicito in tal senso, né peraltro implicito. Dall’altro lato, se è vero che, in forza del regolamento 400 (v. punto 70 supra), i gruppi politici sono tenuti a istituire un sistema di controllo interno delle operazioni finanziarie, un siffatto controllo non può valere come conferma della regolarità per spese controllate e convalidate ex ante, dal momento che l’articolo 74, paragrafo 6, del regolamento finanziario (v. punto 73 supra) consente all’ordinatore delle spese di istituire controlli ex post per individuare e correggere errori e irregolarità nelle operazioni, dopo che queste ultime sono state autorizzate.

91      Alla luce di quanto precede, la presente parte non è fondata, cosicché il primo motivo di ricorso, considerato nelle sue due parti, deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente in sostanza sulla prescrizione di una parte delle somme richieste

92      La ricorrente ritiene che, in applicazione dell’articolo 98, paragrafo 2, e dell’articolo 105 del regolamento finanziario, nella sua versione in vigore a partire dal 2018, che costituirebbero l’espressione particolare del principio della certezza del diritto, una parte delle somme che le sono richieste in forza della decisione impugnata non possa essere recuperata nei suoi confronti, a causa, in sostanza, dell’avvenuto decorso della prescrizione quinquennale.

93      In particolare, la ricorrente afferma che, ben prima della presentazione della relazione finale dell’OLAF, il Gruppo PPE e i servizi del Parlamento sono stati in possesso di tutti gli elementi, segnatamente la documentazione contabile completa, le pubblicazioni, le rassegne e i comunicati stampa, i post sui social network, gli aggiornamenti di siti Internet, i libretti divulgativi o le newsletter, che avrebbero consentito di effettuare, in particolare, in applicazione dell’articolo 2.2.3 del regolamento 400, controlli approfonditi e, eventualmente, di contestare il pagamento delle somme in questione. Tali controlli non potrebbero essere rinviati senza fine. Sarebbe erroneo affermare, come si leggerebbe nella decisione impugnata, che il recupero dell’intero credito nei confronti della ricorrente sarebbe potuto avvenire solo successivamente al 25 agosto 2020, data di ricezione della relazione finale dell’OLAF, la quale avrebbe rivelato «elementi precedentemente ignoti». Da un lato, tali elementi non sarebbero identificati. Dall’altro lato, la relazione finale dell’OLAF non avrebbe fornito alcun elemento nuovo e pertinente al riguardo. Ciò varrebbe, in particolare, per le informazioni raccolte durante le indagini condotte dalla Guardia di Finanza.

94      La ricorrente sostiene altresì che l’OLAF non può indagare su fatti risalenti a più di cinque anni prima, in quanto ciò pregiudicherebbe il principio della certezza del diritto. Se la prescrizione iniziasse solo a partire dal risultato dell’indagine, il dies a quo del termine di prescrizione sarebbe prorogato indefinitamente. Orbene, ammettere indagini su fatti risalenti nel tempo pregiudicherebbe anche il diritto di difesa dell’indagato, il quale verosimilmente non avrebbe più la disponibilità del materiale probatorio. La ricorrente aggiunge che, nel caso di specie, essa è venuta a conoscenza dell’indagine dell’OLAF in questione solo il 4 febbraio 2022, oltre cinque anni dopo i fatti, alcuni dei quali risalirebbero al 2014. A suo avviso, alla luce del termine di prescrizione derivante dal regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU 2012, L 298, pag. 1), essa non aveva, al momento della prima comunicazione relativa all’indagine dell’OLAF sui fatti del caso, alcun obbligo di conservare i documenti pertinenti.

95      Ne consegue, secondo la ricorrente, che il credito rivendicato dal Parlamento per i contratti controversi è prescritto nella misura di EUR 54 889,99, di cui EUR 1 999,99 in relazione al primo contratto concluso con la società F, vertente su servizi di «raccolta informazioni ed elaborazione materiale informativo relativo alle opportunità offerte dai finanziamenti europei 2014-2020», EUR 14 000 in totale in relazione al contratto concluso con la stessa società per il periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015, EUR 10 390 in relazione al contratto concluso con la società J, EUR 14 000 in relazione al contratto concluso con la società C ed EUR 14 500 in relazione al contratto concluso con la società G.

96      La ricorrente contesta poi l’applicazione del regolamento finanziario nella sua versione in vigore a partire dal 2018, che prevede un’interruzione del termine di prescrizione da parte della relazione finale dell’OLAF o di altri atti delle istituzioni, in quanto i fatti del caso di specie sarebbero disciplinati dal regolamento n. 966/2012, il cui articolo 81 menzionerebbe unicamente un termine di prescrizione di cinque anni, senza aggiungere nulla sull’interruzione di detto termine.

97      Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

98      A questo proposito, in via preliminare, per quanto riguarda la determinazione della normativa applicabile ratione temporis, occorre rilevare che il regolamento finanziario, come figura all’articolo 282, è entrato in vigore il 2 agosto 2018, cosicché era in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata, il 5 giugno 2023. Orbene, come giustamente rilevato dal Parlamento, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione, si applicano le norme sulla prescrizione dei crediti vantati dell’Unione nei confronti dei terzi, quali risultanti dal regolamento finanziario in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenze del 10 ottobre 2014, Marchiani/Parlamento, T‑479/13, non pubblicata, EU:T:2014:866, punti 70 e 71, e dell’11 settembre 2024, CQ/Corte dei conti, T‑386/19, EU:T:2024:613, punto 89).

99      In ogni caso, come parimenti sostenuto correttamente dal Parlamento, le norme sulla prescrizione non sarebbero state diverse anche se si fossero dovute applicare quelle derivanti dal regolamento n. 966/2012. Infatti, la Corte ha dichiarato che, tenuto conto dell’articolo 81 di tale regolamento, nel silenzio dei testi applicabili per quanto riguarda il termine di comunicazione di una nota di addebito al debitore da parte di un’istituzione dell’Unione, si deve presumere, in linea di principio, che tale termine sia irragionevole allorché tale comunicazione sia intervenuta oltre un termine di cinque anni a decorrere dal momento in cui l’istituzione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito (sentenze del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 102, e dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 69). Orbene, tale regola corrisponde, in sostanza, a quella che risulta dall’articolo 98, paragrafo 2, del regolamento finanziario, applicabile al momento dell’adozione della decisione impugnata (v. punti 100 e 101 infra).

100    Ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario, che riguarda la fissazione dell’ordine di riscossione e il termine per la trasmissione della nota di addebito, «[l]’ordinatore trasmette la nota di addebito immediatamente dopo l’accertamento del credito e al più tardi entro un periodo di cinque anni a decorrere dal momento in cui l’istituzione dell’Unione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito».

101    A tale riguardo, la Corte ha considerato, in una situazione disciplinata dal regolamento finanziario nella sua versione risultante dal regolamento n. 966/2012, che «un’istituzione dell’Unione [era] normalmente in grado di far valere il proprio credito a partire dalla data in cui tale istituzione dispone[va] degli elementi giustificativi che consent[ivano] di appurare un determinato credito come certo, liquido ed esigibile, ovvero avrebbe potuto disporre di tali elementi giustificativi, se essa avesse agito con la diligenza richiesta» (sentenze del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 103, e del 20 settembre 2019, LL/Parlamento, T‑615/15 RENV, non pubblicata, EU:T:2019:636, punto 97). Tale interpretazione della Corte si applica anche in una situazione disciplinata dal regolamento finanziario nella sua versione del 2018 (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2024, CQ/Corte dei conti, T‑386/19, EU:T:2024:613, punto 95), dato che nessun motivo consente di ritenere che la nozione di «data in cui [l’]istituzione dispone degli elementi giustificativi» non debba ricevere un’interpretazione uniforme.

102    Orbene, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, un’istituzione abbia certamente proceduto a controlli ex ante e poi accettato di pagare talune spese, ciò non toglie che, quando l’OLAF attua un’indagine approfondita le cui conclusioni consentono di portare a conoscenza dell’istituzione in questione elementi essenziali che essa ignorava fino a quel momento, e di cui non poteva essere a conoscenza nonostante la diligenza richiesta, in particolare confrontando le informazioni disponibili le une con le altre, ovvero con fonti pubblicamente disponibili o interrogando i suoi membri interessati in merito a tali documenti, nei limiti in cui essi potevano già far sorgere interrogativi quanto alla conformità delle spese effettuate, si deve ritenere che solo la ricezione della relazione finale dell’OLAF abbia permesso a tale istituzione di disporre degli elementi che le consentissero di far valere il suo credito (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 2014, Nencini/Parlamento, C‑447/13 P, EU:C:2014:2372, punto 50, e del 28 novembre 2018, Le Pen/Parlamento, T‑161/17, non pubblicata, EU:T:2018:848, punto 159 e giurisprudenza citata).

103    Occorre pertanto verificare, contratto per contratto, se, in base alla decisione impugnata, la relazione finale dell’OLAF abbia rivelato informazioni essenziali che il Gruppo PPE non avrebbe potuto conoscere nonostante la diligenza richiesta, o se, al contrario, fosse possibile per il Gruppo PPE venire a conoscenza dei presunti crediti di cui si tratta e della loro natura certa, liquida ed esigibile in una fase precedente (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2024, CQ/Corte dei conti, T‑386/19, EU:T:2024:613, punto 102).

–       Sui contratti controversi conclusi con la società F

104    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società F, il primo di essi riguarda servizi di raccolta informazioni ed elaborazione materiale informativo relativo alle opportunità offerte dai finanziamenti europei 2014-2020.

105    Secondo la ricorrente, la decisione impugnata si basa sul postulato secondo cui la documentazione consistente in due presentazioni è stata, in realtà, prodotta e distribuita dalla società M in occasione di un corso di formazione organizzato nell’ottobre 2014, del quale la società F si sarebbe appropriata. La ricorrente sostiene che, sebbene tale corso abbia avuto luogo nell’ottobre 2014, il Gruppo PPE avrebbe potuto verificarlo al momento dell’autorizzazione di pagamento, in quanto la decisione impugnata non preciserebbe quali «indagini approfondite» abbiano reso necessario attendere fino al 5 giugno 2023 per adottare la decisione impugnata.

106    Per quanto riguarda il secondo contratto concluso con la società F per il periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015, relativo a servizi di ufficio stampa e comunicazione comprendente la redazione e l’invio di comunicati stampa nonché di una rassegna stampa informatizzata, la ricorrente non vede alcuna ragione per cui un controllo dei relativi documenti contabili non potesse aver luogo prima della trasmissione della relazione finale dell’OLAF il 25 agosto 2020.

107    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

108    A questo proposito, per quanto riguarda il primo contratto relativo alle due presentazioni che dovevano essere preparate dalla società F, la decisione impugnata precisa, ai punti da 85 a 87, che la ricorrente ha trasmesso al Gruppo PPE la fattura della società F, accompagnata dalle due presentazioni, e ne ha chiesto e ottenuto il rimborso a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento. Tuttavia, secondo la decisione impugnata, «l’indagine dell’OLAF ha rivelato che tali presentazioni sono state realizzate e distribuite non già dalla società F (...), bensì dalla società M (...), in occasione di un corso di formazione organizzato gratuitamente per alcuni assistenti della ricorrente dal 13 al 15 ottobre 2014». Inoltre, secondo tale decisione, «[c]ome emerge dalle informazioni e dalla documentazione raccolte dall’OLAF presso il presidente della società M (...), la [società F] (...) si è appropriata delle presentazioni della società M (...) all’insaputa di quest’ultima e senza alcuna autorizzazione, ha sostituito il logo della società M (...) con il proprio logo e quello del Gruppo PPE e le ha inviate [alla ricorrente] unitamente alla fattura n. 20/2014 per giustificare un’attività che in realtà non ha mai effettuato».

109    La ricorrente, limitandosi ad affermare, in sostanza, che è a partire dal momento in cui la spesa è stata autorizzata che il Gruppo PPE avrebbe potuto verificare la prestazione prevista nel primo contratto concluso con la società F, non contesta l’importanza delle informazioni contenute nella relazione finale dell’OLAF e non spiega come il Gruppo PPE avrebbe potuto concretamente ravvisare un’incoerenza nei documenti rilevanti a sua disposizione, o addirittura pensare o sospettare che presentazioni che gli erano state sottoposte per il pagamento con il logo della società F, contraente secondo il contratto allegato, avrebbero in realtà potuto essere effettuate da un’altra società, per avviare, con la massima diligenza, adeguate verifiche al suo interno.

110    Peraltro, il Gruppo PPE non dispone di competenze che gli avrebbero consentito di raccogliere deposizioni da persone estranee all’istituzione o di assistere le autorità nazionali competenti in materia penale, cosicché esso dipendeva dalla relazione finale dell’OLAF al fine di avviare il procedimento di ripetizione dell’indebito per le somme pagate a titolo di tale contratto.

111    La relazione finale dell’OLAF è stata trasmessa al Gruppo PPE il 25 agosto 2020 e la nota di addebito è stata inviata alla ricorrente il 4 luglio 2023, cosicché il termine quinquennale previsto dall’articolo 98, paragrafo 2, del regolamento finanziario non è stato superato.

112    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

113    Quanto al secondo contratto concluso con la società F, la decisione impugnata indica, ai punti da 102 a 106, in sostanza, che, per quanto attiene al servizio di redazione e invio dei comunicati stampa, l’indagine dell’OLAF ha rivelato che esso non era stato fornito dalla società F, bensì da N, giornalista che aveva lavorato per la ricorrente come addetto stampa negli anni 2015 e 2016, a fronte di un corrispettivo mensile, fatturato dapprima alla ricorrente e poi alla società J. Secondo tale decisione, dalle informazioni fornite da N alla Guardia di Finanza emerge che la ricorrente, anche per il tramite dei suoi assistenti, ha chiesto a N di produrre comunicati stampa su determinate tematiche, che N li ha redatti e trasmessi per approvazione alla ricorrente all’indirizzo di posta elettronica personale di quest’ultima e che, una volta approvati, N li ha inoltrati ad alcune società di comunicazione. Secondo detta decisione, N ha peraltro riconosciuto di essere autrice di vari comunicati stampa presentati dalla società F come propri nell’ambito di tale contratto. Dal verbale delle operazioni effettuate dalla Guardia di Finanza di cui all’allegato 54 della relazione finale dell’OLAF risulterebbe altresì che N ha fornito una copia della sua corrispondenza elettronica con la ricorrente, da cui emerge che numerosi testi dei comunicati stampa da essa inviati a quest’ultima per approvazione corrispondevano esattamente a quelli che la società F ha trasmesso alla ricorrente a titolo di prova del lavoro asseritamente svolto. Infine, l’OLAF avrebbe dimostrato l’assenza di qualsiasi rapporto di subappalto tra N e la società F quanto alla fornitura del servizio in questione.

114    Sostenendo che il Gruppo PPE era già stato messo in condizione di esaminare tali documenti e di sollevare le contestazioni contenute nella decisione impugnata nel momento in cui ha esaminato i documenti allegati alla domanda di rimborso, la ricorrente non spiega come il Gruppo PPE avrebbe potuto rendersi conto esso stesso, sulla base di tali elementi, della circostanza che non era la società F, bensì N ad aver redatto i comunicati stampa in questione e del modo in cui la società F si era appropriata di tale lavoro. Infatti, le domande relative ai pagamenti relativi al servizio di comunicati stampa non possono rivelare un’incoerenza quanto alla questione di chi sia l’autore di detti comunicati stampa.

115    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

–       Sul contratto controverso concluso con la società J

116    Per quanto riguarda il contratto concluso con la società J relativo alla fornitura di un servizio di aggiornamento tecnico del sito Internet «www.laracomi.it», di un servizio di gestione, manutenzione e aggiornamento dello stesso sito Internet nonché di un servizio di gestione e di invio di una newsletter mensile per il periodo compreso tra il 1° luglio e il 1° dicembre 2014, la ricorrente deduce che la decisione impugnata non spiega perché il Gruppo PPE non sia stato in grado di contestare i fatti in questione al momento dei controlli preliminari al pagamento delle somme di cui si tratta. L’unico elemento addotto a giustificazione del rimborso di tali importi deriverebbe dall’interpretazione distorta e non corrispondente al vero che la decisione fa delle informazioni rese da D alla Guardia di Finanza il 29 ottobre 2019. Tuttavia, se quanto desunto nella decisione corrispondesse al vero, allora la Guardia di Finanza avrebbe dovuto procedere a contestare la falsa fatturazione alla società J, cosa che non avrebbe fatto. Di conseguenza, tali informazioni non fornirebbero alcun elemento decisivo.

117    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

118    A questo proposito, secondo il punto 115 della decisione impugnata, dalle informazioni rese da D alla Guardia di Finanza, emerge che la società J non ha mai fornito i servizi in questione, che sono stati prestati personalmente da O, in assenza di qualunque contratto con la società J e senza che quest’ultima abbia ricevuto fatture né sostenuto alcun costo. D avrebbe segnatamente dichiarato che «tutta la parte tecnica, in particolare gestione e aggiornamento del sito internet www.laracomi.it e gestione e invio mensile delle newsletter (...) faceva capo a O».

119    Al riguardo, gli argomenti della ricorrente non sono tali da mettere in discussione l’importanza essenziale della relazione finale dell’OLAF affinché il Gruppo PPE fosse in grado di accertare il credito in questione. Infatti, in assenza di tale relazione, detto gruppo non avrebbe avuto alcuna reale possibilità di rendersi conto che le prestazioni attribuite alla società J erano state, in realtà, effettuate dalla società F. La ricorrente non ha del resto sostenuto che i documenti da essa sottoposti a tale gruppo per approvazione fossero tali da rivelare un’incoerenza che avrebbe potuto far sorgere un sospetto tale, a sua volta, da indurlo ad avviare controlli o a contattare l’OLAF in una fase precedente.

120    Peraltro, da un lato, la ricorrente non individua le dichiarazioni di D che sarebbero state mal interpretate né dimostra come esse dovrebbero essere intese. Dall’altro lato, il Parlamento ha ragione di sostenere che la circostanza che le autorità italiane non abbiano sollevato alcuna contestazione nei confronti della ricorrente, della società J o della società F in relazione a tale contratto non significa, di per sé, che le conclusioni che il Gruppo PPE ha tratto alla luce delle norme derivanti dal regolamento 400 e dal regolamento finanziario siano infondate, in quanto il procedimento penale nazionale e il procedimento di ripetizione dell’indebito sono disciplinati da norme diverse.

121    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

–       Sul contratto controverso concluso con la società C

122    Per quanto riguarda il contratto concluso con la società C, che prevedeva la fornitura di servizi di gestione e aggiornamento del sito Internet e di un servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 novembre 2016, la ricorrente ritiene che la domanda di rimborso sia fondata su un’erronea interpretazione delle dichiarazioni rese da D alla Guardia di Finanza. Poiché quest’ultima non ha contestato la fattura, il Segretario generale del Gruppo PPE non può aver ottenuto alcuna informazione supplementare sulla base di tali informazioni. Pertanto, tutti gli elementi sui quali la verifica poteva basarsi sarebbero già stati in mano al PPE fin dal momento della presentazione della richiesta di stanziamento dei fondi della voce di bilancio 400 del Parlamento.

123    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

124    A tale riguardo, la decisione impugnata indica, ai punti 122 e 123, che dalle informazioni rese da D alla Guardia di Finanza emerge che la società C non ha mai fornito alcuno dei servizi in questione e che la ricorrente era sicuramente assistita da O e dalla società F, in particolare per quanto attiene al servizio di rassegna stampa informatizzata, per il quale la società C non ha sostenuto alcun costo.

125    Gli argomenti della ricorrente coincidono, in sostanza, con quelli sviluppati in relazione al contratto con la società J e richiedono una risposta analoga a quella formulata ai precedenti punti 119 e 120. In assenza della relazione finale dell’OLAF, il Gruppo PPE non avrebbe potuto sapere chi avesse effettivamente fornito le prestazioni in questione.

126    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

–       Sui contratti controversi conclusi con la società G

127    Per quanto riguarda i due contratti conclusi con la società G, che prevedevano, quanto al primo, un servizio di newsletter da aprile a novembre 2016 e, quanto al secondo, la gestione e l’invio di newsletter comprendenti, in particolare, l’aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio di dette newsletter, la gestione dei contatti e del servizio di reportistica post-invio nonché l’impaginazione e l’invio, oltre a un servizio di ufficio stampa e di comunicazione comprendente la redazione di comunicati stampa e l’invio del comunicato stampa a un indirizzario da febbraio a novembre 2016, la ricorrente sostiene che, sebbene la decisione impugnata menzioni le conclusioni tratte dalle informazioni ottenute dalla Guardia di Finanza, queste ultime non forniscono alcuna precisazione supplementare rispetto a quanto avrebbe potuto essere appreso dall’esame dei documenti inizialmente forniti. In particolare, sarebbe stato possibile conoscere, sin dal ricevimento dei documenti giustificativi, il tipo di attività esercitata dalla società G, che sarebbe stata descritta nei suddetti contratti e nella relativa fattura.

128    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

129    A questo proposito, ai punti da 145 a 148 della decisione impugnata si afferma, in particolare, che dalla relazione finale dell’OLAF, che si basava al riguardo sulle dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza da P, amministratore e rappresentante legale della società G, e da Q, all’epoca addetto stampa della ricorrente, risulta che la società G non era coinvolta nella redazione o nell’invio delle newsletter o dei comunicati stampa oggetto dei contratti in questione. Infatti, la società G si sarebbe limitata a realizzare l’impaginazione e ad apporre il logo del Gruppo PPE su testi già interamente predisposti, poi inviati da terzi – tra cui Q, che avrebbe riconosciuto di essere l’autore di molti di questi testi – modificando occasionalmente qualche parola. Secondo detta decisione, una volta redatti, tali testi erano approvati dalla ricorrente prima di essere presentati come lavoro della società G.

130    Il Parlamento sostiene giustamente che solo l’indagine dell’OLAF ha consentito di rivelare che diverse prestazioni sono state effettuate da altre persone, mentre avrebbero dovuto essere effettuate dalla società G. La ricorrente non ha poi sostenuto che i documenti che essa aveva presentato al Gruppo PPE per approvazione fossero tali da rivelare un’incoerenza che avrebbe potuto far sorgere un sospetto tale, a sua volta, da indurlo ad avviare controlli o a contattare l’OLAF in una fase precedente.

131    La possibilità per il Gruppo PPE di chiedere il recupero delle somme in questione non è quindi caduta in prescrizione.

132    Inoltre, ai sensi dell’articolo 105, paragrafi 1 e 2, del regolamento finanziario, il termine di prescrizione per i crediti dell’Unione nei confronti di terzi è di cinque anni e inizia a decorrere dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nella nota di addebito indirizzata al debitore. Nel caso di specie, poiché il termine di pagamento menzionato nella nota di addebito era il 31 agosto 2023, la prescrizione di cui al suddetto articolo 105 non era manifestamente intervenuta.

133    Il secondo motivo di ricorso deve essere dunque respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sul difetto di legittimazione passiva della ricorrente a fronte di un’azione petitoria e sull’assenza di una qualsiasi responsabilità oggettiva ad essa imputabile

134    La ricorrente, pur ammettendo di aver ordinato le prestazioni oggetto dei contratti contestati utilizzando i fondi a disposizione del Gruppo PPE, deduce di aver agito in qualità di rappresentante e membro del gruppo medesimo e nell’interesse e a beneficio diretto di quest’ultimo. A suo avviso, se il Gruppo PPE dovesse essere considerato una parte lesa, ciò varrebbe anche per lei, in quanto membro di detto gruppo. Essa ritiene quindi che non sia possibile affermare nei suoi confronti una responsabilità oggettiva per fatti commessi da terzi totalmente autonomi e indipendenti. Ritiene che la giurisprudenza sull’assistenza parlamentare non possa applicarsi per analogia al caso di specie. La ricorrente sostiene altresì di non essere autorizzata ad effettuare controlli quanto alle specifiche modalità di esecuzione di detti contratti e che il Gruppo PPE non ha dimostrato di essere almeno al corrente di questi ultimi, cosicché non potrebbe esserle imputata alcuna responsabilità oggettiva al riguardo. Aggiunge che non può esserle addebitato di non aver avuto a sua disposizione i contratti di subappalto tra i contraenti e i subappaltatori. Peraltro, i moduli di domanda di rimborso a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento non avrebbero previsto, all’epoca dei fatti, che occorresse indicare che la prestazione sarebbe stata resa ricorrendo al subappalto. Del resto, il riconoscimento di una responsabilità oggettiva, che prescinderebbe dal comportamento del responsabile, può fondarsi solo su norme espresse al riguardo e esigerebbe una dimostrazione molto rigorosa della sua sussistenza da parte di colui che la invoca, in quanto snaturerebbe il principio fondamentale della natura personale della responsabilità. Orbene, nel caso di specie tale prova non sarebbe stata fornita.

135    La ricorrente deduce inoltre che, mentre le viene richiesta la restituzione delle somme dovute in relazione ai contratti controversi sulla base di un’azione di ripetizione dell’indebito, nessuna disposizione legislativa verrebbe menzionata nella decisione impugnata quale fondamento normativo per un’azione di tal genere. Il regolamento finanziario non conterrebbe, d’altronde, alcun riferimento al riguardo. Orbene, emergerebbe, in particolare, dalla dottrina che i principi che dispongono una responsabilità oggettiva potrebbero essere previsti unicamente dalla legge, ipotesi che non ricorrerebbe nel caso di specie.

136    I pretesi illeciti sarebbero stati peraltro causati intenzionalmente da terzi, i quali sarebbero gli unici e diretti beneficiari delle somme versate dal Gruppo PPE, mentre la ricorrente non avrebbe ricevuto alcuna somma e non sarebbe stata minimamente a conoscenza delle irregolarità in questione. In ogni caso, la responsabilità oggettiva della ricorrente dovrebbe essere esclusa alla luce della colpa concorrente del gruppo suddetto, la cui attività di controllo sarebbe risultata carente. Infine, la ricorrente afferma, in sostanza, che, anche laddove i servizi del Parlamento dovessero dubitare dell’esistenza di lavori eseguiti da terzi, lavori che sarebbero stati semplicemente adattati al fine di ottenerne indebitamente il pagamento, tutte le prestazioni previste nei contratti controversi sarebbero state eseguite da società appartenenti a un unico gruppo, ossia il gruppo B. Orbene, non vi sarebbe stato nulla di anormale nella ripartizione del lavoro nell’ambito delle relazioni intrasocietarie tra società appartenenti a uno stesso gruppo.

137    Il Parlamento deduce l’irricevibilità del presente motivo di ricorso, poiché la ricorrente non indicherebbe quale regola di diritto sarebbe stata violata. In particolare, la ricorrente non invocherebbe, a sostegno di tale motivo di ricorso nessuno dei casi di esperibilità del ricorso elencati all’articolo 263, secondo comma, TFUE.

138    Nel merito, il Parlamento afferma che il terzo motivo di ricorso, non avendo evidenziato alcuno dei casi di esperibilità del ricorso elencati all’articolo 263, secondo comma, TFUE, dovrebbe essere respinto in quanto infondato.

139    Inoltre, considerato che i contratti controversi sarebbero stati conclusi dalla ricorrente stessa la quale sarebbe stata la beneficiaria, nella sua qualità di deputato al Parlamento cui il gruppo politico assegna una dotazione di bilancio per spese relative alle sue attività politiche e di informazione, degli stanziamenti assegnati alla voce di bilancio 400 del Parlamento, il Parlamento può esperire nei suoi confronti l’azione di recupero delle somme indebitamente versate, come previsto dall’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario. Secondo il Parlamento, si tratterebbe di una misura amministrativa che implicherebbe l’obbligo incondizionato di procedere, a fronte di somme indebitamente versate, al loro recupero, senza che tale misura sia legata all’accertamento di una qualsivoglia responsabilità o colpa individuale da parte del beneficiario delle somme concesse. Avendo peraltro stipulato i contratti con i prestatori di servizi a nome proprio, la ricorrente potrebbe conseguentemente contestare ai medesimi la loro responsabilità ed esperire l’azione di risarcimento per il preteso danno subito.

140    A questo proposito, per quanto riguarda la ricevibilità del presente motivo di ricorso, dai precedenti punti da 59 a 63 risulta che, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, nessuna di tali disposizioni prevede che un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE debba precisare in forza di quale fattispecie, tra quelle che consentono l’introduzione del ricorso previste al secondo comma di tale disposizione, esso sia presentato. Pertanto, non si può sostenere che l’assenza di tale precisazione nel caso di specie abbia come conseguenza l’irricevibilità o il rigetto di tale motivo di ricorso in quanto infondato.

141    Del resto, dall’atto introduttivo risulta chiaramente che, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente contesta l’applicazione delle norme che hanno indotto il Gruppo PPE a chiederle il rimborso delle somme versate a terzi in forza dei contratti controversi, vale a dire il regolamento finanziario e in particolare l’articolo 98, paragrafo 5, nonché gli articoli 1.1.1 e 1.4 del regolamento 400. Ritenendo altresì che le venga imputata una responsabilità oggettiva, essa ritiene che le condizioni per il sorgere di quest’ultima non siano soddisfatte. Il terzo motivo di ricorso verte quindi chiaramente su una violazione delle regole di diritto relative all’applicazione del Trattato FUE (v. punto 64 supra).

142    Peraltro, un siffatto argomento soddisfa le condizioni di ricevibilità derivanti dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

143    Il presente motivo è pertanto ricevibile.

144    Per quanto riguarda la fondatezza del presente motivo di ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, l’assenza di base giuridica della decisione impugnata, il che sarebbe dimostrato dalla mancata menzione di qualsiasi disposizione normativa che consenta di giustificare l’attuazione nei suoi confronti di un’azione di ripetizione dell’indebito, che essa equipara all’affermazione di una sua «responsabilità oggettiva».

145    In primo luogo, nei limiti in cui, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente invoca un difetto di motivazione della decisione impugnata (v., in particolare, il punto 135 supra), occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2008, Commissione/Salzgitter, C‑408/04 P, EU:C:2008:236, punto 56 e giurisprudenza citata).

146    L’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi le condizioni di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 88 e giurisprudenza citata).

147    Inoltre, la violazione dell’obbligo di motivazione costituisce un motivo vertente sulla violazione delle forme sostanziali, distinto, come tale, dal motivo attinente all’inesattezza dei motivi della decisione, il cui sindacato rientra nell’esame della fondatezza della decisione medesima. Infatti, la motivazione di una decisione consiste nell’esprimere formalmente le ragioni su cui si fonda tale decisione. Qualora dette ragioni siano viziate da errori, questi ultimi inficiano la legittimità nel merito della decisione, ma non la motivazione di quest’ultima, che può essere sufficiente pur illustrando ragioni errate (sentenze del 16 novembre 2017, Ludwig-Bölkow-Systemtechnik/Commissione, C‑250/16 P, EU:C:2017:871, punto 16, e del 24 novembre 2022, Thunus e a./BEI, C‑91/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:928, punto 90).

148    Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la decisione impugnata menziona effettivamente, nel suo preambolo e nei suoi punti da 9 a 13, la base giuridica sul cui fondamento essa è stata adottata, vale a dire l’articolo 33, paragrafo 1, l’articolo 36, paragrafi 1 e 2, l’articolo 74, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 98, paragrafi 2 e 5, del regolamento finanziario, oltre che il regolamento 400, e in particolare gli articoli 1.1.1 e 1.4 di detto regolamento.

149    Ai punti da 74 a 178, la decisione impugnata contiene spiegazioni circostanziate in merito all’applicazione delle norme di cui si tratta ai fatti addebitati alla ricorrente per quanto riguarda i sette operatori con i quali essa ha concluso i contratti controversi. La decisione impugnata si riferisce in proposito alle constatazioni effettuate dall’OLAF, che figurano nella relazione contenuta nell’allegato A3 dell’atto introduttivo.

150    Pertanto, la decisione impugnata non è viziata da un difetto di motivazione.

151    In secondo luogo, nei limiti in cui, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente contesta l’applicazione delle norme che hanno indotto il Gruppo PPE a chiederle il rimborso delle somme versate a terzi in forza dei contratti controversi e di una responsabilità oggettiva, sebbene le condizioni per il sorgere di una siffatta responsabilità non fossero soddisfatte, occorre esaminare se le disposizioni di cui al precedente punto 148 consentano al Segretario generale del Gruppo PPE di esigere dalla ricorrente il rimborso delle somme dovute a titolo dei contratti controversi.

152    Ai punti da 76 a 80 della decisione impugnata, il Segretario generale del Gruppo PPE ha spiegato, in sostanza, che, su richiesta della ricorrente, detto gruppo ha accettato di rimborsare i costi relativi a specifici servizi forniti da specifici operatori economici a fronte di specifici corrispettivi nell’ambito della voce di bilancio 400 del Parlamento. Ne conseguirebbe che, ogni qual volta le risorse assegnate in favore della ricorrente siano state destinate a servizi diversi da quelli che devono essere forniti e/o a servizi forniti da operatori economici diversi da quelli che avrebbero dovuto prestarli secondo il contratto e/o a servizi prestati per un corrispettivo inferiore a quello previsto nel contratto, le risorse in questione possono essere soggette a totale o parziale recupero. Si tratterebbe di somme indebitamente versate, nell’ambito di contratti che generano spese di cui all’articolo 1.1.1 del regolamento 400, che non sarebbero stati debitamente eseguiti.

153    Sarebbe stata la ricorrente ad aver chiesto e ottenuto dal Gruppo PPE il rimborso a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento delle fatture che sarebbero state emesse dai suoi prestatori di servizi, che sarebbero terzi rispetto al Gruppo PPE. Sarebbe per tale ragione che la decisione impugnata ha come destinatario la ricorrente. La circostanza che, in talune situazioni, la ricorrente abbia potuto non essere pienamente consapevole della natura delle irregolarità perpetrate sarebbe irrilevante nel caso di specie, poiché il procedimento di ripetizione dell’indebito avrebbe natura oggettiva, ossia si fonderebbe sul diritto di colui che ha eseguito pagamenti non dovuti di ottenerne la ripetizione da colui che ne ha beneficiato, vale a dire la ricorrente. Nella sua qualità di beneficiaria dei fondi in questione, la ricorrente sarebbe stata responsabile nei confronti del Gruppo PPE del loro corretto utilizzo conformemente ai contratti controversi da essa stipulati. Orbene, contrariamente a quanto sosterrebbe la ricorrente, nessuno dei servizi che avrebbero dovuto esserle prestati dai suoi contraenti sarebbe stato fornito in regime di subappalto. Infatti, non vi sarebbero stati né un contratto di subappalto concluso tra tali contraenti e i terzi che hanno effettivamente realizzato le prestazioni in questione, né fatture o pagamenti tra di essi. L’assenza di un rapporto di subappalto deriverebbe altresì dalle dichiarazioni rese al riguardo dagli amministratori e dai rappresentanti legali di tali contraenti. Questa conclusione non sarebbe messa in discussione neanche qualora tali società facessero parte di uno stesso gruppo. Infatti, sebbene le società appartenenti a uno stesso gruppo siano soggette alla gestione e al coordinamento di una società holding, ciascuna di esse sarebbe un’entità giuridica indipendente, di modo che qualsiasi prestazione di servizi infragruppo dovrebbe essere attestata da un contratto o da una fattura e da un pagamento. Tuttavia, tali elementi mancherebbero nel caso di specie.

154    Nelle sue memorie dinanzi al Tribunale e in udienza, il Parlamento ha inoltre precisato che, da un lato, ai sensi dell’articolo 74, paragrafo 1, del regolamento finanziario, l’ordinatore è incaricato di garantire la legittimità e la regolarità delle spese. Nell’ambito delle operazioni di liquidazione delle spese, l’ordinatore verificherebbe, ai sensi dell’articolo 111, paragrafo 3, di tale regolamento, tra l’altro, i diritti del creditore e le condizioni di esigibilità del credito del contraente interessato. Orbene, una siffatta esigibilità presupporrebbe l’esecuzione del contratto da parte del contraente, direttamente o tramite un subappalto debitamente documentato.

155    Dall’altro lato, secondo il Parlamento, il ragionamento contenuto nella decisione impugnata è fondato sull’analogia con la giurisprudenza relativa all’assistenza parlamentare. Infatti, la dotazione di bilancio messa a disposizione dei deputati a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento sarebbe analoga a quella di cui essi beneficiano a titolo dell’indennità di assistenza parlamentare conformemente all’articolo 29, paragrafo 4, delle MAS. Secondo tale giurisprudenza, il deputato sarebbe beneficiario di tale dotazione, sebbene i fondi siano versati all’assistente parlamentare o al prestatore di servizi che ha concluso un contratto con il deputato. Nel caso in cui il deputato non sia in grado di dimostrare un’utilizzazione dei fondi conforme ai contratti conclusi, si dovrebbe constatare che tali fondi sono stati indebitamente versati e procedere al loro recupero.

156    A tale riguardo, al fine di constatare la corretta esecuzione di un contratto, così da rendere possibile l’esigibilità del credito del contraente e quindi il pagamento del credito in questione, l’articolo 111, paragrafo 3, del regolamento finanziario prevede che l’ordinatore verifichi «i documenti giustificativi che attestano i diritti del creditore secondo le condizioni fissate nell’impegno giuridico». A tal fine, l’ordinatore verifica l’esistenza dei diritti del creditore, determina o verifica l’esistenza e l’importo del credito attraverso la menzione «conforme ai fatti» e verifica le condizioni di esigibilità del credito. Ne consegue, in particolare, che il servizio fornito deve essere giuridicamente imputabile al contraente ed essere stato, in linea di principio, prestato da quest’ultimo.

157    Ciò non significa che sia vietato il ricorso al subappalto, ma che tale ricorso deve essere stato previamente convenuto e documentato, al fine di inserirsi nelle «condizioni fissate nell’impegno giuridico». In caso contrario, non si può ritenere che il contraente abbia acquisito un diritto alle condizioni fissate nell’impegno giuridico, cosicché non si può ritenere che il suo credito sia esigibile.

158    Tuttavia, la presente causa è caratterizzata dalla circostanza che, per quanto riguarda diversi contratti controversi, la prestazione o il prodotto convenuto sono stati forniti, di modo che il bilancio assegnato al Gruppo PPE non ha subito alcun pregiudizio.

159    In una situazione del genere, ammettere che il Gruppo PPE possa recuperare dalla ricorrente le spese da esso sostenute per tali prestazioni o prodotti condurrebbe al suo arricchimento senza causa (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2024, Gabel Industria Tessile e Canavesi, C‑316/22, EU:C:2024:301, punti 30 e 31). Infatti, nell’ipotesi di un rimborso delle spese relative a tali prestazioni o a tali prodotti, il Gruppo PPE avrebbe, in definitiva, ricevuto le suddette prestazioni e tali prodotti senza doverne sopportare le spese.

160    Orbene, il divieto di arricchimento senza causa è un principio generale del diritto dell’Unione [v. sentenza del 16 novembre 2006, Masdar (UK)/Commissione, T‑333/03, EU:T:2006:348, punto 94 e giurisprudenza citata], al quale gli atti delle istituzioni dell’Unione devono essere conformi.

161    La tutela degli interessi finanziari dell’Unione è certamente un obiettivo di quest’ultima (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 184). Tuttavia, la domanda di rimborso formulata nella decisione impugnata eccederebbe quanto necessario per raggiungere tale obiettivo (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 settembre 2014, Cruz & Companhia, C‑341/13, EU:C:2014:2230, punto 65), dato che a tali interessi non è stato arrecato alcun danno.

162    Pertanto, in situazioni in cui le prestazioni sono state effettuate o i prodotti sono stati forniti, il principio generale del divieto di arricchimento senza causa osta normalmente a che il Segretario generale del gruppo politico del deputato interessato agisca per la ripetizione dell’indebito in applicazione delle disposizioni ricordate ai precedenti punti 148 e 154.

163    La situazione è tuttavia diversa quando, in realtà, le prestazioni sono state realizzate o i prodotti sono stati forniti dagli assistenti parlamentari del deputato in questione nell’ambito dell’esercizio dei loro compiti di assistenza o, in generale, mediante le risorse del Parlamento. Infatti, dato che la retribuzione degli assistenti grava sul bilancio del gruppo politico e del Parlamento, questi ultimi effettuerebbero un doppio pagamento se, in aggiunta, potesse essere loro richiesto un pagamento delle prestazioni o dei prodotti. In una situazione del genere, deve essere quindi possibile far valere una ripetizione dell’indebito.

164    Analogamente, il divieto di arricchimento senza causa non può essere invocato in situazioni in cui il deputato interessato sapeva o doveva chiaramente sapere che le modalità di esecuzione del contratto di cui si tratta non rispettavano il quadro normativo, tra cui il regolamento finanziario o il regolamento 400. Si tratta, in particolare, delle norme relative alla natura delle spese ai sensi dell’articolo 1.1 di detto regolamento, come il divieto di conflitti di interessi, obiettivo sottolineato dal Parlamento in udienza.

165    Per contro, in materia di spese rientranti nella voce di bilancio 400 del Parlamento, una ripetizione dell’indebito non può essere richiesta a un deputato se non era a conoscenza o se non doveva essere chiaramente al corrente dell’irregolarità contestata.

166    Infatti, la giurisprudenza relativa all’assistenza parlamentare, secondo la quale spetta al deputato provare al Parlamento che il suo assistente parlamentare gli ha fornito l’assistenza necessaria e direttamente connessa all’esercizio del suo mandato, in mancanza della quale il Parlamento deve adottare, conformemente all’articolo 68, paragrafi 1 e 2, di tali misure, una decisione di recupero delle spese sostenute a titolo di tale assistenza (v. ordinanza del 6 maggio 2020, Szegedi/Parlamento, C‑628/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:358, punto 45 e giurisprudenza citata; sentenze del 4 luglio 2024, SN/Parlamento, C‑430/23 P, non pubblicata, EU:C:2024:576, punto 53, e dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punti 40 e 41), e che ha ispirato il ragionamento su cui si fonda la decisione impugnata, si basa sulla premessa secondo cui il lavoro che si presume svolto da un assistente parlamentare è tale che il deputato in questione, tenuto conto della natura dell’assistenza parlamentare, è il solo in grado di sapere se il lavoro richiesto sia stato effettivamente svolto (sentenza del 4 luglio 2024, SN/Parlamento, C‑430/23 P, non pubblicata, EU:C:2024:576, punti 52 e da 64 a 67). È per tale ragione che la Corte ha precisato, ai punti 66 e 67 di quest’ultima sentenza, che l’ipotesi che un deputato che non fosse a conoscenza del versamento indebito dello stipendio del suo assistente parlamentare poteva essere esclusa a priori e che le MAS non istituivano un «regime di responsabilità oggettiva» dei deputati per il rimborso delle somme indebitamente versate ai loro assistenti.

167    Ne consegue che il regime della responsabilità dei deputati per i pagamenti a titolo di assistenza parlamentare si basa sulla premessa secondo cui essi sanno o dovrebbero sapere se i loro assistenti fornivano o meno l’assistenza in questione.

168    Ciò non si verifica, tuttavia, nel caso in cui un deputato abbia concluso un contratto con un terzo, per il quale non dispone di alcun mezzo di controllo effettivo delle modalità di esecuzione da parte di tale terzo, a meno che il Parlamento non dimostri che il deputato in parola era a conoscenza o avrebbe dovuto essere chiaramente a conoscenza dell’irregolarità contestata nell’ambito dell’esecuzione di tale contratto.

169    Inoltre, è stato dichiarato che, in mancanza di una base giuridica esplicita, un deputato non può essere ritenuto responsabile nei confronti del Parlamento del comportamento di un terzo, nella fattispecie il suo prestatore di servizi, in materia fiscale (v., in tal senso, sentenza del 24 marzo 2011, Dover/Parlamento, T‑149/09, non pubblicata, EU:T:2011:119, punti 152 e da 154 a 157). Lo stesso principio, vale a dire l’assenza di responsabilità di un deputato nei confronti del Parlamento per il comportamento di un terzo, nel caso di specie, del prestatore di servizi del deputato interessato, deve applicarsi per quanto riguarda la voce di bilancio 400 del Parlamento.

170    Tuttavia, nel caso di specie, la decisione impugnata si limita a indicare, con riferimento a diversi contratti controversi, che, tenuto conto della natura oggettiva del procedimento di ripetizione dell’indebito, non è necessario sapere se la ricorrente fosse al corrente delle irregolarità contestate.

171    Ne consegue che il ragionamento del Segretario generale del Gruppo PPE nella decisione impugnata è viziato da un errore di diritto, cosicché il presente motivo di ricorso deve essere accolto. Le conseguenze di tale errore sulla legittimità della decisione impugnata saranno esaminate nell’ambito del sesto motivo di ricorso, relativo ai contratti controversi.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

172    A parere della ricorrente, la nota di addebito sarebbe stata emessa in violazione del principio di proporzionalità di cui all’articolo 101, paragrafo 2, lettera c), del regolamento finanziario, a termini del quale «[l]’ordinatore responsabile può rinunciare, in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato, soltanto (...) quando il recupero lede il principio di proporzionalità».

173    La ricorrente ritiene di essere stata vittima di una palese violazione del principio di proporzionalità, dato che sarebbe sempre stata convinta della regolarità e della liceità del proprio comportamento per quanto attiene all’utilizzazione degli stanziamenti della voce di bilancio 400 del Parlamento concessi al Gruppo PPE.

174    Sussisterebbe, inoltre, una violazione del principio di proporzionalità se si considera che i pagamenti effettuati hanno effettivamente finanziato i servizi per i quali erano stati concessi, ragion per cui non sussisterebbe alcun pregiudizio, considerato che i prestatori sono stati effettivamente pagati e i contraenti di questi ultimi hanno effettivamente beneficiato delle loro prestazioni.

175    La ricorrente deduce, parimenti, che sarebbe contraddittorio affermare, allo stesso tempo, la gravità delle irregolarità commesse sostenendo, d’altro canto, che la ricorrente ne debba rispondere per responsabilità oggettiva. Inoltre, essa afferma che, anche ammettendo che le somme richieste presentino, come sostiene il Parlamento, un impatto significativo sulle finanze dell’Unione, ciò è ancora più vero, tanto sul piano finanziario quanto in termini di immagine, per una persona fisica come lei, le cui capacità economiche sono limitate.

176    La ricorrente reitera, inoltre, le deduzioni formulate nell’ambito del primo motivo di ricorso, secondo cui il Parlamento avrebbe violato il legittimo affidamento sorto in capo alla ricorrente stessa, a seguito dell’esito positivo delle verifiche effettuate sia dal Gruppo PPE che dal Parlamento, riguardo alla circostanza che le spese in questione fossero state correttamente sostenute e non potessero essere quindi oggetto di successive procedure di recupero.

177    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

178    A tale riguardo, nei limiti in cui il presente motivo di ricorso deve essere inteso nel senso che contiene una prima parte, vertente sulla violazione del principio del rispetto del legittimo affidamento, tale parte deve essere respinta in quanto infondata per le stesse ragioni esposte nell’ambito dell’esame del primo motivo di ricorso (v. punti da 82 a 91 supra).

179    Per quanto riguarda la seconda parte, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente deduce una violazione dell’articolo 101, paragrafi 2 e 3, del regolamento finanziario, che è così formulato:

«2.      L’ordinatore responsabile può rinunciare, in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato, soltanto nei casi seguenti:

(...)

c)      quando il recupero lede il principio di proporzionalità.

Qualora l’ordinatore responsabile intenda rinunciare, anche parzialmente, a recuperare un credito accertato, si assicura che la rinuncia sia regolare e conforme ai principi della sana gestione finanziaria e della proporzionalità. La decisione di rinunciare al recupero è motivata. L’ordinatore può delegare il potere di adottare detta decisione.

3.      Nella fattispecie di cui al paragrafo 2, primo comma, lettera c), l’ordinatore responsabile osserva le procedure preventivamente stabilite da sua istituzione dell’Unione e applica in qualsiasi circostanza i seguenti criteri cogenti:

a)       natura dei fatti, in considerazione della gravità dell’irregolarità che ha dato luogo all’accertamento del credito (frode, recidiva, dolo, diligenza, buona fede, errore manifesto);

b)       impatto della rinuncia al recupero sull’attività dell’Unione e sui suoi interessi finanziari (importo in oggetto, rischio di costituire precedenti, lesione dell’autorità della legge)».

180    In primo luogo, l’eventuale rinuncia a una parte o alla totalità del suo credito da parte del Parlamento non presenta alcun carattere automatico, ma rientra nel potere discrezionale di quest’ultimo. Pertanto, un creditore non può invocare l’articolo 101, paragrafo 2, del regolamento finanziario per esigere una riduzione, o addirittura una rinuncia alla totalità del suo debito. Infatti, tale disposizione prevede che l’ordinatore competente «può» rinunciare, in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato solo in taluni casi e non che egli «rinunci», in tutto o in parte, a recuperare un credito accertato quando tali casi si presentano.

181    In secondo luogo, la rinuncia a una parte o alla totalità del credito può avvenire solo tenendo conto dei criteri enunciati all’articolo 101, paragrafo 3, del regolamento finanziario.

182    Orbene, come dedotto dal Parlamento, la ricorrente non dimostra che tali criteri siano soddisfatti nel caso di specie, mentre, al contrario, il Segretario generale del Gruppo PPE ha rilevato, al punto 54 della decisione impugnata, che i fatti in questione vertevano su un numero rilevante di contratti ed erano di spiccata gravità in quanto le «irregolarità in parola sono state poste in essere in modo sofisticato e sistemico, inducendo in errore il Gruppo PPE quanto alla corretta esecuzione dei diversi contratti». In udienza, il Parlamento ha precisato che la gravità riguardava gli elementi non soggettivi di tali fatti, ossia ciò che è accaduto, e non la ricorrente e la sua responsabilità.

183    Inoltre, tanto il Segretario generale del Gruppo PPE, al punto 55 della decisione impugnata, quanto il Parlamento invocano giustamente anche il fatto che un’eventuale rinuncia al recupero del credito accertato avrebbe un impatto finanziario significativo, essendo rilevanti le somme in questione dovute a titolo dei contratti controversi, e che non si può escludere che essa abbia altresì un impatto negativo sull’immagine e sulla reputazione del Gruppo PPE e del Parlamento.

184    Ne consegue che, fatta salva la conclusione tratta in esito all’esame del terzo e del sesto motivo di ricorso, la parte vertente su una violazione del principio di proporzionalità non è fondata, cosicché occorre respingere tale parte nonché, pertanto, il quarto motivo di ricorso nel suo insieme.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla mancata indicazione delle norme violate, con conseguente violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione

185    La ricorrente reitera in parte l’argomento sviluppato a sostegno del terzo motivo di ricorso, secondo cui la decisione impugnata non conterrebbe alcuna indicazione precisa della norma di legge asseritamente violata se non il riferimento, da essa contestato, all’esistenza di una responsabilità oggettiva. In particolare, essa sostiene che il Parlamento non ha indicato alcuna norma ai sensi della quale, in assenza di fattura tra il contraente della ricorrente e il prestatore, occorre recuperare i pagamenti effettuati, sebbene le prestazioni siano state effettuate da società che lavorano in sinergia all’interno di uno stesso gruppo, il che risulterebbe non solo dalle dichiarazioni e dai messaggi di posta elettronica di D, ma anche dall’organigramma di detto gruppo e dai bilanci delle società appartenenti a tale gruppo. Ne conseguirebbe un difetto di motivazione della decisione impugnata e una violazione dei diritti della difesa della ricorrente, quali sanciti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto ciò avrebbe pregiudicato le possibilità di difesa della ricorrente, non sapendo essa in relazione a cosa dovrebbe difendersi e in base a quale norma di legge.

186    Il Parlamento contesta gli argomenti della ricorrente.

187    Nel caso di specie, occorre constatare che il presente motivo coincide in parte con il terzo motivo di ricorso.

188    A questo proposito, come risulta dall’esame del terzo motivo di ricorso (v. punti da 145 a 150 supra), contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la decisione impugnata non è viziata da un difetto di motivazione per quanto riguarda la base giuridica sul cui fondamento è stata adottata.

189    Peraltro, nei limiti in cui, con il presente motivo di ricorso, la ricorrente deduce un vizio di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda il fatto di averla ritenuta responsabile di irregolarità commesse da terzi nell’ambito dell’esecuzione dei contratti controversi, il Segretario generale del Gruppo PPE espone in modo chiaro, ai punti da 74 a 178 della decisione impugnata, le ragioni per le quali ritiene che, in applicazione delle disposizioni di cui al precedente punto 148, la ricorrente sia tenuta al rimborso delle somme dovute a titolo di detti contratti.

190    Pertanto, la decisione impugnata non è inficiata da un vizio di motivazione quanto alle basi su cui si fonda la responsabilità della ricorrente. Tale conclusione non pregiudica tuttavia la questione se le ragioni addotte dal Parlamento siano esenti da errori, questione esaminata nell’ambito del terzo e del sesto motivo di ricorso.

191    Poiché il quinto motivo di ricorso è infondato, occorre respingerlo.

 Sul sesto motivo di ricorso, vertente sull’inesistenza delle irregolarità addebitate alla ricorrente riguardo ai vari contratti di servizi e, in ogni caso, sull’assenza di ogni sua responsabilità

192    La ricorrente osserva, in via preliminare, che la contestazione formulata nei suoi confronti dal Parlamento si basa sostanzialmente sul fatto che i servizi oggetto dei contratti controversi sarebbero stati forniti indirettamente da un soggetto diverso dai suoi contraenti. Orbene, tale situazione, che del resto non potrebbe esserle imputata, non potrebbe essere equiparata a una grave irregolarità né potrebbe integrare gli estremi di una violazione degli obblighi contrattuali. La ricorrente sottolinea, a tale riguardo, che le società che hanno fornito i servizi controversi avrebbero operato in sinergia le une con le altre e avrebbero fatto parte di uno stesso gruppo, guidato da una società holding, all’interno del quale esistevano contratti di subappalto e operazioni infragruppo con retrocessioni calcolate a fine anno. Anche ammettendo l’esistenza di irregolarità in tale contesto, ciò costituirebbe al massimo una violazione della legge italiana, tuttavia priva di qualsivoglia attinenza con la normativa dell’Unione richiamata nella decisione impugnata.

193    Il Parlamento rammenta che la decisione impugnata si fonda sull’articolo 98, paragrafo 5, del regolamento finanziario e sull’articolo 1.4, del regolamento 400. Orbene, in base a tali norme, che sarebbero state applicate dall’ordinatore responsabile nell’ambito della procedura di recupero, i servizi forniti e pagati con gli stanziamenti assegnati alla voce di bilancio 400 del Parlamento avrebbero dovuto corrispondere a quanto convenuto nei contratti, ossia alle prestazioni ivi descritte e avrebbero dovuto essere stati effettuati dal fornitore di servizi con cui i contratti erano stati conclusi e che aveva ricevuto il pagamento. Sarebbe obbligo della ricorrente, laddove intendesse contestare le conclusioni dell’OLAF secondo cui la normativa in questione sarebbe stata violata, fornire prove contrarie, senza limitarsi a formulare semplici contestazioni.

194    Il Parlamento fa presente che, conformemente al quadro normativo applicabile, la legalità e regolarità del pagamento dei fondi nell’ambito della voce di bilancio 400 del Parlamento sarebbe, anzitutto, subordinata all’esigibilità del credito del contraente interessato. Orbene, l’esigibilità presupporrebbe l’avvenuta esecuzione del contratto da parte del contraente mediante la fornitura del servizio dovuto. Ciò che rileverebbe sotto il profilo giuridico per poter ritenere il contratto eseguito, con conseguente esigibilità del credito del contraente, sarebbe l’imputabilità giuridica al contraente stesso della prestazione fornita. Orbene, tale imputabilità giuridica al contraente del servizio dovuto presupporrebbe che il servizio sia stato fornito dal contraente medesimo o da un subappaltatore debitamente incaricato.

195    A tale riguardo, si è concluso, al termine dell’analisi del terzo motivo di ricorso, che il Segretario generale del Gruppo PPE era incorso in un errore di diritto nel ritenere che la responsabilità dei deputati per le spese effettuate a titolo della voce di bilancio 400 del Parlamento sia di natura oggettiva, nel senso che essa non dipende né da una colpa dei deputati né dalla loro conoscenza delle asserite irregolarità e che esso ha fondato la decisione impugnata sull’analogia con la giurisprudenza relativa all’assistenza parlamentare (punti da 152 a 171 supra).

196    Occorre quindi esaminare se, alla luce di tale circostanza, le conclusioni cui è pervenuto il Segretario generale del Gruppo PPE riguardo ai contratti controversi siano errate, come sostiene la ricorrente.

–       Sui contratti conclusi con la società F

197    Quanto al primo dei contratti conclusi con la società F, riguardante servizi di «raccolta informazioni ed elaborazione materiale informativo relativo alle opportunità offerte dai finanziamenti europei 2014-2020», la ricorrente contesta l’esistenza di qualsiasi appropriazione di prestazioni o di documentazione provenienti da una società terza. La ricorrente deduce parimenti che tale contratto sarebbe stato convalidato dai servizi del Gruppo PPE, mentre essa non sarebbe stata in grado di effettuare controlli preventivi o di intervenire a posteriori. Essa sottolinea di non poter controllare l’origine di tali documenti né la catena di subappalto.

198    Quanto al secondo dei due contratti, la ricorrente riconosce che il lavoro di preparazione dei comunicati stampa è stato svolto in collaborazione con il proprio addetto stampa, N, ma sostiene che tale collaborazione non avrebbe avuto l’effetto di vanificare il contenuto del lavoro effettivamente svolto dalla società F. Afferma, in particolare, che il lavoro svolto dalla società F restava essenziale e complementare, in particolare perché, tenuto conto della sua esperienza nel settore della comunicazione, quest’ultima verificava l’adeguatezza dei comunicati stampa adattandoli anche da un punto di vista formale con specifiche impaginazioni in formato PDF nonché inviandoli ai contatti stampa della ricorrente. Inoltre, essa precisa che, a partire dal settembre 2015, N è stata retribuita non da lei, bensì dalla società J.

199    Il Parlamento ritiene che, ai punti da 84 a 87 e 92 della decisione impugnata, il Segretario generale del Gruppo PPE abbia giustificato il recupero delle somme indebitamente pagate con il fatto che, per quanto riguarda il primo contratto, in realtà, né la società F né un subappaltatore debitamente incaricato da quest’ultima avevano fornito le prestazioni dovute e che, per tale motivo, il pagamento contrattuale effettuato da detto gruppo su richiesta della ricorrente era indebito. Infatti, il lavoro realizzato e recante il logo della società F e del Gruppo PPE sarebbe stato realizzato e distribuito da un’altra società, ossia la società M, in occasione di un corso di formazione organizzato gratuitamente per taluni assistenti della ricorrente, e non dalla società F, che non avrebbe effettuato la prestazione di cui trattasi, essendosi limitata ad appropriarsene senza autorizzazione. Per quanto riguarda la convalida ex ante da parte del Gruppo PPE essa sarebbe irrilevante, essendo stata ottenuta sulla base di informazioni erronee. La responsabilità per l’utilizzazione di tali risorse graverebbe, in definitiva, sulla ricorrente, la quale avrebbe avuto facoltà di agire nei confronti del fornitore in questione. Tali elementi sarebbero dimostrati dalla relazione finale dell’OLAF, che costituirebbe una prova ammissibile in un procedimento amministrativo come quello nel caso di specie.

200    Per quanto riguarda il secondo contratto concluso con la società F, il recupero sarebbe giustificato dal fatto che la redazione e l’invio di comunicati stampa non sarebbero stati forniti dalla società F, che si sarebbe limitata, in sostanza, ad appropriarsi dei lavori effettuati dall’addetto stampa della ricorrente, poi dalla società J presso cui è stato successivamente impiegato l’addetto stampa. I servizi fatturati dalla società F non sarebbero stati quindi forniti da quest’ultima società. In particolare, da un lato, contrariamente a quanto sosterrebbe la ricorrente, secondo il contratto in questione, non spettava alla società F verificare l’adeguatezza di comunicati stampa redatti da un’altra persona. Inoltre, tale controllo sarebbe stato effettuato dalla ricorrente stessa dopo averli ricevuti per posta elettronica dal suo addetto stampa. Dall’altro lato, per il periodo durante il quale N è stata impiegata presso la società J, non vi sarebbe stato un rapporto di subappalto debitamente documentato tra la società F e la società J.

201    A questo proposito, per quanto riguarda il primo di tali contratti, come concluso in particolare ai punti 85, 86 e 89 della decisione impugnata, dalla relazione finale dell’OLAF emerge che la società F non ha fornito la prestazione in questione, ma ha fatto passare per sue, senza alcuna autorizzazione, le presentazioni preparate e distribuite ad alcuni assistenti della ricorrente in occasione di una formazione organizzata dalla società M dal 13 al 15 ottobre 2015.

202    Tuttavia, la decisione impugnata non constata né che la ricorrente ha ricevuto le presentazioni distribuite durante la formazione in questione né che essa era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’appropriazione da parte della società F del lavoro svolto dalla società M.

203    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, il Segretario generale del Gruppo PPE non può legittimamente esigere dalla ricorrente il rimborso della somma controversa relativa al primo contratto concluso con la società F.

204    Quanto al secondo contratto concluso con la società F, esso aveva segnatamente ad oggetto la «redazione di comunicati stampa», nonché l’«invio di comunicati stampa» nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2015. Dai punti da 102 a 112 della decisione impugnata nonché dalla relazione finale alla quale essa rinvia risulta che era stato un addetto stampa della ricorrente, N, ad aver in realtà prestato la parte essenziale di tali servizi.

205    Sebbene la ricorrente sostenga che, nonostante tale circostanza, il lavoro della società F era essenziale e complementare a causa delle verifiche e dell’invio dei comunicati stampa che quest’ultima avrebbe effettuato, occorre ricordare che il contratto in questione non prevedeva una siffatta verifica, bensì la redazione e l’invio di comunicati stampa, servizio anch’esso prestato da N, come risulta dai punti 102 e 103 della decisione impugnata e dalla relazione finale dell’OLAF, che non sono stati contestati in maniera circostanziata dalla ricorrente. Inoltre, è stato dimostrato, in particolare ai punti 103, 105, 108, 110 e 111 della decisione impugnata, che i suddetti comunicati erano stati verificati dalla ricorrente stessa.

206    La ricorrente era pienamente consapevole dell’irregolarità in questione, avendo verificato e approvato i comunicati stampa redatti dal suo addetto stampa, N, che sono stati poi presentati come lavoro della società F, sicché i suoi argomenti devono essere respinti.

–       Sul contratto concluso con la società J

207    Quanto al contratto concluso con la società J, la ricorrente contesta la censura secondo cui i servizi oggetto di tale contratto, ossia «aggiornamento tecnico del sito [I]nternet www.laracomi.it» e «gestione ed invio (...) di newsletter», sarebbero stati forniti da un soggetto distinto dalla società J. Essa afferma di aver avuto contatti al riguardo esclusivamente con l’amministratore delegato della società J, D, e che dalle dichiarazioni di quest’ultimo, contenute nell’allegato 42 della relazione finale dell’OLAF, risulta che egli agiva come «general contractor» (imprenditore generale), nel senso che egli aveva fornito servizi alla ricorrente con alcuni operatori che frequentavano l’associazione culturale T e aveva chiesto a questi ultimi di eseguire le operazioni materiali. La ricorrente aggiunge che questi operatori sono società appartenenti allo stesso gruppo. D, che sarebbe altresì azionista e amministratore delegato della società F, avrebbe dichiarato, secondo quanto risulta dall’allegato 42 della relazione finale dell’OLAF, che tutte le società del suo gruppo lavoravano in sinergia tra di loro, che a fine anno effettuavano un conteggio su «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», le quali poi fatturavano alla società holding, ossia la società holding B. Pertanto, l’assenza di contratti, fatture e pagamenti specificamente riferiti a tali rapporti nulla proverebbe circa la loro effettiva esistenza. In ogni caso, la ricorrente afferma di non essere stata a conoscenza dei legami esistenti tra la società J e la società F e che, del resto, i servizi in questione sono stati effettivamente prestati.

208    Il Parlamento replica che il contratto concluso con la società J prevedeva la fornitura di un servizio di aggiornamento tecnico per il sito Internet «www.laracomi.it», di un servizio di gestione, manutenzione e aggiornamento del sito medesimo nonché di un servizio di gestione e invio mensile di newsletter per il periodo compreso tra il 1° luglio e il 1° dicembre 2014. La decisione impugnata si fonderebbe correttamente sulla sola constatazione che la società J non avrebbe fornito, nella fattispecie, la prestazione contrattualmente dovuta e che, per questo motivo, non sarebbe stata legittimata a chiedere il corrispettivo contrattualmente previsto. L’eventuale ignoranza di tale circostanza da parte della ricorrente sarebbe priva di conseguenze al riguardo, in quanto il procedimento di ripetizione dell’indebito sarebbe di natura oggettiva. L’argomento della ricorrente secondo cui la prestazione in questione sarebbe stata effettivamente fornita, ancorché da un terzo all’interno della società C, non sarebbe tale da inficiare il ragionamento del Segretario generale del Gruppo PPE. In ogni caso, la ricorrente non avrebbe prodotto alcun contratto di subappalto o di fatturazione intrasocietario in grado di imputare la fornitura del servizio di cui trattasi alla società J, mentre sarebbe stata proprio la società J ad aver fatturato i servizi medesimi. Inoltre, le dichiarazioni di D non corrisponderebbero a quanto indicato dalla ricorrente. In particolare, esse non dimostrerebbero che tutte le società contraenti della ricorrente appartenevano allo stesso gruppo B, la cui società madre sarebbe la società holding B.

209    A tale riguardo, dalla decisione impugnata risulta che le prestazioni previste sono state effettuate dall’amministratore e legale rappresentante della società F, O in persona, o in collaborazione con altre persone, e non dalla società J, mentre non è stato prodotto alcun contratto di subappalto o documento giustificativo di fatturazione intrasocietari idoneo ad imputare la prestazione del servizio di cui si tratta alla società J. Del pari, è dimostrato dalle dichiarazioni di D, riportate ai punti 115 e 116 della decisione impugnata, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, per l’esecuzione di tale contratto essa non aveva avuto esclusivamente contatti con D, ma piuttosto con O.

210    Tuttavia, la ricorrente sostiene di non essere stata a conoscenza del fatto che D era anche presidente del consiglio di amministrazione della società C, azionista di maggioranza della società F, di cui O era l’amministratore e il legale rappresentante. Orbene, la decisione impugnata non constata né tanto meno dimostra che essa ne era al corrente. In particolare, nella decisione impugnata non è dimostrato che la ricorrente sapeva o avrebbe dovuto sapere che i servizi interessati dal contratto concluso con la società J erano stati prestati da O in assenza di qualsiasi rapporto di subappalto. Alla luce delle conclusioni tratte al termine dell’analisi del terzo motivo di ricorso, il Parlamento sostiene a torto che la mancata conoscenza della situazione da parte della ricorrente sarebbe priva di conseguenze sul suo obbligo di rimborsare le somme di cui si tratta.

211    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, dato che è pacifico che i servizi oggetto del contratto sono stati effettivamente prestati e che non è stato dimostrato che la ricorrente fosse al corrente dell’irregolarità in questione, il Segretario generale del Gruppo PPE non può legittimamente esigere dalla ricorrente il rimborso delle somme in questione.

–       Sul contratto concluso con la società C

212    Per quanto riguarda il contratto concluso con la società C, riguardante la gestione e l’aggiornamento del sito Internet, nonché un servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata dal gennaio al novembre 2016, la ricorrente contesta la censura secondo cui il servizio di rassegna stampa sarebbe stato realizzato, senza giustificazione economica, da un’entità diversa dal contraente ufficiale, vale a dire la società F. A suo avviso, il servizio in questione è stato effettivamente eseguito senza costi aggiuntivi rispetto all’anno precedente. Inoltre, dal novembre 2015, la società C avrebbe acquisito il 60% della società F. Le società del gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre ed avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», e l’avrebbero fatturato alla società holding B. La ricorrente sostiene, inoltre, di non essere stata né in grado né tenuta a effettuare controlli a tale riguardo.

213    Il Parlamento afferma che la società C, in violazione dei propri obblighi contrattuali, non ha mai fornito essa stessa, né direttamente né tramite un subappaltatore debitamente incaricato o sulla base di un contratto intrasocietario, i servizi che essa avrebbe tuttavia fatturato. Esso deduce che sarebbero inoperanti gli argomenti della ricorrente secondo cui, da un lato, i servizi effettuati dalla società F nell’ambito di pretesi «servizi inter-company» non sarebbero stati soggetti ad aumenti di prezzo e, dall’altro, la ricorrente non sarebbe stata a conoscenza della situazione suddetta.

214    A questo proposito, dalla decisione impugnata risulta che la società C non ha fornito essa stessa i servizi ordinati, che sono stati prestati da altre società all’interno dello stesso gruppo del quale era a capo.

215    Tuttavia, la decisione impugnata non constata che i servizi di cui si trattasi non sono stati prestati. Essa non constata neppure che le prestazioni, in realtà fornite dalla società F e/o da O, assistente parlamentare locale della ricorrente a partire dal gennaio 2016 e amministratore e rappresentante legale della società F, rientravano tra i compiti di assistenza parlamentare di quest’ultimo. Sebbene, secondo la relazione finale dell’OLAF, la conclusione del contratto in questione con la società C sarebbe stata solo formale e volta a dissimulare un conflitto di interessi nel quale si sarebbe trovata la società F, la decisione impugnata non constata alcun conflitto di interessi in relazione ai servizi in questione, circostanza che il Parlamento ha espressamente confermato. Inoltre, la decisione impugnata non constata che la ricorrente era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’irregolarità della situazione.

216    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso delle somme controverse.

–       Sui contratti conclusi con la società H

217    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società H che prevedevano servizi di gestione e di aggiornamento del sito Internet nonché un servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata dal gennaio al novembre 2017, poi da gennaio a novembre 2018 e per il quale la somma di cui si chiede la restituzione è stata ridotta da EUR 28 060 a EUR 17 324, la ricorrente sostiene anzitutto che, come sarebbe stato dimostrato dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza, l’infrastruttura tecnologica necessaria per l’invio quotidiano delle rassegne stampa elettroniche ai suoi contatti esisteva effettivamente ed era funzionale, e che tali elementi non erano mai stati contestati. Del resto, i servizi sarebbero stati prestati. Inoltre, la ricorrente ribadisce che le società appartenenti al gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre e avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», fatturandolo alla società holding B. Vi sarebbe quindi effettivamente un vincolo contrattuale tra la società K e la società H. Inoltre, il costo del servizio di invio quotidiano delle rassegne stampa elettroniche non sarebbe aumentato nel corso del tempo, né sarebbe diminuito rispetto al suo livello del 2014. Infine, nella replica, la ricorrente considera che il costo dei servizi di manutenzione e di aggiornamento del suo sito Internet è stato sottovalutato nella decisione impugnata. Riferendosi ai contratti figuranti nell’allegato A11 dell’atto introduttivo, essa stima il loro costo in EUR 21 660. Peraltro, dalla parte introduttiva di tale motivo di ricorso risulta che la ricorrente ha in generale sottolineato che l’eventuale assenza di contratti e di fatture tra i prestatori di servizi da essa scelti e i terzi ai quali essi hanno fatto ricorso non può costituire un’irregolarità a lei imputabile.

218    Il Parlamento ricorda, anzitutto, che la domanda di rimborso formulata nei confronti della ricorrente verte ormai unicamente sul servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata che non è stato fornito dalla società H, bensì dalla società K che ha inviato le fatture relative a tale servizio alla società F e non alla società H. Pertanto, né la società K né la società F avrebbero agito in qualità di subappaltatori debitamente incaricati dalla società H. Peraltro, la società H doveva fornire un servizio di rassegna stampa e non un semplice servizio di trasmissione di questa. Conseguentemente, il pagamento effettuato, su richiesta della ricorrente, in base ai contratti stipulati con la società H dal Gruppo PPE, sarebbe avvenuto indebitamente. Inoltre, l’argomento della ricorrente relativo alla portata dei controlli ex ante effettuati dal Parlamento nonché quello secondo cui i servizi sarebbero stati prestati nonostante l’assenza di un contratto di subappalto sarebbero irrilevanti. Infine, nei limiti in cui la ricorrente contesta nella replica il livello della riduzione del rimborso che le viene chiesto, in quanto tale riduzione sarebbe troppo esigua rispetto alla riduzione del costo dei servizi della società K, tale argomento sarebbe tardivo e quindi irricevibile.

219    In via preliminare, per quanto riguarda la contestazione da parte della ricorrente dell’importo della somma che le viene richiesta, tenuto conto di un’asserita insufficiente valutazione da parte del Parlamento della parte dei servizi effettivamente prestati dalla società H, occorre ricordare che i due contratti controversi prevedono la prestazione di due servizi per una somma complessiva. Poiché il Segretario generale del Gruppo PPE constata nella decisione impugnata che uno dei servizi è stato effettivamente prestato da tale società, mentre il secondo non è stato prestato, egli ha proceduto, ai punti da 133 a 136 della decisione impugnata, a una valutazione del prezzo del servizio effettivamente reso al fine di dedurlo dal prezzo totale complessivo dei due contratti.

220    Ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Inoltre, dev’essere dichiarato ricevibile un motivo che costituisca l’ampliamento di un motivo enunciato precedentemente, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che presenti uno stretto collegamento con quest’ultimo. Del resto, gli argomenti la cui sostanza presenta uno stretto nesso con un motivo enunciato nell’atto introduttivo del giudizio non possono essere considerati motivi nuovi e la loro presentazione è consentita nella fase della replica o dell’udienza (v. sentenza del 12 settembre 2012, Italia/Commissione, T‑394/06, non pubblicata, EU:T:2012:417, punto 48 e giurisprudenza citata; sentenza del 28 febbraio 2018, Vakakis kai Synergates/Commissione, T‑292/15, EU:T:2018:103, punto 50).

221    Nel caso di specie, se è vero che, nell’atto introduttivo, la ricorrente critica l’analisi del Segretario generale del Gruppo PPE quanto alla questione se la società H disponga di un diritto al pagamento delle somme convenute contrattualmente, essa lo fa solo per quanto riguarda l’incidenza della mancata dimostrazione di un rapporto di subappalto tra la società H e la società K, il prestatore effettivo del servizio di rassegna stampa, o la società F, la società alla quale la società K ha fatturato tale servizio. L’argomento relativo al calcolo concreto del prezzo di tale servizio riveste una natura del tutto diversa e non può essere considerato un ampliamento degli argomenti sviluppati nella parte relativa ai contratti conclusi con la società H nell’ambito del sesto motivo, vertente sull’inesistenza delle irregolarità addebitate alla ricorrente riguardo ai diversi contratti di prestazione di servizi e, in ogni caso, sull’assenza di ogni sua responsabilità. Tale argomento va quindi considerato un motivo nuovo, che deve essere respinto in quanto irricevibile poiché non si basa su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

222    In ogni caso, tale argomento deve essere respinto nel merito, poiché la ricorrente, riferendosi globalmente all’allegato A11 dell’atto introduttivo, non dimostra quale avrebbe dovuto essere il prezzo reale per i servizi di gestione e di aggiornamento del suo sito Internet, dato che la somma anticipata di EUR 21 660 non risulta peraltro in modo evidente dai documenti contenuti in tale allegato. Inoltre, la ricorrente non propone alcun metodo di calcolo dei prezzi per tali servizi.

223    Quanto agli altri argomenti dedotti dalla ricorrente, occorre, sotto un primo profilo, respingere l’affermazione relativa all’insufficienza di motivazione della decisione impugnata. Infatti, in quest’ultima, il Segretario generale del Gruppo PPE risponde agli argomenti relativi alla natura dell’attività svolta in realtà dalla società H (punti 138 e 139), ai costi dei servizi (punto 140) e alla circostanza che la società H abbia prestato i servizi rientranti nella gestione e nell’aggiornamento del sito Internet della ricorrente (punti da 131 a 136).

224    Sotto un secondo profilo, l’argomento della ricorrente secondo cui il pagamento delle fatture relative ai contratti controversi è stato oggetto di un controllo ex ante si confonde con quelli contenuti nel primo motivo di ricorso, che è stato respinto (v. punto 80 supra). Pertanto, esso non può essere accolto.

225    Sotto un terzo profilo, dalla decisione impugnata risulta che una parte delle prestazioni convenute nei contratti conclusi con la società H, vale a dire il servizio quotidiano di una rivista stampa informatizzata, non è stato svolto da detta società, bensì dalla società K, mentre dinanzi al Tribunale non è stato prodotto alcun contratto di subappalto o documento giustificativo di fatturazione intrasocietari, idoneo ad imputare la prestazione fornita alla società H.

226    Tuttavia, nella decisione impugnata è pacifico che le prestazioni di cui trattasi sono state fornite alla ricorrente. Non si constata neppure che la ricorrente era o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’irregolarità della situazione, vale a dire del fatto che, in realtà, era la società K ad aver fornito tali servizi, e dell’assenza di subappalto debitamente dimostrato tra il contraente e il prestatore effettivo del servizio.

227    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso della somma di EUR 17 324 relativa ai contratti conclusi con la società H.

–       Sui contratti conclusi con la società G

228    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società G, la ricorrente contesta la censura secondo cui i comunicati stampa e le newsletter sono stati realizzati dai propri addetti stampa e comunicazione. A suo avviso, detti contratti non prevedevano la redazione di comunicati stampa né l’individuazione di argomenti di interesse, bensì l’impaginazione delle newsletter con l’ausilio di un software specifico utilizzando strumenti tecnologici volti, in particolare, a contenere il fenomeno dei messaggi elettronici indesiderati (SPAM). Nella replica, essa aggiunge che le attività di detta società comprendevano anche la gestione e l’aggiornamento dei social network, oltre alla predisposizione e all’invio dei comunicati stampa e delle newsletter. L’OLAF e il Segretario generale del Gruppo PPE avrebbero quindi effettuato una valutazione erronea dei contratti in questione. Inoltre, la ricorrente ribadisce il proprio argomento secondo cui le società appartenenti al gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre e avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», fatturandolo alla società holding B.

229    Il Parlamento sostiene che i contratti stipulati con la società G prevedevano, quanto al primo, un servizio di newsletter e, quanto al secondo, la gestione e l’invio di newsletter comprendente, in particolare, l’aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio di dette newsletter, la gestione dei contatti e il servizio di reportistica post-invio così come l’impaginazione e l’invio, oltre a un servizio di stampa e comunicazione comprendente la redazione di comunicati stampa e il loro invio a un indirizzario.

230    Orbene, come la stessa ricorrente avrebbe riconosciuto, le newsletter e i comunicati stampa non sarebbero stati redatti dalla società G, ma da terzi, nel caso di specie dagli addetti stampa della ricorrente, e detta società si sarebbe limitata all’impaginazione dei comunicati stampa apponendovi il logo del Gruppo PPE. Secondo il Parlamento, la relazione finale dell’OLAF avrebbe peraltro rilevato, senza che la ricorrente abbia fornito alcuna prova contraria, che l’amministratore di detta società aveva ammesso che la gestione e l’invio delle newsletter sarebbero stati effettuati dalla società F, in assenza di qualsiasi rapporto contrattuale con la società G, tramite la sua piattaforma informatica, e che la società G non avrebbe partecipato alla creazione del contenuto dei comunicati stampa né alla distribuzione dei comunicati stampa ai destinatari dell’indirizzario. Conseguentemente, la decisione impugnata non conterrebbe alcun errore di valutazione dell’oggetto dei contratti conclusi con la società G, legittimando la conclusione che la ricorrente fosse tenuta a rimborsare integralmente le somme indebitamente versate.

231    A tale riguardo, occorre distinguere i servizi relativi ai comunicati stampa, da un lato, e le newsletter, dall’altro.

232    Per quanto riguarda i servizi relativi ai comunicati stampa, essi sono previsti solo nel secondo contratto concluso con la società G, il quale precisa che esso ha in particolare ad oggetto un servizio di «ufficio stampa e comunicazione:  redazione di comunicati stampa (...) e invio del comunicato stampa all’indirizzario». Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la redazione dei comunicati stampa è ivi chiaramente prevista. Tuttavia, la ricorrente non ha fornito alcuna spiegazione pertinente idonea a confutare le constatazioni secondo le quali, da un lato, i comunicati stampa erano redatti dai suoi addetti stampa, anziché dalla società G, che si era limitata a impaginare detti comunicati apponendovi il logo del Gruppo PPE e, dall’altro, la gestione e l’invio di tali comunicati stampa erano in realtà effettuati dalla società F. Inoltre, è dimostrato, in particolare ai punti da 145 a 149 della decisione impugnata, che la ricorrente era a conoscenza di tale situazione irregolare rispetto al contratto.

233    Quanto ai servizi relativi alle newsletter, essi sono oggetto dei due contratti conclusi con la società G. Secondo il punto 142 della decisione impugnata, il primo contratto verte sulla fornitura di un servizio di newsletter nel dicembre 2015. Il secondo contratto prevede, dal canto suo, la fornitura di servizi di «gestione e invio newsletter:  aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio delle newsletter, gestione dei contatti e del servizio di reportistica post-invio, nonché impaginazione e invio della newsletter stessa» per il periodo dal 1° febbraio al 30 novembre 2016.

234    La ricorrente ha quindi ragione di sostenere che la redazione delle newsletter non era prevista dai contratti conclusi con la società G, quantomeno non esplicitamente. Del pari, come essa afferma in sostanza, l’attività consistente nell’impaginazione delle newsletter corrisponde effettivamente all’impaginazione espressamente prevista dal secondo di detti contratti.

235    Per contro, è dimostrato in particolare ai punti da 145 a 148 della decisione impugnata che era la società F ad essersi effettivamente incaricata dei servizi da fornire nell’ambito dei contratti conclusi con la società G, i quali consistevano in particolare nella gestione e nell’invio di dette newsletter, circostanza di cui la ricorrente era a conoscenza.

236    Ciò premesso, si deve concludere che, essendo stata consapevole dell’irregolarità relativa alla gestione e all’invio delle newsletter, la ricorrente non può invocare la circostanza che il servizio è stato prestato.

237    Tuttavia, il Segretario generale del Gruppo PPE è incorso in un errore contestando nei confronti della ricorrente il fatto che la società G non aveva redatto le newsletter e il fatto che l’impaginazione di tali newsletter non risultava dai contratti conclusi con detta società (v. punto 234 supra).

238    In tali circostanze, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso di tutte le somme controverse in quanto una parte di tali somme è interessata dagli errori menzionati al precedente punto 237.

–       Sui contratti conclusi con la società I

239    Per quanto riguarda i contratti conclusi con la società I, al pari dei contratti conclusi con la società G, la ricorrente deduce, anzitutto, che la censura secondo cui i comunicati stampa e le newsletter sono stati preparati dai propri addetti stampa e comunicazione è inconferente, dal momento che i contratti in questione avrebbero avuto un oggetto completamente diverso, vale a dire il supporto alla comunicazione e al servizio stampa, nonché l’impaginazione di newsletter con l’utilizzo di uno specifico software, avvalendosi di strumenti tecnologici volti, in particolare, a contenere il fenomeno dello SPAM. La società I si sarebbe avvalsa di una propria piattaforma, totalmente autonoma e indipendente, diversa dal sito Internet, a partire dalla quale essa avrebbe trattato gli invii di cui si tratta. Inoltre, le valutazioni relative al valore da attribuire alle prestazioni realmente effettuate da tale società sarebbero soggettive e senza alcun valore probatorio. Infine, la ricorrente ribadisce il proprio argomento secondo cui le società appartenenti al gruppo B avrebbero lavorato in sinergia le une con le altre e avrebbero effettuato, a fine anno, conteggi per sapere «chi aveva fatto cosa tramite le società del gruppo», fatturandolo alla società holding B.

240    Per quanto concerne i contratti conclusi con la società I, e le relative fatture, il Parlamento ritiene che la ricorrente sostenga a torto l’esistenza di un errore di valutazione riguardo all’oggetto di detti contratti, dato che essi prevedevano effettivamente servizi di stampa e comunicazione, vale a dire la redazione di comunicati stampa, la gestione di newsletter e il loro invio. Orbene, la prestazione principale prevista da detti contratti non sarebbe stata fornita dalla società I, come confermato dalle persone sentite nel corso dell’indagine dell’OLAF. Per quanto attiene al messaggio di posta elettronica del 19 ottobre 2017 di O a R contenuto nell’allegato A17 dell’atto introduttivo, invocato dalla ricorrente, da cui risulterebbe che il Parlamento aveva effettuato controlli sulle fatture ritenendo corretto procedere al loro rimborso, il Parlamento ribadisce che sarebbe ancora esistita la facoltà di controlli ex post. Infine, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui i servizi in questione sono stati erroneamente valutati dal Parlamento, quest’ultimo osserva che la natura dell’impaginazione e dell’apposizione del logo del Gruppo PPE, su newsletter e comunicati stampa interamente redatti e inviati da terzi sarebbe stata trascurabile in termini economici, per cui l’intervento effettivo della società I sarebbe stato puramente accessorio e strumentale, senza che la ricorrente abbia fornito prova contraria.

241    A questo proposito, risulta dal fascicolo che tre contratti conclusi tra la ricorrente e la società I costituiscono l’oggetto della presente controversia.

242    Il primo contratto concluso con la società I ha ad oggetto la prestazione di servizi per «gestione e invio newsletter: aggiornamento della piattaforma tecnica per l’invio delle newsletter, gestione dei contatti e del servizio di reportistica post-invio, nonché impaginazione e invio della newsletter stessa» e «ufficio stampa e comunicazione: redazione di comunicati stampa (...) e invio del comunicato stampa (...)», per il periodo dal 1° gennaio al 30 novembre 2017, per un corrispettivo lordo complessivo di EUR 14 640, di cui è stato fatturato e pagato solo l’importo di EUR 12 200. Occorre rilevare, del resto, che l’oggetto di tale contratto corrisponde all’oggetto del secondo contratto concluso con la società G (v. punti 232 e 233 supra).

243    Il secondo contratto concluso con la società I riguarda la fornitura degli stessi servizi per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 novembre 2018, per un importo lordo complessivo di EUR 14 640.

244    Il terzo contratto concluso con la società I ha ad oggetto la fornitura dei medesimi servizi, oltre che di «servizi di gestione e aggiornamento sito [I]internet» e di un «servizio quotidiano di rassegna stampa informatizzata, trasmessa ogni mattina all’indirizzo mail», per il periodo dal 1° gennaio al 19 aprile 2019, a fronte di un corrispettivo totale lordo di EUR 13 176.

245    Sotto un primo profilo, così come per i contratti con la società G (v. punto 234 supra), il Segretario generale del Gruppo PPE non può addebitare alla ricorrente il fatto che la società I non abbia redatto le newsletter, in quanto tale prestazione non risulta dai contratti stipulati con quest’ultima società, quanto meno non esplicitamente. Del pari, come affermato in sostanza dalla ricorrente, l’attività consistente nell’impaginazione delle newsletter corrisponde effettivamente all’impaginazione espressamente prevista da questi tre contratti. È in tale misura che il Segretario generale del Gruppo PPE è incorso in errori.

246    Sotto un secondo profilo, è invece dimostrato, in particolare ai punti da 155 a 165 della decisione impugnata, che, per quanto riguarda gli altri servizi relativi alle newsletter e i servizi relativi ai comunicati stampa previsti in tre contratti conclusi con la società I, erano gli addetti stampa e l’assistente parlamentare della ricorrente, o addirittura la società F, ad essersene effettivamente incaricati, circostanza di cui la ricorrente era a conoscenza.

247    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda i due servizi aggiuntivi contenuti nel terzo contratto concluso con la società I, è dimostrato, nelle dichiarazioni dell’amministratore delegato della società I, riportate ai punti 155, 156 o 165 della decisione impugnata, che tale società non li ha forniti. La ricorrente non spiega chi abbia prestato tali servizi. Dal fascicolo non risulta, quindi, che tali servizi siano stati forniti. Tutt’al più, dal punto 160 della decisione impugnata risulta che era un assistente locale della ricorrente ad essere stato incaricato, dal novembre 2017 al giugno 2019, dell’aggiornamento del sito Internet della ricorrente. Pertanto, la questione di un eventuale arricchimento senza causa del Gruppo PPE non si pone affatto in relazione a questi due servizi.

248    Ne consegue che il Segretario Generale del Gruppo PPE è incorso in errori addebitando alla ricorrente il fatto che la società I non avesse redatto le newsletter e che l’impaginazione delle stesse non risultasse dai contratti conclusi con detta società (v. punto 245 supra).

249    In tali circostanze, il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso di tutte le somme controverse relative ai contratti conclusi con la società I, in quanto una parte di tali somme è interessata da detto errore.

–       Sul contratto concluso con la società L

250    Quanto al contratto stipulato con la società L, relativo alla «realizzazione, impaginazione e stampa dell’opuscolo ‟365 giorni dedicati a voi”», la ricorrente contesta la censura secondo cui la suddetta società si sarebbe limitata a stampare detto opuscolo, mentre un dipendente della società F sarebbe stato responsabile dell’impaginazione e del contenuto di tale opuscolo. Essa deduce, anzitutto, che non poteva sapere quale collaboratore o dipendente della società L avesse in concreto prestato il servizio in questione di cui trattasi, il quale era stato effettivamente svolto e per il quale l’adeguatezza del prezzo e del materiale fornito era già stata oggetto di esame e approvazione preventiva da parte del Gruppo PPE e del Parlamento. Inoltre, nella decisione impugnata non si terrebbe conto della dichiarazione scritta di S del 14 gennaio 2020, nella quale quest’ultimo preciserebbe di aver eseguito le stampe degli opuscoli (circa 5 000 esemplari) e di aver comprato personalmente tutto il materiale necessario (toner, punte, carta, ecc.). Infine, la posizione del Parlamento non terrebbe conto della struttura delle società coinvolte nell’esecuzione dei servizi né delle dichiarazioni rese, in merito, da D.

251    La ricorrente ribadisce altresì che non esisterebbe alcuna norma che imponga la presentazione di documenti aggiuntivi quali contratti di subappalto, fatture o prove di pagamenti specifici. Non esisterebbe alcuna disposizione di legge secondo cui, in assenza di contratti e fatture intrasocietari, il rimborso per i servizi forniti non dovrebbe essere considerato lecito.

252    Il Parlamento sostiene che il contratto concluso con la società L è stato in gran parte eseguito dalla società F. Il fatto che la ricorrente non fosse a conoscenza delle modalità di esecuzione del servizio convenuto sarebbe irrilevante ai fini della procedura di recupero in questione. Esso sottolinea che, secondo le conclusioni della relazione finale dell’OLAF, la realizzazione e l’impaginazione dell’opuscolo di cui si tratta sono state effettuate dalla società F, senza che fosse stato concluso un contratto di subappalto. In ogni caso, il Parlamento precisa di aver tenuto conto del fatto che parte di tale servizio potrebbe nondimeno essere stata eseguita dal dirigente della società L. Esso ricorda, inoltre, la facoltà, contestata dalla ricorrente, di effettuare controlli ex post su spese che siano già state oggetto di un controllo ex ante.

253    A tale riguardo, ai punti da 170 a 179 della decisione impugnata è dimostrato che il servizio convenuto è stato svolto in gran parte dalla società F (ricerca del contenuto, realizzazione, impaginazione, realizzazione grafica e rilegatura) e non dalla società L. In aggiunta, è altresì dimostrato che una parte del materiale utilizzato per tale servizio (la stampante e il materiale necessario per la rilegatura) apparteneva ad altre società del gruppo B e alla società F. Ciononostante, in tale decisione è dimostrato che queste ultime società non intrattenevano rapporti di subappalto con la società L e che quest’ultima si è occupata soltanto della stampa, in quanto tale, degli esemplari dell’opuscolo di cui si tratta, e della fornitura di una parte del materiale, circostanza che essa non ha tuttavia potuto dimostrare. La ricorrente non contesta tali fatti, ma sostiene che detto servizio è stato prestato nell’ambito di una cooperazione intrasocietaria. Peraltro, l’argomento della ricorrente secondo cui le spese sostenute in base al contratto concluso con la società L avevano già dato luogo a un controllo ex ante che equivarrebbe a un’approvazione incondizionata e definitiva deve essere respinto per gli stessi motivi enunciati nell’ambito dell’esame del primo motivo di ricorso (v. punto 80 supra).

254    Tuttavia, è pacifico che il servizio previsto nel contratto concluso con la società L è stato svolto. Inoltre, la ricorrente sostiene che non poteva essere al corrente delle modalità di esecuzione di detto contratto da parte della sua contraente e che la decisione impugnata non constata che essa era a conoscenza o che avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’irregolarità contestata.

255    In tali circostanze, in applicazione dei principi enunciati ai precedenti punti da 158 a 169, si deve concludere che il Segretario generale del Gruppo PPE non può esigere dalla ricorrente il rimborso della somma relativa al contratto concluso con la società L.

256    Ne consegue che il sesto motivo di ricorso deve essere parzialmente accolto, nel senso indicato ai precedenti punti 203, 211, 216, 227, 237, 238, 248, 249 e 255.

 Sulle spese

257    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafi 1 e 3, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Qualora vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese. Se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.

258    Poiché la ricorrente e il Parlamento sono rimasti parzialmente soccombenti, occorre decidere che ciascuna parte si faccia carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Segretario generale del Gruppo politico del Partito popolare europeo (PPE) al Parlamento europeo del 5 giugno 2023 e la nota di addebito n. 7030000946 del Direttore generale delle Finanze del Parlamento del 3 luglio 2023 sono annullate nella parte in cui richiedono che la sig.ra Lara Comi restituisca le somme relative al primo contratto concluso con la società F e ai contratti conclusi con la società J, la società C, la società H, la società G, la società I e la società L.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Nõmm

Steinfatt

Kukovec

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 ottobre 2025.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.

Provvedimento in causa n. T-422/23 del 29/10/2025