SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
19 settembre 2024 (*)
« Impugnazione – Diritto istituzionale – Statuto unico del deputato europeo – Deputati europei eletti in circoscrizioni italiane – Adozione di una deliberazione in materia di trattamenti pensionistici da parte della Camera dei deputati italiana – Modifica dell’importo delle pensioni dei deputati nazionali italiani – Corrispondente modifica, da parte del Parlamento europeo, dell’importo delle pensioni di taluni ex deputati europei eletti in Italia – Sostituzione delle decisioni del Parlamento – Persistenza dell’interesse ad agire per l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea »
Nella causa C‑198/21 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 29 marzo 2021,
Giacomo Santini, residente a Trento (Italia),
Marco Cellai, residente a Firenze (Italia),
Domenico Ceravolo, residente a Noventa Padovana (Italia),
Natalino Gatti, residente a Nonantola (Italia),
Rosa Maria Avitabile, in qualità di erede di Antonio Mazzone, residente a Napoli (Italia),
Luigi Moretti, residente a Nembro (Italia),
Gabriele Sboarina, residente a Verona (Italia),
Lina Wuhrer, residente a Brescia (Italia),
Patrizia Capraro, residente a Roma (Italia),
Luciana Meneghini, in qualità di erede di Ferruccio Pisoni, residente a Trento,
rappresentati da M. Paniz, avvocato,
ricorrenti,
procedimento in cui l’altra parte è:
Parlamento europeo, rappresentato da S. Alves e S. Seyr, in qualità di agenti,
convenuto in primo grado,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, O. Spineanu-Matei, J.‑C. Bonichot, S. Rodin (relatore) e L.S. Rossi, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2024,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con la loro impugnazione, i sigg. Giacomo Santini, Marco Cellai, Domenico Ceravolo e Natalino Gatti, la sig.ra Rosa Maria Avitabile, in qualità di erede del sig. Antonio Mazzone, i sigg. Luigi Moretti e Gabriele Sboarina, nonché le sig.re Lina Wuhrer, Patrizia Capraro e Luciana Meneghini in qualità di erede del sig. Ferruccio Pisoni, chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 10 febbraio 2021, Santini e a./Parlamento (T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19, EU:T:2021:78; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale tale tribunale ha respinto il loro ricorso diretto, da un lato, all’annullamento delle note dell’11 aprile 2019 nonché, per quanto riguarda la sig.ra Meneghini, in qualità di erede del sig. Pisoni, dell’8 maggio 2019, redatte, per ciascuno dei ricorrenti, dal Parlamento europeo (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni controverse») e concernenti l’adeguamento dell’importo delle pensioni di cui i ricorrenti beneficiano a seguito dell’entrata in vigore, il 1º gennaio 2019, della deliberazione n. 14/2018 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia), del 12 luglio 2018 (in prosieguo: la «deliberazione n. 14/2018»), e, dall’altro, ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito dai ricorrenti in conseguenza di tali atti.
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
1. Regolamentazione SID
2 L’articolo 1 dell’allegato III della regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo, nella versione in vigore fino al 14 luglio 2009 (in prosieguo: la «regolamentazione SID»), recitava nel modo seguente:
«1. Tutti i deputati al Parlamento europeo hanno diritto ad una pensione di cessata attività.
2. In attesa dell’istituzione di un regime pensionistico comunitario definitivo per tutti i deputati al Parlamento europeo e qualora il regime nazionale non preveda il pensionamento o il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidano esattamente con quelli applicabili ai deputati al parlamento nazionale dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo, può essere erogata, su richiesta del deputato interessato, una pensione provvisoria di cessata attività a carico del bilancio dell’Unione europea, sezione Parlamento».
3 L’articolo 2 dell’allegato III della regolamentazione SID così disponeva:
«1. L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quell[i] della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo.
2. Il deputato che beneficia delle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, è tenuto, aderendo al presente regime, a versare al bilancio dell’Unione europea un contributo calcolato in modo da corrispondere complessivamente a quello pagato da un Membro della Camera Bassa dello Stato membro in cui è stato eletto».
4 Ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, dell’allegato III della regolamentazione SID:
«1. La richiesta di adesione al presente regime pensionistico provvisorio deve essere presentata entro dodici mesi dall’inizio del mandato dell’interessato.
Dopo tale termine, la data a partire dalla quale l’adesione al regime pensionistico ha effetto è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.
2. La domanda di liquidazione della pensione deve essere presentata entro sei mesi dopo la maturazione di tale diritto.
Dopo tale termine, la data a partire dalla quale ha effetto la prestazione pensionistica è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda».
2. Statuto dei deputati
5 L’articolo 25, paragrafi 1 e 2, della decisione 2005/684/CE, Euratom, del Parlamento europeo, del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU 2005, L 262, pag. 1; in prosieguo: lo «Statuto dei deputati»), entrato in vigore il 14 luglio 2009, così recita:
«1. Per quanto riguarda l’indennità, l’indennità transitoria e le diverse categorie di pensioni, i deputati già in carica e rieletti prima dell’entrata in vigore del presente statuto possono optare, per l’intera durata dell’attività parlamentare, per il regime nazionale in vigore.
2. I versamenti sono a carico del bilancio dello Stato membro».
6 L’articolo 28, paragrafo 1, dello Statuto dei deputati prevede quanto segue:
«Il diritto a pensione acquisito da un deputato al momento dell’entrata in vigore del presente statuto a norma della legislazione nazionale conserva piena efficacia».
3. Misure di attuazione
7 Il considerando 7 della decisione 2009/C 159/01 dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 19 maggio e del 9 luglio 2008, recante misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1), come modificata dalla decisione 2010/C 340/06 dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 13 dicembre 2010 (GU 2010, C 340, pag. 6) (in prosieguo: le «misure di attuazione»), così recita:
«Occorre (…) provvedere a che nelle disposizioni transitorie i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID possano continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio [della tutela] del legittimo affidamento. Occorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto [dei deputati]».
8 L’articolo 49, paragrafo 1, delle misure di attuazione prevede quanto segue:
«I deputati che hanno esercitato il loro mandato per almeno un anno completo hanno diritto, dopo la cessazione del mandato, a una pensione di anzianità a vita da versare a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui compiono i 63 anni di età.
L’ex deputato o il suo rappresentante legale, salvo casi di forza maggiore, presenta la domanda di liquidazione della pensione di anzianità entro sei mesi dalla data di inizio del diritto. Trascorso tale termine, la data in cui diventa effettivo il godimento della pensione di anzianità è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda».
9 In forza dell’articolo 73 delle misure di attuazione, queste ultime sono entrate in vigore il giorno dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009.
10 L’articolo 74 delle misure di attuazione prevede che, fatte salve le disposizioni transitorie previste al titolo IV delle stesse misure, e in particolare l’articolo 75 di queste ultime, la regolamentazione SID giunge a scadenza il giorno in cui entra in vigore lo Statuto dei deputati.
11 Ai sensi dell’articolo 75 delle misure di attuazione:
«1. La pensione di reversibilità, la pensione di invalidità e la pensione di invalidità supplementare concessa ai figli a carico e la pensione di anzianità concessa in virtù degli allegati I, II e III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di detti allegati ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto [dei deputati].
Qualora l’ex deputato che beneficia della pensione d’invalidità deceda dopo il 14 luglio 2009, la pensione di reversibilità è versata al suo coniuge, membro stabile di un’unione di fatto o figli a carico, alle condizioni stabilite all’allegato I della regolamentazione SID.
2. I diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto [dei deputati] in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti. I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».
B. Diritto italiano
12 Ai sensi dell’articolo 1, commi da 1 a 3, della deliberazione n. 14/2018:
«1. A decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente, alla data del 31 dicembre 2011, sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione.
2. La rideterminazione di cui al comma 1 è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.
3. Si applicano i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 1 allegata alla presente deliberazione».
II. Fatti all’origine della controversia
13 I fatti all’origine della controversia sono illustrati ai punti da 14 a 21 della sentenza impugnata. Ai fini della presente impugnazione, possono essere riassunti come segue.
14 Ciascuno dei ricorrenti è un ex membro del Parlamento europeo, eletto in Italia, o un avente causa di un tale ex deputato europeo, che beneficia di una pensione di anzianità o di una pensione di reversibilità (in prosieguo: la «pensione»).
15 Con una nota inserita sui cedolini di pensione del mese di gennaio 2019, il Parlamento ha informato i ricorrenti che l’importo della pensione loro erogata avrebbe potuto essere rideterminato in esecuzione della deliberazione n. 14/2018 e che detto ricalcolo avrebbe potuto eventualmente comportare un recupero delle somme indebitamente versate.
16 A partire dal 1º gennaio 2019, il Parlamento ha ridotto, applicando tale deliberazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, l’importo della pensione dei ricorrenti.
17 Con una nota non datata del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento (in prosieguo: il «capo unità»), allegata ai cedolini di pensione dei ricorrenti del mese di febbraio 2019, il Parlamento ha, anzitutto, informato questi ultimi che il suo servizio giuridico aveva confermato, con il parere n. SJ-0836/18 dell’11 gennaio 2019, l’applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 alla loro situazione (in prosieguo: il «parere del servizio giuridico»). Il Parlamento avrebbe poi provveduto, non appena ricevute dalla Camera dei deputati (Italia) le informazioni necessarie, a comunicare ai ricorrenti il nuovo importo delle loro pensioni e a recuperare l’eventuale differenza sulle successive dodici mensilità. Infine, esso ha informato i ricorrenti che l’importo definitivo delle loro pensioni sarebbe stato fissato con atto formale contro il quale sarebbe stato possibile proporre un reclamo oppure un ricorso di annullamento.
18 Con le decisioni controverse, il capo unità ha, in primo luogo, informato i ricorrenti che l’importo della loro pensione sarebbe stato adattato, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, a concorrenza della riduzione delle analoghe pensioni erogate in Italia agli ex deputati nazionali dalla Camera dei deputati in applicazione della deliberazione n. 14/2018. In secondo luogo, l’importo delle pensioni dei ricorrenti sarebbe stato adattato a partire dal mese di aprile 2019, con effetto retroattivo al 1º gennaio 2019, in applicazione dei progetti di fissazione dei nuovi importi delle pensioni trasmessi in allegato a tali decisioni. In terzo luogo, le decisioni controverse concedevano ai ricorrenti un termine di 30 giorni, a decorrere dalla loro ricezione, per far valere le loro osservazioni. In mancanza di osservazioni, gli effetti di dette decisioni sarebbero stati considerati definitivi e avrebbero comportato, in particolare, la ripetizione degli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019.
19 Poiché nessuno dei ricorrenti ha presentato siffatte osservazioni nel termine stabilito, gli effetti delle decisioni controverse sono diventati definitivi nei loro confronti alla scadenza di tale termine.
III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
20 Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 10 giugno (cause T‑345/19 e T‑346/19), il 17 giugno (cause T‑364/19 e T‑365/19), il 18 giugno (causa T‑366/19), il 20 giugno (cause da T‑372/19 a T‑375/19) e il 25 giugno 2019 (causa T‑385/19), i ricorrenti hanno proposto i loro ricorsi diretti all’annullamento delle decisioni controverse.
21 A sostegno dei loro ricorsi i ricorrenti hanno dedotto otto motivi. Il primo motivo verteva sull’incompetenza dell’autore delle decisioni controverse e sull’illegittimità dell’applicazione automatica della deliberazione n. 14/2018. Il secondo motivo verteva sulla violazione delle disposizioni della regolamentazione SID, dello Statuto dei deputati e delle misure di attuazione. Il terzo motivo verteva sulla violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei deputati e degli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione. Il quarto motivo verteva sulla violazione dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e del principio di legalità delle sanzioni, nonché sulla violazione dei principi di irretroattività e di uguaglianza. Il quinto motivo verteva sulla violazione del diritto di proprietà. Il sesto motivo verteva sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di tutela dei diritti acquisiti. Il settimo motivo verteva sulla violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di parità di trattamento. L’ottavo motivo verteva su ulteriori censure relative alla violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità, di uguaglianza e di solidarietà.
22 Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha rigettato tutti tali motivi e, pertanto, ha respinto i ricorsi.
IV. Procedimento e conclusioni delle parti dinanzi alla Corte
23 I ricorrenti chiedono che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata;
– annullare le decisioni controverse, e
– condannare il Parlamento alle spese relative all’impugnazione e al procedimento dinanzi al Tribunale.
24 Il Parlamento chiede che la Corte voglia:
– respingere l’impugnazione e
– condannare i ricorrenti alle spese relative all’impugnazione e al procedimento dinanzi al Tribunale.
25 Il 12 gennaio 2022, il sig. Enrico Falqui, nell’ambito della causa C‑391/21 P che lo riguarda, ha depositato presso la cancelleria della Corte una copia della sentenza del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati (Italia) n. 4/2021 del 23 dicembre 2021 (in prosieguo: la «sentenza n. 4/2021»), che ha annullato la deliberazione n. 14/2018. In tal fase, detto documento non è stato incluso nel fascicolo.
26 Il 9 marzo 2022, i ricorrenti hanno depositato la stessa sentenza presso la cancelleria della Corte.
27 Nella presente causa, nonché nelle cause Falqui/Parlamento (C‑391/21 P) e Coppo Gavazzi e a./Parlamento (C‑725/20 P), la cancelleria ha trasmesso, il 16 marzo 2022, alle parti una misura di organizzazione disposta dal giudice relatore e dall’avvocato generale ai sensi dell’articolo 62 del regolamento di procedura della Corte, con la quale dette parti sono state invitate a produrre tutti i documenti che potessero influire sull’oggetto della causa che le riguardava, e in particolare la sentenza n. 4/2021.
28 Il 23 marzo 2022, i ricorrenti nella presente causa hanno prodotto diversi documenti, tra cui la sentenza n. 4/2021. Il 29 marzo 2022, il Parlamento ha prodotto anch’esso vari documenti, tra cui la sentenza n. 4/2021 e un documento intitolato «Nuove regole per il calcolo delle pensioni adottate dalla Camera dei deputati italiana». Tale istituzione ha altresì informato la Corte che, una volta ricevuti gli ulteriori chiarimenti richiesti alla Camera dei deputati sull’applicazione concreta di tali regole, avrebbe proceduto al ricalcolo delle pensioni di anzianità dei ricorrenti e avrebbe inviato loro un nuovo progetto di decisione sulla determinazione dei loro diritti a pensione, sul quale avrebbero avuto la possibilità di presentare osservazioni prima dell’adozione di una decisione finale.
29 Il 12 ottobre e il 29 novembre 2022, il Parlamento ha depositato presso la cancelleria della Corte le decisioni finali che rideterminano l’importo delle pensioni da versare ai ricorrenti a partire dal novembre 2022, insieme agli arretrati dovuti (in prosieguo: le «nuove decisioni del Parlamento»).
30 Con decisione del 25 ottobre 2022, il presidente della Corte ha invitato le parti a precisare se ritenessero, da un lato, che le nuove decisioni del Parlamento avessero sostituito con effetto ex tunc le decisioni controverse e, dall’altro, che, a seguito dell’adozione di tali nuove decisioni, l’impugnazione conservasse il proprio oggetto.
31 Il 29 novembre 2022, il Parlamento ha riferito di ritenere che le nuove decisioni del Parlamento avessero sostituito con effetto ex tunc le decisioni controverse, ma che l’impugnazione conservasse il proprio oggetto. Sarebbe infatti nell’interesse delle parti e della buona amministrazione della giustizia che la Corte si pronunciasse sulla fondatezza dell’impugnazione, al fine di chiarire se la sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto e se il Parlamento possa rideterminare, sulla base dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, le pensioni dei ricorrenti in caso di modifica sopraggiunta della normativa nazionale applicabile.
32 Con lettera depositata il 29 novembre 2022, i ricorrenti hanno comunicato che ritenevano che tutti i motivi di impugnazione mantenessero il loro interesse e la loro attualità, in quanto le nuove decisioni del Parlamento non avevano sostituito le decisioni controverse, le quali continuavano a conservare piena efficacia e validità. Le nuove decisioni del Parlamento, al pari delle decisioni controverse, comporterebbero una rideterminazione dell’importo della loro pensione e, modificando i presupposti costitutivi del loro diritto a pensione, una ridefinizione con effetto retroattivo e permanente di tale diritto. Infatti, la deliberazione n. 14/2018 sarebbe stata modificata unicamente nella parte riguardante il coefficiente di trasformazione relativo all’età del deputato beneficiario della pensione di anzianità.
V. Sull’impugnazione
33 Nell’ambito della presente impugnazione, i ricorrenti deducono sei motivi, volti a rimettere in discussione, in sostanza, la conferma, da parte del Tribunale, della fondatezza dell’interpretazione dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID (in prosieguo: le «norme interne del Parlamento»), che ha indotto tale istituzione ad applicare la deliberazione n. 14/2018 al fine di rideterminare l’importo della loro pensione di anzianità. I motivi dal primo al quarto, che devono essere esaminati congiuntamente, vertono sull’errata interpretazione delle norme interne del Parlamento e sulla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità, del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta nonché sulla mancata adozione di un atto da parte del Parlamento. Il quinto motivo verte sull’errata interpretazione dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento. Il sesto motivo verte sull’errore di diritto che sarebbe stato commesso dal Tribunale nella valutazione dell’adeguata motivazione delle decisioni controverse.
A. Osservazioni preliminari sulla persistenza dell’interesse ad agire dei ricorrenti
34 Dal punto 29 della presente sentenza risulta che le nuove decisioni del Parlamento, adottate in pendenza del procedimento dinanzi alla Corte, mirano a rideterminare l’importo delle pensioni versate ai ricorrenti a partire dal novembre 2022, insieme agli arretrati dovuti.
35 A questo proposito, occorre ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, l’oggetto della controversia deve permanere, al pari dell’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione giurisdizionale, a pena di non luogo a statuire, il che presuppone che l’impugnazione possa, con il suo risultato, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta (sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
36 Tuttavia, l’interesse ad agire di un ricorrente non viene necessariamente meno in ragione del fatto che l’atto da esso impugnato abbia cessato di produrre effetti in corso di causa (v., in tal senso, sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 62).
37 In determinate circostanze, un ricorrente può mantenere un interesse a chiedere l’annullamento di un atto abrogato in pendenza di giudizio, per indurre l’autore dell’atto impugnato ad apportare, in futuro, le modifiche appropriate ed evitare così il rischio di reiterazione dell’illegittimità che asseritamente inficia tale atto (sentenza del 6 settembre 2018, Bank Mellat/Consiglio, C‑430/16 P, EU:C:2018:668, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).
38 Nel caso di specie, dalla risposta del Parlamento del 29 novembre 2022, riassunta al punto 31 della presente sentenza, risulta inequivocabilmente che tale istituzione intende, anche in futuro, rideterminare le pensioni di ex deputati europei in caso di modifica sopraggiunta nella normativa nazionale di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID (in prosieguo: il «regime dinamico»).
39 Sebbene il Parlamento abbia sostituito le decisioni controverse con le nuove decisioni, resta il fatto che tutte tali decisioni si basano su un’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo cui quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei che percepiscono la pensione di anzianità e ai titolari di pensione di reversibilità che, come i ricorrenti, rientrano nell’ambito di applicazione degli allegati della regolamentazione SID (in prosieguo: gli «ex deputati europei interessati»).
40 Orbene, è per l’appunto tale interpretazione che viene posta in discussione dai ricorrenti nell’ambito della presente impugnazione. Ne consegue che, nonostante la sostituzione con effetto ex tunc delle decisioni controverse, i ricorrenti conservano un interesse a far constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto confermando la fondatezza di tale interpretazione, in quanto quest’ultima può essere applicata dal Parlamento in sede di adozione, in futuro, di decisioni analoghe alle decisioni controverse o alle nuove decisioni del Parlamento, cosicché sussiste non solo un rischio di reiterazione dell’asserita illegittimità, ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto 37 della presente sentenza, ma anche un rischio che, in caso di ricorso di annullamento avverso tali decisioni analoghe, il Tribunale commetta nuovamente i pretesi errori di diritto che lo hanno indotto a confermare la fondatezza di detta interpretazione.
41 Dalle nuove decisioni si evince inoltre che il Parlamento rimane del parere che il capo unità sia competente ad adottare decisioni che rideterminano l’importo delle pensioni in caso di modifica sopraggiunta della normativa nazionale e che tali decisioni non debbano contenere una motivazione concernente la loro conformità al diritto dell’Unione.
42 Ne consegue che si deve constatare che i ricorrenti conservano un interesse ad agire dinanzi alla Corte, nei limiti in cui la presente impugnazione è diretta contro gli elementi della motivazione della sentenza impugnata che costituiscono il necessario fondamento delle valutazioni del Tribunale secondo le quali, in primo luogo, dalle norme interne del Parlamento risulta che quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati, in secondo luogo, il capo dell’unità è competente ad adottare le decisioni che modificano l’importo delle pensioni di tali ex deputati e, in terzo luogo, il Parlamento non è tenuto a indicare, in tali decisioni, i motivi che giustificano la loro conformità al diritto dell’Unione.
B. Sui motivi di impugnazione dal primo al quarto
1. Argomenti delle parti
43 A sostegno dei motivi di impugnazione dal primo al quarto vengono avanzate due censure distinte.
44 Con la prima censura, i ricorrenti contestano al Tribunale di aver constatato, da un lato, al punto 81 della sentenza impugnata, che l’allegato III della regolamentazione SID ha continuato ad essere applicabile nei loro confronti dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati e, dall’altro, al punto 90 della sentenza impugnata, che le norme interne del Parlamento non pregiudicano i diritti acquisiti degli ex deputati europei interessati.
45 A tal proposito, i ricorrenti sostengono che l’articolo 74 delle misure di attuazione ha abrogato l’allegato III della regolamentazione SID e mantiene in vigore solo le disposizioni transitorie contenute nel titolo IV di tali misure e nell’articolo 75 di queste ultime. A partire dall’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, il contenuto di detto allegato III al momento della sua abrogazione sarebbe stato mantenuto dagli articoli 74 e 75 di tali misure, come risulterebbe in particolare dal considerando 7 delle misure di attuazione.
46 Infatti, si dovrebbe ritenere che il rinvio operato dall’articolo 75 delle misure di attuazione agli allegati della regolamentazione SID si riferisca alla prestazione pensionistica che era applicabile quando tali allegati erano in vigore. Lo scopo di tale disposizione sarebbe quello di salvaguardare i diritti acquisiti degli ex deputati europei interessati, il che sarebbe peraltro confermato dall’articolo 28 dello Statuto dei deputati.
47 Ciò premesso, dichiarare che una riduzione dell’importo della pensione non pregiudica il diritto acquisito a percepire una pensione richiederebbe la precisazione delle circostanze in cui ciò si verifica e una distinzione tra i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 75 delle misure di attuazione, il che non sarebbe stato effettuato dal Tribunale.
48 Nel caso di specie, l’importo delle pensioni dei ricorrenti sarebbe stato calcolato mediante un coefficiente di trasformazione fissato unilateralmente e retroattivamente dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, sulla base di eventi che, secondo la logica attuariale, dovrebbero essere considerati incerti, in quanto connessi ad accadimenti futuri e aleatori, come la probabilità media di sopravvivenza del beneficiario alla data di erogazione della pensione di anzianità e la probabile esistenza di un coniuge o di eredi titolari di una pensione di reversibilità. Tuttavia, al momento della modifica dell’importo delle pensioni dei ricorrenti, si sarebbe potuto determinare con certezza se tali eventi si fossero già verificati o meno.
49 Quand’anche l’articolo 2 dell’allegato III della regolamentazione SID fosse applicabile nel caso di specie in forza dell’articolo 75 delle misure di attuazione, tale disposizione non riguarderebbe i presupposti costitutivi del diritto a pensione. Per contro, le decisioni controverse avrebbero modificato non solo l’importo delle pensioni in questione, ma anche il metodo di calcolo di tale importo, sostituendo il metodo basato sull’indennità percepita durante il mandato degli ex deputati europei interessati con il metodo basato sui contributi versati da questi ultimi, e tale modifica sarebbe stata effettuata presupponendo che le pensioni fossero sempre state calcolate secondo un metodo ispirato al metodo contributivo. I ricorrenti non avrebbero avuto la possibilità, quando erano in carica, di prevedere la modifica stabilita dalle decisioni controverse, né avrebbero avuto la possibilità di aumentare i loro contributi a tale regime pensionistico per mitigarne gli effetti negativi.
50 In subordine, ossia nell’ipotesi in cui la distinzione tra diritto a pensione e diritto alla prestazione pensionistica fosse applicabile, i ricorrenti sostengono di avere non solo un diritto a pensione, ma anche un diritto a percepire un importo fisso di pensione di anzianità, come risulterebbe dall’articolo 75 delle misure di attuazione, cosicché hanno diritto a percepire un importo di pensione corrispondente a quello che avrebbero potuto aspettarsi al momento del versamento dei contributi. Le decisioni controverse comporterebbero uno squilibrio a danno dei ricorrenti, in quanto i contributi versati non avevano all’epoca alcuna influenza sulla maturazione del diritto a pensione o sull’entità di tale diritto, e quindi erano di importo esiguo nelle legislature più risalenti, il che attualmente penalizzerebbe soprattutto gli ex deputati europei interessati più anziani, come i ricorrenti.
51 Con la seconda censura, i ricorrenti deducono che il Tribunale ha violato il principio della certezza del diritto, il principio della tutela del legittimo affidamento, il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta e il principio di proporzionalità.
52 Sotto un primo profilo, la determinazione dei diritti a pensione sulla base delle nuove norme violerebbe il principio della certezza del diritto, nei limiti in cui quest’ultimo osta alla lesione dei diritti acquisiti, conformemente alla ratio dell’articolo 28 dello Statuto dei deputati e dell’articolo 75 delle misure di attuazione.
53 Sotto un secondo profilo, il nuovo metodo di determinazione dell’importo delle pensioni di anzianità violerebbe il principio di tutela del legittimo affidamento, poiché quest’ultimo osta a qualsiasi alterazione delle modalità di calcolo a cui i ricorrenti hanno volontariamente aderito. Infatti, gli ex deputati europei interessati non avrebbero saputo che il loro regime pensionistico si basava su un rinvio automatico agli importi delle pensioni di anzianità degli ex componenti del parlamento nazionale dello Stato membro in cui erano stati eletti.
54 Inoltre, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che il Parlamento avrebbe informato i ricorrenti della possibile applicazione della deliberazione n. 14/2018 nei loro confronti solo nel corso del 2019, vale a dire dopo la data in cui avrebbe dovuto applicarsi la diminuzione dell’importo della loro pensione di anzianità, ossia il 1º gennaio 2019, fornendo loro quindi di fatto rassicurazioni sul mantenimento del diritto precedentemente acquisito.
55 Del resto, la deliberazione n. 14/2018 non menzionerebbe affatto gli ex deputati europei interessati.
56 In ogni caso, la Camera dei deputati e il Senato (Italia) avrebbero fornito garanzie sull’immutabilità dei diritti a pensione dei ricorrenti, ai sensi degli articoli 27 e 28 dello Statuto dei deputati e dell’articolo 75 delle misure di attuazione.
57 Per quanto riguarda, sotto un terzo profilo, il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta, i ricorrenti osservano che il Tribunale ha constatato che l’obiettivo invocato dal Parlamento per giustificare la violazione di tale diritto da parte delle decisioni controverse è espressamente menzionato nel preambolo della deliberazione n. 14/2018. Tuttavia, tale deliberazione non indicherebbe che essa è volta a ricalcolare l’importo delle pensioni di anzianità. Inoltre, né il Parlamento né la deliberazione n. 14/2018 avrebbero menzionato un obiettivo di interesse generale che giustifichi tale violazione.
58 I ricorrenti sottolineano altresì che, al punto 160 della sentenza impugnata, il Tribunale ha operato una distinzione tra violazione del diritto a pensione e mero adeguamento dell’importo della pensione di anzianità. Tuttavia, il Tribunale non avrebbe indicato il limite oltre il quale la modifica dell’importo della pensione non rispetta più il contenuto essenziale del diritto di proprietà e comporta una violazione del diritto a pensione in quanto tale.
59 Peraltro, al punto 172 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente stabilito che la riduzione dell’importo delle pensioni dei ricorrenti aveva l’obiettivo di adeguare l’importo delle pensioni versate a tutti i membri del Parlamento al metodo di calcolo contributivo sulla base del contenuto della deliberazione n. 14/2018.
60 Secondo i ricorrenti, il ragionamento del Tribunale è circolare. Si fonderebbe infatti sulle disposizioni del diritto italiano e non su un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, pur rientrando tuttavia nell’ambito dell’esame della conformità delle decisioni controverse al diritto di proprietà sancito dalla Carta.
61 Inoltre, detto ragionamento avrebbe snaturato il metodo di calcolo dell’importo delle pensioni di anzianità previsto dalla deliberazione n. 14/2018, che non può essere considerato di natura contributiva, in quanto, da un lato, a norma dell’articolo 1, comma 4, di tale deliberazione, l’importo degli assegni vitalizi sarebbe limitato. Dall’altro lato, il nuovo metodo di calcolo previsto da tale deliberazione si baserebbe non già su un’aliquota contributiva determinata individualmente, bensì su un’aliquota identica per tutti gli ex deputati europei interessati. Pertanto, un ex deputato europeo che, durante il suo mandato, abbia versato contributi corrispondenti ad un’aliquota superiore a detta aliquota identica, vedrebbe vanificata la parte di contributi che eccede tale aliquota.
62 Sotto un quarto profilo, il metodo di calcolo dell’importo delle pensioni di anzianità istituito dalla deliberazione n. 14/2018 dimostrerebbe anche una violazione del principio di proporzionalità, in quanto si baserebbe su un’aliquota contributiva non individualizzata.
63 Le decisioni controverse avrebbero imposto un onere individuale eccessivamente gravoso, in particolare per i ricorrenti di età più avanzata. Il sig. Gatti, che attualmente ha 80 anni, sarebbe il soggetto maggiormente penalizzato poiché l’importo della sua pensione di anzianità sarebbe stato ridotto del 61%, sebbene abbia svolto due legislature nel Parlamento. Per quanto riguarda il sig. Ceravolo, che oggi ha 91 anni, tale importo sarebbe stato ridotto del 47%. Il sig. Pisoni, deceduto all’età di 83 anni, avrebbe subito una riduzione di detto importo pari al 24%, ancorché avesse ricoperto la stessa carica nel medesimo periodo del sig. Ceravolo, il quale avrebbe subito una riduzione dello stesso importo pari al 47%.
64 La violazione del principio di proporzionalità rispetto alla giustificazione addotta sarebbe ancor più evidente se si considera che il regime contributivo delle pensioni di anzianità è stato introdotto per la prima volta in Italia il 1º gennaio 1996 e che esso è stato esteso alla maggioranza dei lavoratori a partire dal 1º gennaio 2012. Per contro, le decisioni controverse imporrebbero il sistema contributivo ai ricorrenti in relazione a un periodo di versamento dei contributi ben precedente al 1995, quando in Italia detto sistema contributivo non si applicava a nessuno.
65 Il Parlamento sostiene che i motivi di impugnazione dal primo al quarto devono essere respinti in quanto in parte irricevibili e in parte infondati.
2. Giudizio della Corte
a) Osservazioni preliminari
66 Con la prima censura, i ricorrenti contestano, sulla base delle norme interne del Parlamento, il mantenimento del regime dinamico dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati e sostengono che tale regime viola i loro diritti acquisiti a percepire una pensione di anzianità.
67 Pertanto, con tale censura, i ricorrenti contestano, in sostanza, la fondatezza dell’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale detta istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
68 Lo stesso vale per la seconda censura, nei limiti in cui con quest’ultima i ricorrenti sostengono che l’applicazione delle nuove regole di calcolo dell’importo della loro pensione non rispetta né il principio della certezza del diritto, poiché tali nuove regole violano i diritti acquisiti a percepire una pensione, né il principio di tutela del legittimo affidamento, il quale osta a qualsiasi riduzione dell’importo della pensione a cui i ricorrenti dovevano avere diritto aderendo volontariamente al regime istituito dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID.
69 Per contro, nei limiti in cui, con la seconda censura, i ricorrenti contestano al Tribunale di non aver tenuto conto, in primo luogo, del fatto che il Parlamento li ha informati tardivamente di una possibile applicazione della deliberazione n. 14/2018, in secondo luogo, del fatto che quest’ultima non menziona gli ex deputati europei interessati e, in terzo luogo, del fatto che la Camera dei deputati e il Senato hanno fornito rassicurazioni sull’immutabilità del diritto a pensione dei ricorrenti, essi non criticano, neppure indirettamente, elementi della motivazione della sentenza impugnata che costituiscono il necessario fondamento della decisione del Tribunale che conferma la fondatezza dell’interpretazione della norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
70 Per quanto riguarda la terza censura, nei limiti in cui, con essa, i ricorrenti addebitano al Tribunale di aver valutato la conformità delle decisioni controverse al diritto di proprietà sancito dalla Carta alla luce non già di un obiettivo riconosciuto dal diritto dell’Unione, bensì di quello perseguito dalla deliberazione n. 14/2018, essi contestano, in sostanza, la conformità al diritto dell’Unione dell’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
71 Per contro, i ricorrenti non contestano la fondatezza dell’interpretazione delle norme interne del Parlamento quando addebitano al Tribunale, in primo luogo, di non aver specificato il limite oltre il quale una modifica dell’importo della pensione di anzianità non rispetta più il contenuto essenziale del diritto di proprietà e comporta una violazione del diritto a pensione in quanto tale, in secondo luogo, di avere statuito che l’obiettivo invocato dal Parlamento per giustificare la violazione di tale diritto da parte delle decisioni controverse è espressamente menzionato nel preambolo della deliberazione n. 14/2018 e, in terzo luogo, di avere snaturato il metodo di calcolo delle pensioni previsto da detta deliberazione.
72 Per quanto riguarda la quarta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità, occorre rilevare che, con tale censura, i ricorrenti sostengono che la deliberazione n. 14/2018 non è conforme a tale principio a causa, in primo luogo, del metodo di calcolo delle pensioni previsto da tale deliberazione, in secondo luogo, delle conseguenze che tale metodo comporta nella situazione dei ricorrenti e, in terzo luogo, del contesto storico in cui si inserisce detta deliberazione. Pertanto, con tale censura, i ricorrenti non contestano, nemmeno indirettamente, l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
73 Ne consegue che i motivi di impugnazione dal primo al quarto devono essere esaminati solo nei limiti in cui, con essi, i ricorrenti criticano l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati, sulla base del rilievo che tale interpretazione, in primo luogo, non risulta da dette norme, in secondo luogo, non è conforme ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento e, in terzo luogo, non è conforme al diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta.
b) Nel merito
1) Sull’asserita violazione delle norme interne del Parlamento
74 I ricorrenti contestano, in sostanza, al Tribunale di aver statuito, al punto 99 della sentenza impugnata, che il Parlamento poteva validamente basarsi sulle sue norme interne per applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
75 Si deve rilevare, innanzitutto, che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo».
76 Come indicato, in sostanza, dal Tribunale al punto 86 della sentenza impugnata, dall’espressione «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente» risulta che il Parlamento è tenuto ad applicare agli ex deputati europei interessati le stesse regole di calcolo delle pensioni applicate ai componenti del parlamento nazionale dello Stato membro in cui tali ex deputati europei sono stati eletti. In altri termini, tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
77 Tale interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID è conforme all’obiettivo perseguito da detta disposizione, quale risulta dall’articolo 1, paragrafo 2, di tale allegato.
78 Infatti, quest’ultima disposizione stabilisce che possono ricevere la pensione prevista dall’articolo 2, paragrafo 1, di detto allegato solo gli ex deputati europei il cui regime pensionistico nello Stato membro nel quale sono stati eletti non preveda alcun trattamento pensionistico, o il cui livello e/o le cui modalità di calcolo della pensione alla quale hanno diritto non coincidano esattamente con quelli applicabili ai membri del parlamento nazionale.
79 Pertanto, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID ha essenzialmente lo scopo di consentire agli ex deputati europei che si trovino nella situazione contemplata all’articolo 1, paragrafo 2, di tale allegato di ricevere lo stesso trattamento dei deputati europei il cui regime pensionistico nazionale prevedeva una pensione di anzianità il cui livello e/o le cui modalità di calcolo coincidevano esattamente con quelli applicabili ai membri del loro parlamento nazionale.
80 L’interpretazione di tale disposizione nel senso che essa impone al Parlamento di applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati determina dunque come conseguenza che questi ultimi sono soggetti, al pari degli altri ex deputati europei, alle modifiche apportate alle regole di calcolo dell’importo delle pensioni dei membri del loro parlamento nazionale.
81 Inoltre, il regime pensionistico introdotto dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID è stato mantenuto, in forza delle misure di attuazione, dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, per quanto riguarda gli ex deputati europei interessati che avevano iniziato a percepire una pensione di anzianità sulla base di detto regime prima di tale entrata in vigore.
82 L’articolo 74 delle misure di attuazione stabilisce, da un lato, che la regolamentazione SID giunge a scadenza il giorno in cui entra in vigore detto Statuto, ma anche, dall’altro, che tale abrogazione fa salve le disposizioni transitorie di cui al titolo IV di dette misure, e in particolare l’articolo 75 delle stesse.
83 A norma dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione, le pensioni di anzianità concesse ai sensi dell’allegato III della regolamentazione SID continuano a essere versate ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati.
84 Come rilevato dal Tribunale al punto 88 della sentenza impugnata, dalla formulazione di tale disposizione, e più precisamente dal carattere imperativo dell’espressione «continuano a essere versate in applicazione dell’[allegato III della regolamentazione SID]», nonché dall’uso del presente indicativo in tale formulazione si deve dedurre che il regime dinamico rimane applicabile agli ex deputati europei interessati dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati.
85 Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto constatando, al punto 81 della sentenza impugnata, che le disposizioni dell’allegato III della regolamentazione SID non sono state abrogate a seguito dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati.
86 L’interpretazione dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione secondo cui il regime dinamico rimane applicabile agli ex deputati europei interessati dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati non è inficiata, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, né dal paragrafo 2 di tale articolo, né dal considerando 7 delle misure di attuazione, né dall’articolo 28 dello Statuto dei deputati.
87 Per quanto riguarda, anzitutto, l’articolo 75, paragrafo 2, prima frase, delle misure di attuazione, quest’ultimo prevede che «[i] diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto [dei deputati] in applicazione dell’allegato III [della regolamentazione SID] restano acquisiti».
88 Orbene, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, da tale disposizione non si può dedurre alcuna garanzia né per quanto riguarda la corresponsione di una pensione di anzianità calcolata sulla base delle regole di calcolo delle pensioni nazionali applicabili alla data di entrata in vigore dello Statuto dei deputati, né per quanto riguarda la corresponsione di un importo di pensione fisso e immutabile al momento dell’adesione al regime pensionistico introdotto dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID.
89 Il Tribunale ha giustamente rilevato, al punto 146 della sentenza impugnata, che lo Statuto dei deputati e le misure di attuazione hanno introdotto due regimi pensionistici successivi che comportano due tipi di diritti a pensione, vale a dire, da un lato, i diritti a pensione di anzianità maturati fino al 14 luglio 2009, data di entrata in vigore di detto Statuto, sulla base delle norme interne del Parlamento, e, dall’altro, i diritti a pensione di anzianità maturati a partire da tale data, sul fondamento dell’articolo 49 delle misure di attuazione.
90 In tale contesto, l’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione si applica, come ha constatato il Tribunale al punto 92 della sentenza impugnata, agli ex deputati europei interessati, tra cui alcuni dei ricorrenti, che hanno versato contributi al bilancio dell’Unione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, dell’allegato III della regolamentazione SID e avevano iniziato a percepire una pensione di anzianità prima dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, mentre l’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione si applica ai deputati europei che, pur avendo anch’essi versato siffatti contributi, non avevano ancora iniziato a percepire una pensione di anzianità alla data di entrata in vigore dello Statuto dei deputati.
91 Infatti, ai sensi della seconda frase dell’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione, «[i] titolari che hanno maturato diritti in [applicazione dell’allegato III della regolamentazione SID] beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione [di detto allegato], purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».
92 Poiché l’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, delle misure di attuazione stabilisce delle condizioni che gli ex deputati europei devono soddisfare per beneficiare di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III della regolamentazione SID, tale disposizione non è destinata ad applicarsi agli ex deputati europei che hanno iniziato a beneficiare di una pensione in applicazione di tale allegato prima dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, come i ricorrenti.
93 Inoltre, poiché la seconda frase dell’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione prevede che gli ex deputati europei interessati beneficino di una pensione di anzianità in applicazione dell’allegato III della regolamentazione SID sulla base dei diritti acquisiti, occorre intendere la nozione di «diritti alla pensione di anzianità maturati», ai sensi di tale articolo 75, paragrafo 2, come giustamente sottolineato dal Tribunale, in sostanza, al punto 91 della sentenza impugnata, quale riferita ai diritti a pensione derivanti dai contributi versati individualmente da ciascuno degli ex deputati europei interessati e che costituiscono la base per il calcolo della pensione di anzianità corrisposta loro in virtù dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID. Tale nozione non può pertanto essere intesa come riferita a un preteso diritto a percepire un importo fisso e immutabile di pensione di anzianità, calcolato sulla base delle norme nazionali vigenti al momento dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati o al momento dell’adesione al regime pensionistico introdotto da tale disposizione.
94 Per quanto riguarda poi il considerando 7 delle misure di attuazione, quest’ultimo enuncia, da un lato, che «i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID [devono poter] continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio [della tutela] del legittimo affidamento», e, dall’altro, che «[o]ccorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto [dei deputati]».
95 Da detto considerando si evince che quest’ultimo precisa che le prestazioni concesse sulla base di tale regolamentazione continuano ad essere corrisposte, senza che da ciò si possa dedurre che detta regolamentazione cessi di applicarsi dopo tale data.
96 Pertanto, la nozione di «diritti alla pensione acquisiti» ha, in tale considerando, la medesima portata che essa riveste all’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione, come precisata al punto 93 della presente sentenza.
97 Nell’ambito di tale esame delle norme interne del Parlamento il Tribunale ha potuto constatare, al punto 90 della sentenza impugnata, senza commettere alcun errore di diritto, che le norme interne del Parlamento non ledono i diritti a pensione acquisiti.
98 Infine, per quanto riguarda l’articolo 28 dello Statuto dei deputati, come il Tribunale ha giustamente rilevato al punto 93 della sentenza impugnata, tale disposizione si applica ai diritti a pensione acquisiti dagli ex deputati europei non già sulla base dell’allegato III della regolamentazione SID, bensì in virtù di regimi pensionistici nazionali. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, detta disposizione non incide, in quanto tale, sull’interpretazione dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione.
99 Pertanto, sia dalla formulazione che dal contesto e dalla finalità delle norme interne del Parlamento risulta che, al punto 99 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto dichiarando che il Parlamento aveva potuto validamente basarsi sulle sue norme interne per applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
2) Sull’asserita violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, nonché del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta
100 I ricorrenti sostengono che l’interpretazione delle norme interne del Parlamento accolta dal Tribunale viola i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, nonché il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta.
101 Secondo un principio ermeneutico generale, un atto dell’Unione deve essere interpretato, per quanto possibile, in un modo che non pregiudichi la sua validità e in conformità con l’insieme del diritto primario e, segnatamente, con le disposizioni della Carta. Pertanto, qualora un testo di diritto derivato dell’Unione si presti a più di un’interpretazione, occorre preferire quella che rende la disposizione conforme al diritto primario anziché quella che porta a constatare la sua incompatibilità con quest’ultimo (sentenza del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, C‑817/19, EU:C:2022:491, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).
102 Per quanto riguarda, anzitutto, il principio della tutela del legittimo affidamento, i ricorrenti sostengono che il fatto di avere aderito al regime pensionistico istituito dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID garantisce loro, in forza di tale principio, che l’importo della loro pensione di anzianità sia calcolato secondo le modalità in vigore al momento della loro adesione a tale regime.
103 Secondo la giurisprudenza della Corte, nessuno può utilmente invocare la violazione di tale principio in assenza di precise assicurazioni che gli siano state fornite dall’amministrazione. La possibilità di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento è offerta ad ogni persona nei cui confronti un’istituzione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Costituiscono a tal proposito assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate, eventuali informazioni precise, incondizionate e concordanti che provengano da fonti autorizzate ed affidabili (v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA, C‑419/17 P, EU:C:2019:52, punti 69 e 70 nonché giurisprudenza ivi citata).
104 Per contro, qualora una persona prudente ed avveduta sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, essa non può invocare il beneficio del principio della tutela del legittimo affidamento nel caso in cui detto provvedimento venga adottato (v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA, C‑419/17 P, EU:C:2019:52, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).
105 Il fatto che i ricorrenti abbiano aderito al regime pensionistico istituito dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID non ha per questo conferito loro il diritto di percepire un importo di pensione di anzianità prevedibile, fisso e immutabile al momento della loro adesione a tale regime. Infatti, come ha giustamente dichiarato il Tribunale ai punti 211 e 212 della sentenza impugnata, l’unica assicurazione precisa e incondizionata che il Parlamento era in grado di dare loro era quella secondo cui, in base alle sue norme interne, essi avrebbero percepito una pensione di anzianità il cui livello e le cui modalità sarebbero stati identici a quelli applicabili ai componenti del parlamento nazionale dello Stato membro in cui erano stati eletti, in conformità al regime dinamico.
106 Ne consegue che l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati è conforme al principio della tutela del legittimo affidamento.
107 Per quanto riguarda, poi, il diritto di proprietà, i ricorrenti deducono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, al punto 171 della sentenza impugnata, stabilendo che la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito dalle decisioni controverse non poteva prescindere dagli scopi che avevano presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018.
108 Si deve ricordare che, al punto 163 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, anche se le decisioni controverse non comportano una pura e semplice privazione delle pensioni dei ricorrenti, resta il fatto che esse ne riducono l’importo, restringendo perciò il loro diritto di proprietà.
109 In seguito, ai punti da 164 a 179 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato se tale restrizione soddisfacesse le condizioni dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, richiamate al punto 157 della stessa sentenza. A tal riguardo, al punto 171 di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito dalle decisioni controverse non poteva essere svolta senza prendere in considerazione gli scopi che avevano presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018. Entro questi limiti, al termine dell’esame della conformità di dette decisioni al diritto di proprietà, cui esso ha proceduto, ai punti da 172 a 178 della stessa sentenza, tenendo conto degli scopi suddetti, il Tribunale ha ritenuto, al punto 180 della sua pronuncia, che la censura relativa alla violazione del diritto di proprietà dovesse essere respinta.
110 Secondo la giurisprudenza della Corte, la portata di tale diritto deve, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, essere determinata prendendo in considerazione l’articolo 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale sancisce tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 49).
111 Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che i diritti derivanti dal versamento di contributi a un regime previdenziale costituiscono diritti patrimoniali ai fini di tale articolo 1 (sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50).
112 Inoltre, una riduzione dell’importo di una pensione di anzianità che può incidere sulla qualità della vita dell’interessato costituisce una restrizione del suo diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte EDU, 1° settembre 2015, Da Silva Carvalho Rico c. Portogallo, CE:ECHR:2015:0901DEC001334114, § 33).
113 Poiché l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati può comportare una siffatta riduzione dell’importo della pensione di questi ultimi, tale interpretazione può implicare una restrizione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta.
114 Orbene, il diritto di proprietà non è assoluto e il suo esercizio può quindi essere oggetto di restrizioni, purché, in particolare, queste ultime siano giustificate da obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
115 Infatti, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, una limitazione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta medesima è conforme a quest’ultima disposizione a condizione che sia prevista dalla legge, che rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprietà e che, nel rispetto del principio di proporzionalità, sia necessaria e risponda effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
116 Al riguardo, si deve rammentare, in primo luogo, che il requisito secondo cui qualsiasi limitazione nell’esercizio dei diritti fondamentali deve essere prevista dalla legge implica che l’atto stesso che consente l’ingerenza in tali diritti deve definire la portata della limitazione dell’esercizio del diritto considerato, fermo restando, da un lato, che tale requisito non esclude che la limitazione in questione sia formulata in termini sufficientemente ampi, in modo da potersi adattare a fattispecie diverse nonché ai cambiamenti di situazione, e, dall’altro, che la Corte può, se del caso, precisare, in via interpretativa, la portata concreta della limitazione sulla scorta sia dei termini stessi della normativa dell’Unione in discussione, sia dell’impianto sistematico di quest’ultima e degli obiettivi che essa persegue, come interpretati alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (sentenza del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, C‑817/19, EU:C:2022:491, punto 114).
117 Come rilevato al punto 99 della presente sentenza, risulta tanto dalla formulazione quanto dal contesto e dalla finalità delle norme interne del Parlamento, le quali hanno portata generale nei confronti dei deputati europei e possono quindi essere considerate come l’equivalente, a livello interno di tale istituzione, di una «legge», ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta [v., per analogia, parere 1/15 (Accordo PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punti 145 e 146], che detta istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
118 In secondo luogo, il Tribunale, in qualità di giudice di merito, ha potuto accertare senza commettere alcun errore di diritto, ai punti 160 e 179 della sentenza impugnata, che i ricorrenti non avevano fornito elementi concreti in grado di dimostrare che la riduzione dell’importo delle loro pensioni violasse il contenuto essenziale del loro diritto di proprietà o dovesse essere qualificata come sproporzionata.
119 Per quanto riguarda, in terzo luogo, la questione se il regime dinamico e le riduzioni degli importi delle pensioni che ne possono derivare siano necessari e rispondano effettivamente a uno o più obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione, si deve constatare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, al punto 171 della sentenza impugnata, allorché ha rilevato che, tenuto conto dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, l’adozione delle decisioni controverse dipendeva necessariamente dalle scelte operate dalle autorità italiane competenti, cosicché «la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito [dalle decisioni controverse] non [poteva] prescindere dagli scopi che hanno presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018».
120 Infatti, gli obiettivi perseguiti dalla deliberazione n. 14/2018, applicabile agli ex deputati europei interessati in forza del regime dinamico, sono di natura puramente nazionale. In quanto tali, non possono perciò giustificare una riduzione dell’importo delle pensioni di anzianità, poiché tali somme sono versate in base a un regime pensionistico istituito ai sensi non già del diritto nazionale, bensì del diritto dell’Unione e sono a carico del bilancio dell’Unione.
121 Pertanto, il Tribunale ha errato anche laddove, ai punti da 172 a 178 della sentenza impugnata, ha preso in considerazione gli obiettivi perseguiti da tale deliberazione nazionale, al fine di esaminare se la violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti derivante dalle decisioni controverse fosse giustificata.
122 È necessario tuttavia ricordare che, se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione siffatta non è tale da comportare l’annullamento di detta sentenza e occorre procedere a una sostituzione della motivazione e respingere l’impugnazione (sentenza del 14 dicembre 2023, Commissione/Amazon.com e a., C‑457/21 P, EU:C:2023:985, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
123 Si deve pertanto verificare se il rigetto della censura vertente su una violazione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta appaia fondato per motivi di diritto diversi da quelli inficiati dall’errore individuato ai punti 119 e 121 della presente sentenza.
124 A tal proposito, occorre rilevare che l’applicazione del regime dinamico agli ex deputati europei che si trovano nella situazione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III della regolamentazione SID persegue un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione, in quanto essa mira, come risulta dal punto 79 della presente sentenza, a garantire lo stesso trattamento, da un lato, ai deputati europei che non beneficiavano di un regime pensionistico nello Stato membro nel quale erano stati eletti oppure beneficiavano di un regime pensionistico il cui livello e/o le cui modalità di calcolo della pensione non coincidevano esattamente con quelli applicabili ai membri del parlamento nazionale e, dall’altro, ai deputati europei il cui regime pensionistico nazionale prevedeva un siffatto livello e/o modalità di calcolo della pensione che coincidevano esattamente con quelli applicabili ai membri del parlamento nazionale.
125 L’applicazione del regime dinamico agli ex deputati europei interessati risponde effettivamente a tale obiettivo di parità di trattamento, in quanto ha l’effetto di sottoporre, in ogni momento, le due categorie di deputati europei menzionate al punto precedente alle norme nazionali relative al calcolo delle pensioni di anzianità dei componenti del parlamento nazionale dello Stato membro interessato.
126 Tale applicazione era inoltre necessaria per conseguire detto obiettivo, poiché solo un allineamento dell’importo e/o delle modalità di calcolo della pensione come quello previsto all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 2, di tale allegato, poteva garantire la parità di trattamento delle suddette categorie di deputati europei.
127 Risulta quindi che, nonostante l’errore di diritto individuato ai punti 119 e 121 della presente sentenza, il rigetto della censura vertente su una violazione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta è fondato, in quanto la restrizione del diritto di proprietà in questione soddisfa tutte le condizioni stabilite dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.
128 Infine, per quanto riguarda il principio della certezza del diritto, i ricorrenti sostengono che la distinzione tra «diritti a pensione acquisiti» e «importo delle pensioni», effettuata dal Tribunale, porta alla conclusione erronea che il regime dinamico sia conforme a tale principio.
129 Nell’ambito del suo esame della conformità delle decisioni controverse al principio della certezza del diritto, il Tribunale ha ricordato, al punto 196 della sentenza impugnata, che dai punti da 81 a 97 di tale sentenza risultava già che i «diritti a pensione acquisiti» dovevano essere distinti dall’«importo delle pensioni». A tal proposito, il Tribunale ha indicato che, se i «diritti a pensione» sono definitivamente acquisiti e non possono essere modificati, e se le pensioni di anzianità continuano ad essere corrisposte, nulla ostava a che gli importi di dette pensioni fossero adeguati al rialzo o al ribasso, adeguamento che il Parlamento era tenuto ad effettuare nel caso di specie, in considerazione del suo obbligo di applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
130 Al punto 206 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso la sua analisi dichiarando che i ricorrenti non avevano dimostrato che il principio della certezza del diritto fosse stato violato nel caso di specie. Infatti, le norme interne del Parlamento implicavano che i nuovi importi delle pensioni di anzianità dei ricorrenti entrassero in vigore il 1º gennaio 2019. Orbene, il Tribunale ha rammentato che dette norme interne erano ampiamente anteriori al 1º gennaio 2019 e non successive a tale data. Inoltre, i ricorrenti non avevano dimostrato né sostenuto che il Parlamento avesse applicato tali nuovi importi prima del 1º gennaio 2019, vale a dire prima della data stabilita a tal fine dalla deliberazione n. 14/2018. Infine, secondo il Tribunale, sin dal gennaio 2019 il Parlamento aveva informato i ricorrenti di una possibile applicazione delle norme della deliberazione n. 14/2018 nei loro confronti e ciò sarebbe stato loro confermato dalla stessa istituzione nel febbraio 2019. Il Tribunale ne ha dedotto che i ricorrenti erano stati informati della modifica delle regole applicabili al calcolo dell’importo della loro pensione di anzianità prima che le decisioni controverse fossero adottate.
131 A tal riguardo, si deve ricordare che il principio della certezza del diritto esige che una normativa dell’Unione consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro, e che tali interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza del 9 novembre 2023, Global Silicones Council e a./Commissione, C‑558/21 P, EU:C:2023:839, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).
132 Pertanto, le leggi successive che modificano la legge precedente si applicano, salvo deroga, agli effetti futuri delle situazioni sorte in vigenza di quest’ultima legge. Una soluzione diversa è ammissibile solo per le situazioni sorte e definitivamente compiute nella vigenza della normativa precedente, le quali creano diritti acquisiti. Un diritto è considerato acquisito qualora il fatto generatore del medesimo si sia verificato prima della modifica legislativa. Ciò non avviene nel caso di un diritto il cui fatto costitutivo non si sia compiuto nella vigenza della normativa che è stata modificata (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento, C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).
133 Per quanto riguarda, in particolare, il diritto a percepire una pensione di anzianità, quest’ultimo può considerarsi acquisito, in linea di principio, soltanto nel momento in cui si realizza il fatto generatore di tale diritto, vale a dire nel momento in cui la pensione diventa esigibile (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento, C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punti da 85 a 87).
134 Ciò non implica, tuttavia, che qualsiasi modifica apportata alle modalità di calcolo di una pensione che comporti una riduzione di tale importo, applicata sulla base di una normativa adottata dopo che la pensione è diventata esigibile, costituisca una violazione di tali diritti acquisiti.
135 Al riguardo, occorre ricordare che non esiste, nel diritto dell’Unione, alcun principio secondo il quale i diritti acquisiti non possono in alcun caso essere modificati o ridotti. È possibile, a determinate condizioni, modificare tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento, C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punti 88 e 89).
136 Nel caso di specie, il Tribunale ha potuto correttamente concludere, sulla base degli elementi illustrati in particolare al punto 206 della sentenza impugnata, che l’applicazione del regime dinamico, come prevista dall’allegato III della regolamentazione SID e dall’articolo 75 delle misure di attuazione, è compatibile con il principio della certezza del diritto.
137 Alla luce di tutto quanto precede, i motivi di impugnazione dal primo al quarto devono essere respinti, in quanto in parte infondati e in parte inoperanti, nei limiti in cui con gli stessi i ricorrenti contestano l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati.
C. Sul quinto motivo di impugnazione, vertente sull’errata interpretazione dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento
1. Argomenti delle parti
138 I ricorrenti sostengono che, ai punti da 70 a 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente concluso che il capo unità era competente ad adottare le decisioni controverse, in quanto titolare di una valida subdelega.
139 Da un lato, dalle informazioni fornite all’udienza dinanzi al Tribunale risulterebbe che le decisioni controverse sarebbero state adottate, di fatto, dal servizio giuridico del Parlamento, poiché detto capo unità si sarebbe rimesso alla valutazione di tale servizio e non avrebbe personalmente svolto alcuna analisi né avrebbe elaborato alcuna motivazione propria. Dall’altro lato, le decisioni controverse avrebbero dovuto essere adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, in quanto sarebbero atti di straordinaria amministrazione. Infatti, poiché tali decisioni si riferirebbero a una situazione nuova, complessa e imprevista, confermata peraltro dall’intervento del servizio giuridico del Parlamento, la loro conformità a norme e principi di rango superiore dell’ordinamento giuridico dell’Unione avrebbe dovuto essere verificata prima della loro adozione. Pertanto, non si tratterebbe di decisioni puramente tecniche, delegabili a un capo unità.
140 Il Parlamento sostiene che il quinto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.
2. Giudizio della Corte
a) Osservazioni preliminari
141 Con il quinto motivo di impugnazione i ricorrenti contestano, in particolare, la competenza del capo unità ad adottare le decisioni controverse. Tenuto conto della giurisprudenza ricordata al punto 37 della presente sentenza, occorre esaminare la fondatezza di tale censura in quanto, con essa, i ricorrenti deducono un’illegittimità che rischia di essere ripetuta in futuro.
142 Per contro, la censura, anch’essa sollevata nell’ambito di tale quinto motivo di impugnazione, con la quale i ricorrenti contestano al capo unità di non aver elaborato alcuna analisi né alcuna motivazione diversa da quella contenuta nel parere del servizio giuridico, equivale a presentare alla Corte un’asserzione fattuale che quest’ultima non può, in assenza di un argomento relativo a uno snaturamento dei fatti o a un errore di diritto commesso dal Tribunale, esaminare nel contesto dell’impugnazione.
143 Infatti, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione deve limitarsi alle questioni di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso del loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 28 settembre 2023, Changmao Biochemical Engineering/Commissione, C‑123/21 P, EU:C:2023:708, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).
144 Ne consegue che il quinto motivo di impugnazione deve essere esaminato nel merito nei limiti in cui contiene una censura vertente sull’incompetenza di detto capo unità ad adottare le decisioni controverse, e che tale motivo è irricevibile per il resto.
b) Nel merito
145 Occorre rilevare che il Tribunale ha constatato, al punto 71 della sentenza impugnata, che il capo dell’unità era stato nominato ordinatore subdelegato per la linea di bilancio 1030, relativa alle pensioni di anzianità di cui all’allegato III della regolamentazione SID, con la decisione FINS/2019-01 del direttore generale delle finanze del Parlamento del 23 novembre 2018 e che tale decisione indica espressamente che il capo unità è autorizzato a procedere, in particolare, all’accertamento degli impegni giuridici e degli impegni di bilancio, alla liquidazione delle spese e all’emissione degli ordini di pagamento, ma anche all’accertamento delle previsioni dei crediti, all’accertamento dei diritti da recuperare e all’emissione degli ordini di riscossione.
146 Al punto 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha segnatamente rilevato che le regole fissate dalle misure di attuazione e dalla regolamentazione SID, come adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, non sono state modificate dal capo unità, ma soltanto applicate da quest’ultimo.
147 Ciò premesso, il Tribunale ha dichiarato, al punto 73 della sentenza impugnata, che il capo unità era competente ad adottare le decisioni controverse.
148 La decisione FINS/2019-01 del direttore generale delle finanze del Parlamento del 23 novembre 2018, nei limiti in cui autorizza il capo unità a procedere, in particolare, all’accertamento degli impegni giuridici e degli impegni di bilancio, alla liquidazione delle spese e all’emissione degli ordini di pagamento, ma anche all’accertamento delle previsioni dei crediti, all’accertamento dei diritti da recuperare e all’emissione degli ordini di riscossione, è redatta in modo sufficientemente ampio da comprendere le situazioni invocate dai ricorrenti, vale a dire situazioni nuove, complesse e impreviste nei settori delegati.
149 Inoltre, i ricorrenti non deducono che detta decisione contenga una riserva concernente la competenza ad applicare il diritto primario dell’Unione e, in particolare, le disposizioni della Carta, nell’ambito dell’adozione di decisioni rientranti in tali settori.
150 Peraltro, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, l’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento non contiene alcuna riserva di competenza in materia a favore dell’Ufficio di presidenza del Parlamento. Infatti, secondo tale disposizione «[l]’Ufficio di presidenza adotta decisioni di carattere finanziario, organizzativo e amministrativo concernenti i deputati, su proposta del Segretario generale o di un gruppo politico». Da detta disposizione non può neppure essere dedotta una pretesa distinzione tra gli atti di straordinaria amministrazione, la cui adozione sarebbe riservata all’Ufficio di presidenza del Parlamento, e gli atti di ordinaria amministrazione, che sarebbero stati delegati al capo unità.
151 Pertanto, la censura vertente sull’incompetenza del capo dell’unità è infondata.
152 Ne consegue che il quinto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.
D. Sul sesto motivo di impugnazione, vertente su un errore di diritto commesso dal Tribunale nella valutazione della motivazione delle decisioni controverse
1. Argomenti delle parti
153 I ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nella valutazione della motivazione delle decisioni controverse.
154 Poiché il Parlamento ha l’obbligo di esaminare la conformità alle norme di rango superiore del diritto dell’Unione, tale esame avrebbe dovuto essere accompagnato da una motivazione al riguardo. Il parere del servizio giuridico invocato dal Parlamento non sarebbe sufficiente a tal fine, in quanto, da un lato, esso non sarebbe menzionato nelle decisioni controverse né allegato a queste ultime e, dall’altro, conterrebbe solo un esame molto parziale e sommario del rispetto delle norme di rango superiore e dei principi fondamentali dell’Unione.
155 Inoltre, ai punti 57 e 178 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente stabilito che l’articolo 1, comma 7, della deliberazione n. 14/2018 garantiva la complessiva proporzionalità dell’intervento, consentendo di aumentare l’importo della pensione di persone che non percepiscono altri redditi annui e che sono affette da patologie gravi. Tali aumenti avrebbero una portata limitata e tale disposizione della deliberazione n. 14/2018 non potrebbe costituire una clausola di salvaguardia valida a favore di altre persone non contemplate dalla stessa. Peraltro, detta disposizione sarebbe stata annullata dal Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, cosicché il Tribunale avrebbe fondato la sua valutazione della proporzionalità su una disposizione inesistente.
156 Il Parlamento sostiene che il sesto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto irricevibile e, in subordine, in quanto infondato.
2. Giudizio della Corte
a) Osservazioni preliminari
157 Con il sesto motivo di impugnazione, i ricorrenti censurano il Tribunale per non aver accertato che il Parlamento ha violato il proprio obbligo di motivare le decisioni controverse. Secondo i ricorrenti, il Parlamento era tenuto non solo a verificare se l’applicazione della deliberazione n. 14/2018 fosse conforme al diritto dell’Unione, ma anche a indicare espressamente, nelle decisioni controverse, le ragioni per cui riteneva che così fosse nel caso in esame. Il Tribunale avrebbe erroneamente considerato pertinente l’analisi della deliberazione n. 14/2018 contenuta nel parere del servizio giuridico e relativa in particolare alla proporzionalità di tale deliberazione.
158 Tale motivo di impugnazione riguarda l’interpretazione delle norme interne del Parlamento, in quanto è volto a contestare che, in virtù di dette norme, un regime pensionistico nazionale possa essere applicato automaticamente agli ex deputati europei, senza una valutazione motivata della conformità di tale applicazione al diritto dell’Unione.
159 Pertanto, il sesto motivo di impugnazione deve essere esaminato nel merito.
b) Nel merito
160 Come risulta dall’esame dei motivi dal primo al quarto della presente impugnazione, il Tribunale ha potuto giustamente constatare, ai punti 86 e 89 della sentenza impugnata, che il Parlamento era tenuto ad applicare ai ricorrenti le stesse norme relative al livello e alle modalità delle pensioni previste dal diritto italiano.
161 Il Tribunale ha del pari giustamente indicato, agli stessi punti, che il Parlamento può sottrarsi a tale obbligo nell’ipotesi in cui una siffatta applicazione comporti la violazione di una norma di rango superiore del diritto dell’Unione, come un principio generale di tale diritto o una disposizione della Carta.
162 Pertanto, sebbene i ricorrenti evidenzino giustamente che il Parlamento deve garantire che l’applicazione delle sue norme interne, consistente nell’adeguare le pensioni dei suoi ex deputati a seconda dell’evoluzione dei regimi nazionali, non sia in contrasto con i principi generali del diritto dell’Unione o con la Carta, da ciò non consegue tuttavia che le decisioni controverse dovessero esporre le ragioni per cui il Parlamento riteneva che l’adeguamento in questione fosse conforme a tali principi e alla Carta.
163 Al riguardo, occorre rammentare che l’obbligo di motivazione degli atti giuridici dell’Unione, previsto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione di un atto non deve dunque necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto che possano essere considerati pertinenti [sentenza del 30 gennaio 2024, Agentsia «Patna infrastruktura» (Finanziamento europeo di infrastrutture stradali), C‑471/22, EU:C:2024:99, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].
164 Alla luce di tale giurisprudenza, si deve certo rilevare che incombeva all’autore delle decisioni controverse esporre in queste ultime le ragioni, attinenti alle norme interne del Parlamento, che avevano indotto tale istituzione ad adeguare le pensioni dei destinatari di dette decisioni.
165 Per contro, non si poteva pretendere da tale autore che esso precisasse, inoltre, le ragioni per cui il Parlamento riteneva che i principi generali del diritto dell’Unione e la Carta non ostassero alla sua decisione. Attribuire una siffatta portata all’obbligo di motivazione equivarrebbe a imporre all’autore dell’atto di indicare non solo le ragioni della sua decisione, ma anche le ragioni per cui ha ritenuto di non doversi astenere dall’adottarla. Orbene, fatte salve situazioni specifiche che sono estranee al caso di specie, non si può considerare necessario, al fine di comprendere la motivazione dell’autore dell’atto, che lo stesso fornisca un’analisi della conformità della sua decisione ai principi generali del diritto dell’Unione e alla Carta.
166 Ne consegue che il sesto motivo d’impugnazione è infondato.
167 Poiché tutti i motivi dedotti dai ricorrenti a sostegno della loro impugnazione sono stati rigettati, occorre respingere quest’ultima nella sua interezza.
VI. Sulle spese
168 Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. In conformità all’articolo 138, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
169 Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Parlamento.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:
1) L’impugnazione è respinta.
2) I sigg. Giacomo Santini, Marco Cellai, Domenico Ceravolo e Natalino Gatti, la sig.ra Rosa Maria Avitabile, in qualità di erede del sig. Antonio Mazzone, i sigg. Luigi Moretti e Gabriele Sboarina, le sig.re Lina Wuhrer, Patrizia Capraro e Luciana Meneghini, in qualità di erede del sig. Ferruccio Pisoni, sono condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Parlamento europeo.
Lycourgos |
Spineanu-Matei |
Bonichot |
Rodin |
Rossi |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 settembre 2024.
Il cancelliere |
Il presidente di sezione |
A. Calot Escobar |
C. Lycourgos |
* Lingua processuale: l’italiano.
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione) 19 settembre 2024 (*)
« Impugnazione – Diritto istituzionale – Statuto unico del deputato europeo – Deputati europei eletti in circoscrizioni italiane – Adozione di una deliberazione in materia di trattamenti pensionistici da parte della Camera dei deputati italiana – Modifica dell’importo delle pensioni dei deputati nazionali italiani – Corrispondente modifica, da parte del Parlamento europeo, dell’importo delle pensioni di taluni ex deputati europei eletti in Italia – Sostituzione delle decisioni del Parlamento – Persistenza dell’interesse ad agire per l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea » Nella causa C‑198/21 P, avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 29 marzo 2021, Giacomo Santini, residente a Trento (Italia), Marco Cellai, residente a Firenze (Italia), Domenico Ceravolo, residente a Noventa Padovana (Italia), Natalino Gatti, residente a Nonantola (Italia), Rosa Maria Avitabile, in qualità di erede di Antonio Mazzone, residente a Napoli (Italia), Luigi Moretti, residente a Nembro (Italia), Gabriele Sboarina, residente a Verona (Italia), Lina Wuhrer, residente a Brescia (Italia), Patrizia Capraro, residente a Roma (Italia), Luciana Meneghini, in qualità di erede di Ferruccio Pisoni, residente a Trento, rappresentati da M. Paniz, avvocato, ricorrenti, procedimento in cui l’altra parte è: Parlamento europeo, rappresentato da S. Alves e S. Seyr, in qualità di agenti, convenuto in primo grado, LA CORTE (Quarta Sezione), composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, O. Spineanu-Matei, J.‑C. Bonichot, S. Rodin (relatore) e L.S. Rossi, giudici, avvocato generale: J. Kokott cancelliere: A. Calot Escobar vista la fase scritta del procedimento, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2024, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 Con la loro impugnazione, i sigg. Giacomo Santini, Marco Cellai, Domenico Ceravolo e Natalino Gatti, la sig.ra Rosa Maria Avitabile, in qualità di erede del sig. Antonio Mazzone, i sigg. Luigi Moretti e Gabriele Sboarina, nonché le sig.re Lina Wuhrer, Patrizia Capraro e Luciana Meneghini in qualità di erede del sig. Ferruccio Pisoni, chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 10 febbraio 2021, Santini e a./Parlamento (T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19, EU:T:2021:78; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale tale tribunale ha respinto il loro ricorso diretto, da un lato, all’annullamento delle note dell’11 aprile 2019 nonché, per quanto riguarda la sig.ra Meneghini, in qualità di erede del sig. Pisoni, dell’8 maggio 2019, redatte, per ciascuno dei ricorrenti, dal Parlamento europeo (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni controverse») e concernenti l’adeguamento dell’importo delle pensioni di cui i ricorrenti beneficiano a seguito dell’entrata in vigore, il 1º gennaio 2019, della deliberazione n. 14/2018 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia), del 12 luglio 2018 (in prosieguo: la «deliberazione n. 14/2018»), e, dall’altro, ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito dai ricorrenti in conseguenza di tali atti. I. Contesto normativo A. Diritto dell’Unione 1. Regolamentazione SID 2 L’articolo 1 dell’allegato III della regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo, nella versione in vigore fino al 14 luglio 2009 (in prosieguo: la «regolamentazione SID»), recitava nel modo seguente: «1. Tutti i deputati al Parlamento europeo hanno diritto ad una pensione di cessata attività. 2. In attesa dell’istituzione di un regime pensionistico comunitario definitivo per tutti i deputati al Parlamento europeo e qualora il regime nazionale non preveda il pensionamento o il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidano esattamente con quelli applicabili ai deputati al parlamento nazionale dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo, può essere erogata, su richiesta del deputato interessato, una pensione provvisoria di cessata attività a carico del bilancio dell’Unione europea, sezione Parlamento». 3 L’articolo 2 dell’allegato III della regolamentazione SID così disponeva: «1. L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quell[i] della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo. 2. Il deputato che beneficia delle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, è tenuto, aderendo al presente regime, a versare al bilancio dell’Unione europea un contributo calcolato in modo da corrispondere complessivamente a quello pagato da un Membro della Camera Bassa dello Stato membro in cui è stato eletto». 4 Ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, dell’allegato III della regolamentazione SID: «1. La richiesta di adesione al presente regime pensionistico provvisorio deve essere presentata entro dodici mesi dall’inizio del mandato dell’interessato. Dopo tale termine, la data a partire dalla quale l’adesione al regime pensionistico ha effetto è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda. 2. La domanda di liquidazione della pensione deve essere presentata entro sei mesi dopo la maturazione di tale diritto. Dopo tale termine, la data a partire dalla quale ha effetto la prestazione pensionistica è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda». 2. Statuto dei deputati 5 L’articolo 25, paragrafi 1 e 2, della decisione 2005/684/CE, Euratom, del Parlamento europeo, del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU 2005, L 262, pag. 1; in prosieguo: lo «Statuto dei deputati»), entrato in vigore il 14 luglio 2009, così recita: «1. Per quanto riguarda l’indennità, l’indennità transitoria e le diverse categorie di pensioni, i deputati già in carica e rieletti prima dell’entrata in vigore del presente statuto possono optare, per l’intera durata dell’attività parlamentare, per il regime nazionale in vigore. 2. I versamenti sono a carico del bilancio dello Stato membro». 6 L’articolo 28, paragrafo 1, dello Statuto dei deputati prevede quanto segue: «Il diritto a pensione acquisito da un deputato al momento dell’entrata in vigore del presente statuto a norma della legislazione nazionale conserva piena efficacia». 3. Misure di attuazione 7 Il considerando 7 della decisione 2009/C 159/01 dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 19 maggio e del 9 luglio 2008, recante misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1), come modificata dalla decisione 2010/C 340/06 dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 13 dicembre 2010 (GU 2010, C 340, pag. 6) (in prosieguo: le «misure di attuazione»), così recita: «Occorre (…) provvedere a che nelle disposizioni transitorie i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID possano continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio [della tutela] del legittimo affidamento. Occorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto [dei deputati]». 8 L’articolo 49, paragrafo 1, delle misure di attuazione prevede quanto segue: «I deputati che hanno esercitato il loro mandato per almeno un anno completo hanno diritto, dopo la cessazione del mandato, a una pensione di anzianità a vita da versare a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui compiono i 63 anni di età. L’ex deputato o il suo rappresentante legale, salvo casi di forza maggiore, presenta la domanda di liquidazione della pensione di anzianità entro sei mesi dalla data di inizio del diritto. Trascorso tale termine, la data in cui diventa effettivo il godimento della pensione di anzianità è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda». 9 In forza dell’articolo 73 delle misure di attuazione, queste ultime sono entrate in vigore il giorno dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009. 10 L’articolo 74 delle misure di attuazione prevede che, fatte salve le disposizioni transitorie previste al titolo IV delle stesse misure, e in particolare l’articolo 75 di queste ultime, la regolamentazione SID giunge a scadenza il giorno in cui entra in vigore lo Statuto dei deputati. 11 Ai sensi dell’articolo 75 delle misure di attuazione: «1. La pensione di reversibilità, la pensione di invalidità e la pensione di invalidità supplementare concessa ai figli a carico e la pensione di anzianità concessa in virtù degli allegati I, II e III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di detti allegati ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto [dei deputati]. Qualora l’ex deputato che beneficia della pensione d’invalidità deceda dopo il 14 luglio 2009, la pensione di reversibilità è versata al suo coniuge, membro stabile di un’unione di fatto o figli a carico, alle condizioni stabilite all’allegato I della regolamentazione SID. 2. I diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto [dei deputati] in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti. I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato». B. Diritto italiano 12 Ai sensi dell’articolo 1, commi da 1 a 3, della deliberazione n. 14/2018: «1. A decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente, alla data del 31 dicembre 2011, sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione. 2. La rideterminazione di cui al comma 1 è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata. 3. Si applicano i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 1 allegata alla presente deliberazione». II. Fatti all’origine della controversia 13 I fatti all’origine della controversia sono illustrati ai punti da 14 a 21 della sentenza impugnata. Ai fini della presente impugnazione, possono essere riassunti come segue. 14 Ciascuno dei ricorrenti è un ex membro del Parlamento europeo, eletto in Italia, o un avente causa di un tale ex deputato europeo, che beneficia di una pensione di anzianità o di una pensione di reversibilità (in prosieguo: la «pensione»). 15 Con una nota inserita sui cedolini di pensione del mese di gennaio 2019, il Parlamento ha informato i ricorrenti che l’importo della pensione loro erogata avrebbe potuto essere rideterminato in esecuzione della deliberazione n. 14/2018 e che detto ricalcolo avrebbe potuto eventualmente comportare un recupero delle somme indebitamente versate. 16 A partire dal 1º gennaio 2019, il Parlamento ha ridotto, applicando tale deliberazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, l’importo della pensione dei ricorrenti. 17 Con una nota non datata del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento (in prosieguo: il «capo unità»), allegata ai cedolini di pensione dei ricorrenti del mese di febbraio 2019, il Parlamento ha, anzitutto, informato questi ultimi che il suo servizio giuridico aveva confermato, con il parere n. SJ-0836/18 dell’11 gennaio 2019, l’applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 alla loro situazione (in prosieguo: il «parere del servizio giuridico»). Il Parlamento avrebbe poi provveduto, non appena ricevute dalla Camera dei deputati (Italia) le informazioni necessarie, a comunicare ai ricorrenti il nuovo importo delle loro pensioni e a recuperare l’eventuale differenza sulle successive dodici mensilità. Infine, esso ha informato i ricorrenti che l’importo definitivo delle loro pensioni sarebbe stato fissato con atto formale contro il quale sarebbe stato possibile proporre un reclamo oppure un ricorso di annullamento. 18 Con le decisioni controverse, il capo unità ha, in primo luogo, informato i ricorrenti che l’importo della loro pensione sarebbe stato adattato, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, a concorrenza della riduzione delle analoghe pensioni erogate in Italia agli ex deputati nazionali dalla Camera dei deputati in applicazione della deliberazione n. 14/2018. In secondo luogo, l’importo delle pensioni dei ricorrenti sarebbe stato adattato a partire dal mese di aprile 2019, con effetto retroattivo al 1º gennaio 2019, in applicazione dei progetti di fissazione dei nuovi importi delle pensioni trasmessi in allegato a tali decisioni. In terzo luogo, le decisioni controverse concedevano ai ricorrenti un termine di 30 giorni, a decorrere dalla loro ricezione, per far valere le loro osservazioni. In mancanza di osservazioni, gli effetti di dette decisioni sarebbero stati considerati definitivi e avrebbero comportato, in particolare, la ripetizione degli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019. 19 Poiché nessuno dei ricorrenti ha presentato siffatte osservazioni nel termine stabilito, gli effetti delle decisioni controverse sono diventati definitivi nei loro confronti alla scadenza di tale termine. III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata 20 Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 10 giugno (cause T‑345/19 e T‑346/19), il 17 giugno (cause T‑364/19 e T‑365/19), il 18 giugno (causa T‑366/19), il 20 giugno (cause da T‑372/19 a T‑375/19) e il 25 giugno 2019 (causa T‑385/19), i ricorrenti hanno proposto i loro ricorsi diretti all’annullamento delle decisioni controverse. 21 A sostegno dei loro ricorsi i ricorrenti hanno dedotto otto motivi. Il primo motivo verteva sull’incompetenza dell’autore delle decisioni controverse e sull’illegittimità dell’applicazione automatica della deliberazione n. 14/2018. Il secondo motivo verteva sulla violazione delle disposizioni della regolamentazione SID, dello Statuto dei deputati e delle misure di attuazione. Il terzo motivo verteva sulla violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei deputati e degli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione. Il quarto motivo verteva sulla violazione dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e del principio di legalità delle sanzioni, nonché sulla violazione dei principi di irretroattività e di uguaglianza. Il quinto motivo verteva sulla violazione del diritto di proprietà. Il sesto motivo verteva sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di tutela dei diritti acquisiti. Il settimo motivo verteva sulla violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di parità di trattamento. L’ottavo motivo verteva su ulteriori censure relative alla violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità, di uguaglianza e di solidarietà. 22 Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha rigettato tutti tali motivi e, pertanto, ha respinto i ricorsi. IV. Procedimento e conclusioni delle parti dinanzi alla Corte 23 I ricorrenti chiedono che la Corte voglia: – annullare la sentenza impugnata; – annullare le decisioni controverse, e – condannare il Parlamento alle spese relative all’impugnazione e al procedimento dinanzi al Tribunale. 24 Il Parlamento chiede che la Corte voglia: – respingere l’impugnazione e – condannare i ricorrenti alle spese relative all’impugnazione e al procedimento dinanzi al Tribunale. 25 Il 12 gennaio 2022, il sig. Enrico Falqui, nell’ambito della causa C‑391/21 P che lo riguarda, ha depositato presso la cancelleria della Corte una copia della sentenza del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati (Italia) n. 4/2021 del 23 dicembre 2021 (in prosieguo: la «sentenza n. 4/2021»), che ha annullato la deliberazione n. 14/2018. In tal fase, detto documento non è stato incluso nel fascicolo. 26 Il 9 marzo 2022, i ricorrenti hanno depositato la stessa sentenza presso la cancelleria della Corte. 27 Nella presente causa, nonché nelle cause Falqui/Parlamento (C‑391/21 P) e Coppo Gavazzi e a./Parlamento (C‑725/20 P), la cancelleria ha trasmesso, il 16 marzo 2022, alle parti una misura di organizzazione disposta dal giudice relatore e dall’avvocato generale ai sensi dell’articolo 62 del regolamento di procedura della Corte, con la quale dette parti sono state invitate a produrre tutti i documenti che potessero influire sull’oggetto della causa che le riguardava, e in particolare la sentenza n. 4/2021. 28 Il 23 marzo 2022, i ricorrenti nella presente causa hanno prodotto diversi documenti, tra cui la sentenza n. 4/2021. Il 29 marzo 2022, il Parlamento ha prodotto anch’esso vari documenti, tra cui la sentenza n. 4/2021 e un documento intitolato «Nuove regole per il calcolo delle pensioni adottate dalla Camera dei deputati italiana». Tale istituzione ha altresì informato la Corte che, una volta ricevuti gli ulteriori chiarimenti richiesti alla Camera dei deputati sull’applicazione concreta di tali regole, avrebbe proceduto al ricalcolo delle pensioni di anzianità dei ricorrenti e avrebbe inviato loro un nuovo progetto di decisione sulla determinazione dei loro diritti a pensione, sul quale avrebbero avuto la possibilità di presentare osservazioni prima dell’adozione di una decisione finale. 29 Il 12 ottobre e il 29 novembre 2022, il Parlamento ha depositato presso la cancelleria della Corte le decisioni finali che rideterminano l’importo delle pensioni da versare ai ricorrenti a partire dal novembre 2022, insieme agli arretrati dovuti (in prosieguo: le «nuove decisioni del Parlamento»). 30 Con decisione del 25 ottobre 2022, il presidente della Corte ha invitato le parti a precisare se ritenessero, da un lato, che le nuove decisioni del Parlamento avessero sostituito con effetto ex tunc le decisioni controverse e, dall’altro, che, a seguito dell’adozione di tali nuove decisioni, l’impugnazione conservasse il proprio oggetto. 31 Il 29 novembre 2022, il Parlamento ha riferito di ritenere che le nuove decisioni del Parlamento avessero sostituito con effetto ex tunc le decisioni controverse, ma che l’impugnazione conservasse il proprio oggetto. Sarebbe infatti nell’interesse delle parti e della buona amministrazione della giustizia che la Corte si pronunciasse sulla fondatezza dell’impugnazione, al fine di chiarire se la sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto e se il Parlamento possa rideterminare, sulla base dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, le pensioni dei ricorrenti in caso di modifica sopraggiunta della normativa nazionale applicabile. 32 Con lettera depositata il 29 novembre 2022, i ricorrenti hanno comunicato che ritenevano che tutti i motivi di impugnazione mantenessero il loro interesse e la loro attualità, in quanto le nuove decisioni del Parlamento non avevano sostituito le decisioni controverse, le quali continuavano a conservare piena efficacia e validità. Le nuove decisioni del Parlamento, al pari delle decisioni controverse, comporterebbero una rideterminazione dell’importo della loro pensione e, modificando i presupposti costitutivi del loro diritto a pensione, una ridefinizione con effetto retroattivo e permanente di tale diritto. Infatti, la deliberazione n. 14/2018 sarebbe stata modificata unicamente nella parte riguardante il coefficiente di trasformazione relativo all’età del deputato beneficiario della pensione di anzianità. V. Sull’impugnazione 33 Nell’ambito della presente impugnazione, i ricorrenti deducono sei motivi, volti a rimettere in discussione, in sostanza, la conferma, da parte del Tribunale, della fondatezza dell’interpretazione dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID (in prosieguo: le «norme interne del Parlamento»), che ha indotto tale istituzione ad applicare la deliberazione n. 14/2018 al fine di rideterminare l’importo della loro pensione di anzianità. I motivi dal primo al quarto, che devono essere esaminati congiuntamente, vertono sull’errata interpretazione delle norme interne del Parlamento e sulla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità, del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta nonché sulla mancata adozione di un atto da parte del Parlamento. Il quinto motivo verte sull’errata interpretazione dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento. Il sesto motivo verte sull’errore di diritto che sarebbe stato commesso dal Tribunale nella valutazione dell’adeguata motivazione delle decisioni controverse. A. Osservazioni preliminari sulla persistenza dell’interesse ad agire dei ricorrenti 34 Dal punto 29 della presente sentenza risulta che le nuove decisioni del Parlamento, adottate in pendenza del procedimento dinanzi alla Corte, mirano a rideterminare l’importo delle pensioni versate ai ricorrenti a partire dal novembre 2022, insieme agli arretrati dovuti. 35 A questo proposito, occorre ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, l’oggetto della controversia deve permanere, al pari dell’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione giurisdizionale, a pena di non luogo a statuire, il che presuppone che l’impugnazione possa, con il suo risultato, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta (sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 43 e giurisprudenza ivi citata). 36 Tuttavia, l’interesse ad agire di un ricorrente non viene necessariamente meno in ragione del fatto che l’atto da esso impugnato abbia cessato di produrre effetti in corso di causa (v., in tal senso, sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 62). 37 In determinate circostanze, un ricorrente può mantenere un interesse a chiedere l’annullamento di un atto abrogato in pendenza di giudizio, per indurre l’autore dell’atto impugnato ad apportare, in futuro, le modifiche appropriate ed evitare così il rischio di reiterazione dell’illegittimità che asseritamente inficia tale atto (sentenza del 6 settembre 2018, Bank Mellat/Consiglio, C‑430/16 P, EU:C:2018:668, punto 64 e giurisprudenza ivi citata). 38 Nel caso di specie, dalla risposta del Parlamento del 29 novembre 2022, riassunta al punto 31 della presente sentenza, risulta inequivocabilmente che tale istituzione intende, anche in futuro, rideterminare le pensioni di ex deputati europei in caso di modifica sopraggiunta nella normativa nazionale di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID (in prosieguo: il «regime dinamico»). 39 Sebbene il Parlamento abbia sostituito le decisioni controverse con le nuove decisioni, resta il fatto che tutte tali decisioni si basano su un’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo cui quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei che percepiscono la pensione di anzianità e ai titolari di pensione di reversibilità che, come i ricorrenti, rientrano nell’ambito di applicazione degli allegati della regolamentazione SID (in prosieguo: gli «ex deputati europei interessati»). 40 Orbene, è per l’appunto tale interpretazione che viene posta in discussione dai ricorrenti nell’ambito della presente impugnazione. Ne consegue che, nonostante la sostituzione con effetto ex tunc delle decisioni controverse, i ricorrenti conservano un interesse a far constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto confermando la fondatezza di tale interpretazione, in quanto quest’ultima può essere applicata dal Parlamento in sede di adozione, in futuro, di decisioni analoghe alle decisioni controverse o alle nuove decisioni del Parlamento, cosicché sussiste non solo un rischio di reiterazione dell’asserita illegittimità, ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto 37 della presente sentenza, ma anche un rischio che, in caso di ricorso di annullamento avverso tali decisioni analoghe, il Tribunale commetta nuovamente i pretesi errori di diritto che lo hanno indotto a confermare la fondatezza di detta interpretazione. 41 Dalle nuove decisioni si evince inoltre che il Parlamento rimane del parere che il capo unità sia competente ad adottare decisioni che rideterminano l’importo delle pensioni in caso di modifica sopraggiunta della normativa nazionale e che tali decisioni non debbano contenere una motivazione concernente la loro conformità al diritto dell’Unione. 42 Ne consegue che si deve constatare che i ricorrenti conservano un interesse ad agire dinanzi alla Corte, nei limiti in cui la presente impugnazione è diretta contro gli elementi della motivazione della sentenza impugnata che costituiscono il necessario fondamento delle valutazioni del Tribunale secondo le quali, in primo luogo, dalle norme interne del Parlamento risulta che quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati, in secondo luogo, il capo dell’unità è competente ad adottare le decisioni che modificano l’importo delle pensioni di tali ex deputati e, in terzo luogo, il Parlamento non è tenuto a indicare, in tali decisioni, i motivi che giustificano la loro conformità al diritto dell’Unione. B. Sui motivi di impugnazione dal primo al quarto 1. Argomenti delle parti 43 A sostegno dei motivi di impugnazione dal primo al quarto vengono avanzate due censure distinte. 44 Con la prima censura, i ricorrenti contestano al Tribunale di aver constatato, da un lato, al punto 81 della sentenza impugnata, che l’allegato III della regolamentazione SID ha continuato ad essere applicabile nei loro confronti dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati e, dall’altro, al punto 90 della sentenza impugnata, che le norme interne del Parlamento non pregiudicano i diritti acquisiti degli ex deputati europei interessati. 45 A tal proposito, i ricorrenti sostengono che l’articolo 74 delle misure di attuazione ha abrogato l’allegato III della regolamentazione SID e mantiene in vigore solo le disposizioni transitorie contenute nel titolo IV di tali misure e nell’articolo 75 di queste ultime. A partire dall’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, il contenuto di detto allegato III al momento della sua abrogazione sarebbe stato mantenuto dagli articoli 74 e 75 di tali misure, come risulterebbe in particolare dal considerando 7 delle misure di attuazione. 46 Infatti, si dovrebbe ritenere che il rinvio operato dall’articolo 75 delle misure di attuazione agli allegati della regolamentazione SID si riferisca alla prestazione pensionistica che era applicabile quando tali allegati erano in vigore. Lo scopo di tale disposizione sarebbe quello di salvaguardare i diritti acquisiti degli ex deputati europei interessati, il che sarebbe peraltro confermato dall’articolo 28 dello Statuto dei deputati. 47 Ciò premesso, dichiarare che una riduzione dell’importo della pensione non pregiudica il diritto acquisito a percepire una pensione richiederebbe la precisazione delle circostanze in cui ciò si verifica e una distinzione tra i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 75 delle misure di attuazione, il che non sarebbe stato effettuato dal Tribunale. 48 Nel caso di specie, l’importo delle pensioni dei ricorrenti sarebbe stato calcolato mediante un coefficiente di trasformazione fissato unilateralmente e retroattivamente dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, sulla base di eventi che, secondo la logica attuariale, dovrebbero essere considerati incerti, in quanto connessi ad accadimenti futuri e aleatori, come la probabilità media di sopravvivenza del beneficiario alla data di erogazione della pensione di anzianità e la probabile esistenza di un coniuge o di eredi titolari di una pensione di reversibilità. Tuttavia, al momento della modifica dell’importo delle pensioni dei ricorrenti, si sarebbe potuto determinare con certezza se tali eventi si fossero già verificati o meno. 49 Quand’anche l’articolo 2 dell’allegato III della regolamentazione SID fosse applicabile nel caso di specie in forza dell’articolo 75 delle misure di attuazione, tale disposizione non riguarderebbe i presupposti costitutivi del diritto a pensione. Per contro, le decisioni controverse avrebbero modificato non solo l’importo delle pensioni in questione, ma anche il metodo di calcolo di tale importo, sostituendo il metodo basato sull’indennità percepita durante il mandato degli ex deputati europei interessati con il metodo basato sui contributi versati da questi ultimi, e tale modifica sarebbe stata effettuata presupponendo che le pensioni fossero sempre state calcolate secondo un metodo ispirato al metodo contributivo. I ricorrenti non avrebbero avuto la possibilità, quando erano in carica, di prevedere la modifica stabilita dalle decisioni controverse, né avrebbero avuto la possibilità di aumentare i loro contributi a tale regime pensionistico per mitigarne gli effetti negativi. 50 In subordine, ossia nell’ipotesi in cui la distinzione tra diritto a pensione e diritto alla prestazione pensionistica fosse applicabile, i ricorrenti sostengono di avere non solo un diritto a pensione, ma anche un diritto a percepire un importo fisso di pensione di anzianità, come risulterebbe dall’articolo 75 delle misure di attuazione, cosicché hanno diritto a percepire un importo di pensione corrispondente a quello che avrebbero potuto aspettarsi al momento del versamento dei contributi. Le decisioni controverse comporterebbero uno squilibrio a danno dei ricorrenti, in quanto i contributi versati non avevano all’epoca alcuna influenza sulla maturazione del diritto a pensione o sull’entità di tale diritto, e quindi erano di importo esiguo nelle legislature più risalenti, il che attualmente penalizzerebbe soprattutto gli ex deputati europei interessati più anziani, come i ricorrenti. 51 Con la seconda censura, i ricorrenti deducono che il Tribunale ha violato il principio della certezza del diritto, il principio della tutela del legittimo affidamento, il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta e il principio di proporzionalità. 52 Sotto un primo profilo, la determinazione dei diritti a pensione sulla base delle nuove norme violerebbe il principio della certezza del diritto, nei limiti in cui quest’ultimo osta alla lesione dei diritti acquisiti, conformemente alla ratio dell’articolo 28 dello Statuto dei deputati e dell’articolo 75 delle misure di attuazione. 53 Sotto un secondo profilo, il nuovo metodo di determinazione dell’importo delle pensioni di anzianità violerebbe il principio di tutela del legittimo affidamento, poiché quest’ultimo osta a qualsiasi alterazione delle modalità di calcolo a cui i ricorrenti hanno volontariamente aderito. Infatti, gli ex deputati europei interessati non avrebbero saputo che il loro regime pensionistico si basava su un rinvio automatico agli importi delle pensioni di anzianità degli ex componenti del parlamento nazionale dello Stato membro in cui erano stati eletti. 54 Inoltre, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che il Parlamento avrebbe informato i ricorrenti della possibile applicazione della deliberazione n. 14/2018 nei loro confronti solo nel corso del 2019, vale a dire dopo la data in cui avrebbe dovuto applicarsi la diminuzione dell’importo della loro pensione di anzianità, ossia il 1º gennaio 2019, fornendo loro quindi di fatto rassicurazioni sul mantenimento del diritto precedentemente acquisito. 55 Del resto, la deliberazione n. 14/2018 non menzionerebbe affatto gli ex deputati europei interessati. 56 In ogni caso, la Camera dei deputati e il Senato (Italia) avrebbero fornito garanzie sull’immutabilità dei diritti a pensione dei ricorrenti, ai sensi degli articoli 27 e 28 dello Statuto dei deputati e dell’articolo 75 delle misure di attuazione. 57 Per quanto riguarda, sotto un terzo profilo, il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta, i ricorrenti osservano che il Tribunale ha constatato che l’obiettivo invocato dal Parlamento per giustificare la violazione di tale diritto da parte delle decisioni controverse è espressamente menzionato nel preambolo della deliberazione n. 14/2018. Tuttavia, tale deliberazione non indicherebbe che essa è volta a ricalcolare l’importo delle pensioni di anzianità. Inoltre, né il Parlamento né la deliberazione n. 14/2018 avrebbero menzionato un obiettivo di interesse generale che giustifichi tale violazione. 58 I ricorrenti sottolineano altresì che, al punto 160 della sentenza impugnata, il Tribunale ha operato una distinzione tra violazione del diritto a pensione e mero adeguamento dell’importo della pensione di anzianità. Tuttavia, il Tribunale non avrebbe indicato il limite oltre il quale la modifica dell’importo della pensione non rispetta più il contenuto essenziale del diritto di proprietà e comporta una violazione del diritto a pensione in quanto tale. 59 Peraltro, al punto 172 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente stabilito che la riduzione dell’importo delle pensioni dei ricorrenti aveva l’obiettivo di adeguare l’importo delle pensioni versate a tutti i membri del Parlamento al metodo di calcolo contributivo sulla base del contenuto della deliberazione n. 14/2018. 60 Secondo i ricorrenti, il ragionamento del Tribunale è circolare. Si fonderebbe infatti sulle disposizioni del diritto italiano e non su un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, pur rientrando tuttavia nell’ambito dell’esame della conformità delle decisioni controverse al diritto di proprietà sancito dalla Carta. 61 Inoltre, detto ragionamento avrebbe snaturato il metodo di calcolo dell’importo delle pensioni di anzianità previsto dalla deliberazione n. 14/2018, che non può essere considerato di natura contributiva, in quanto, da un lato, a norma dell’articolo 1, comma 4, di tale deliberazione, l’importo degli assegni vitalizi sarebbe limitato. Dall’altro lato, il nuovo metodo di calcolo previsto da tale deliberazione si baserebbe non già su un’aliquota contributiva determinata individualmente, bensì su un’aliquota identica per tutti gli ex deputati europei interessati. Pertanto, un ex deputato europeo che, durante il suo mandato, abbia versato contributi corrispondenti ad un’aliquota superiore a detta aliquota identica, vedrebbe vanificata la parte di contributi che eccede tale aliquota. 62 Sotto un quarto profilo, il metodo di calcolo dell’importo delle pensioni di anzianità istituito dalla deliberazione n. 14/2018 dimostrerebbe anche una violazione del principio di proporzionalità, in quanto si baserebbe su un’aliquota contributiva non individualizzata. 63 Le decisioni controverse avrebbero imposto un onere individuale eccessivamente gravoso, in particolare per i ricorrenti di età più avanzata. Il sig. Gatti, che attualmente ha 80 anni, sarebbe il soggetto maggiormente penalizzato poiché l’importo della sua pensione di anzianità sarebbe stato ridotto del 61%, sebbene abbia svolto due legislature nel Parlamento. Per quanto riguarda il sig. Ceravolo, che oggi ha 91 anni, tale importo sarebbe stato ridotto del 47%. Il sig. Pisoni, deceduto all’età di 83 anni, avrebbe subito una riduzione di detto importo pari al 24%, ancorché avesse ricoperto la stessa carica nel medesimo periodo del sig. Ceravolo, il quale avrebbe subito una riduzione dello stesso importo pari al 47%. 64 La violazione del principio di proporzionalità rispetto alla giustificazione addotta sarebbe ancor più evidente se si considera che il regime contributivo delle pensioni di anzianità è stato introdotto per la prima volta in Italia il 1º gennaio 1996 e che esso è stato esteso alla maggioranza dei lavoratori a partire dal 1º gennaio 2012. Per contro, le decisioni controverse imporrebbero il sistema contributivo ai ricorrenti in relazione a un periodo di versamento dei contributi ben precedente al 1995, quando in Italia detto sistema contributivo non si applicava a nessuno. 65 Il Parlamento sostiene che i motivi di impugnazione dal primo al quarto devono essere respinti in quanto in parte irricevibili e in parte infondati. 2. Giudizio della Corte a) Osservazioni preliminari 66 Con la prima censura, i ricorrenti contestano, sulla base delle norme interne del Parlamento, il mantenimento del regime dinamico dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati e sostengono che tale regime viola i loro diritti acquisiti a percepire una pensione di anzianità. 67 Pertanto, con tale censura, i ricorrenti contestano, in sostanza, la fondatezza dell’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale detta istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 68 Lo stesso vale per la seconda censura, nei limiti in cui con quest’ultima i ricorrenti sostengono che l’applicazione delle nuove regole di calcolo dell’importo della loro pensione non rispetta né il principio della certezza del diritto, poiché tali nuove regole violano i diritti acquisiti a percepire una pensione, né il principio di tutela del legittimo affidamento, il quale osta a qualsiasi riduzione dell’importo della pensione a cui i ricorrenti dovevano avere diritto aderendo volontariamente al regime istituito dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID. 69 Per contro, nei limiti in cui, con la seconda censura, i ricorrenti contestano al Tribunale di non aver tenuto conto, in primo luogo, del fatto che il Parlamento li ha informati tardivamente di una possibile applicazione della deliberazione n. 14/2018, in secondo luogo, del fatto che quest’ultima non menziona gli ex deputati europei interessati e, in terzo luogo, del fatto che la Camera dei deputati e il Senato hanno fornito rassicurazioni sull’immutabilità del diritto a pensione dei ricorrenti, essi non criticano, neppure indirettamente, elementi della motivazione della sentenza impugnata che costituiscono il necessario fondamento della decisione del Tribunale che conferma la fondatezza dell’interpretazione della norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 70 Per quanto riguarda la terza censura, nei limiti in cui, con essa, i ricorrenti addebitano al Tribunale di aver valutato la conformità delle decisioni controverse al diritto di proprietà sancito dalla Carta alla luce non già di un obiettivo riconosciuto dal diritto dell’Unione, bensì di quello perseguito dalla deliberazione n. 14/2018, essi contestano, in sostanza, la conformità al diritto dell’Unione dell’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 71 Per contro, i ricorrenti non contestano la fondatezza dell’interpretazione delle norme interne del Parlamento quando addebitano al Tribunale, in primo luogo, di non aver specificato il limite oltre il quale una modifica dell’importo della pensione di anzianità non rispetta più il contenuto essenziale del diritto di proprietà e comporta una violazione del diritto a pensione in quanto tale, in secondo luogo, di avere statuito che l’obiettivo invocato dal Parlamento per giustificare la violazione di tale diritto da parte delle decisioni controverse è espressamente menzionato nel preambolo della deliberazione n. 14/2018 e, in terzo luogo, di avere snaturato il metodo di calcolo delle pensioni previsto da detta deliberazione. 72 Per quanto riguarda la quarta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità, occorre rilevare che, con tale censura, i ricorrenti sostengono che la deliberazione n. 14/2018 non è conforme a tale principio a causa, in primo luogo, del metodo di calcolo delle pensioni previsto da tale deliberazione, in secondo luogo, delle conseguenze che tale metodo comporta nella situazione dei ricorrenti e, in terzo luogo, del contesto storico in cui si inserisce detta deliberazione. Pertanto, con tale censura, i ricorrenti non contestano, nemmeno indirettamente, l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 73 Ne consegue che i motivi di impugnazione dal primo al quarto devono essere esaminati solo nei limiti in cui, con essi, i ricorrenti criticano l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati, sulla base del rilievo che tale interpretazione, in primo luogo, non risulta da dette norme, in secondo luogo, non è conforme ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento e, in terzo luogo, non è conforme al diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta. b) Nel merito 1) Sull’asserita violazione delle norme interne del Parlamento 74 I ricorrenti contestano, in sostanza, al Tribunale di aver statuito, al punto 99 della sentenza impugnata, che il Parlamento poteva validamente basarsi sulle sue norme interne per applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 75 Si deve rilevare, innanzitutto, che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo». 76 Come indicato, in sostanza, dal Tribunale al punto 86 della sentenza impugnata, dall’espressione «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente» risulta che il Parlamento è tenuto ad applicare agli ex deputati europei interessati le stesse regole di calcolo delle pensioni applicate ai componenti del parlamento nazionale dello Stato membro in cui tali ex deputati europei sono stati eletti. In altri termini, tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 77 Tale interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID è conforme all’obiettivo perseguito da detta disposizione, quale risulta dall’articolo 1, paragrafo 2, di tale allegato. 78 Infatti, quest’ultima disposizione stabilisce che possono ricevere la pensione prevista dall’articolo 2, paragrafo 1, di detto allegato solo gli ex deputati europei il cui regime pensionistico nello Stato membro nel quale sono stati eletti non preveda alcun trattamento pensionistico, o il cui livello e/o le cui modalità di calcolo della pensione alla quale hanno diritto non coincidano esattamente con quelli applicabili ai membri del parlamento nazionale. 79 Pertanto, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID ha essenzialmente lo scopo di consentire agli ex deputati europei che si trovino nella situazione contemplata all’articolo 1, paragrafo 2, di tale allegato di ricevere lo stesso trattamento dei deputati europei il cui regime pensionistico nazionale prevedeva una pensione di anzianità il cui livello e/o le cui modalità di calcolo coincidevano esattamente con quelli applicabili ai membri del loro parlamento nazionale. 80 L’interpretazione di tale disposizione nel senso che essa impone al Parlamento di applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati determina dunque come conseguenza che questi ultimi sono soggetti, al pari degli altri ex deputati europei, alle modifiche apportate alle regole di calcolo dell’importo delle pensioni dei membri del loro parlamento nazionale. 81 Inoltre, il regime pensionistico introdotto dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID è stato mantenuto, in forza delle misure di attuazione, dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, per quanto riguarda gli ex deputati europei interessati che avevano iniziato a percepire una pensione di anzianità sulla base di detto regime prima di tale entrata in vigore. 82 L’articolo 74 delle misure di attuazione stabilisce, da un lato, che la regolamentazione SID giunge a scadenza il giorno in cui entra in vigore detto Statuto, ma anche, dall’altro, che tale abrogazione fa salve le disposizioni transitorie di cui al titolo IV di dette misure, e in particolare l’articolo 75 delle stesse. 83 A norma dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione, le pensioni di anzianità concesse ai sensi dell’allegato III della regolamentazione SID continuano a essere versate ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati. 84 Come rilevato dal Tribunale al punto 88 della sentenza impugnata, dalla formulazione di tale disposizione, e più precisamente dal carattere imperativo dell’espressione «continuano a essere versate in applicazione dell’[allegato III della regolamentazione SID]», nonché dall’uso del presente indicativo in tale formulazione si deve dedurre che il regime dinamico rimane applicabile agli ex deputati europei interessati dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati. 85 Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto constatando, al punto 81 della sentenza impugnata, che le disposizioni dell’allegato III della regolamentazione SID non sono state abrogate a seguito dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati. 86 L’interpretazione dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione secondo cui il regime dinamico rimane applicabile agli ex deputati europei interessati dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei deputati non è inficiata, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, né dal paragrafo 2 di tale articolo, né dal considerando 7 delle misure di attuazione, né dall’articolo 28 dello Statuto dei deputati. 87 Per quanto riguarda, anzitutto, l’articolo 75, paragrafo 2, prima frase, delle misure di attuazione, quest’ultimo prevede che «[i] diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto [dei deputati] in applicazione dell’allegato III [della regolamentazione SID] restano acquisiti». 88 Orbene, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, da tale disposizione non si può dedurre alcuna garanzia né per quanto riguarda la corresponsione di una pensione di anzianità calcolata sulla base delle regole di calcolo delle pensioni nazionali applicabili alla data di entrata in vigore dello Statuto dei deputati, né per quanto riguarda la corresponsione di un importo di pensione fisso e immutabile al momento dell’adesione al regime pensionistico introdotto dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID. 89 Il Tribunale ha giustamente rilevato, al punto 146 della sentenza impugnata, che lo Statuto dei deputati e le misure di attuazione hanno introdotto due regimi pensionistici successivi che comportano due tipi di diritti a pensione, vale a dire, da un lato, i diritti a pensione di anzianità maturati fino al 14 luglio 2009, data di entrata in vigore di detto Statuto, sulla base delle norme interne del Parlamento, e, dall’altro, i diritti a pensione di anzianità maturati a partire da tale data, sul fondamento dell’articolo 49 delle misure di attuazione. 90 In tale contesto, l’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione si applica, come ha constatato il Tribunale al punto 92 della sentenza impugnata, agli ex deputati europei interessati, tra cui alcuni dei ricorrenti, che hanno versato contributi al bilancio dell’Unione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, dell’allegato III della regolamentazione SID e avevano iniziato a percepire una pensione di anzianità prima dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, mentre l’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione si applica ai deputati europei che, pur avendo anch’essi versato siffatti contributi, non avevano ancora iniziato a percepire una pensione di anzianità alla data di entrata in vigore dello Statuto dei deputati. 91 Infatti, ai sensi della seconda frase dell’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione, «[i] titolari che hanno maturato diritti in [applicazione dell’allegato III della regolamentazione SID] beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione [di detto allegato], purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato». 92 Poiché l’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, delle misure di attuazione stabilisce delle condizioni che gli ex deputati europei devono soddisfare per beneficiare di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III della regolamentazione SID, tale disposizione non è destinata ad applicarsi agli ex deputati europei che hanno iniziato a beneficiare di una pensione in applicazione di tale allegato prima dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati, come i ricorrenti. 93 Inoltre, poiché la seconda frase dell’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione prevede che gli ex deputati europei interessati beneficino di una pensione di anzianità in applicazione dell’allegato III della regolamentazione SID sulla base dei diritti acquisiti, occorre intendere la nozione di «diritti alla pensione di anzianità maturati», ai sensi di tale articolo 75, paragrafo 2, come giustamente sottolineato dal Tribunale, in sostanza, al punto 91 della sentenza impugnata, quale riferita ai diritti a pensione derivanti dai contributi versati individualmente da ciascuno degli ex deputati europei interessati e che costituiscono la base per il calcolo della pensione di anzianità corrisposta loro in virtù dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID. Tale nozione non può pertanto essere intesa come riferita a un preteso diritto a percepire un importo fisso e immutabile di pensione di anzianità, calcolato sulla base delle norme nazionali vigenti al momento dell’entrata in vigore dello Statuto dei deputati o al momento dell’adesione al regime pensionistico introdotto da tale disposizione. 94 Per quanto riguarda poi il considerando 7 delle misure di attuazione, quest’ultimo enuncia, da un lato, che «i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID [devono poter] continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio [della tutela] del legittimo affidamento», e, dall’altro, che «[o]ccorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto [dei deputati]». 95 Da detto considerando si evince che quest’ultimo precisa che le prestazioni concesse sulla base di tale regolamentazione continuano ad essere corrisposte, senza che da ciò si possa dedurre che detta regolamentazione cessi di applicarsi dopo tale data. 96 Pertanto, la nozione di «diritti alla pensione acquisiti» ha, in tale considerando, la medesima portata che essa riveste all’articolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione, come precisata al punto 93 della presente sentenza. 97 Nell’ambito di tale esame delle norme interne del Parlamento il Tribunale ha potuto constatare, al punto 90 della sentenza impugnata, senza commettere alcun errore di diritto, che le norme interne del Parlamento non ledono i diritti a pensione acquisiti. 98 Infine, per quanto riguarda l’articolo 28 dello Statuto dei deputati, come il Tribunale ha giustamente rilevato al punto 93 della sentenza impugnata, tale disposizione si applica ai diritti a pensione acquisiti dagli ex deputati europei non già sulla base dell’allegato III della regolamentazione SID, bensì in virtù di regimi pensionistici nazionali. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, detta disposizione non incide, in quanto tale, sull’interpretazione dell’articolo 75, paragrafo 1, delle misure di attuazione. 99 Pertanto, sia dalla formulazione che dal contesto e dalla finalità delle norme interne del Parlamento risulta che, al punto 99 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto dichiarando che il Parlamento aveva potuto validamente basarsi sulle sue norme interne per applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 2) Sull’asserita violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, nonché del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta 100 I ricorrenti sostengono che l’interpretazione delle norme interne del Parlamento accolta dal Tribunale viola i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, nonché il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta. 101 Secondo un principio ermeneutico generale, un atto dell’Unione deve essere interpretato, per quanto possibile, in un modo che non pregiudichi la sua validità e in conformità con l’insieme del diritto primario e, segnatamente, con le disposizioni della Carta. Pertanto, qualora un testo di diritto derivato dell’Unione si presti a più di un’interpretazione, occorre preferire quella che rende la disposizione conforme al diritto primario anziché quella che porta a constatare la sua incompatibilità con quest’ultimo (sentenza del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, C‑817/19, EU:C:2022:491, punto 86 e giurisprudenza ivi citata). 102 Per quanto riguarda, anzitutto, il principio della tutela del legittimo affidamento, i ricorrenti sostengono che il fatto di avere aderito al regime pensionistico istituito dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID garantisce loro, in forza di tale principio, che l’importo della loro pensione di anzianità sia calcolato secondo le modalità in vigore al momento della loro adesione a tale regime. 103 Secondo la giurisprudenza della Corte, nessuno può utilmente invocare la violazione di tale principio in assenza di precise assicurazioni che gli siano state fornite dall’amministrazione. La possibilità di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento è offerta ad ogni persona nei cui confronti un’istituzione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Costituiscono a tal proposito assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate, eventuali informazioni precise, incondizionate e concordanti che provengano da fonti autorizzate ed affidabili (v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA, C‑419/17 P, EU:C:2019:52, punti 69 e 70 nonché giurisprudenza ivi citata). 104 Per contro, qualora una persona prudente ed avveduta sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, essa non può invocare il beneficio del principio della tutela del legittimo affidamento nel caso in cui detto provvedimento venga adottato (v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA, C‑419/17 P, EU:C:2019:52, punto 71 e giurisprudenza ivi citata). 105 Il fatto che i ricorrenti abbiano aderito al regime pensionistico istituito dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID non ha per questo conferito loro il diritto di percepire un importo di pensione di anzianità prevedibile, fisso e immutabile al momento della loro adesione a tale regime. Infatti, come ha giustamente dichiarato il Tribunale ai punti 211 e 212 della sentenza impugnata, l’unica assicurazione precisa e incondizionata che il Parlamento era in grado di dare loro era quella secondo cui, in base alle sue norme interne, essi avrebbero percepito una pensione di anzianità il cui livello e le cui modalità sarebbero stati identici a quelli applicabili ai componenti del parlamento nazionale dello Stato membro in cui erano stati eletti, in conformità al regime dinamico. 106 Ne consegue che l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati è conforme al principio della tutela del legittimo affidamento. 107 Per quanto riguarda, poi, il diritto di proprietà, i ricorrenti deducono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, al punto 171 della sentenza impugnata, stabilendo che la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito dalle decisioni controverse non poteva prescindere dagli scopi che avevano presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018. 108 Si deve ricordare che, al punto 163 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, anche se le decisioni controverse non comportano una pura e semplice privazione delle pensioni dei ricorrenti, resta il fatto che esse ne riducono l’importo, restringendo perciò il loro diritto di proprietà. 109 In seguito, ai punti da 164 a 179 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato se tale restrizione soddisfacesse le condizioni dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, richiamate al punto 157 della stessa sentenza. A tal riguardo, al punto 171 di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito dalle decisioni controverse non poteva essere svolta senza prendere in considerazione gli scopi che avevano presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018. Entro questi limiti, al termine dell’esame della conformità di dette decisioni al diritto di proprietà, cui esso ha proceduto, ai punti da 172 a 178 della stessa sentenza, tenendo conto degli scopi suddetti, il Tribunale ha ritenuto, al punto 180 della sua pronuncia, che la censura relativa alla violazione del diritto di proprietà dovesse essere respinta. 110 Secondo la giurisprudenza della Corte, la portata di tale diritto deve, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, essere determinata prendendo in considerazione l’articolo 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale sancisce tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 49). 111 Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che i diritti derivanti dal versamento di contributi a un regime previdenziale costituiscono diritti patrimoniali ai fini di tale articolo 1 (sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50). 112 Inoltre, una riduzione dell’importo di una pensione di anzianità che può incidere sulla qualità della vita dell’interessato costituisce una restrizione del suo diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte EDU, 1° settembre 2015, Da Silva Carvalho Rico c. Portogallo, CE:ECHR:2015:0901DEC001334114, § 33). 113 Poiché l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale tale istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati può comportare una siffatta riduzione dell’importo della pensione di questi ultimi, tale interpretazione può implicare una restrizione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta. 114 Orbene, il diritto di proprietà non è assoluto e il suo esercizio può quindi essere oggetto di restrizioni, purché, in particolare, queste ultime siano giustificate da obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). 115 Infatti, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, una limitazione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta medesima è conforme a quest’ultima disposizione a condizione che sia prevista dalla legge, che rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprietà e che, nel rispetto del principio di proporzionalità, sia necessaria e risponda effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. 116 Al riguardo, si deve rammentare, in primo luogo, che il requisito secondo cui qualsiasi limitazione nell’esercizio dei diritti fondamentali deve essere prevista dalla legge implica che l’atto stesso che consente l’ingerenza in tali diritti deve definire la portata della limitazione dell’esercizio del diritto considerato, fermo restando, da un lato, che tale requisito non esclude che la limitazione in questione sia formulata in termini sufficientemente ampi, in modo da potersi adattare a fattispecie diverse nonché ai cambiamenti di situazione, e, dall’altro, che la Corte può, se del caso, precisare, in via interpretativa, la portata concreta della limitazione sulla scorta sia dei termini stessi della normativa dell’Unione in discussione, sia dell’impianto sistematico di quest’ultima e degli obiettivi che essa persegue, come interpretati alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (sentenza del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, C‑817/19, EU:C:2022:491, punto 114). 117 Come rilevato al punto 99 della presente sentenza, risulta tanto dalla formulazione quanto dal contesto e dalla finalità delle norme interne del Parlamento, le quali hanno portata generale nei confronti dei deputati europei e possono quindi essere considerate come l’equivalente, a livello interno di tale istituzione, di una «legge», ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta [v., per analogia, parere 1/15 (Accordo PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punti 145 e 146], che detta istituzione è tenuta ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 118 In secondo luogo, il Tribunale, in qualità di giudice di merito, ha potuto accertare senza commettere alcun errore di diritto, ai punti 160 e 179 della sentenza impugnata, che i ricorrenti non avevano fornito elementi concreti in grado di dimostrare che la riduzione dell’importo delle loro pensioni violasse il contenuto essenziale del loro diritto di proprietà o dovesse essere qualificata come sproporzionata. 119 Per quanto riguarda, in terzo luogo, la questione se il regime dinamico e le riduzioni degli importi delle pensioni che ne possono derivare siano necessari e rispondano effettivamente a uno o più obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione, si deve constatare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, al punto 171 della sentenza impugnata, allorché ha rilevato che, tenuto conto dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, l’adozione delle decisioni controverse dipendeva necessariamente dalle scelte operate dalle autorità italiane competenti, cosicché «la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito [dalle decisioni controverse] non [poteva] prescindere dagli scopi che hanno presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018». 120 Infatti, gli obiettivi perseguiti dalla deliberazione n. 14/2018, applicabile agli ex deputati europei interessati in forza del regime dinamico, sono di natura puramente nazionale. In quanto tali, non possono perciò giustificare una riduzione dell’importo delle pensioni di anzianità, poiché tali somme sono versate in base a un regime pensionistico istituito ai sensi non già del diritto nazionale, bensì del diritto dell’Unione e sono a carico del bilancio dell’Unione. 121 Pertanto, il Tribunale ha errato anche laddove, ai punti da 172 a 178 della sentenza impugnata, ha preso in considerazione gli obiettivi perseguiti da tale deliberazione nazionale, al fine di esaminare se la violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti derivante dalle decisioni controverse fosse giustificata. 122 È necessario tuttavia ricordare che, se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione siffatta non è tale da comportare l’annullamento di detta sentenza e occorre procedere a una sostituzione della motivazione e respingere l’impugnazione (sentenza del 14 dicembre 2023, Commissione/Amazon.com e a., C‑457/21 P, EU:C:2023:985, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). 123 Si deve pertanto verificare se il rigetto della censura vertente su una violazione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta appaia fondato per motivi di diritto diversi da quelli inficiati dall’errore individuato ai punti 119 e 121 della presente sentenza. 124 A tal proposito, occorre rilevare che l’applicazione del regime dinamico agli ex deputati europei che si trovano nella situazione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III della regolamentazione SID persegue un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione, in quanto essa mira, come risulta dal punto 79 della presente sentenza, a garantire lo stesso trattamento, da un lato, ai deputati europei che non beneficiavano di un regime pensionistico nello Stato membro nel quale erano stati eletti oppure beneficiavano di un regime pensionistico il cui livello e/o le cui modalità di calcolo della pensione non coincidevano esattamente con quelli applicabili ai membri del parlamento nazionale e, dall’altro, ai deputati europei il cui regime pensionistico nazionale prevedeva un siffatto livello e/o modalità di calcolo della pensione che coincidevano esattamente con quelli applicabili ai membri del parlamento nazionale. 125 L’applicazione del regime dinamico agli ex deputati europei interessati risponde effettivamente a tale obiettivo di parità di trattamento, in quanto ha l’effetto di sottoporre, in ogni momento, le due categorie di deputati europei menzionate al punto precedente alle norme nazionali relative al calcolo delle pensioni di anzianità dei componenti del parlamento nazionale dello Stato membro interessato. 126 Tale applicazione era inoltre necessaria per conseguire detto obiettivo, poiché solo un allineamento dell’importo e/o delle modalità di calcolo della pensione come quello previsto all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III della regolamentazione SID, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 2, di tale allegato, poteva garantire la parità di trattamento delle suddette categorie di deputati europei. 127 Risulta quindi che, nonostante l’errore di diritto individuato ai punti 119 e 121 della presente sentenza, il rigetto della censura vertente su una violazione del diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta è fondato, in quanto la restrizione del diritto di proprietà in questione soddisfa tutte le condizioni stabilite dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. 128 Infine, per quanto riguarda il principio della certezza del diritto, i ricorrenti sostengono che la distinzione tra «diritti a pensione acquisiti» e «importo delle pensioni», effettuata dal Tribunale, porta alla conclusione erronea che il regime dinamico sia conforme a tale principio. 129 Nell’ambito del suo esame della conformità delle decisioni controverse al principio della certezza del diritto, il Tribunale ha ricordato, al punto 196 della sentenza impugnata, che dai punti da 81 a 97 di tale sentenza risultava già che i «diritti a pensione acquisiti» dovevano essere distinti dall’«importo delle pensioni». A tal proposito, il Tribunale ha indicato che, se i «diritti a pensione» sono definitivamente acquisiti e non possono essere modificati, e se le pensioni di anzianità continuano ad essere corrisposte, nulla ostava a che gli importi di dette pensioni fossero adeguati al rialzo o al ribasso, adeguamento che il Parlamento era tenuto ad effettuare nel caso di specie, in considerazione del suo obbligo di applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. 130 Al punto 206 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso la sua analisi dichiarando che i ricorrenti non avevano dimostrato che il principio della certezza del diritto fosse stato violato nel caso di specie. Infatti, le norme interne del Parlamento implicavano che i nuovi importi delle pensioni di anzianità dei ricorrenti entrassero in vigore il 1º gennaio 2019. Orbene, il Tribunale ha rammentato che dette norme interne erano ampiamente anteriori al 1º gennaio 2019 e non successive a tale data. Inoltre, i ricorrenti non avevano dimostrato né sostenuto che il Parlamento avesse applicato tali nuovi importi prima del 1º gennaio 2019, vale a dire prima della data stabilita a tal fine dalla deliberazione n. 14/2018. Infine, secondo il Tribunale, sin dal gennaio 2019 il Parlamento aveva informato i ricorrenti di una possibile applicazione delle norme della deliberazione n. 14/2018 nei loro confronti e ciò sarebbe stato loro confermato dalla stessa istituzione nel febbraio 2019. Il Tribunale ne ha dedotto che i ricorrenti erano stati informati della modifica delle regole applicabili al calcolo dell’importo della loro pensione di anzianità prima che le decisioni controverse fossero adottate. 131 A tal riguardo, si deve ricordare che il principio della certezza del diritto esige che una normativa dell’Unione consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro, e che tali interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza del 9 novembre 2023, Global Silicones Council e a./Commissione, C‑558/21 P, EU:C:2023:839, punto 99 e giurisprudenza ivi citata). 132 Pertanto, le leggi successive che modificano la legge precedente si applicano, salvo deroga, agli effetti futuri delle situazioni sorte in vigenza di quest’ultima legge. Una soluzione diversa è ammissibile solo per le situazioni sorte e definitivamente compiute nella vigenza della normativa precedente, le quali creano diritti acquisiti. Un diritto è considerato acquisito qualora il fatto generatore del medesimo si sia verificato prima della modifica legislativa. Ciò non avviene nel caso di un diritto il cui fatto costitutivo non si sia compiuto nella vigenza della normativa che è stata modificata (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento, C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punto 84 e giurisprudenza ivi citata). 133 Per quanto riguarda, in particolare, il diritto a percepire una pensione di anzianità, quest’ultimo può considerarsi acquisito, in linea di principio, soltanto nel momento in cui si realizza il fatto generatore di tale diritto, vale a dire nel momento in cui la pensione diventa esigibile (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento, C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punti da 85 a 87). 134 Ciò non implica, tuttavia, che qualsiasi modifica apportata alle modalità di calcolo di una pensione che comporti una riduzione di tale importo, applicata sulla base di una normativa adottata dopo che la pensione è diventata esigibile, costituisca una violazione di tali diritti acquisiti. 135 Al riguardo, occorre ricordare che non esiste, nel diritto dell’Unione, alcun principio secondo il quale i diritti acquisiti non possono in alcun caso essere modificati o ridotti. È possibile, a determinate condizioni, modificare tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Grossetête/Parlamento, C‑714/21 P, EU:C:2023:187, punti 88 e 89). 136 Nel caso di specie, il Tribunale ha potuto correttamente concludere, sulla base degli elementi illustrati in particolare al punto 206 della sentenza impugnata, che l’applicazione del regime dinamico, come prevista dall’allegato III della regolamentazione SID e dall’articolo 75 delle misure di attuazione, è compatibile con il principio della certezza del diritto. 137 Alla luce di tutto quanto precede, i motivi di impugnazione dal primo al quarto devono essere respinti, in quanto in parte infondati e in parte inoperanti, nei limiti in cui con gli stessi i ricorrenti contestano l’interpretazione delle norme interne del Parlamento secondo la quale quest’ultimo è tenuto ad applicare il regime dinamico agli ex deputati europei interessati. C. Sul quinto motivo di impugnazione, vertente sull’errata interpretazione dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento 1. Argomenti delle parti 138 I ricorrenti sostengono che, ai punti da 70 a 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente concluso che il capo unità era competente ad adottare le decisioni controverse, in quanto titolare di una valida subdelega. 139 Da un lato, dalle informazioni fornite all’udienza dinanzi al Tribunale risulterebbe che le decisioni controverse sarebbero state adottate, di fatto, dal servizio giuridico del Parlamento, poiché detto capo unità si sarebbe rimesso alla valutazione di tale servizio e non avrebbe personalmente svolto alcuna analisi né avrebbe elaborato alcuna motivazione propria. Dall’altro lato, le decisioni controverse avrebbero dovuto essere adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, in quanto sarebbero atti di straordinaria amministrazione. Infatti, poiché tali decisioni si riferirebbero a una situazione nuova, complessa e imprevista, confermata peraltro dall’intervento del servizio giuridico del Parlamento, la loro conformità a norme e principi di rango superiore dell’ordinamento giuridico dell’Unione avrebbe dovuto essere verificata prima della loro adozione. Pertanto, non si tratterebbe di decisioni puramente tecniche, delegabili a un capo unità. 140 Il Parlamento sostiene che il quinto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto infondato. 2. Giudizio della Corte a) Osservazioni preliminari 141 Con il quinto motivo di impugnazione i ricorrenti contestano, in particolare, la competenza del capo unità ad adottare le decisioni controverse. Tenuto conto della giurisprudenza ricordata al punto 37 della presente sentenza, occorre esaminare la fondatezza di tale censura in quanto, con essa, i ricorrenti deducono un’illegittimità che rischia di essere ripetuta in futuro. 142 Per contro, la censura, anch’essa sollevata nell’ambito di tale quinto motivo di impugnazione, con la quale i ricorrenti contestano al capo unità di non aver elaborato alcuna analisi né alcuna motivazione diversa da quella contenuta nel parere del servizio giuridico, equivale a presentare alla Corte un’asserzione fattuale che quest’ultima non può, in assenza di un argomento relativo a uno snaturamento dei fatti o a un errore di diritto commesso dal Tribunale, esaminare nel contesto dell’impugnazione. 143 Infatti, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione deve limitarsi alle questioni di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso del loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 28 settembre 2023, Changmao Biochemical Engineering/Commissione, C‑123/21 P, EU:C:2023:708, punto 121 e giurisprudenza ivi citata). 144 Ne consegue che il quinto motivo di impugnazione deve essere esaminato nel merito nei limiti in cui contiene una censura vertente sull’incompetenza di detto capo unità ad adottare le decisioni controverse, e che tale motivo è irricevibile per il resto. b) Nel merito 145 Occorre rilevare che il Tribunale ha constatato, al punto 71 della sentenza impugnata, che il capo dell’unità era stato nominato ordinatore subdelegato per la linea di bilancio 1030, relativa alle pensioni di anzianità di cui all’allegato III della regolamentazione SID, con la decisione FINS/2019-01 del direttore generale delle finanze del Parlamento del 23 novembre 2018 e che tale decisione indica espressamente che il capo unità è autorizzato a procedere, in particolare, all’accertamento degli impegni giuridici e degli impegni di bilancio, alla liquidazione delle spese e all’emissione degli ordini di pagamento, ma anche all’accertamento delle previsioni dei crediti, all’accertamento dei diritti da recuperare e all’emissione degli ordini di riscossione. 146 Al punto 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha segnatamente rilevato che le regole fissate dalle misure di attuazione e dalla regolamentazione SID, come adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, non sono state modificate dal capo unità, ma soltanto applicate da quest’ultimo. 147 Ciò premesso, il Tribunale ha dichiarato, al punto 73 della sentenza impugnata, che il capo unità era competente ad adottare le decisioni controverse. 148 La decisione FINS/2019-01 del direttore generale delle finanze del Parlamento del 23 novembre 2018, nei limiti in cui autorizza il capo unità a procedere, in particolare, all’accertamento degli impegni giuridici e degli impegni di bilancio, alla liquidazione delle spese e all’emissione degli ordini di pagamento, ma anche all’accertamento delle previsioni dei crediti, all’accertamento dei diritti da recuperare e all’emissione degli ordini di riscossione, è redatta in modo sufficientemente ampio da comprendere le situazioni invocate dai ricorrenti, vale a dire situazioni nuove, complesse e impreviste nei settori delegati. 149 Inoltre, i ricorrenti non deducono che detta decisione contenga una riserva concernente la competenza ad applicare il diritto primario dell’Unione e, in particolare, le disposizioni della Carta, nell’ambito dell’adozione di decisioni rientranti in tali settori. 150 Peraltro, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, l’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento non contiene alcuna riserva di competenza in materia a favore dell’Ufficio di presidenza del Parlamento. Infatti, secondo tale disposizione «[l]’Ufficio di presidenza adotta decisioni di carattere finanziario, organizzativo e amministrativo concernenti i deputati, su proposta del Segretario generale o di un gruppo politico». Da detta disposizione non può neppure essere dedotta una pretesa distinzione tra gli atti di straordinaria amministrazione, la cui adozione sarebbe riservata all’Ufficio di presidenza del Parlamento, e gli atti di ordinaria amministrazione, che sarebbero stati delegati al capo unità. 151 Pertanto, la censura vertente sull’incompetenza del capo dell’unità è infondata. 152 Ne consegue che il quinto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato. D. Sul sesto motivo di impugnazione, vertente su un errore di diritto commesso dal Tribunale nella valutazione della motivazione delle decisioni controverse 1. Argomenti delle parti 153 I ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nella valutazione della motivazione delle decisioni controverse. 154 Poiché il Parlamento ha l’obbligo di esaminare la conformità alle norme di rango superiore del diritto dell’Unione, tale esame avrebbe dovuto essere accompagnato da una motivazione al riguardo. Il parere del servizio giuridico invocato dal Parlamento non sarebbe sufficiente a tal fine, in quanto, da un lato, esso non sarebbe menzionato nelle decisioni controverse né allegato a queste ultime e, dall’altro, conterrebbe solo un esame molto parziale e sommario del rispetto delle norme di rango superiore e dei principi fondamentali dell’Unione. 155 Inoltre, ai punti 57 e 178 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente stabilito che l’articolo 1, comma 7, della deliberazione n. 14/2018 garantiva la complessiva proporzionalità dell’intervento, consentendo di aumentare l’importo della pensione di persone che non percepiscono altri redditi annui e che sono affette da patologie gravi. Tali aumenti avrebbero una portata limitata e tale disposizione della deliberazione n. 14/2018 non potrebbe costituire una clausola di salvaguardia valida a favore di altre persone non contemplate dalla stessa. Peraltro, detta disposizione sarebbe stata annullata dal Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, cosicché il Tribunale avrebbe fondato la sua valutazione della proporzionalità su una disposizione inesistente. 156 Il Parlamento sostiene che il sesto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto irricevibile e, in subordine, in quanto infondato. 2. Giudizio della Corte a) Osservazioni preliminari 157 Con il sesto motivo di impugnazione, i ricorrenti censurano il Tribunale per non aver accertato che il Parlamento ha violato il proprio obbligo di motivare le decisioni controverse. Secondo i ricorrenti, il Parlamento era tenuto non solo a verificare se l’applicazione della deliberazione n. 14/2018 fosse conforme al diritto dell’Unione, ma anche a indicare espressamente, nelle decisioni controverse, le ragioni per cui riteneva che così fosse nel caso in esame. Il Tribunale avrebbe erroneamente considerato pertinente l’analisi della deliberazione n. 14/2018 contenuta nel parere del servizio giuridico e relativa in particolare alla proporzionalità di tale deliberazione. 158 Tale motivo di impugnazione riguarda l’interpretazione delle norme interne del Parlamento, in quanto è volto a contestare che, in virtù di dette norme, un regime pensionistico nazionale possa essere applicato automaticamente agli ex deputati europei, senza una valutazione motivata della conformità di tale applicazione al diritto dell’Unione. 159 Pertanto, il sesto motivo di impugnazione deve essere esaminato nel merito. b) Nel merito 160 Come risulta dall’esame dei motivi dal primo al quarto della presente impugnazione, il Tribunale ha potuto giustamente constatare, ai punti 86 e 89 della sentenza impugnata, che il Parlamento era tenuto ad applicare ai ricorrenti le stesse norme relative al livello e alle modalità delle pensioni previste dal diritto italiano. 161 Il Tribunale ha del pari giustamente indicato, agli stessi punti, che il Parlamento può sottrarsi a tale obbligo nell’ipotesi in cui una siffatta applicazione comporti la violazione di una norma di rango superiore del diritto dell’Unione, come un principio generale di tale diritto o una disposizione della Carta. 162 Pertanto, sebbene i ricorrenti evidenzino giustamente che il Parlamento deve garantire che l’applicazione delle sue norme interne, consistente nell’adeguare le pensioni dei suoi ex deputati a seconda dell’evoluzione dei regimi nazionali, non sia in contrasto con i principi generali del diritto dell’Unione o con la Carta, da ciò non consegue tuttavia che le decisioni controverse dovessero esporre le ragioni per cui il Parlamento riteneva che l’adeguamento in questione fosse conforme a tali principi e alla Carta. 163 Al riguardo, occorre rammentare che l’obbligo di motivazione degli atti giuridici dell’Unione, previsto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione di un atto non deve dunque necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto che possano essere considerati pertinenti [sentenza del 30 gennaio 2024, Agentsia «Patna infrastruktura» (Finanziamento europeo di infrastrutture stradali), C‑471/22, EU:C:2024:99, punto 26 e giurisprudenza ivi citata]. 164 Alla luce di tale giurisprudenza, si deve certo rilevare che incombeva all’autore delle decisioni controverse esporre in queste ultime le ragioni, attinenti alle norme interne del Parlamento, che avevano indotto tale istituzione ad adeguare le pensioni dei destinatari di dette decisioni. 165 Per contro, non si poteva pretendere da tale autore che esso precisasse, inoltre, le ragioni per cui il Parlamento riteneva che i principi generali del diritto dell’Unione e la Carta non ostassero alla sua decisione. Attribuire una siffatta portata all’obbligo di motivazione equivarrebbe a imporre all’autore dell’atto di indicare non solo le ragioni della sua decisione, ma anche le ragioni per cui ha ritenuto di non doversi astenere dall’adottarla. Orbene, fatte salve situazioni specifiche che sono estranee al caso di specie, non si può considerare necessario, al fine di comprendere la motivazione dell’autore dell’atto, che lo stesso fornisca un’analisi della conformità della sua decisione ai principi generali del diritto dell’Unione e alla Carta. 166 Ne consegue che il sesto motivo d’impugnazione è infondato. 167 Poiché tutti i motivi dedotti dai ricorrenti a sostegno della loro impugnazione sono stati rigettati, occorre respingere quest’ultima nella sua interezza. VI. Sulle spese 168 Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. In conformità all’articolo 138, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 169 Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Parlamento. Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce: 1) L’impugnazione è respinta. 2) I sigg. Giacomo Santini, Marco Cellai, Domenico Ceravolo e Natalino Gatti, la sig.ra Rosa Maria Avitabile, in qualità di erede del sig. Antonio Mazzone, i sigg. Luigi Moretti e Gabriele Sboarina, le sig.re Lina Wuhrer, Patrizia Capraro e Luciana Meneghini, in qualità di erede del sig. Ferruccio Pisoni, sono condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Parlamento europeo.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 settembre 2024.
* Lingua processuale: l’italiano. | ||||||||||||