SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
4 ottobre 2024 (*)
« Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato – Decisione della Commissione europea che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Decisione adottata in seguito all’annullamento di precedenti decisioni – Svolgimento di una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri – Diritti della difesa – Principio di buona amministrazione – Requisito d’imparzialità – Termine ragionevole – Obbligo di motivazione »
Nelle cause riunite C‑29/23 P e C‑30/23 P,
aventi ad oggetto due impugnazioni, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 18 gennaio 2023,
Ferriera Valsabbia SpA, con sede in Odolo (Italia),
Valsabbia Investimenti SpA, con sede in Odolo, rappresentate da G. Carnazza, avvocata, D.M. Fosselard e D. Slater, avocats (C‑29/23 P),
Alfa Acciai SpA, con sede in Brescia (Italia), rappresentata da G. Carnazza, S. D’Ecclesiis, avvocati, D.M. Fosselard e D. Slater, avocats (C‑30/23 P),
ricorrenti,
procedimento in cui l’altra parte è:
Commissione europea, rappresentata da G. Conte, P. Rossi e C. Sjödin, in qualità di agenti,
convenuta in primo grado,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, P.G. Xuereb (relatore) e A. Kumin, giudici,
avvocato generale: N. Emiliou
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con le loro impugnazioni, la Ferriera Valsabbia SpA e la Valsabbia Investimenti SpA nonché l’Alfa Acciai SpA chiedono l’annullamento, rispettivamente, delle sentenze del Tribunale dell’Unione europea del 9 novembre 2022, Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione (T‑655/19, EU:T:2022:689) e del 9 novembre 2022, Alfa Acciai/Commissione (T‑656/19, EU:T:2022:690) (in prosieguo, congiuntamente: le «sentenze impugnate»), con cui tale organo giurisdizionale ha respinto i loro ricorsi diretti all’annullamento della decisione C(2019) 4969 final della Commissione, del 4 luglio 2019, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (caso AT.37956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte in cui le riguarda.
Contesto normativo
Regolamento (CE) n. 1/2003
2 L’articolo 14, intitolato «Comitato consultivo», del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), così dispone:
«1. La Commissione consulta un comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti prima dell’adozione di qualsiasi decisione ai sensi degli articoli 7, 8, 9, 10, 23, dell’articolo 24, paragrafo 2 e dell’articolo 29, paragrafo 1.
2. Ai fini della discussione di casi individuali il comitato consultivo è composto da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. (...)
(...)
5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato consultivo. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del parere.
(...)».
3 In base all’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 101 o dell’articolo 102 del Trattato FUE.
4 L’articolo 27 di detto regolamento, intitolato «Audizione delle parti, dei ricorrenti e degli altri terzi», prevede quanto segue:
«1. Prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento.
2. Nel corso del procedimento sono pienamente garantiti i diritti di difesa delle parti interessate. (...)
3. La Commissione può sentire, nella misura in cui lo ritenga necessario, ogni altra persona fisica o giuridica. Qualora persone fisiche o giuridiche chiedano di essere sentite, dimostrando di avervi un interesse sufficiente, la loro domanda è accolta. Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono inoltre chiedere alla Commissione di sentire altre persone fisiche o giuridiche.
(...)».
Regolamento n. 773/2004
5 L’articolo 11 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), come modificato dal regolamento (CE) n. 622/2008 della Commissione, del 30 giugno 2008 (GU 2008, L 171, pag. 3) (in prosieguo: il «regolamento n. 773/2004»), intitolato «Diritto ad essere sentiti», così dispone:
«1. La Commissione accorda alle parti cui invia la comunicazione degli addebiti la possibilità di essere sentite prima di consultare il Comitato consultivo ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003.
2. Nelle sue decisioni la Commissione esamina solo gli addebiti rispetto ai quali le parti di cui al paragrafo 1 hanno avuto la possibilità di esprimersi».
6 L’articolo 12 del regolamento n. 773/2004, intitolato «Diritto all’audizione», è così formulato:
«1. La Commissione accorda alle parti cui è inviata la comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale, qualora lo richiedano nella loro proposta scritta.
2. Tuttavia, nel presentare le loro proposte di transazione, le parti confermano alla Commissione che chiederanno di avere la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale unicamente qualora la comunicazione degli addebiti non rispecchi il contenuto delle loro proposte di transazione».
7 L’articolo 13 di tale regolamento, intitolato «Audizione di terzi», prevede quanto segue:
«1. Alle persone fisiche o giuridiche non contemplate negli articoli 5 e 11 che chiedano di essere sentite e dimostrino di avervi un interesse sufficiente, la Commissione comunica per iscritto la natura e l’oggetto del procedimento e assegna un termine per la presentazione delle osservazioni scritte.
2. All’occorrenza la Commissione può invitare i soggetti di cui al paragrafo 1 a sviluppare gli argomenti nel corso dell’audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti, sempre che essi lo richiedano nelle osservazioni scritte.
3. La Commissione può invitare eventuali altre persone a presentare osservazioni scritte e ad assistere all’audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti. La Commissione può inoltre invitare tali persone ad esprimersi nel corso dell’audizione».
8 L’articolo 14 di detto regolamento, intitolato «Svolgimento delle audizioni», è formulato come segue:
«1. Le audizioni vengono condotte in piena indipendenza da un consigliere-auditore.
2. La Commissione invita le persone che devono essere sentite a partecipare all’audizione alla data da essa fissata.
3. La Commissione invita le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all’audizione. Essa può inoltre invitare anche funzionari di altre autorità degli Stati membri.
(...)».
Fatti e decisione controversa
9 Ai fini del presente procedimento, i fatti all’origine della controversia, che figurano ai punti da 1 a 28 delle sentenze impugnate, possono essere sintetizzati come segue.
10 La Ferriera Valsabbia e l’Alfa Acciai sono società di diritto italiano operanti nel settore del tondo per cemento armato. La Valsabbia Investimenti controlla il 100% del capitale della Ferriera Valsabbia.
La decisione del 2002
11 Tra il mese di ottobre e il mese di dicembre del 2000 la Commissione delle Comunità europee ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato, tra cui le ricorrenti, e presso un’associazione di imprese, la Federazione Imprese Siderurgiche Italiane (in prosieguo: la «Federazione»). Essa ha anche inviato loro richieste di informazioni ai sensi di tale disposizione.
12 Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato un procedimento di applicazione dell’articolo 65 CA e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») notificati, in particolare, all’Alfa Acciai nonché alla Ferriera Valsabbia e alla Valsabbia Investimenti. Queste ultime hanno risposto alla comunicazione degli addebiti, rispettivamente, il 14 e il 31 maggio 2002.
13 Il 13 giugno 2002 la Commissione ha effettuato una prima audizione delle parti, alla quale le ricorrenti hanno partecipato.
14 Il 12 agosto 2002 la Commissione ha inviato, agli stessi destinatari di cui al punto 12 della presente sentenza, addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»). In tale comunicazione, la Commissione ha precisato la sua posizione in merito alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002. Le ricorrenti hanno risposto alla comunicazione degli addebiti supplementari nel settembre 2002.
15 Il 30 settembre 2002 la Commissione ha effettuato una seconda audizione delle parti, in presenza dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Tale audizione riguardava l’oggetto della comunicazione degli addebiti supplementari, ossia le conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA sulla prosecuzione del procedimento.
16 Al termine del procedimento amministrativo, la Commissione ha adottato la decisione C(2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), indirizzata alla Federazione e a otto imprese, tra cui le ricorrenti. Essa ha constatato che tale associazione e tali imprese, tra il mese di dicembre 1989 e il mese di luglio 2000, avevano attuato un’intesa unica, complessa e continuata nel mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite di tali prodotti, in violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA. A detto titolo, la Commissione ha inflitto un’ammenda di un importo pari a EUR 7,175 milioni all’Alfa Acciai e, in solido, un’ammenda di un importo pari a EUR 10,25 milioni alla Ferriera Valsabbia e alla Valsabbia Investimenti.
17 Il 5 marzo 2003 le ricorrenti hanno proposto dinanzi al Tribunale ricorsi avverso la decisione del 2002. Il Tribunale ha annullato tale decisione nei confronti delle ricorrenti e delle altre imprese destinatarie (sentenza del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione, T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, EU:T:2007:317), con la motivazione che la base giuridica utilizzata, ossia l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA, non era più in vigore al momento dell’adozione di detta decisione. Di conseguenza, la Commissione non era competente, in base a tali disposizioni, a constatare e a sanzionare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Il Tribunale non ha esaminato gli altri aspetti della medesima decisione.
18 La decisione del 2002 è divenuta definitiva nei confronti della Federazione, che non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale.
La decisione del 2009
19 Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato le ricorrenti e le altre imprese interessate della sua intenzione di adottare una nuova decisione, previa correzione della base giuridica utilizzata. Essa ha inoltre precisato che la decisione in parola sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Su invito della Commissione, le ricorrenti hanno presentato osservazioni scritte il 4 settembre 2008.
20 Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione C(2009) 7492 definitivo, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (caso COM/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), indirizzata alle stesse imprese di cui alla decisione del 2002, tra cui le ricorrenti. Detta decisione è stata adottata sulla base delle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento (CE) n. 1/2003. Essa si basava sugli elementi oggetto della comunicazione degli addebiti e della comunicazione degli addebiti supplementari e riproduceva, in sostanza, il contenuto e le conclusioni della decisione del 2002. In particolare, l’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti rimaneva invariato.
21 L’8 dicembre 2009 la Commissione ha adottato una decisione di modifica, che integrava, nel suo allegato, le tabelle indicanti le variazioni dei prezzi omesse dalla sua decisione del 30 settembre 2009 e rettificava i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina.
22 L’Alfa Acciai nonché la Ferriera Valsabbia e la Valsabbia Investimenti, rispettivamente, l’8 febbraio 2010 e il 17 febbraio 2010, hanno proposto dinanzi al Tribunale ricorsi avverso la decisione della Commissione del 30 settembre 2009, come modificata dalla decisione dell’8 dicembre 2009 (in prosieguo: la «decisione del 2009»). Il 9 dicembre 2014 il Tribunale ha respinto tali ricorsi (sentenze del 9 dicembre 2014, Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione, T‑92/10, EU:T:2014:1032, e del 9 dicembre 2014, Alfa Acciai/Commissione, T‑85/10, EU:T:2014:1037), ha ridotto l’importo delle ammende inflitte a due altri destinatari della decisione del 2009 e respinto gli altri ricorsi proposti avverso tale decisione (in prosieguo, congiuntamente, le «sentenze del 2014»).
23 Il 20 febbraio 2015 le ricorrenti hanno proposto impugnazioni avverso le sentenze del 9 dicembre 2014 con cui il Tribunale aveva respinto i loro ricorsi. Con sentenza del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717), la Corte ha annullato dette sentenze del Tribunale nonché la decisione del 2009 nei confronti, in particolare, delle ricorrenti.
24 In tale sentenza, la Corte ha ricordato l’importanza dello svolgimento, su richiesta delle parti interessate, di un’audizione alla quale siano invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri: l’omissione di una tale audizione costituisce una violazione delle forme sostanziali. Essa ha precisato che, nel caso di specie, si era verificata una siffatta violazione. L’audizione del 13 giugno 2002, l’unica riguardante il merito del procedimento, non avrebbe potuto essere considerata conforme ai requisiti procedurali relativi all’adozione di una decisione in base al regolamento n. 1/2003, a causa della mancata partecipazione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.
25 Sulla base delle stesse motivazioni, la Corte ha annullato altre sentenze del 2014 nonché la decisione del 2009, nei confronti di altre tre imprese. La decisione del 2009 è, invece, divenuta definitiva per le imprese destinatarie che non avevano proposto impugnazione.
La decisione del 2019
26 Con lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha informato le ricorrenti della propria intenzione di riprendere il procedimento amministrativo e di organizzare una nuova audizione delle parti in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.
27 Con lettere del 1° febbraio 2018, le ricorrenti hanno presentato osservazioni nelle quali hanno contestato il potere della Commissione di riassumere il procedimento amministrativo.
28 Il 23 aprile 2018 la Commissione ha tenuto una nuova audizione relativa al merito del procedimento, alla quale hanno partecipato, in presenza dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e del consigliere-auditore, le ricorrenti nonché altre tre imprese destinatarie della decisione del 2009.
29 Con lettere del 19 novembre 2018 nonché del 18 gennaio e del 6 maggio 2019, la Commissione ha inviato alle ricorrenti tre richieste di informazioni riguardanti il loro fatturato.
30 Il 4 luglio 2019 la Commissione ha adottato la decisione controversa, che era destinata alle cinque imprese, tra cui le ricorrenti, nei confronti delle quali la decisione del 2009 era stata annullata, segnatamente alla Partecipazioni Industriali SpA (già Riva Acciaio SpA e successivamente Riva Fire SpA).
31 Con la decisione controversa, la Commissione ha constatato la stessa infrazione di quella che era stata oggetto della decisione del 2009, al contempo riducendo del 50% le ammende inflitte alle imprese destinatarie a motivo della durata del procedimento. Con l’articolo 2 di tale decisione, essa ha inflitto all’Alfa Acciai un’ammenda di importo pari a EUR 3,587 milioni e alla Ferriera Valsabbia nonché alla Valsabbia Investimenti, solidalmente, un’ammenda di importo pari a EUR 5,125 milioni.
32 In data 8 luglio 2019 la Commissione ha notificato una copia incompleta della decisione controversa, contenente solo le pagine dispari.
33 Il 18 luglio 2019 è stata notificata alle ricorrenti una versione completa della decisione controversa.
Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenze impugnate
34 Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 27 settembre 2019, le ricorrenti hanno proposto ricorsi diretti all’annullamento della decisione controversa.
35 A sostegno dei loro ricorsi, le ricorrenti hanno dedotto quattro motivi vertenti, il primo, sulla violazione di norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018, che avrebbe comportato una violazione dei diritti della difesa; il secondo, sul rifiuto della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione controversa, la compatibilità di tale decisione con il principio della durata ragionevole del procedimento; il terzo, e una parte del quarto, sulla violazione del principio della durata ragionevole del procedimento e il quarto, sulla violazione dell’obbligo di motivazione nonché su errori manifesti di valutazione.
36 Per quanto attiene, segnatamente, al primo motivo di ricorso, le ricorrenti hanno sostenuto, con la prima delle tre censure dedotte nell’ambito di tale motivo, che il comitato consultivo previsto dal regolamento n. 1/2003 non fosse stato validamente consultato, poiché le modalità dell’audizione alla quale dovevano essere invitati i membri di tale comitato che rappresentavano autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non avrebbero consentito di garantirne l’imparzialità.
37 Con la seconda censura di detto motivo di ricorso, le ricorrenti hanno sostenuto che la Commissione, da un lato, avesse violato diverse norme relative all’organizzazione delle audizioni e, dall’altro, avesse commesso un errore omettendo di invitare la Federazione, la Leali SpA e la sua società figlia Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, la Lucchini SpA, la Partecipazioni industriali SpA, la Industrie Riunite Odolesi SpA e l’Associazione Nazionale Sagomatori Ferro (in prosieguo: l’«Ansfer») all’audizione del 23 aprile 2018, laddove, avendo svolto un ruolo centrale nella vicenda, tali entità avrebbero potuto fornire alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri elementi idonei a consentire a queste ultime di adottare la loro posizione con piena cognizione di causa. Ad avviso delle ricorrenti, non avendo potuto beneficiare di un parere reso con piena cognizione di causa da parte delle autorità in parola, i loro diritti della difesa sarebbero stati violati.
38 Con la terza censura del primo motivo di ricorso, le ricorrenti hanno sostenuto che fosse impossibile porre rimedio al vizio procedurale censurato dalla Corte. A causa del periodo trascorso, i cambiamenti intervenuti nell’identità dei soggetti e nella struttura del mercato erano tali, a loro avviso, che nessuna audizione avrebbe potuto essere organizzata in condizioni identiche o, quantomeno, equivalenti a quelle esistenti nel 2002.
39 Con le sentenze impugnate, il Tribunale ha respinto i ricorsi nella loro interezza.
40 Per quanto attiene al primo motivo di ricorso in primo grado, il Tribunale ha dichiarato, in primo luogo, che l’argomento delle ricorrenti non era idoneo a dimostrare che, nel caso di specie, non era stata garantita l’imparzialità tanto dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri all’interno del comitato consultivo quanto della Commissione. In secondo luogo, non invitando all’audizione del 23 aprile 2018 talune imprese e associazioni, la Commissione non aveva violato né le norme relative all’organizzazione delle audizioni né i diritti della difesa delle ricorrenti. In terzo luogo, i cambiamenti del contesto relativi al decorso del tempo non incidevano sulla possibilità, per la Commissione, di riaprire un procedimento a seguito dell’annullamento di una delle sue decisioni con sentenza della Corte o del Tribunale, purché tale istituzione avesse verificato che la prosecuzione del procedimento appariva ancora una soluzione adeguata alla situazione, cosa che la Commissione aveva fatto nel caso di specie.
41 Per quanto concerne il terzo motivo di ricorso in primo grado, il Tribunale ha considerato che né la durata delle fasi amministrative del procedimento condotto dalla Commissione né la durata totale di tale procedimento erano eccessive e che, in ogni caso, anche supponendo che la durata del procedimento potesse essere ritenuta contraria al principio del termine ragionevole, le ricorrenti non erano riuscite a dimostrare alcuna lesione ai loro diritti della difesa derivante da tale durata.
42 Con riferimento al quarto motivo di ricorso in primo grado, il Tribunale ha dichiarato, quanto alle ultime tre censure contenute in tale motivo, in primo luogo, che la Commissione non era incorsa in un errore manifesto di valutazione nel considerare che, nonostante i cambiamenti intervenuti sul mercato del tondo per cemento armato, adottare una decisione e infliggere una sanzione fosse ancora necessario per dissuadere le imprese destinatarie dall’adottare un siffatto comportamento in futuro e per dissuadere tutti gli operatori eventualmente interessati dal commettere in futuro infrazioni analoghe. In secondo luogo, il Tribunale ha respinto, in quanto infondate, le obiezioni delle ricorrenti riguardanti uno degli argomenti dedotti dalla Commissione, nella decisione controversa, per giustificare la riapertura del procedimento amministrativo, vale a dire il fatto che occorresse garantire ai terzi la possibilità di proporre ancora azioni risarcitorie a seguito dell’adozione di tale decisione. In terzo luogo, il Tribunale ha dichiarato, segnatamente, che, dato che la durata del procedimento amministrativo non era irragionevole, la Commissione non era incorsa in un errore di valutazione nell’affermare, al punto 555 della decisione controversa, che, «per quanto concerne la fase amministrativa, [essa] ritiene di aver sempre condotto la propria attività istruttoria speditamente e senza ingiustificate interruzioni».
Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte
43 Con le loro impugnazioni, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:
– annullare le sentenze impugnate;
– annullare la decisione controversa e
– condannare la Commissione alle spese relative ai due gradi di giudizio.
44 La Commissione chiede che la Corte voglia:
– respingere le impugnazioni e
– condannare le ricorrenti alle spese.
45 Con decisione del presidente della Corte del 14 febbraio 2023, le cause C‑29/23 P e C‑30/23 P sono state riunite ai fini del prosieguo del procedimento e della sentenza.
Sulle impugnazioni
46 A sostegno delle loro impugnazioni, le ricorrenti deducono tre motivi d’impugnazione.
Sul primo motivo d’impugnazione
Sulla prima parte
– Argomenti delle parti
47 Con la prima parte del loro primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano la motivazione con cui il Tribunale, ai punti da 61 a 64 delle sentenze impugnate, ha respinto la loro censura vertente su una mancanza d’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri facenti parte del comitato consultivo.
48 In primo luogo, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto quando ha dichiarato, al punto 63 di tale sentenza, che il fatto di considerare che «la possibile conoscenza di una soluzione adottata in precedenza e, se del caso, confermata in una sentenza del Tribunale successivamente annullata dalla Corte in sede di impugnazione» potesse «in quanto tale, impedire una riapertura del procedimento» era incompatibile con l’articolo 266 TFUE. Infatti, esso avrebbe omesso di tener conto della natura eccezionale della situazione in questione che imponeva una risposta del Tribunale alla luce dei fatti di causa e degli argomenti delle ricorrenti. L’accoglimento della censura delle ricorrenti avrebbe comportato conseguenze solo in situazioni analoghe a quelle del caso di specie.
49 In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe preso posizione riguardo alle circostanze specifiche che avrebbero reso particolarmente elevato il rischio di mancanza di imparzialità dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, in relazione, in particolare, a una decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM, Italia), adottata nel 2017, in cui tale autorità si sarebbe fondata sia sulla decisione del 2009 sia sulle sentenze del 2014. Le sentenze impugnate sarebbero quindi viziate da una carenza motivazionale tradottasi in un’omessa pronuncia.
50 In terzo luogo, l’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sarebbe stata messa in discussione dai pareri che tali autorità avevano già reso in una fase precedente del procedimento di cui trattasi.
51 La Commissione sostiene che quest’ultimo argomento è nuovo e quindi irricevibile. In ogni caso, detto argomento così come la prima parte del primo motivo d’impugnazione considerata nella sua interezza sarebbero privi di fondamento.
– Giudizio della Corte
52 Per quanto concerne, in primo luogo, la censura secondo cui le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non sarebbero state imparziali a motivo del fatto che esse avevano già reso pareri in una fase precedente del procedimento, si deve rammentare che, conformemente all’articolo 170, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento di procedura della Corte, l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, consentire a una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte motivi e argomenti non dedotti dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in sede d’impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata all’esame della valutazione da parte del Tribunale dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi ad esso (sentenza del 29 febbraio 2024, Euranimi/Commissione, C‑95/23 P, EU:C:2024:177, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
53 Al punto 55 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha rilevato che la censura di primo grado vertente su una mancanza d’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri era basata sul fatto che, quando tali autorità avevano partecipato all’audizione del 23 aprile 2018 e avevano successivamente emesso il loro parere, esse conoscevano la posizione che era stata adottata dalla Commissione nelle sue decisioni del 2002 e del 2009 e dal Tribunale nelle sentenze del 2014, il che, secondo le ricorrenti, avrebbe inevitabilmente influenzato dette autorità in modo tale da rendere impossibile la formulazione di un parere con assoluta imparzialità.
54 Tale descrizione della censura di primo grado non è stata contestata dalle ricorrenti nelle loro impugnazioni. Orbene, si deve rilevare che da tale descrizione non emerge che, dinanzi al Tribunale, le ricorrenti abbiano sostenuto che l’asserita mancanza d’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri fosse dovuta al fatto che tali autorità avevano già emesso pareri in una fase precedente al procedimento in questione.
55 Ne consegue che, poiché l’argomento vertente su tale fatto è stato dedotto per la prima volta dinanzi alla Corte, esso deve essere respinto in quanto irricevibile.
56 In secondo luogo, per quanto riguarda la censura di cui al punto 48 della presente sentenza, occorre rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura discende che un’impugnazione deve indicare in modo preciso, a pena di irricevibilità, gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (sentenza del 18 gennaio 2024, Jenkinson/Consiglio e a., C‑46/22 P, EU:C:2024:50, punto 60, nonché giurisprudenza ivi citata).
57 Non soddisfa, in particolare, tali requisiti e dev’essere dichiarato irricevibile un motivo la cui argomentazione non sia tanto chiara e precisa da permettere alla Corte di esercitare il suo controllo di legittimità (sentenza del 18 gennaio 2024, Jenkinson/Consiglio e a., C‑46/22 P, EU:C:2024:50, punto 61, nonché giurisprudenza ivi citata).
58 Nel caso di specie, dopo aver rammentato che l’esigenza di imparzialità prevista all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riguarda tanto il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata che è incaricato della questione deve manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali, quanto il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio, il Tribunale, ai punti 62 e 63 delle sentenze impugnate, ha dichiarato che il fatto di decidere che la possibile conoscenza di una soluzione adottata in precedenza e, se del caso, confermata in una sentenza del Tribunale successivamente annullata dalla Corte potrebbe, in quanto tale, impedire una riapertura del procedimento, sarebbe incompatibile con l’articolo 266 TFUE, che, in caso di annullamento sulla base dell’articolo 263 TFUE, impone alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione di prendere i provvedimenti che l’esecuzione delle sentenze emesse nei loro confronti comporta, senza tuttavia esonerarle dal compito consistente nell’assicurare, nei settori rientranti nella loro competenza, l’applicazione del diritto dell’Unione.
59 Orbene, malgrado le ricorrenti sostengano che una siffatta valutazione è errata in diritto, in quanto il Tribunale non avrebbe tenuto conto della natura eccezionale della situazione di cui si trattava, esse non dimostrano come tale natura asseritamente eccezionale potrebbe mettere in discussione la valutazione secondo cui la sola conoscenza di soluzioni adottate in precedenza e, se del caso, confermate dal giudice dell’Unione non implicava che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri facenti parte del comitato consultivo non erano in grado di maturare ed emettere il proprio parere con l’imparzialità necessaria. Pertanto, le ricorrenti non sviluppano alcuna argomentazione giuridica precisa che consenta alla Corte di effettuare il suo controllo di legittimità.
60 Ne consegue che la censura di cui al punto 48 della presente sentenza deve essere respinta in quanto irricevibile.
61 In terzo luogo, per quanto riguarda le circostanze specifiche che avrebbero reso particolarmente elevato il rischio di mancanza di imparzialità dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, le ricorrenti si limitano a richiamare la decisione dell’AGCM del 2017 menzionata al punto 49 della presente sentenza. Tuttavia, le ricorrenti non hanno contestato la dichiarazione della Commissione nella sua comparsa di risposta, secondo cui esse non avevano invocato tale decisione nel procedimento di primo grado. Ne consegue che le ricorrenti non possono contestare al Tribunale di non aver esaminato tale elemento nelle sentenze impugnate.
62 La prima parte del primo motivo d’impugnazione deve dunque essere respinta in quanto irricevibile.
Sulla seconda parte
– Argomenti delle parti
63 Con la seconda parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti 67, 68, 71, 74 e 139 delle sentenze impugnate, sia incorso in un errore di diritto nel respingere la loro censura vertente sulla violazione dei diritti della difesa causata dall’assenza di talune imprese e associazioni all’audizione del 23 aprile 2018.
64 Da un lato, il Tribunale sarebbe incorso in errore nel giudicare, al punto 67 di tali sentenze, che tale censura equivarrebbe, per le ricorrenti, a invocare la violazione dei diritti della difesa di terzi. Orbene, le ricorrenti avrebbero sostenuto che un’audizione vertente sul merito della causa, alla presenza dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, non poteva più essere organizzata nel 2018, stante l’impossibilità pratica di riprodurre le condizioni in cui tali rappresentanti si sarebbero trovati nel corso del 2002 avendo a disposizione la possibilità di confrontarsi con tutte le parti del procedimento e le persone fisiche o giuridiche che avessero dimostrato di avere un interesse sufficiente, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004.
65 Dall’altro lato, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare la violazione degli obblighi incombenti alla Commissione in forza dell’articolo 266 TFUE. Tenuto conto delle sentenze del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717), e del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione (T‑691/14, EU:T:2018:922) nonché delle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nelle cause Feralpi e a./Commissione (C‑85/15 P, C‑86/16 P e C‑87/15 P, C‑88/15 P e C‑89/15 P, EU:C:2016:940), la Commissione sarebbe stata tenuta, al fine di riprendere il procedimento, a organizzare un’audizione atta a fornire ai rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri le informazioni il più possibile complete, ossia il più possibile simili a quelle di cui avrebbero potuto disporre se avessero partecipato all’audizione del 13 giugno 2002, per consentire al comitato consultivo di emettere il proprio parere con piena cognizione di causa.
66 La Commissione contesta tale argomento.
– Giudizio della Corte
67 Per quanto attiene alla prima censura, si deve rilevare che, dopo aver sintetizzato l’argomentazione delle ricorrenti al punto 65 delle sentenze impugnate, che non è contestato nell’ambito della presente impugnazione, il Tribunale ha dichiarato, al punto 66 di tali sentenze, che occorreva «esaminare se, nell’organizzazione dell’audizione [del 23 aprile 2018], la Commissione [avesse] violato una norma per essa vincolante e se, in tal modo, o in qualsiasi altro modo, essa [avesse] ostacolato i diritti della difesa delle ricorrenti». Ai punti da 67 a 141 di dette sentenze, il Tribunale ha effettuato tale esame.
68 Orbene, ai punti 67 e 68 delle sentenze impugnate, il Tribunale si è limitato a rammentare che la partecipazione all’audizione fa parte dei diritti procedurali la cui violazione, a motivo della loro natura soggettiva, deve essere invocata dall’impresa o dal terzo che ne è titolare e che, di conseguenza, le ricorrenti non possono utilmente chiedere l’annullamento di una decisione per il solo motivo che, nel caso di specie, sarebbero stati violati diritti procedurali di terzi o di altre parti.
69 Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il Tribunale non ha dichiarato che esse avevano invocato la violazione dei diritti procedurali di terzi, il che è peraltro confermato dal fatto che, in seguito, il Tribunale ha esaminato, in modo dettagliato, se – al di là del rispetto dovuto ai diritti di cui disponevano altre persone o entità – la Commissione avesse violato talune norme relative all’organizzazione delle audizioni in un modo che avrebbe potuto ostacolare la difesa delle ricorrenti.
70 La prima censura si basa quindi su una lettura errata dei punti 67 e 68 della sentenza impugnata e deve, di conseguenza, essere respinta in quanto infondata.
71 Per quanto attiene alla seconda censura, si deve rammentare che, conformemente all’articolo 266 TFUE, l’istituzione, l’organo o l’organismo da cui emana l’atto annullato è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta.
72 Nella sentenza che ha annullato, da un lato, le sentenze del Tribunale che respingono i ricorsi delle ricorrenti avverso la decisione del 2009 e, dall’altro, tale decisione, nella parte in cui riguardava le ricorrenti, la Corte ha considerato che la Commissione era tenuta, in applicazione degli articoli 12 e 14 del regolamento n. 773/2004, a dare alle parti la possibilità di sviluppare i loro argomenti nel corso di un’audizione vertente sul merito, alla quale avrebbero dovuto essere invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, cosa che tale istituzione aveva omesso di fare. La Corte ha giudicato che l’omissione di una siffatta audizione costituiva, alla luce dell’importanza, nell’ambito del procedimento previsto dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004, dello svolgimento, su domanda delle parti interessate, di un’audizione alla quale sono invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, del secondo di tali regolamenti, una violazione delle forme sostanziali e che il Tribunale aveva quindi commesso un errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era tenuta, prima dell’adozione della decisione controversa, ad organizzare una nuova audizione conformemente all’articolo 14 del regolamento n. 773/2004 (sentenza del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione, C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717, punti da 44 a 48).
73 Ne consegue che, per poter adottare la decisione controversa, la Commissione era tenuta ad organizzare un’audizione conforme alle disposizioni dei regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004.
74 Orbene, al punto 139 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha dichiarato, all’esito di un esame dettagliato, che la Commissione non aveva violato norme procedurali relative all’audizione di altre persone o entità e che, di conseguenza, l’esercizio dei diritti della difesa fatti valere dalle ricorrenti non aveva potuto essere in alcun modo ostacolato dalla violazione di tali norme.
75 È vero che, con la seconda parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti criticano il punto 139 delle sentenze impugnate. Tuttavia, esse non contestano, tranne per quanto riguarda il caso dell’Ansfer, di cui alla terza parte di tale motivo d’impugnazione, le considerazioni che hanno portato il Tribunale a ritenere che la Commissione non avesse violato le disposizioni dei regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004.
76 Infatti, le ricorrenti si limitano a sostenere che, per adempiere i suoi obblighi derivanti dall’articolo 266 TFUE, la Commissione avrebbe dovuto organizzare un’audizione che avrebbe consentito ai rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri di disporre delle informazioni più simili a quelle che avrebbero potuto ottenere se avessero partecipato all’audizione del 13 giugno 2002.
77 Orbene, un obbligo di una tale natura non si può dedurre né dall’articolo 266 TFUE né dalla sentenza della Corte del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717).
78 Certamente, dalla giurisprudenza del Tribunale invocata dalle ricorrenti emerge che l’audizione deve essere organizzata in modo da consentire al comitato consultivo di emettere il proprio parere con piena cognizione di causa. Tuttavia, tale condizione è soddisfatta dal momento in cui la Commissione si è conformata agli obblighi ad essa imposti dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004 al riguardo. Orbene, nel caso di specie, e ad esclusione del caso dell’Ansfer, che sarà esaminato nell’ambito della terza parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti non hanno contestato che fosse questo il caso.
79 Ne consegue che la seconda parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.
Sulla terza parte
– Argomenti delle parti
80 Con la terza parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti 118, 121, 125 e 130 delle sentenze impugnate, sia incorso in un errore di diritto quanto alla decisione della Commissione di non invitare l’Ansfer all’audizione del 23 aprile 2018.
81 In primo luogo, la giurisprudenza citata dal Tribunale al punto 118 delle sentenze impugnate non sarebbe pertinente. Pertanto, tale giurisprudenza non potrebbe confermare la valutazione del Tribunale secondo cui una persona giuridica, quale l’Ansfer, poteva perdere la sua qualità di «terzo interessato» a causa del decorso del tempo legato alle procedure giudiziarie relative alla causa in questione.
82 In secondo luogo, la Commissione avrebbe espressamente affermato, al punto 110 della decisione controversa, che l’Ansfer aveva lo status di terzo interessato. Di conseguenza, non vi sarebbe stato alcun riesame della posizione processuale dell’Ansfer, contrariamente a quanto affermerebbe il Tribunale.
83 In terzo luogo, sarebbe stato in ogni caso impossibile effettuare un siffatto riesame, poiché la decisione di riconoscere lo status di terzo interessato all’Ansfer era stata adottata prima delle audizioni del 13 giugno e del 30 settembre 2002 e non poteva quindi essere pregiudicata dall’annullamento della decisione del 2009.
84 In quarto luogo, non sarebbe possibile stabilire su quale fondamento il Tribunale abbia potuto affermare, al punto 125 delle sentenze impugnate, che, se le ricorrenti ritenevano che l’intervento dell’Ansfer fosse necessario o utile per la loro difesa, spettava loro informare tale associazione della riapertura del procedimento affinché essa si manifestasse presso la Commissione oppure chiedere a quest’ultima d’invitare detta associazione. Infatti, avendo già invitato l’Ansfer nel 2002, la Commissione non avrebbe potuto omettere d’invitarla all’audizione del 23 aprile 2018.
85 In subordine, le ricorrenti contestano il punto della motivazione del Tribunale vertente sul fatto che l’Ansfer non aveva partecipato all’audizione del 30 settembre 2002. Infatti, mentre l’oggetto di tale audizione era limitato all’esame delle questioni procedurali legate alla scadenza del Trattato CECA, l’Ansfer avrebbe potuto contribuire solamente alla discussione delle questioni di merito. Tale assenza a detta audizione non poteva quindi costituire una prova del mancato interesse relativo al merito della causa.
86 La Commissione ritiene che la censura vertente sul punto 110 della decisione controversa sia irricevibile, in quanto non sarebbe stata dedotta in primo grado. In ogni caso, tale censura sarebbe infondata. Le altre censure sarebbero prive di fondamento.
– Giudizio della Corte
87 In primo luogo, occorre rilevare che la mera circostanza che il Tribunale abbia fatto riferimento, nelle sentenze impugnate, a una giurisprudenza che le ricorrenti ritengono non pertinente non è sufficiente, in quanto tale, a dimostrare che tale organo giurisdizionale sarebbe incorso in un errore di diritto.
88 In secondo luogo, sebbene le ricorrenti possano, in modo ricevibile, invocare il punto 110 della decisione controversa, si deve rilevare che tale punto si limita a indicare che il consigliere-auditore aveva, in un dato momento, riconosciuto l’Ansfer come facente parte dei terzi interessati, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004, senza pronunciarsi sulla questione se tale associazione avesse conservato tale status fino al 2018.
89 In terzo luogo, gli argomenti sintetizzati ai punti 84 e 85 della presente sentenza si basano sul presupposto che l’Ansfer abbia mantenuto il suo status di terzo interessato fino al 2018.
90 Orbene, il Tribunale ha ritenuto che tale presupposto fosse errato.
91 Si deve rammentare che, al riguardo, il Tribunale, al punto 116 delle sentenze impugnate, ha elencato taluni fatti non contestati dalle ricorrenti, ossia che, nel 2002, poiché l’Ansfer aveva appreso l’avvio del procedimento condotto dalla Commissione, aveva chiesto di essere autorizzata a partecipare all’audizione del 13 giugno 2002 in quanto terzo interessato; che la Commissione aveva accettato tale domanda; che l’Ansfer si era presentata a detta audizione, dove, senza che il suo rappresentante vi prendesse la parola, aveva presentato osservazioni scritte e che, su tale base, l’Ansfer era stata invitata a partecipare all’audizione del 30 settembre 2002, relativa alle conseguenze della scadenza del Trattato CECA, ma che essa non aveva risposto a tale invito e non si era neppure presentata a tale audizione.
92 È proprio basandosi su tali fatti che il Tribunale ha dichiarato, al punto 121 delle sentenze impugnate, che la Commissione aveva potuto ritenere, senza commettere errori, che, considerata l’assenza di risposta dell’Ansfer all’invito a partecipare alla seconda audizione del 30 settembre 2002 e la sua mancata partecipazione a tale audizione, tale associazione avesse rinunciato a partecipare al procedimento o, quanto meno, non intendesse sviluppare ulteriormente i suoi argomenti nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018.
93 In quarto luogo, se è vero che le ricorrenti contestano, in subordine, al Tribunale di essersi fondato sul fatto che l’Ansfer non ha partecipato all’audizione del 30 settembre 2002, si deve rammentare che, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata ai motivi di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva a constatare e a valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti e degli elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso di un loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 29 febbraio 2024, Euranimi/Commissione, C‑95/23 P, EU:C:2024:177, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).
94 Orbene, si deve rilevare che le ricorrenti contestano, con una censura sollevata in subordine, la valutazione dei fatti da parte del Tribunale, senza dedurre uno snaturamento.
95 La terza parte del primo motivo d’impugnazione e, di conseguenza, tale motivo nella sua interezza devono dunque essere respinti in quanto, in parte, irricevibili e, in parte, infondati.
Sul secondo motivo d’impugnazione
96 Con il loro secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano la motivazione con cui il Tribunale, ai punti da 195 a 222 delle sentenze impugnate, ha ritenuto che il principio del termine ragionevole non fosse stato violato.
97 Tale motivo d’impugnazione si articola in tre parti.
98 Con le prime due parti, le ricorrenti contestano, da un lato, le valutazioni del Tribunale relative alla durata delle fasi amministrative del procedimento conclusosi con l’adozione della decisione controversa e, dall’altro, le valutazioni relative alla durata complessiva di tale procedimento che, alla data di deposito dell’impugnazione, ammontava a quasi 22 anni.
99 Con la terza parte, esse contestano la valutazione del Tribunale secondo cui la durata del procedimento non ha pregiudicato i loro diritti della difesa.
100 Come rammentato dal Tribunale, in sostanza, al punto 165 delle sentenze impugnate, la violazione del principio del rispetto del termine ragionevole può giustificare l’annullamento di una decisione adottata all’esito di un procedimento amministrativo basato sugli articoli 101 o 102 TFUE soltanto qualora essa comporti altresì una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 2016, PROAS/Commissione, C‑616/13 P, EU:C:2016:415, punti da 74 a 76, e del 28 gennaio 2021, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione, C‑466/19 P, EU:C:2021:76, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata).
101 Ne consegue che, come rilevato dal Tribunale al punto 180 delle sentenze impugnate, la durata del procedimento può comportare l’annullamento di una decisione impugnata se ricorrono cumulativamente due condizioni: la prima, che la durata del procedimento appaia irragionevole e, la seconda, che il superamento del termine ragionevole abbia impedito l’esercizio dei diritti della difesa.
102 È alla luce della seconda di tali condizioni che occorre esaminare la terza parte del secondo motivo d’impugnazione.
Argomenti delle parti
103 Con la terza parte del secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che, contrariamente alle valutazioni effettuate ai punti da 216 a 222 delle sentenze impugnate, la durata del procedimento ha pregiudicato i loro diritti della difesa.
104 Infatti, se l’audizione sul merito delle censure fosse stata organizzata già il 30 settembre 2002, tali diritti sarebbero stati pienamente rispettati, poiché i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri avrebbero potuto sentire tutte le imprese interessate e tutte le associazioni interessate. Se un’audizione sul merito fosse stata organizzata prima dell’adozione della decisione nel 2009, tali rappresentanti avrebbero potuto ancora sentire molte di tali imprese e di tali associazioni, che erano all’epoca operative sul mercato e parti nel procedimento. L’audizione del 23 aprile 2018, alla quale avrebbero partecipato solo quattro imprese, non sarebbe stata rispettosa dei diritti della difesa delle ricorrenti, né avrebbe garantito al comitato consultivo un accesso alle stesse informazioni e testimonianze di cui avrebbe potuto disporre nel caso in cui i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri avessero partecipato a un’audizione sul merito nel corso del 2002.
105 La Commissione ritiene che tale argomento sia, in parte, irricevibile e, in ogni caso, infondato.
Giudizio della Corte
106 Nei limiti in cui le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che il Tribunale ha omesso di statuire sulle considerazioni sintetizzate al punto 104 della presente sentenza, il loro argomento non può essere ritenuto irricevibile. In ogni caso, si deve rilevare che tale argomento non può essere accolto. Infatti, se è vero che, come emerge da tali considerazioni, all’audizione del 23 aprile 2018, i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non erano più in grado di sentire talune imprese e talune associazioni che o erano fallite nel frattempo oppure non erano più parti del procedimento, le ricorrenti non hanno affatto dimostrato dinanzi al Tribunale che, per ciò solo, la durata del procedimento in questione avrebbe comportato una violazione dei loro diritti della difesa.
107 Pertanto, la terza parte del secondo motivo dev’essere respinta in quanto infondata.
108 Ne consegue che una delle due condizioni, di cui al punto 101 della presente sentenza, necessarie affinché la violazione del principio del termine ragionevole possa dar luogo all’annullamento di una decisione non è soddisfatta.
109 Il secondo motivo d’impugnazione, basato su una violazione del principio del termine ragionevole, deve dunque essere respinto in quanto infondato, senza che occorra esaminare la prima e la seconda parte di tale motivo.
Sul terzo motivo d’impugnazione
Sulla prima parte
– Argomenti delle parti
110 Con la prima parte del terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti da 239 a 244 delle sentenze impugnate, non ha verificato se la Commissione, prima di adottare la decisione controversa, avesse esaminato se gli obiettivi diretti a garantire l’effetto deterrente di tale decisione e a evitare l’impunità delle imprese interessate potessero concretamente giustificare l’imposizione di una sanzione, tenuto conto dell’eccezionalità del caso.
111 Per quanto attiene al primo di tali elementi, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare concretamente se, nel 2019, e tenuto conto dei cambiamenti importanti verificatisi sul mercato del tondo per cemento armato, il rischio di reiterazione dell’infrazione di cui alla decisione controversa risultasse sufficientemente reale e tale da giustificare l’imposizione di una sanzione.
112 Al riguardo, il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione il fatto che, per quanto riguarda il periodo compreso tra il 2001 e il 2018, i volumi prodotti in Italia si erano contratti del 70% rispetto a quelli del 2002, a fronte invece di importazioni in forte crescita, tanto che la Commissione aveva ritenuto necessario imporre dazi anti-dumping.
113 Nelle loro repliche, le ricorrenti precisano di aver voluto illustrare che è impossibile presumere che le parti nel procedimento conclusosi con l’adozione della decisione controversa fossero in grado, alla luce della loro posizione sul mercato, di reiterare un qualsiasi tipo di violazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza.
114 Relativamente alla questione, di cui al punto 110 della presente sentenza, se l’obiettivo di evitare l’impunità potesse concretamente giustificare l’imposizione di una sanzione, il ragionamento del Tribunale sarebbe manifestamente errato. A causa dei numerosi annullamenti e delle successive riadozioni delle decisioni sanzionatorie, le ricorrenti non avrebbero di certo potuto ritenere di essere uscite «impunite» dalla vicenda qualora non fosse stata loro imposta una nuova sanzione. Infatti, le ricorrenti avrebbero passato gli ultimi 20 anni a difendersi in merito alle condotte ad esse ascritte, e, durante 13 di tali 20 anni avrebbero portato lo stigma di una condanna per violazione delle regole di concorrenza. Al riguardo, le ricorrenti rilevano che dalla giurisprudenza del Tribunale, in particolare dalla sentenza del 12 dicembre 2018, Biogaran/Commissione (T‑677/14, EU:T:2018:910), risulterebbe che si deve tener conto del pregiudizio non trascurabile alla reputazione derivante, per una persona giuridica, dal fatto che sia accertata la sua implicazione in un’infrazione alle norme in materia di concorrenza. Infine, avendo poi pagato la sanzione comminata loro, in due occasioni, le ricorrenti avrebbero anche subito un notevole depauperamento.
115 Nelle loro repliche, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha restituito loro solo interessi di un importo insufficiente per compensarle dell’illecita privazione di ingenti somme di denaro che esse avrebbero potuto investire nelle loro attività. Infatti, sebbene la giurisprudenza recente della Corte imponga alla Commissione, in casi di questo tipo, di versare, oltre al rimborso dell’ammenda provvisoriamente pagata, interessi forfettari, tale istituzione si sarebbe rifiutata di versare siffatti interessi e si sarebbe anche opposta a tale giurisprudenza nell’ambito dei ricorsi, ancora pendenti, nelle cause Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione (T‑420/21 e T‑421/21).
116 La Commissione ritiene che tale argomento sia, in parte, irricevibile e, in ogni caso, infondato.
– Giudizio della Corte
117 In primo luogo, occorre rammentare che, ai punti da 239 a 241 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva potuto considerare, alla luce del carattere grave dell’infrazione constatata, che il fatto di adottare una decisione e di infliggere una sanzione era ancora giustificato dall’effetto deterrente che avrebbero potuto produrre, sui mercati, tale decisione e tale sanzione, poiché è il fatto di dover pagare l’ammenda inflitta che dissuade effettivamente un’impresa, e più in generale gli operatori di mercato, dal commettere una violazione delle regole di concorrenza dell’Unione. Se è vero che alle ricorrenti era già stata inflitta una sanzione in due occasioni nel corso del procedimento, la prima volta con la decisione del 2002 e la seconda volta con quella del 2009, tali decisioni sarebbero state annullate dal giudice dell’Unione. Il Tribunale ha ritenuto che, date tali circostanze, la sanzione imposta era giustificata dalla necessità di garantire l’effetto deterrente della decisione controversa.
118 Tali considerazioni non sono viziate da alcun errore di diritto.
119 Infatti, occorre ricordare che l’efficacia delle regole di concorrenza dell’Unione implica, segnatamente, la necessità di garantire l’effetto deterrente delle sanzioni inflitte in materia di infrazioni a tali regole (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 109 e giurisprudenza ivi citata).
120 Inoltre, le ammende inflitte per violazione delle regole di concorrenza dell’Unione mirano alla repressione degli illeciti delle imprese interessate, nonché a dissuadere sia le imprese in questione sia altri operatori economici dal violare, in futuro, tali norme (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 110 e giurisprudenza ivi citata).
121 Poiché l’effetto deterrente di una tale ammenda non si limita dunque a prevenire la reiterazione della specifica intesa anticoncorrenziale che ha portato all’imposizione di tale ammenda, il fatto di sapere se sussista un rischio reale di una tale reiterazione da parte delle sole imprese oggetto della decisione controversa è irrilevante. Di conseguenza, e contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il fatto che il Tribunale non si sia pronunciato su tale aspetto non costituisce un’omessa statuizione.
122 Nei limiti in cui le ricorrenti sostengono che, stante la loro posizione sul mercato, esse non erano in grado di commettere alcun tipo di infrazione al diritto dell’Unione in materia di concorrenza, si deve rammentare che, come rilevato al punto 52 della presente sentenza, l’impugnazione non può modificare l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale. Infatti, secondo costante giurisprudenza, consentire a una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte motivi e argomenti non dedotti dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in sede d’impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata all’esame della valutazione da parte del Tribunale dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi ad esso (sentenza del 29 febbraio 2024, Euranimi/Commissione, C‑95/23 P, EU:C:2024:177, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
123 Orbene, come rilevato dalla Commissione, l’argomento, peraltro di natura fattuale, di cui al punto precedente della presente sentenza non è stato dedotto in primo grado. Pertanto, tale argomento deve essere respinto in quanto irricevibile.
124 In secondo luogo, si deve rammentare che, al punto 242 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha dichiarato che, nel caso di specie, l’imposizione di un’ammenda aveva come obiettivo non solo quello di conferire un certo effetto deterrente alla decisione controversa, ma anche quello di evitare che le imprese interessate godessero di una totale impunità.
125 Orbene, poiché le decisioni del 2002 e del 2009 erano state annullate e le ammende corrispondenti restituite, maggiorate degli interessi, solo una nuova decisione che infliggesse un’ammenda alle ricorrenti avrebbe potuto garantire che la loro partecipazione all’intesa di cui alla decisione controversa non restasse impunita.
126 Nei limiti in cui le ricorrenti si basano, in tale contesto, e nelle loro repliche, sulla circostanza che la Commissione non avrebbe corredato il rimborso degli importi delle due prime sanzioni di un importo d’interessi adeguato, esse sollevano questioni che non rientrano nella controversia in primo grado, bensì in due cause che hanno promosso successivamente alle sentenze impugnate sulla base degli articoli 266 e 268 TFUE e che sono attualmente pendenti dinanzi al Tribunale, ossia le cause Ferriere Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione (T‑410/21) e Alfa Acciai/Commissione (T‑411/21). Alla luce della giurisprudenza citata al punto 122 della presente sentenza, l’argomento delle ricorrenti relativo a tali questioni è quindi irricevibile.
127 Inoltre, è vero che nella sentenza del 12 dicembre 2018, Biogaran/Commissione (T‑677/14, EU:T:2018:910), alla quale fanno riferimento le ricorrenti, il Tribunale ha tenuto conto del pregiudizio non trascurabile alla reputazione derivante, per una persona fisica o giuridica, dal fatto che sia accertata la sua implicazione in un’infrazione alle norme in materia di concorrenza. Tuttavia, tale valutazione non era volta a indicare che un siffatto pregiudizio costituisce una forma di sanzione risultante dalla constatazione di un’infrazione tramite una decisione della Commissione, ma a spiegare perché è necessario che tale istituzione presenti prove precise e concordanti per dimostrare l’esistenza di una tale infrazione.
128 Ne consegue che la prima parte del terzo motivo d’impugnazione deve essere respinta in quanto, in parte, irricevibile e, in parte, infondata.
Sulla seconda parte
– Argomenti delle parti
129 Con la seconda parte del loro terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti da 247 a 249 delle sentenze impugnate, è incorso in un errore di diritto nel considerare che fosse necessario, nel caso di specie, infliggere una sanzione alle ricorrenti al fine di garantire ai terzi eventualmente danneggiati dall’intesa in questione la possibilità di promuovere azioni di risarcimento danni.
130 La Commissione ritiene che tale argomento sia inconferente. In ogni caso, esso sarebbe infondato.
– Giudizio della Corte
131 Al punto 243 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha giudicato che, tenuto conto della gravità e della durata dell’infrazione constatata dalla Commissione, l’obiettivo di evitare una totale impunità alle imprese interessate era sufficiente, di per sé, a giustificare l’adozione di una decisione irrogativa di una sanzione nel caso di specie.
132 Tale valutazione del Tribunale non è stata contestata dalle ricorrenti nelle loro impugnazioni.
133 Ne consegue che il Tribunale, nell’indicare altre considerazioni che potessero giustificare l’adozione della decisione controversa, come ad esempio l’intenzione di tutelare il diritto di terzi di proporre un’azione risarcitoria dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali, ha esposto tali considerazioni ad abundantiam.
134 Poiché la censura dedotta dalle ricorrenti nell’ambito della seconda parte del terzo motivo d’impugnazione è diretta contro punti ultronei della motivazione della sentenza impugnata, essa non può pertanto comportare l’annullamento di tale sentenza.
135 La seconda parte del terzo motivo dev’essere dunque respinta in quanto inconferente.
Sulla terza parte
– Argomenti delle parti
136 Con la terza parte del loro terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano le valutazioni effettuate dal Tribunale ai punti da 262 a 264 delle sentenze impugnate, in particolare quella, illustrata al punto 263 di tali sentenze, da cui emerge che «non contiene un errore di valutazione neppure» l’affermazione della Commissione, al punto 555 della decisione impugnata, «secondo cui, “[n]el presente caso, per quanto concerne la fase amministrativa, [essa] ritiene di aver sempre condotto la propria attività istruttoria speditamente e senza ingiustificate interruzioni”». Secondo le ricorrenti, non è possibile che il procedimento amministrativo sia stato svolto in modo spedito.
137 La Commissione contesta tale argomento.
– Giudizio della Corte
138 Si deve rilevare che, ai punti 262 e 263 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha risposto all’argomento delle ricorrenti sintetizzato ai punti 260 e 261 di tali sentenze, secondo cui la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione quando aveva considerato che il termine ragionevole non era stato superato nel caso di specie e secondo cui, in particolare, tale istituzione non poteva affermare, come aveva fatto, che il procedimento amministrativo si era svolto speditamente.
139 Se è vero che, come hanno sostenuto le ricorrenti nelle loro repliche, un procedimento può non essere di durata eccessiva, senza tuttavia essere «spedit[o]», resta il fatto che il loro argomento coincide con quello dedotto nell’ambito della prima parte del secondo motivo d’impugnazione. Orbene, come è stato spiegato al punto 109 della presente sentenza, il secondo motivo d’impugnazione dev’essere respinto senza che occorra esaminare la prima parte di tale motivo.
140 Pertanto, anche supponendo che il Tribunale sia incorso in errore nel considerare possibile che la Commissione avesse condotto la sua attività d’indagine «speditamente» nel caso di specie, un siffatto errore non può comportare l’annullamento delle sentenze impugnate.
141 La terza parte del terzo motivo d’impugnazione e, quindi, tale motivo nella sua interezza devono dunque essere respinti in quanto, in parte, irricevibili e, in parte, infondati.
142 Di conseguenza, poiché nessuno dei motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno delle loro impugnazioni può essere accolto, essi devono essere respinti nel loro insieme.
Sulle spese
143 Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, che si applica al procedimento d’impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
144 Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:
1) Le impugnazioni sono respinte.
2) La Ferriera Valsabbia SpA, la Valsabbia Investimenti SpA e l’Alfa Acciai SpA si faranno carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea.
von Danwitz |
Xuereb |
Kumin |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 ottobre 2024.
Il cancelliere |
Il presidente di sezione |
A. Calot Escobar |
T. von Danwitz |
* Lingua processuale: l’italiano.
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione) 4 ottobre 2024 (*)
« Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato – Decisione della Commissione europea che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Decisione adottata in seguito all’annullamento di precedenti decisioni – Svolgimento di una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri – Diritti della difesa – Principio di buona amministrazione – Requisito d’imparzialità – Termine ragionevole – Obbligo di motivazione » Nelle cause riunite C‑29/23 P e C‑30/23 P, aventi ad oggetto due impugnazioni, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 18 gennaio 2023, Ferriera Valsabbia SpA, con sede in Odolo (Italia), Valsabbia Investimenti SpA, con sede in Odolo, rappresentate da G. Carnazza, avvocata, D.M. Fosselard e D. Slater, avocats (C‑29/23 P), Alfa Acciai SpA, con sede in Brescia (Italia), rappresentata da G. Carnazza, S. D’Ecclesiis, avvocati, D.M. Fosselard e D. Slater, avocats (C‑30/23 P), ricorrenti, procedimento in cui l’altra parte è: Commissione europea, rappresentata da G. Conte, P. Rossi e C. Sjödin, in qualità di agenti, convenuta in primo grado,
LA CORTE (Sesta Sezione), composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, P.G. Xuereb (relatore) e A. Kumin, giudici, avvocato generale: N. Emiliou cancelliere: A. Calot Escobar vista la fase scritta del procedimento, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 Con le loro impugnazioni, la Ferriera Valsabbia SpA e la Valsabbia Investimenti SpA nonché l’Alfa Acciai SpA chiedono l’annullamento, rispettivamente, delle sentenze del Tribunale dell’Unione europea del 9 novembre 2022, Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione (T‑655/19, EU:T:2022:689) e del 9 novembre 2022, Alfa Acciai/Commissione (T‑656/19, EU:T:2022:690) (in prosieguo, congiuntamente: le «sentenze impugnate»), con cui tale organo giurisdizionale ha respinto i loro ricorsi diretti all’annullamento della decisione C(2019) 4969 final della Commissione, del 4 luglio 2019, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (caso AT.37956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte in cui le riguarda. Contesto normativo Regolamento (CE) n. 1/2003 2 L’articolo 14, intitolato «Comitato consultivo», del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), così dispone: «1. La Commissione consulta un comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti prima dell’adozione di qualsiasi decisione ai sensi degli articoli 7, 8, 9, 10, 23, dell’articolo 24, paragrafo 2 e dell’articolo 29, paragrafo 1. 2. Ai fini della discussione di casi individuali il comitato consultivo è composto da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. (...) (...) 5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato consultivo. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del parere. (...)». 3 In base all’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 101 o dell’articolo 102 del Trattato FUE. 4 L’articolo 27 di detto regolamento, intitolato «Audizione delle parti, dei ricorrenti e degli altri terzi», prevede quanto segue: «1. Prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento. 2. Nel corso del procedimento sono pienamente garantiti i diritti di difesa delle parti interessate. (...) 3. La Commissione può sentire, nella misura in cui lo ritenga necessario, ogni altra persona fisica o giuridica. Qualora persone fisiche o giuridiche chiedano di essere sentite, dimostrando di avervi un interesse sufficiente, la loro domanda è accolta. Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono inoltre chiedere alla Commissione di sentire altre persone fisiche o giuridiche. (...)». Regolamento n. 773/2004 5 L’articolo 11 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), come modificato dal regolamento (CE) n. 622/2008 della Commissione, del 30 giugno 2008 (GU 2008, L 171, pag. 3) (in prosieguo: il «regolamento n. 773/2004»), intitolato «Diritto ad essere sentiti», così dispone: «1. La Commissione accorda alle parti cui invia la comunicazione degli addebiti la possibilità di essere sentite prima di consultare il Comitato consultivo ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003. 2. Nelle sue decisioni la Commissione esamina solo gli addebiti rispetto ai quali le parti di cui al paragrafo 1 hanno avuto la possibilità di esprimersi». 6 L’articolo 12 del regolamento n. 773/2004, intitolato «Diritto all’audizione», è così formulato: «1. La Commissione accorda alle parti cui è inviata la comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale, qualora lo richiedano nella loro proposta scritta. 2. Tuttavia, nel presentare le loro proposte di transazione, le parti confermano alla Commissione che chiederanno di avere la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale unicamente qualora la comunicazione degli addebiti non rispecchi il contenuto delle loro proposte di transazione». 7 L’articolo 13 di tale regolamento, intitolato «Audizione di terzi», prevede quanto segue: «1. Alle persone fisiche o giuridiche non contemplate negli articoli 5 e 11 che chiedano di essere sentite e dimostrino di avervi un interesse sufficiente, la Commissione comunica per iscritto la natura e l’oggetto del procedimento e assegna un termine per la presentazione delle osservazioni scritte. 2. All’occorrenza la Commissione può invitare i soggetti di cui al paragrafo 1 a sviluppare gli argomenti nel corso dell’audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti, sempre che essi lo richiedano nelle osservazioni scritte. 3. La Commissione può invitare eventuali altre persone a presentare osservazioni scritte e ad assistere all’audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti. La Commissione può inoltre invitare tali persone ad esprimersi nel corso dell’audizione». 8 L’articolo 14 di detto regolamento, intitolato «Svolgimento delle audizioni», è formulato come segue: «1. Le audizioni vengono condotte in piena indipendenza da un consigliere-auditore. 2. La Commissione invita le persone che devono essere sentite a partecipare all’audizione alla data da essa fissata. 3. La Commissione invita le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all’audizione. Essa può inoltre invitare anche funzionari di altre autorità degli Stati membri. (...)». Fatti e decisione controversa 9 Ai fini del presente procedimento, i fatti all’origine della controversia, che figurano ai punti da 1 a 28 delle sentenze impugnate, possono essere sintetizzati come segue. 10 La Ferriera Valsabbia e l’Alfa Acciai sono società di diritto italiano operanti nel settore del tondo per cemento armato. La Valsabbia Investimenti controlla il 100% del capitale della Ferriera Valsabbia. La decisione del 2002 11 Tra il mese di ottobre e il mese di dicembre del 2000 la Commissione delle Comunità europee ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato, tra cui le ricorrenti, e presso un’associazione di imprese, la Federazione Imprese Siderurgiche Italiane (in prosieguo: la «Federazione»). Essa ha anche inviato loro richieste di informazioni ai sensi di tale disposizione. 12 Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato un procedimento di applicazione dell’articolo 65 CA e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») notificati, in particolare, all’Alfa Acciai nonché alla Ferriera Valsabbia e alla Valsabbia Investimenti. Queste ultime hanno risposto alla comunicazione degli addebiti, rispettivamente, il 14 e il 31 maggio 2002. 13 Il 13 giugno 2002 la Commissione ha effettuato una prima audizione delle parti, alla quale le ricorrenti hanno partecipato. 14 Il 12 agosto 2002 la Commissione ha inviato, agli stessi destinatari di cui al punto 12 della presente sentenza, addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»). In tale comunicazione, la Commissione ha precisato la sua posizione in merito alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002. Le ricorrenti hanno risposto alla comunicazione degli addebiti supplementari nel settembre 2002. 15 Il 30 settembre 2002 la Commissione ha effettuato una seconda audizione delle parti, in presenza dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Tale audizione riguardava l’oggetto della comunicazione degli addebiti supplementari, ossia le conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA sulla prosecuzione del procedimento. 16 Al termine del procedimento amministrativo, la Commissione ha adottato la decisione C(2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), indirizzata alla Federazione e a otto imprese, tra cui le ricorrenti. Essa ha constatato che tale associazione e tali imprese, tra il mese di dicembre 1989 e il mese di luglio 2000, avevano attuato un’intesa unica, complessa e continuata nel mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite di tali prodotti, in violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA. A detto titolo, la Commissione ha inflitto un’ammenda di un importo pari a EUR 7,175 milioni all’Alfa Acciai e, in solido, un’ammenda di un importo pari a EUR 10,25 milioni alla Ferriera Valsabbia e alla Valsabbia Investimenti. 17 Il 5 marzo 2003 le ricorrenti hanno proposto dinanzi al Tribunale ricorsi avverso la decisione del 2002. Il Tribunale ha annullato tale decisione nei confronti delle ricorrenti e delle altre imprese destinatarie (sentenza del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione, T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, EU:T:2007:317), con la motivazione che la base giuridica utilizzata, ossia l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA, non era più in vigore al momento dell’adozione di detta decisione. Di conseguenza, la Commissione non era competente, in base a tali disposizioni, a constatare e a sanzionare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Il Tribunale non ha esaminato gli altri aspetti della medesima decisione. 18 La decisione del 2002 è divenuta definitiva nei confronti della Federazione, che non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale. La decisione del 2009 19 Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato le ricorrenti e le altre imprese interessate della sua intenzione di adottare una nuova decisione, previa correzione della base giuridica utilizzata. Essa ha inoltre precisato che la decisione in parola sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Su invito della Commissione, le ricorrenti hanno presentato osservazioni scritte il 4 settembre 2008. 20 Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione C(2009) 7492 definitivo, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (caso COM/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), indirizzata alle stesse imprese di cui alla decisione del 2002, tra cui le ricorrenti. Detta decisione è stata adottata sulla base delle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento (CE) n. 1/2003. Essa si basava sugli elementi oggetto della comunicazione degli addebiti e della comunicazione degli addebiti supplementari e riproduceva, in sostanza, il contenuto e le conclusioni della decisione del 2002. In particolare, l’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti rimaneva invariato. 21 L’8 dicembre 2009 la Commissione ha adottato una decisione di modifica, che integrava, nel suo allegato, le tabelle indicanti le variazioni dei prezzi omesse dalla sua decisione del 30 settembre 2009 e rettificava i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina. 22 L’Alfa Acciai nonché la Ferriera Valsabbia e la Valsabbia Investimenti, rispettivamente, l’8 febbraio 2010 e il 17 febbraio 2010, hanno proposto dinanzi al Tribunale ricorsi avverso la decisione della Commissione del 30 settembre 2009, come modificata dalla decisione dell’8 dicembre 2009 (in prosieguo: la «decisione del 2009»). Il 9 dicembre 2014 il Tribunale ha respinto tali ricorsi (sentenze del 9 dicembre 2014, Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione, T‑92/10, EU:T:2014:1032, e del 9 dicembre 2014, Alfa Acciai/Commissione, T‑85/10, EU:T:2014:1037), ha ridotto l’importo delle ammende inflitte a due altri destinatari della decisione del 2009 e respinto gli altri ricorsi proposti avverso tale decisione (in prosieguo, congiuntamente, le «sentenze del 2014»). 23 Il 20 febbraio 2015 le ricorrenti hanno proposto impugnazioni avverso le sentenze del 9 dicembre 2014 con cui il Tribunale aveva respinto i loro ricorsi. Con sentenza del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717), la Corte ha annullato dette sentenze del Tribunale nonché la decisione del 2009 nei confronti, in particolare, delle ricorrenti. 24 In tale sentenza, la Corte ha ricordato l’importanza dello svolgimento, su richiesta delle parti interessate, di un’audizione alla quale siano invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri: l’omissione di una tale audizione costituisce una violazione delle forme sostanziali. Essa ha precisato che, nel caso di specie, si era verificata una siffatta violazione. L’audizione del 13 giugno 2002, l’unica riguardante il merito del procedimento, non avrebbe potuto essere considerata conforme ai requisiti procedurali relativi all’adozione di una decisione in base al regolamento n. 1/2003, a causa della mancata partecipazione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. 25 Sulla base delle stesse motivazioni, la Corte ha annullato altre sentenze del 2014 nonché la decisione del 2009, nei confronti di altre tre imprese. La decisione del 2009 è, invece, divenuta definitiva per le imprese destinatarie che non avevano proposto impugnazione. La decisione del 2019 26 Con lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha informato le ricorrenti della propria intenzione di riprendere il procedimento amministrativo e di organizzare una nuova audizione delle parti in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. 27 Con lettere del 1° febbraio 2018, le ricorrenti hanno presentato osservazioni nelle quali hanno contestato il potere della Commissione di riassumere il procedimento amministrativo. 28 Il 23 aprile 2018 la Commissione ha tenuto una nuova audizione relativa al merito del procedimento, alla quale hanno partecipato, in presenza dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e del consigliere-auditore, le ricorrenti nonché altre tre imprese destinatarie della decisione del 2009. 29 Con lettere del 19 novembre 2018 nonché del 18 gennaio e del 6 maggio 2019, la Commissione ha inviato alle ricorrenti tre richieste di informazioni riguardanti il loro fatturato. 30 Il 4 luglio 2019 la Commissione ha adottato la decisione controversa, che era destinata alle cinque imprese, tra cui le ricorrenti, nei confronti delle quali la decisione del 2009 era stata annullata, segnatamente alla Partecipazioni Industriali SpA (già Riva Acciaio SpA e successivamente Riva Fire SpA). 31 Con la decisione controversa, la Commissione ha constatato la stessa infrazione di quella che era stata oggetto della decisione del 2009, al contempo riducendo del 50% le ammende inflitte alle imprese destinatarie a motivo della durata del procedimento. Con l’articolo 2 di tale decisione, essa ha inflitto all’Alfa Acciai un’ammenda di importo pari a EUR 3,587 milioni e alla Ferriera Valsabbia nonché alla Valsabbia Investimenti, solidalmente, un’ammenda di importo pari a EUR 5,125 milioni. 32 In data 8 luglio 2019 la Commissione ha notificato una copia incompleta della decisione controversa, contenente solo le pagine dispari. 33 Il 18 luglio 2019 è stata notificata alle ricorrenti una versione completa della decisione controversa. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenze impugnate 34 Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 27 settembre 2019, le ricorrenti hanno proposto ricorsi diretti all’annullamento della decisione controversa. 35 A sostegno dei loro ricorsi, le ricorrenti hanno dedotto quattro motivi vertenti, il primo, sulla violazione di norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018, che avrebbe comportato una violazione dei diritti della difesa; il secondo, sul rifiuto della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione controversa, la compatibilità di tale decisione con il principio della durata ragionevole del procedimento; il terzo, e una parte del quarto, sulla violazione del principio della durata ragionevole del procedimento e il quarto, sulla violazione dell’obbligo di motivazione nonché su errori manifesti di valutazione. 36 Per quanto attiene, segnatamente, al primo motivo di ricorso, le ricorrenti hanno sostenuto, con la prima delle tre censure dedotte nell’ambito di tale motivo, che il comitato consultivo previsto dal regolamento n. 1/2003 non fosse stato validamente consultato, poiché le modalità dell’audizione alla quale dovevano essere invitati i membri di tale comitato che rappresentavano autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non avrebbero consentito di garantirne l’imparzialità. 37 Con la seconda censura di detto motivo di ricorso, le ricorrenti hanno sostenuto che la Commissione, da un lato, avesse violato diverse norme relative all’organizzazione delle audizioni e, dall’altro, avesse commesso un errore omettendo di invitare la Federazione, la Leali SpA e la sua società figlia Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, la Lucchini SpA, la Partecipazioni industriali SpA, la Industrie Riunite Odolesi SpA e l’Associazione Nazionale Sagomatori Ferro (in prosieguo: l’«Ansfer») all’audizione del 23 aprile 2018, laddove, avendo svolto un ruolo centrale nella vicenda, tali entità avrebbero potuto fornire alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri elementi idonei a consentire a queste ultime di adottare la loro posizione con piena cognizione di causa. Ad avviso delle ricorrenti, non avendo potuto beneficiare di un parere reso con piena cognizione di causa da parte delle autorità in parola, i loro diritti della difesa sarebbero stati violati. 38 Con la terza censura del primo motivo di ricorso, le ricorrenti hanno sostenuto che fosse impossibile porre rimedio al vizio procedurale censurato dalla Corte. A causa del periodo trascorso, i cambiamenti intervenuti nell’identità dei soggetti e nella struttura del mercato erano tali, a loro avviso, che nessuna audizione avrebbe potuto essere organizzata in condizioni identiche o, quantomeno, equivalenti a quelle esistenti nel 2002. 39 Con le sentenze impugnate, il Tribunale ha respinto i ricorsi nella loro interezza. 40 Per quanto attiene al primo motivo di ricorso in primo grado, il Tribunale ha dichiarato, in primo luogo, che l’argomento delle ricorrenti non era idoneo a dimostrare che, nel caso di specie, non era stata garantita l’imparzialità tanto dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri all’interno del comitato consultivo quanto della Commissione. In secondo luogo, non invitando all’audizione del 23 aprile 2018 talune imprese e associazioni, la Commissione non aveva violato né le norme relative all’organizzazione delle audizioni né i diritti della difesa delle ricorrenti. In terzo luogo, i cambiamenti del contesto relativi al decorso del tempo non incidevano sulla possibilità, per la Commissione, di riaprire un procedimento a seguito dell’annullamento di una delle sue decisioni con sentenza della Corte o del Tribunale, purché tale istituzione avesse verificato che la prosecuzione del procedimento appariva ancora una soluzione adeguata alla situazione, cosa che la Commissione aveva fatto nel caso di specie. 41 Per quanto concerne il terzo motivo di ricorso in primo grado, il Tribunale ha considerato che né la durata delle fasi amministrative del procedimento condotto dalla Commissione né la durata totale di tale procedimento erano eccessive e che, in ogni caso, anche supponendo che la durata del procedimento potesse essere ritenuta contraria al principio del termine ragionevole, le ricorrenti non erano riuscite a dimostrare alcuna lesione ai loro diritti della difesa derivante da tale durata. 42 Con riferimento al quarto motivo di ricorso in primo grado, il Tribunale ha dichiarato, quanto alle ultime tre censure contenute in tale motivo, in primo luogo, che la Commissione non era incorsa in un errore manifesto di valutazione nel considerare che, nonostante i cambiamenti intervenuti sul mercato del tondo per cemento armato, adottare una decisione e infliggere una sanzione fosse ancora necessario per dissuadere le imprese destinatarie dall’adottare un siffatto comportamento in futuro e per dissuadere tutti gli operatori eventualmente interessati dal commettere in futuro infrazioni analoghe. In secondo luogo, il Tribunale ha respinto, in quanto infondate, le obiezioni delle ricorrenti riguardanti uno degli argomenti dedotti dalla Commissione, nella decisione controversa, per giustificare la riapertura del procedimento amministrativo, vale a dire il fatto che occorresse garantire ai terzi la possibilità di proporre ancora azioni risarcitorie a seguito dell’adozione di tale decisione. In terzo luogo, il Tribunale ha dichiarato, segnatamente, che, dato che la durata del procedimento amministrativo non era irragionevole, la Commissione non era incorsa in un errore di valutazione nell’affermare, al punto 555 della decisione controversa, che, «per quanto concerne la fase amministrativa, [essa] ritiene di aver sempre condotto la propria attività istruttoria speditamente e senza ingiustificate interruzioni». Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte 43 Con le loro impugnazioni, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia: – annullare le sentenze impugnate; – annullare la decisione controversa e – condannare la Commissione alle spese relative ai due gradi di giudizio. 44 La Commissione chiede che la Corte voglia: – respingere le impugnazioni e – condannare le ricorrenti alle spese. 45 Con decisione del presidente della Corte del 14 febbraio 2023, le cause C‑29/23 P e C‑30/23 P sono state riunite ai fini del prosieguo del procedimento e della sentenza. Sulle impugnazioni 46 A sostegno delle loro impugnazioni, le ricorrenti deducono tre motivi d’impugnazione. Sul primo motivo d’impugnazione Sulla prima parte – Argomenti delle parti 47 Con la prima parte del loro primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano la motivazione con cui il Tribunale, ai punti da 61 a 64 delle sentenze impugnate, ha respinto la loro censura vertente su una mancanza d’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri facenti parte del comitato consultivo. 48 In primo luogo, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto quando ha dichiarato, al punto 63 di tale sentenza, che il fatto di considerare che «la possibile conoscenza di una soluzione adottata in precedenza e, se del caso, confermata in una sentenza del Tribunale successivamente annullata dalla Corte in sede di impugnazione» potesse «in quanto tale, impedire una riapertura del procedimento» era incompatibile con l’articolo 266 TFUE. Infatti, esso avrebbe omesso di tener conto della natura eccezionale della situazione in questione che imponeva una risposta del Tribunale alla luce dei fatti di causa e degli argomenti delle ricorrenti. L’accoglimento della censura delle ricorrenti avrebbe comportato conseguenze solo in situazioni analoghe a quelle del caso di specie. 49 In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe preso posizione riguardo alle circostanze specifiche che avrebbero reso particolarmente elevato il rischio di mancanza di imparzialità dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, in relazione, in particolare, a una decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM, Italia), adottata nel 2017, in cui tale autorità si sarebbe fondata sia sulla decisione del 2009 sia sulle sentenze del 2014. Le sentenze impugnate sarebbero quindi viziate da una carenza motivazionale tradottasi in un’omessa pronuncia. 50 In terzo luogo, l’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sarebbe stata messa in discussione dai pareri che tali autorità avevano già reso in una fase precedente del procedimento di cui trattasi. 51 La Commissione sostiene che quest’ultimo argomento è nuovo e quindi irricevibile. In ogni caso, detto argomento così come la prima parte del primo motivo d’impugnazione considerata nella sua interezza sarebbero privi di fondamento. – Giudizio della Corte 52 Per quanto concerne, in primo luogo, la censura secondo cui le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non sarebbero state imparziali a motivo del fatto che esse avevano già reso pareri in una fase precedente del procedimento, si deve rammentare che, conformemente all’articolo 170, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento di procedura della Corte, l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, consentire a una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte motivi e argomenti non dedotti dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in sede d’impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata all’esame della valutazione da parte del Tribunale dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi ad esso (sentenza del 29 febbraio 2024, Euranimi/Commissione, C‑95/23 P, EU:C:2024:177, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). 53 Al punto 55 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha rilevato che la censura di primo grado vertente su una mancanza d’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri era basata sul fatto che, quando tali autorità avevano partecipato all’audizione del 23 aprile 2018 e avevano successivamente emesso il loro parere, esse conoscevano la posizione che era stata adottata dalla Commissione nelle sue decisioni del 2002 e del 2009 e dal Tribunale nelle sentenze del 2014, il che, secondo le ricorrenti, avrebbe inevitabilmente influenzato dette autorità in modo tale da rendere impossibile la formulazione di un parere con assoluta imparzialità. 54 Tale descrizione della censura di primo grado non è stata contestata dalle ricorrenti nelle loro impugnazioni. Orbene, si deve rilevare che da tale descrizione non emerge che, dinanzi al Tribunale, le ricorrenti abbiano sostenuto che l’asserita mancanza d’imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri fosse dovuta al fatto che tali autorità avevano già emesso pareri in una fase precedente al procedimento in questione. 55 Ne consegue che, poiché l’argomento vertente su tale fatto è stato dedotto per la prima volta dinanzi alla Corte, esso deve essere respinto in quanto irricevibile. 56 In secondo luogo, per quanto riguarda la censura di cui al punto 48 della presente sentenza, occorre rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura discende che un’impugnazione deve indicare in modo preciso, a pena di irricevibilità, gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (sentenza del 18 gennaio 2024, Jenkinson/Consiglio e a., C‑46/22 P, EU:C:2024:50, punto 60, nonché giurisprudenza ivi citata). 57 Non soddisfa, in particolare, tali requisiti e dev’essere dichiarato irricevibile un motivo la cui argomentazione non sia tanto chiara e precisa da permettere alla Corte di esercitare il suo controllo di legittimità (sentenza del 18 gennaio 2024, Jenkinson/Consiglio e a., C‑46/22 P, EU:C:2024:50, punto 61, nonché giurisprudenza ivi citata). 58 Nel caso di specie, dopo aver rammentato che l’esigenza di imparzialità prevista all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riguarda tanto il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata che è incaricato della questione deve manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali, quanto il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio, il Tribunale, ai punti 62 e 63 delle sentenze impugnate, ha dichiarato che il fatto di decidere che la possibile conoscenza di una soluzione adottata in precedenza e, se del caso, confermata in una sentenza del Tribunale successivamente annullata dalla Corte potrebbe, in quanto tale, impedire una riapertura del procedimento, sarebbe incompatibile con l’articolo 266 TFUE, che, in caso di annullamento sulla base dell’articolo 263 TFUE, impone alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione di prendere i provvedimenti che l’esecuzione delle sentenze emesse nei loro confronti comporta, senza tuttavia esonerarle dal compito consistente nell’assicurare, nei settori rientranti nella loro competenza, l’applicazione del diritto dell’Unione. 59 Orbene, malgrado le ricorrenti sostengano che una siffatta valutazione è errata in diritto, in quanto il Tribunale non avrebbe tenuto conto della natura eccezionale della situazione di cui si trattava, esse non dimostrano come tale natura asseritamente eccezionale potrebbe mettere in discussione la valutazione secondo cui la sola conoscenza di soluzioni adottate in precedenza e, se del caso, confermate dal giudice dell’Unione non implicava che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri facenti parte del comitato consultivo non erano in grado di maturare ed emettere il proprio parere con l’imparzialità necessaria. Pertanto, le ricorrenti non sviluppano alcuna argomentazione giuridica precisa che consenta alla Corte di effettuare il suo controllo di legittimità. 60 Ne consegue che la censura di cui al punto 48 della presente sentenza deve essere respinta in quanto irricevibile. 61 In terzo luogo, per quanto riguarda le circostanze specifiche che avrebbero reso particolarmente elevato il rischio di mancanza di imparzialità dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, le ricorrenti si limitano a richiamare la decisione dell’AGCM del 2017 menzionata al punto 49 della presente sentenza. Tuttavia, le ricorrenti non hanno contestato la dichiarazione della Commissione nella sua comparsa di risposta, secondo cui esse non avevano invocato tale decisione nel procedimento di primo grado. Ne consegue che le ricorrenti non possono contestare al Tribunale di non aver esaminato tale elemento nelle sentenze impugnate. 62 La prima parte del primo motivo d’impugnazione deve dunque essere respinta in quanto irricevibile. Sulla seconda parte – Argomenti delle parti 63 Con la seconda parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti 67, 68, 71, 74 e 139 delle sentenze impugnate, sia incorso in un errore di diritto nel respingere la loro censura vertente sulla violazione dei diritti della difesa causata dall’assenza di talune imprese e associazioni all’audizione del 23 aprile 2018. 64 Da un lato, il Tribunale sarebbe incorso in errore nel giudicare, al punto 67 di tali sentenze, che tale censura equivarrebbe, per le ricorrenti, a invocare la violazione dei diritti della difesa di terzi. Orbene, le ricorrenti avrebbero sostenuto che un’audizione vertente sul merito della causa, alla presenza dei rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, non poteva più essere organizzata nel 2018, stante l’impossibilità pratica di riprodurre le condizioni in cui tali rappresentanti si sarebbero trovati nel corso del 2002 avendo a disposizione la possibilità di confrontarsi con tutte le parti del procedimento e le persone fisiche o giuridiche che avessero dimostrato di avere un interesse sufficiente, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004. 65 Dall’altro lato, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare la violazione degli obblighi incombenti alla Commissione in forza dell’articolo 266 TFUE. Tenuto conto delle sentenze del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717), e del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione (T‑691/14, EU:T:2018:922) nonché delle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nelle cause Feralpi e a./Commissione (C‑85/15 P, C‑86/16 P e C‑87/15 P, C‑88/15 P e C‑89/15 P, EU:C:2016:940), la Commissione sarebbe stata tenuta, al fine di riprendere il procedimento, a organizzare un’audizione atta a fornire ai rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri le informazioni il più possibile complete, ossia il più possibile simili a quelle di cui avrebbero potuto disporre se avessero partecipato all’audizione del 13 giugno 2002, per consentire al comitato consultivo di emettere il proprio parere con piena cognizione di causa. 66 La Commissione contesta tale argomento. – Giudizio della Corte 67 Per quanto attiene alla prima censura, si deve rilevare che, dopo aver sintetizzato l’argomentazione delle ricorrenti al punto 65 delle sentenze impugnate, che non è contestato nell’ambito della presente impugnazione, il Tribunale ha dichiarato, al punto 66 di tali sentenze, che occorreva «esaminare se, nell’organizzazione dell’audizione [del 23 aprile 2018], la Commissione [avesse] violato una norma per essa vincolante e se, in tal modo, o in qualsiasi altro modo, essa [avesse] ostacolato i diritti della difesa delle ricorrenti». Ai punti da 67 a 141 di dette sentenze, il Tribunale ha effettuato tale esame. 68 Orbene, ai punti 67 e 68 delle sentenze impugnate, il Tribunale si è limitato a rammentare che la partecipazione all’audizione fa parte dei diritti procedurali la cui violazione, a motivo della loro natura soggettiva, deve essere invocata dall’impresa o dal terzo che ne è titolare e che, di conseguenza, le ricorrenti non possono utilmente chiedere l’annullamento di una decisione per il solo motivo che, nel caso di specie, sarebbero stati violati diritti procedurali di terzi o di altre parti. 69 Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il Tribunale non ha dichiarato che esse avevano invocato la violazione dei diritti procedurali di terzi, il che è peraltro confermato dal fatto che, in seguito, il Tribunale ha esaminato, in modo dettagliato, se – al di là del rispetto dovuto ai diritti di cui disponevano altre persone o entità – la Commissione avesse violato talune norme relative all’organizzazione delle audizioni in un modo che avrebbe potuto ostacolare la difesa delle ricorrenti. 70 La prima censura si basa quindi su una lettura errata dei punti 67 e 68 della sentenza impugnata e deve, di conseguenza, essere respinta in quanto infondata. 71 Per quanto attiene alla seconda censura, si deve rammentare che, conformemente all’articolo 266 TFUE, l’istituzione, l’organo o l’organismo da cui emana l’atto annullato è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta. 72 Nella sentenza che ha annullato, da un lato, le sentenze del Tribunale che respingono i ricorsi delle ricorrenti avverso la decisione del 2009 e, dall’altro, tale decisione, nella parte in cui riguardava le ricorrenti, la Corte ha considerato che la Commissione era tenuta, in applicazione degli articoli 12 e 14 del regolamento n. 773/2004, a dare alle parti la possibilità di sviluppare i loro argomenti nel corso di un’audizione vertente sul merito, alla quale avrebbero dovuto essere invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, cosa che tale istituzione aveva omesso di fare. La Corte ha giudicato che l’omissione di una siffatta audizione costituiva, alla luce dell’importanza, nell’ambito del procedimento previsto dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004, dello svolgimento, su domanda delle parti interessate, di un’audizione alla quale sono invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, del secondo di tali regolamenti, una violazione delle forme sostanziali e che il Tribunale aveva quindi commesso un errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era tenuta, prima dell’adozione della decisione controversa, ad organizzare una nuova audizione conformemente all’articolo 14 del regolamento n. 773/2004 (sentenza del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione, C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717, punti da 44 a 48). 73 Ne consegue che, per poter adottare la decisione controversa, la Commissione era tenuta ad organizzare un’audizione conforme alle disposizioni dei regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004. 74 Orbene, al punto 139 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha dichiarato, all’esito di un esame dettagliato, che la Commissione non aveva violato norme procedurali relative all’audizione di altre persone o entità e che, di conseguenza, l’esercizio dei diritti della difesa fatti valere dalle ricorrenti non aveva potuto essere in alcun modo ostacolato dalla violazione di tali norme. 75 È vero che, con la seconda parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti criticano il punto 139 delle sentenze impugnate. Tuttavia, esse non contestano, tranne per quanto riguarda il caso dell’Ansfer, di cui alla terza parte di tale motivo d’impugnazione, le considerazioni che hanno portato il Tribunale a ritenere che la Commissione non avesse violato le disposizioni dei regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004. 76 Infatti, le ricorrenti si limitano a sostenere che, per adempiere i suoi obblighi derivanti dall’articolo 266 TFUE, la Commissione avrebbe dovuto organizzare un’audizione che avrebbe consentito ai rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri di disporre delle informazioni più simili a quelle che avrebbero potuto ottenere se avessero partecipato all’audizione del 13 giugno 2002. 77 Orbene, un obbligo di una tale natura non si può dedurre né dall’articolo 266 TFUE né dalla sentenza della Corte del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717). 78 Certamente, dalla giurisprudenza del Tribunale invocata dalle ricorrenti emerge che l’audizione deve essere organizzata in modo da consentire al comitato consultivo di emettere il proprio parere con piena cognizione di causa. Tuttavia, tale condizione è soddisfatta dal momento in cui la Commissione si è conformata agli obblighi ad essa imposti dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004 al riguardo. Orbene, nel caso di specie, e ad esclusione del caso dell’Ansfer, che sarà esaminato nell’ambito della terza parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti non hanno contestato che fosse questo il caso. 79 Ne consegue che la seconda parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata. Sulla terza parte – Argomenti delle parti 80 Con la terza parte del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti 118, 121, 125 e 130 delle sentenze impugnate, sia incorso in un errore di diritto quanto alla decisione della Commissione di non invitare l’Ansfer all’audizione del 23 aprile 2018. 81 In primo luogo, la giurisprudenza citata dal Tribunale al punto 118 delle sentenze impugnate non sarebbe pertinente. Pertanto, tale giurisprudenza non potrebbe confermare la valutazione del Tribunale secondo cui una persona giuridica, quale l’Ansfer, poteva perdere la sua qualità di «terzo interessato» a causa del decorso del tempo legato alle procedure giudiziarie relative alla causa in questione. 82 In secondo luogo, la Commissione avrebbe espressamente affermato, al punto 110 della decisione controversa, che l’Ansfer aveva lo status di terzo interessato. Di conseguenza, non vi sarebbe stato alcun riesame della posizione processuale dell’Ansfer, contrariamente a quanto affermerebbe il Tribunale. 83 In terzo luogo, sarebbe stato in ogni caso impossibile effettuare un siffatto riesame, poiché la decisione di riconoscere lo status di terzo interessato all’Ansfer era stata adottata prima delle audizioni del 13 giugno e del 30 settembre 2002 e non poteva quindi essere pregiudicata dall’annullamento della decisione del 2009. 84 In quarto luogo, non sarebbe possibile stabilire su quale fondamento il Tribunale abbia potuto affermare, al punto 125 delle sentenze impugnate, che, se le ricorrenti ritenevano che l’intervento dell’Ansfer fosse necessario o utile per la loro difesa, spettava loro informare tale associazione della riapertura del procedimento affinché essa si manifestasse presso la Commissione oppure chiedere a quest’ultima d’invitare detta associazione. Infatti, avendo già invitato l’Ansfer nel 2002, la Commissione non avrebbe potuto omettere d’invitarla all’audizione del 23 aprile 2018. 85 In subordine, le ricorrenti contestano il punto della motivazione del Tribunale vertente sul fatto che l’Ansfer non aveva partecipato all’audizione del 30 settembre 2002. Infatti, mentre l’oggetto di tale audizione era limitato all’esame delle questioni procedurali legate alla scadenza del Trattato CECA, l’Ansfer avrebbe potuto contribuire solamente alla discussione delle questioni di merito. Tale assenza a detta audizione non poteva quindi costituire una prova del mancato interesse relativo al merito della causa. 86 La Commissione ritiene che la censura vertente sul punto 110 della decisione controversa sia irricevibile, in quanto non sarebbe stata dedotta in primo grado. In ogni caso, tale censura sarebbe infondata. Le altre censure sarebbero prive di fondamento. – Giudizio della Corte 87 In primo luogo, occorre rilevare che la mera circostanza che il Tribunale abbia fatto riferimento, nelle sentenze impugnate, a una giurisprudenza che le ricorrenti ritengono non pertinente non è sufficiente, in quanto tale, a dimostrare che tale organo giurisdizionale sarebbe incorso in un errore di diritto. 88 In secondo luogo, sebbene le ricorrenti possano, in modo ricevibile, invocare il punto 110 della decisione controversa, si deve rilevare che tale punto si limita a indicare che il consigliere-auditore aveva, in un dato momento, riconosciuto l’Ansfer come facente parte dei terzi interessati, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004, senza pronunciarsi sulla questione se tale associazione avesse conservato tale status fino al 2018. 89 In terzo luogo, gli argomenti sintetizzati ai punti 84 e 85 della presente sentenza si basano sul presupposto che l’Ansfer abbia mantenuto il suo status di terzo interessato fino al 2018. 90 Orbene, il Tribunale ha ritenuto che tale presupposto fosse errato. 91 Si deve rammentare che, al riguardo, il Tribunale, al punto 116 delle sentenze impugnate, ha elencato taluni fatti non contestati dalle ricorrenti, ossia che, nel 2002, poiché l’Ansfer aveva appreso l’avvio del procedimento condotto dalla Commissione, aveva chiesto di essere autorizzata a partecipare all’audizione del 13 giugno 2002 in quanto terzo interessato; che la Commissione aveva accettato tale domanda; che l’Ansfer si era presentata a detta audizione, dove, senza che il suo rappresentante vi prendesse la parola, aveva presentato osservazioni scritte e che, su tale base, l’Ansfer era stata invitata a partecipare all’audizione del 30 settembre 2002, relativa alle conseguenze della scadenza del Trattato CECA, ma che essa non aveva risposto a tale invito e non si era neppure presentata a tale audizione. 92 È proprio basandosi su tali fatti che il Tribunale ha dichiarato, al punto 121 delle sentenze impugnate, che la Commissione aveva potuto ritenere, senza commettere errori, che, considerata l’assenza di risposta dell’Ansfer all’invito a partecipare alla seconda audizione del 30 settembre 2002 e la sua mancata partecipazione a tale audizione, tale associazione avesse rinunciato a partecipare al procedimento o, quanto meno, non intendesse sviluppare ulteriormente i suoi argomenti nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018. 93 In quarto luogo, se è vero che le ricorrenti contestano, in subordine, al Tribunale di essersi fondato sul fatto che l’Ansfer non ha partecipato all’audizione del 30 settembre 2002, si deve rammentare che, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata ai motivi di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva a constatare e a valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti e degli elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso di un loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 29 febbraio 2024, Euranimi/Commissione, C‑95/23 P, EU:C:2024:177, punto 84 e giurisprudenza ivi citata). 94 Orbene, si deve rilevare che le ricorrenti contestano, con una censura sollevata in subordine, la valutazione dei fatti da parte del Tribunale, senza dedurre uno snaturamento. 95 La terza parte del primo motivo d’impugnazione e, di conseguenza, tale motivo nella sua interezza devono dunque essere respinti in quanto, in parte, irricevibili e, in parte, infondati. Sul secondo motivo d’impugnazione 96 Con il loro secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano la motivazione con cui il Tribunale, ai punti da 195 a 222 delle sentenze impugnate, ha ritenuto che il principio del termine ragionevole non fosse stato violato. 97 Tale motivo d’impugnazione si articola in tre parti. 98 Con le prime due parti, le ricorrenti contestano, da un lato, le valutazioni del Tribunale relative alla durata delle fasi amministrative del procedimento conclusosi con l’adozione della decisione controversa e, dall’altro, le valutazioni relative alla durata complessiva di tale procedimento che, alla data di deposito dell’impugnazione, ammontava a quasi 22 anni. 99 Con la terza parte, esse contestano la valutazione del Tribunale secondo cui la durata del procedimento non ha pregiudicato i loro diritti della difesa. 100 Come rammentato dal Tribunale, in sostanza, al punto 165 delle sentenze impugnate, la violazione del principio del rispetto del termine ragionevole può giustificare l’annullamento di una decisione adottata all’esito di un procedimento amministrativo basato sugli articoli 101 o 102 TFUE soltanto qualora essa comporti altresì una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 2016, PROAS/Commissione, C‑616/13 P, EU:C:2016:415, punti da 74 a 76, e del 28 gennaio 2021, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione, C‑466/19 P, EU:C:2021:76, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata). 101 Ne consegue che, come rilevato dal Tribunale al punto 180 delle sentenze impugnate, la durata del procedimento può comportare l’annullamento di una decisione impugnata se ricorrono cumulativamente due condizioni: la prima, che la durata del procedimento appaia irragionevole e, la seconda, che il superamento del termine ragionevole abbia impedito l’esercizio dei diritti della difesa. 102 È alla luce della seconda di tali condizioni che occorre esaminare la terza parte del secondo motivo d’impugnazione. Argomenti delle parti 103 Con la terza parte del secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che, contrariamente alle valutazioni effettuate ai punti da 216 a 222 delle sentenze impugnate, la durata del procedimento ha pregiudicato i loro diritti della difesa. 104 Infatti, se l’audizione sul merito delle censure fosse stata organizzata già il 30 settembre 2002, tali diritti sarebbero stati pienamente rispettati, poiché i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri avrebbero potuto sentire tutte le imprese interessate e tutte le associazioni interessate. Se un’audizione sul merito fosse stata organizzata prima dell’adozione della decisione nel 2009, tali rappresentanti avrebbero potuto ancora sentire molte di tali imprese e di tali associazioni, che erano all’epoca operative sul mercato e parti nel procedimento. L’audizione del 23 aprile 2018, alla quale avrebbero partecipato solo quattro imprese, non sarebbe stata rispettosa dei diritti della difesa delle ricorrenti, né avrebbe garantito al comitato consultivo un accesso alle stesse informazioni e testimonianze di cui avrebbe potuto disporre nel caso in cui i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri avessero partecipato a un’audizione sul merito nel corso del 2002. 105 La Commissione ritiene che tale argomento sia, in parte, irricevibile e, in ogni caso, infondato. Giudizio della Corte 106 Nei limiti in cui le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che il Tribunale ha omesso di statuire sulle considerazioni sintetizzate al punto 104 della presente sentenza, il loro argomento non può essere ritenuto irricevibile. In ogni caso, si deve rilevare che tale argomento non può essere accolto. Infatti, se è vero che, come emerge da tali considerazioni, all’audizione del 23 aprile 2018, i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non erano più in grado di sentire talune imprese e talune associazioni che o erano fallite nel frattempo oppure non erano più parti del procedimento, le ricorrenti non hanno affatto dimostrato dinanzi al Tribunale che, per ciò solo, la durata del procedimento in questione avrebbe comportato una violazione dei loro diritti della difesa. 107 Pertanto, la terza parte del secondo motivo dev’essere respinta in quanto infondata. 108 Ne consegue che una delle due condizioni, di cui al punto 101 della presente sentenza, necessarie affinché la violazione del principio del termine ragionevole possa dar luogo all’annullamento di una decisione non è soddisfatta. 109 Il secondo motivo d’impugnazione, basato su una violazione del principio del termine ragionevole, deve dunque essere respinto in quanto infondato, senza che occorra esaminare la prima e la seconda parte di tale motivo. Sul terzo motivo d’impugnazione Sulla prima parte – Argomenti delle parti 110 Con la prima parte del terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti da 239 a 244 delle sentenze impugnate, non ha verificato se la Commissione, prima di adottare la decisione controversa, avesse esaminato se gli obiettivi diretti a garantire l’effetto deterrente di tale decisione e a evitare l’impunità delle imprese interessate potessero concretamente giustificare l’imposizione di una sanzione, tenuto conto dell’eccezionalità del caso. 111 Per quanto attiene al primo di tali elementi, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare concretamente se, nel 2019, e tenuto conto dei cambiamenti importanti verificatisi sul mercato del tondo per cemento armato, il rischio di reiterazione dell’infrazione di cui alla decisione controversa risultasse sufficientemente reale e tale da giustificare l’imposizione di una sanzione. 112 Al riguardo, il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione il fatto che, per quanto riguarda il periodo compreso tra il 2001 e il 2018, i volumi prodotti in Italia si erano contratti del 70% rispetto a quelli del 2002, a fronte invece di importazioni in forte crescita, tanto che la Commissione aveva ritenuto necessario imporre dazi anti-dumping. 113 Nelle loro repliche, le ricorrenti precisano di aver voluto illustrare che è impossibile presumere che le parti nel procedimento conclusosi con l’adozione della decisione controversa fossero in grado, alla luce della loro posizione sul mercato, di reiterare un qualsiasi tipo di violazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza. 114 Relativamente alla questione, di cui al punto 110 della presente sentenza, se l’obiettivo di evitare l’impunità potesse concretamente giustificare l’imposizione di una sanzione, il ragionamento del Tribunale sarebbe manifestamente errato. A causa dei numerosi annullamenti e delle successive riadozioni delle decisioni sanzionatorie, le ricorrenti non avrebbero di certo potuto ritenere di essere uscite «impunite» dalla vicenda qualora non fosse stata loro imposta una nuova sanzione. Infatti, le ricorrenti avrebbero passato gli ultimi 20 anni a difendersi in merito alle condotte ad esse ascritte, e, durante 13 di tali 20 anni avrebbero portato lo stigma di una condanna per violazione delle regole di concorrenza. Al riguardo, le ricorrenti rilevano che dalla giurisprudenza del Tribunale, in particolare dalla sentenza del 12 dicembre 2018, Biogaran/Commissione (T‑677/14, EU:T:2018:910), risulterebbe che si deve tener conto del pregiudizio non trascurabile alla reputazione derivante, per una persona giuridica, dal fatto che sia accertata la sua implicazione in un’infrazione alle norme in materia di concorrenza. Infine, avendo poi pagato la sanzione comminata loro, in due occasioni, le ricorrenti avrebbero anche subito un notevole depauperamento. 115 Nelle loro repliche, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha restituito loro solo interessi di un importo insufficiente per compensarle dell’illecita privazione di ingenti somme di denaro che esse avrebbero potuto investire nelle loro attività. Infatti, sebbene la giurisprudenza recente della Corte imponga alla Commissione, in casi di questo tipo, di versare, oltre al rimborso dell’ammenda provvisoriamente pagata, interessi forfettari, tale istituzione si sarebbe rifiutata di versare siffatti interessi e si sarebbe anche opposta a tale giurisprudenza nell’ambito dei ricorsi, ancora pendenti, nelle cause Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione (T‑420/21 e T‑421/21). 116 La Commissione ritiene che tale argomento sia, in parte, irricevibile e, in ogni caso, infondato. – Giudizio della Corte 117 In primo luogo, occorre rammentare che, ai punti da 239 a 241 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva potuto considerare, alla luce del carattere grave dell’infrazione constatata, che il fatto di adottare una decisione e di infliggere una sanzione era ancora giustificato dall’effetto deterrente che avrebbero potuto produrre, sui mercati, tale decisione e tale sanzione, poiché è il fatto di dover pagare l’ammenda inflitta che dissuade effettivamente un’impresa, e più in generale gli operatori di mercato, dal commettere una violazione delle regole di concorrenza dell’Unione. Se è vero che alle ricorrenti era già stata inflitta una sanzione in due occasioni nel corso del procedimento, la prima volta con la decisione del 2002 e la seconda volta con quella del 2009, tali decisioni sarebbero state annullate dal giudice dell’Unione. Il Tribunale ha ritenuto che, date tali circostanze, la sanzione imposta era giustificata dalla necessità di garantire l’effetto deterrente della decisione controversa. 118 Tali considerazioni non sono viziate da alcun errore di diritto. 119 Infatti, occorre ricordare che l’efficacia delle regole di concorrenza dell’Unione implica, segnatamente, la necessità di garantire l’effetto deterrente delle sanzioni inflitte in materia di infrazioni a tali regole (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 109 e giurisprudenza ivi citata). 120 Inoltre, le ammende inflitte per violazione delle regole di concorrenza dell’Unione mirano alla repressione degli illeciti delle imprese interessate, nonché a dissuadere sia le imprese in questione sia altri operatori economici dal violare, in futuro, tali norme (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 110 e giurisprudenza ivi citata). 121 Poiché l’effetto deterrente di una tale ammenda non si limita dunque a prevenire la reiterazione della specifica intesa anticoncorrenziale che ha portato all’imposizione di tale ammenda, il fatto di sapere se sussista un rischio reale di una tale reiterazione da parte delle sole imprese oggetto della decisione controversa è irrilevante. Di conseguenza, e contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il fatto che il Tribunale non si sia pronunciato su tale aspetto non costituisce un’omessa statuizione. 122 Nei limiti in cui le ricorrenti sostengono che, stante la loro posizione sul mercato, esse non erano in grado di commettere alcun tipo di infrazione al diritto dell’Unione in materia di concorrenza, si deve rammentare che, come rilevato al punto 52 della presente sentenza, l’impugnazione non può modificare l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale. Infatti, secondo costante giurisprudenza, consentire a una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte motivi e argomenti non dedotti dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in sede d’impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata all’esame della valutazione da parte del Tribunale dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi ad esso (sentenza del 29 febbraio 2024, Euranimi/Commissione, C‑95/23 P, EU:C:2024:177, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). 123 Orbene, come rilevato dalla Commissione, l’argomento, peraltro di natura fattuale, di cui al punto precedente della presente sentenza non è stato dedotto in primo grado. Pertanto, tale argomento deve essere respinto in quanto irricevibile. 124 In secondo luogo, si deve rammentare che, al punto 242 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha dichiarato che, nel caso di specie, l’imposizione di un’ammenda aveva come obiettivo non solo quello di conferire un certo effetto deterrente alla decisione controversa, ma anche quello di evitare che le imprese interessate godessero di una totale impunità. 125 Orbene, poiché le decisioni del 2002 e del 2009 erano state annullate e le ammende corrispondenti restituite, maggiorate degli interessi, solo una nuova decisione che infliggesse un’ammenda alle ricorrenti avrebbe potuto garantire che la loro partecipazione all’intesa di cui alla decisione controversa non restasse impunita. 126 Nei limiti in cui le ricorrenti si basano, in tale contesto, e nelle loro repliche, sulla circostanza che la Commissione non avrebbe corredato il rimborso degli importi delle due prime sanzioni di un importo d’interessi adeguato, esse sollevano questioni che non rientrano nella controversia in primo grado, bensì in due cause che hanno promosso successivamente alle sentenze impugnate sulla base degli articoli 266 e 268 TFUE e che sono attualmente pendenti dinanzi al Tribunale, ossia le cause Ferriere Valsabbia e Valsabbia Investimenti/Commissione (T‑410/21) e Alfa Acciai/Commissione (T‑411/21). Alla luce della giurisprudenza citata al punto 122 della presente sentenza, l’argomento delle ricorrenti relativo a tali questioni è quindi irricevibile. 127 Inoltre, è vero che nella sentenza del 12 dicembre 2018, Biogaran/Commissione (T‑677/14, EU:T:2018:910), alla quale fanno riferimento le ricorrenti, il Tribunale ha tenuto conto del pregiudizio non trascurabile alla reputazione derivante, per una persona fisica o giuridica, dal fatto che sia accertata la sua implicazione in un’infrazione alle norme in materia di concorrenza. Tuttavia, tale valutazione non era volta a indicare che un siffatto pregiudizio costituisce una forma di sanzione risultante dalla constatazione di un’infrazione tramite una decisione della Commissione, ma a spiegare perché è necessario che tale istituzione presenti prove precise e concordanti per dimostrare l’esistenza di una tale infrazione. 128 Ne consegue che la prima parte del terzo motivo d’impugnazione deve essere respinta in quanto, in parte, irricevibile e, in parte, infondata. Sulla seconda parte – Argomenti delle parti 129 Con la seconda parte del loro terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti da 247 a 249 delle sentenze impugnate, è incorso in un errore di diritto nel considerare che fosse necessario, nel caso di specie, infliggere una sanzione alle ricorrenti al fine di garantire ai terzi eventualmente danneggiati dall’intesa in questione la possibilità di promuovere azioni di risarcimento danni. 130 La Commissione ritiene che tale argomento sia inconferente. In ogni caso, esso sarebbe infondato. – Giudizio della Corte 131 Al punto 243 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha giudicato che, tenuto conto della gravità e della durata dell’infrazione constatata dalla Commissione, l’obiettivo di evitare una totale impunità alle imprese interessate era sufficiente, di per sé, a giustificare l’adozione di una decisione irrogativa di una sanzione nel caso di specie. 132 Tale valutazione del Tribunale non è stata contestata dalle ricorrenti nelle loro impugnazioni. 133 Ne consegue che il Tribunale, nell’indicare altre considerazioni che potessero giustificare l’adozione della decisione controversa, come ad esempio l’intenzione di tutelare il diritto di terzi di proporre un’azione risarcitoria dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali, ha esposto tali considerazioni ad abundantiam. 134 Poiché la censura dedotta dalle ricorrenti nell’ambito della seconda parte del terzo motivo d’impugnazione è diretta contro punti ultronei della motivazione della sentenza impugnata, essa non può pertanto comportare l’annullamento di tale sentenza. 135 La seconda parte del terzo motivo dev’essere dunque respinta in quanto inconferente. Sulla terza parte – Argomenti delle parti 136 Con la terza parte del loro terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano le valutazioni effettuate dal Tribunale ai punti da 262 a 264 delle sentenze impugnate, in particolare quella, illustrata al punto 263 di tali sentenze, da cui emerge che «non contiene un errore di valutazione neppure» l’affermazione della Commissione, al punto 555 della decisione impugnata, «secondo cui, “[n]el presente caso, per quanto concerne la fase amministrativa, [essa] ritiene di aver sempre condotto la propria attività istruttoria speditamente e senza ingiustificate interruzioni”». Secondo le ricorrenti, non è possibile che il procedimento amministrativo sia stato svolto in modo spedito. 137 La Commissione contesta tale argomento. – Giudizio della Corte 138 Si deve rilevare che, ai punti 262 e 263 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha risposto all’argomento delle ricorrenti sintetizzato ai punti 260 e 261 di tali sentenze, secondo cui la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione quando aveva considerato che il termine ragionevole non era stato superato nel caso di specie e secondo cui, in particolare, tale istituzione non poteva affermare, come aveva fatto, che il procedimento amministrativo si era svolto speditamente. 139 Se è vero che, come hanno sostenuto le ricorrenti nelle loro repliche, un procedimento può non essere di durata eccessiva, senza tuttavia essere «spedit[o]», resta il fatto che il loro argomento coincide con quello dedotto nell’ambito della prima parte del secondo motivo d’impugnazione. Orbene, come è stato spiegato al punto 109 della presente sentenza, il secondo motivo d’impugnazione dev’essere respinto senza che occorra esaminare la prima parte di tale motivo. 140 Pertanto, anche supponendo che il Tribunale sia incorso in errore nel considerare possibile che la Commissione avesse condotto la sua attività d’indagine «speditamente» nel caso di specie, un siffatto errore non può comportare l’annullamento delle sentenze impugnate. 141 La terza parte del terzo motivo d’impugnazione e, quindi, tale motivo nella sua interezza devono dunque essere respinti in quanto, in parte, irricevibili e, in parte, infondati. 142 Di conseguenza, poiché nessuno dei motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno delle loro impugnazioni può essere accolto, essi devono essere respinti nel loro insieme. Sulle spese 143 Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, che si applica al procedimento d’impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 144 Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima. Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce: 1) Le impugnazioni sono respinte. 2) La Ferriera Valsabbia SpA, la Valsabbia Investimenti SpA e l’Alfa Acciai SpA si faranno carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 ottobre 2024.
* Lingua processuale: l’italiano. | |||||||||