Provvedimento in causa n. T-59/22 del 04/09/2024
Organo giudicante: Tribunale
Procedura: Ricorso di annullamento
Stato della causa: Concluso
Esito: Respinto

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

4 settembre 2024 (*)

« Concorrenza – Intese – Mercato delle conserve vegetali – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Gravità e durata dell’infrazione – Ammenda – Importo di base – Importo supplementare a titolo dissuasivo – Massimo edittale dell’ammenda – Nozione di “impresa” – Nozione di “associazione di imprese” – Fatturato pertinente – Articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 »

Nella causa T‑59/22,

Conserve Italia – Consorzio Italiano fra cooperative agricole Soc. coop. agr., con sede in San Lazzaro di Savena (Italia),

Conserves France, con sede in Tarascona (Francia),

rappresentate da L. Di Via, M. Petite, L. Tresoldi e E. Belli, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da S. Baches Opi e C. Sjödin, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da D. Spielmann, presidente, T. Tóth e S.L. Kalėda (relatore), giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’ordinanza del 13 maggio 2022, Conserve Italia e Conserves France/Commissione (T‑59/22 R, non pubblicata), con la quale il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori e ha riservato la decisione sulle spese,

in seguito all’udienza del 20 febbraio 2024,

ha pronunciato la presente

Sentenza

1        Con ricorso fondato sull’articolo 263, quarto comma, TFUE, le ricorrenti, Conserve Italia – Consorzio Italiano fra cooperative agricole Soc. coop. agr. (in prosieguo: la «Conserve Italia») e Conserves France, chiedono l’annullamento parziale della decisione C(2021) 8259 final della Commissione, del 19 novembre 2021, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (causa AT.40127 – Conserve vegetali) (in prosieguo: la «decisione impugnata») e la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta all’articolo 2 di tale decisione.

 Fatti

2        La Conserve Italia e la sua controllata Conserves France, detenuta al 99,77%, operano nel settore della trasformazione alimentare.

3        Il 17 ottobre 2013 la Conserve Italia, facendo seguito ad altre imprese, ha chiesto alla Commissione europea di beneficiare dell’immunità dalle ammende o, in alternativa, di una riduzione dell’ammenda (in prosieguo: la «domanda di clemenza»), ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag.17).

4        Il 17 febbraio 2017 la Commissione ha avviato un procedimento a norma dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1) e dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18) nei confronti delle ricorrenti e di altre imprese ed ha avviato una discussione con queste ultime per pervenire ad una transazione.

5        Il 7 maggio 2019 le ricorrenti hanno informato la Commissione della loro intenzione di non presentare una richiesta formale di transazione.

6        Il 5 ottobre 2020 la Commissione, all’esito dell’istruttoria, ha inviato alle ricorrenti una comunicazione degli addebiti. Il 1º marzo 2021 le ricorrenti hanno trasmesso alla Commissione osservazioni in ordine agli addebiti mossi nei loro confronti. Nell’ambito dell’audizione svoltasi dinanzi alla Commissione il 4 maggio 2021, le ricorrenti hanno fornito ulteriori elementi di prova concernenti la natura di associazione di imprese della Conserve Italia.

7        Con la decisione impugnata, la Commissione ha constatato che le ricorrenti avevano partecipato a un’infrazione unica all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), consistita, dal 15 marzo 2000 al 1º ottobre 2013, nel coordinamento dei prezzi, nella ripartizione dei mercati e nello scambio di informazioni sensibili con riferimento alle vendite di taluni tipi di conserve vegetali ai dettaglianti o al settore della ristorazione nel SEE. La Commissione ha individuato tre distinti accordi, a due dei quali avevano partecipato le ricorrenti, questi ultimi riguardanti, rispettivamente, le vendite di conserve vegetali quali i fagiolini, i piselli e i mix di piselli e carote (in prosieguo: l’«accordo 4P/4P») nonché le vendite di conserve di mais (in prosieguo: l’«accordo mais»).

8        L’accordo 4P/4P e l’accordo mais consistevano nella fissazione dei prezzi di vendita, nel coordinamento della politica e della struttura dei prezzi di vendita, nella ripartizione delle quote di volume e di mercato, nella ripartizione dei clienti e dei mercati, nel coordinamento delle gare di appalto e delle proposte di prezzo da sottoporre ai dettaglianti o ai clienti del settore della ristorazione, nel coordinamento di altre condizioni di vendita, degli sconti, ivi inclusa la strategia di marketing e la politica promozionale, nonché nella comunicazione e nello scambio di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale tra le parti.

9        Di conseguenza, la Commissione ha inflitto alle ricorrenti in solido un’ammenda dell’importo di EUR 20 000 000 in applicazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 e degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende»).

 Conclusioni delle parti

10      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte relativa alla determinazione dell’importo dell’ammenda;

–        ridurre l’importo dell’ammenda e concedere qualsiasi altro provvedimento che il Tribunale ritenga appropriato;

–        condannare la Commissione alle spese.

11      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Osservazioni preliminari

12      In via preliminare, occorre ricordare che il sistema di controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE consiste in un controllo di legittimità degli atti delle istituzioni stabilito all’articolo 263 TFUE, il quale può essere integrato, in applicazione dell’articolo 261 TFUE e su richiesta delle ricorrenti, dall’esercizio da parte del Tribunale di una competenza estesa al merito per quanto riguarda le sanzioni inflitte in tale settore dalla Commissione (v. sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 71 e giurisprudenza citata).

13      Con il loro ricorso, le ricorrenti chiedono, da un lato, l’annullamento parziale della decisione impugnata nella parte relativa alla determinazione dell’importo dell’ammenda e, dall’altro, la riduzione dell’importo dell’ammenda che è stata loro inflitta.

 Sulle conclusioni intese allannullamento parziale della decisione impugnata

14      Per quanto attiene alla portata del controllo di legittimità di una decisione che infligge un’ammenda, occorre rilevare che il giudice dell’Unione europea ha il compito di effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dal ricorrente a sostegno dei motivi dedotti. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti per il calcolo delle ammende né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto (sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 62).

15      Occorre altresì ricordare che i giudici dell’Unione non possono, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, sostituire la loro propria motivazione a quella dell’autore dell’atto in questione (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 89 e giurisprudenza citata).

16      Il ragionamento della Commissione relativo all’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti figura ai considerando da 577 a 683 della decisione impugnata.

17      La Commissione ha fissato l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in applicazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 e dei punti pertinenti degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

18      In primo luogo, per quanto riguarda l’importo di base dell’ammenda, la Commissione ha determinato il valore delle vendite registrate dalla Conserve Italia nell’intero SEE per gli esercizi sociali che vanno dal 1º luglio 2000 al 30 giugno 2013 con riferimento ai prodotti per i quali essa aveva partecipato all’infrazione (considerando da 579 a 588 della decisione impugnata). In secondo luogo, per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, la Commissione ha preso in considerazione un fattore di gravità del 18% (considerando 594 della decisione impugnata). In terzo luogo, per quanto riguarda la durata dell’infrazione, la Commissione l’ha calcolata sulla base dei periodi durante i quali la Conserve Italia aveva partecipato a quest’ultima, ossia dal 15 marzo 2000 al 1º ottobre 2013 per l’accordo 4P/4P e dal 20 ottobre 2000 al 1º ottobre 2013 per l’accordo mais (considerando 595 della decisione impugnata). In quarto luogo, la Commissione ha applicato un importo supplementare del 18% del valore delle vendite a titolo dissuasivo (considerando 599 della decisione impugnata).

19      La Commissione ha così fissato a EUR 102 013 000 l’importo di base dell’ammenda delle ricorrenti (considerando 603 della decisione impugnata).

20      Per quanto riguarda gli adeguamenti all’importo di base, in primo luogo, la Commissione non ha applicato circostanze aggravanti (considerando 605 della decisione impugnata). Al contrario, essa ha applicato come circostanze attenuanti il ruolo più limitato della Conserve Italia nell’infrazione e le diverse modalità di partecipazione di quest’ultima rispetto a quelle delle altre parti. Di conseguenza, la Commissione ha ridotto l’importo di base dell’ammenda del 20% (considerando da 606 a 621 della decisione impugnata).

21      In secondo luogo, la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda affinché questo non superasse il massimo edittale del 10%, previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, del fatturato totale consolidato della Conserve Italia realizzato durante l’esercizio sociale precedente la data della decisione impugnata (considerando da 622 a 663 di detta decisione).

22      In terzo luogo, la Commissione ha applicato altre due riduzioni dell’importo dell’ammenda, vale a dire, da un lato, una riduzione del 50% al fine di tenere conto della cooperazione della Conserve Italia nell’ambito della sua domanda di clemenza (considerando da 664 a 669 della decisione impugnata) e, dall’altro, una riduzione di circa il 49,83% per mancanza di capacità contributiva, in applicazione del punto 35 degli orientamenti per il calcolo delle ammende (considerando da 670 a 682 della decisione impugnata).

23      Di conseguenza, la Commissione ha deciso di infliggere alle ricorrenti un’ammenda di EUR 20 000 000.

24      A sostegno della loro domanda volta all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui fissa l’importo dell’ammenda in EUR 20 000 000, le ricorrenti deducono due motivi di ricorso. Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e del punto 33 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per quanto riguarda la determinazione del fatturato preso in considerazione per calcolare il massimo edittale della sanzione. Il secondo motivo verte su violazioni dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dei punti 14, 19, 20, 22, 24 e 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per quanto riguarda la determinazione dell’importo di base della sanzione.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e del punto 33 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

25      Nell’ambito del primo motivo di ricorso, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver fissato il massimo edittale dell’ammenda tenendo conto del fatturato totale consolidato realizzato dalla Conserve Italia durante l’esercizio sociale precedente la data della decisione impugnata, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003. Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto calcolare tale massimo edittale tenendo conto del fatturato realizzato nello stesso periodo dalle sole imprese agricole che avevano conferito i prodotti agricoli di cui alla decisione impugnata, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, di detto regolamento. A tal riguardo, nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe erroneamente qualificato la Conserve Italia come impresa, e non come associazione di imprese, e avrebbe correlativamente, a torto, rifiutato di applicare le disposizioni relative alla determinazione del massimo edittale della sanzione applicabili alle associazioni di imprese.

26      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

27      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

28      L’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003, di cui il punto 33 degli orientamenti per il calcolo delle ammende riprende la formulazione letterale, prevede che, qualora l’infrazione di un’associazione di imprese sia relativa alle attività dei membri della stessa, l’ammenda non deve superare il 10% dell’importo del fatturato totale di ciascun membro attivo sul mercato coinvolto dall’infrazione dell’associazione.

29      Occorre ricordare che, nell’ambito del diritto della concorrenza, la nozione di «impresa» abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (v. sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a., C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 46 e giurisprudenza citata; sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 112).

30      In proposito, costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (sentenze del 16 giugno 1987, Commissione/Italia, 118/85, EU:C:1987:283, punto 7, e del 1º luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punto 22).

31      Nel caso di specie, come risulta dai considerando 34 e seguenti della decisione impugnata, l’infrazione di cui trattasi è relativa alla vendita di taluni tipi di conserve vegetali ai dettaglianti e al settore della ristorazione. Inoltre, come risulta, in particolare, dai considerando 6 e 623 della decisione impugnata, la Conserve Italia è, come riconosciuto dalle ricorrenti, principalmente attiva nella produzione e nella vendita di bevande a base di frutta e di conserve vegetali e di frutta.

32      Da tali considerazioni risulta che la Conserve Italia esercita un’attività economica consistente nell’offrire prodotti, in particolare nel mercato delle conserve vegetali. Pertanto, la Commissione ha correttamente ritenuto che la Conserve Italia fosse un’impresa ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003.

33      Tale conclusione non è messa in discussione né dagli argomenti delle ricorrenti diretti a dimostrare che la Conserve Italia, in quanto era un’associazione di imprese, non poteva essere considerata un’impresa, né dai loro argomenti vertenti sulle asserite particolarità del funzionamento della Conserve Italia.

34      Infatti, da un lato, da una giurisprudenza costante risulta che una stessa entità può essere contemporaneamente qualificata come impresa e come associazione di imprese (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 1992, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, T‑61/89, EU:T:1992:79, punto 50, e del 14 maggio 1998, Finnboard/Commissione, T‑338/94, EU:T:1998:99, punto 271).

35      A tal riguardo, la Commissione, al considerando 647 della decisione impugnata, ha giustamente rilevato che, anche se la Conserve Italia poteva essere considerata un’associazione di imprese ai sensi dell’articolo 101 TFUE, in quanto i suoi soci erano imprese o associazioni di imprese, questo fatto non aveva tuttavia alcuna incidenza sulla sua qualificazione come impresa.

36      Ne consegue che gli argomenti delle ricorrenti diretti a dimostrare che la Conserve Italia è un’associazione di imprese devono essere respinti in quanto inoperanti.

37      Dall’altro lato, quanto al fatto che le ricorrenti sottolineano la struttura mutualistica della Conserve Italia, occorre ricordare che l’esercizio di un’attività economica da parte di una società cooperativa non può, per principio, essere sottratto all’applicazione delle norme del diritto della concorrenza dell’Unione e che le condizioni di applicabilità di tali norme al settore cooperativo non sono diverse da quelle delle altre forme di organizzazione dell’attività economica (v., in tal senso, sentenze del 16 novembre 1995, Fédération française des sociétés d’assurance e a., C‑244/94, EU:C:1995:392, punto 20, e del 2 luglio 1992, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, T‑61/89, EU:T:1992:79, punto 52).

38      Ne consegue che un’entità economica organizzata secondo i principi cooperativi, come la Conserve Italia, può essere qualificata come impresa, indipendentemente dal suo carattere mutualistico.

39      Inoltre, la circostanza secondo cui, tenuto conto della natura mutualistica della sua attività, la Conserve Italia non avrebbe tratto vantaggio dall’infrazione che essa ha commesso, avendo quest’ultima avvantaggiato solamente le imprese agricole di cui trattasi, è, anche supponendola accertata, priva di pertinenza. Infatti, tale circostanza non incide sul fatto che la Conserve Italia abbia esercitato un’attività economica nel mercato coinvolto dall’infrazione e che abbia commesso detta infrazione.

40      Peraltro, la circostanza, anche supponendola accertata, secondo cui la Conserve Italia esercita la sua attività ad esclusivo vantaggio dei suoi membri è priva di pertinenza. Infatti, la qualificazione come impresa in ragione dell’esercizio di un’attività di natura economica non è subordinata al perseguimento di un fine di lucro (sentenza del 16 novembre 1995, Fédération française des sociétés d’assurance e a., C‑244/94, EU:C:1995:392, punto 21).

41      Quanto all’allegazione delle ricorrenti secondo cui la Conserve Italia sarebbe priva di autonomia decisionale e costituirebbe solo una mera struttura di coordinamento attraverso la quale le imprese agricole, per mezzo dei soci cooperatori della Conserve Italia, attuano le proprie strategie commerciali autonomamente definite, è giocoforza constatare che essa è contraddetta da altre allegazioni delle ricorrenti nelle loro memorie scritte. Infatti, le ricorrenti sottolineano, da un lato, l’assenza di integrazione tra le imprese agricole e la Conserve Italia e, dall’altro, il ruolo portante e centrale delle imprese agricole nella struttura interna della Conserve Italia.

42      Inoltre, le allegazioni delle ricorrenti secondo cui, in primo luogo, le decisioni riguardanti la strategia sul mercato delle conserve vegetali sarebbero adottate autonomamente dalle imprese agricole, e non dalla Conserve Italia, e, in secondo luogo, i regolamenti della Conserve Italia garantirebbero il rapporto decentralizzato tra le imprese agricole e la Conserve Italia, non sono confermate da elementi di fatto relativi all’organizzazione e all’attività di tale impresa.

43      Infatti, non è contestato che la Conserve Italia trasformi i prodotti ortofrutticoli freschi che le imprese agricole – circa 14 000, membri dei suoi 34 soci cooperatori – le forniscono in uno stabilimento che le appartiene e da essa gestito, e che venda i prodotti trasformati ai propri clienti.

44      Inoltre, dal regolamento orticole adottato dalla Conserve Italia il 26 ottobre 2018, invocato dalle ricorrenti, che disciplina il rapporto tra la Conserve Italia e i suoi soci, risulta che è la Conserve Italia, e non le imprese agricole, a definire la strategia commerciale dell’impresa interessata sul mercato delle conserve vegetali. Infatti, l’articolo 1 del regolamento orticole prevede che il consiglio di amministrazione della Conserve Italia definisce i programmi di commercializzazione, le quantità e le tipologie di materia prima occorrente. L’articolo 6 di detto regolamento obbliga i soci della Conserve Italia a utilizzare unicamente il seme che essa fornisce loro. Tali elementi inficiano l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Conserve Italia è priva di autonomia e costituisce un mero strumento delle imprese agricole.

45      Peraltro, per quanto riguarda le allegazioni delle ricorrenti secondo cui, in primo luogo, nel diritto italiano, i prodotti ortofrutticoli freschi consegnati alla Conserve Italia resterebbero di proprietà delle imprese agricole sino alla trasformazione e le conserve vegetali sino alla vendita a terzi nel mercato e, in secondo luogo, la Conserve Italia stabilirebbe i prezzi di vendita delle conserve vegetali nell’interesse delle imprese agricole e con il loro coinvolgimento, occorre rilevare che, anche supponendole accertate, esse non sono idonee a smentire il fatto che la Conserve Italia esercita un’attività economica nel mercato delle conserve vegetali.

46      Orbene, poiché le ricorrenti non hanno messo in discussione la conclusione della Commissione secondo cui la Conserve Italia esercita un’attività economica e deve pertanto essere qualificata come impresa, la Commissione ha correttamente determinato il massimo edittale dell’ammenda ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003.

47      In ogni caso, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il massimo edittale dell’ammenda non avrebbe potuto essere validamente calcolato in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003.

48      A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003 codifica, in sostanza, una giurisprudenza costante della Corte e del Tribunale che consente, in talune ipotesi precise, la presa in considerazione del volume d’affari realizzato dalle imprese membri dell’associazione, qualora il volume d’affari di quest’ultima non denoti né le sue dimensioni né la sua potenza economica, e ciò al fine di evitare che l’effetto dissuasivo delle ammende inflitte nell’ambito delle infrazioni alle regole comunitarie in materia di concorrenza possa essere compromesso (v., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2008, Coop de France bétail et viande e a./Commissione, C‑101/07 P e C‑110/07 P, EU:C:2008:741, punti 96 e 98; del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punti da 123 a 125, e del 14 maggio 1998, Finnboard/Commissione, T‑338/94, EU:T:1998:99, punto 270).

49      Orbene, occorre rilevare che nel caso di specie non ricorrono le condizioni di applicazione di tale disposizione.

50      Infatti, è pacifico che l’intesa controversa riguardava il mercato delle conserve vegetali. Come rilevato dalla Commissione ai considerando 8 e 656 della decisione impugnata, le imprese agricole che sono membri delle 34 cooperative a loro volta soci della Conserve Italia coltivano ortofrutticoli freschi utilizzati dalla Conserve Italia per produrre conserve vegetali. Dette imprese agricole non agiscono quindi nel mercato interessato dall’infrazione, ossia il mercato delle conserve vegetali, bensì nel mercato a monte, ossia quello della vendita di ortofrutticoli freschi. Ne consegue che non si poteva ritenere che l’infrazione riguardasse le attività dei soci della Conserve Italia, né che detti soci fossero attivi nel mercato coinvolto dall’infrazione, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003.

51      Per di più, l’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003 nelle circostanze del caso di specie contrasterebbe con la ratio legis di tale disposizione. Infatti, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 48, poiché la Conserve Italia esercita un’attività economica distinta da quella dei suoi soci e dispone del proprio fatturato che riflette adeguatamente le sue dimensioni e la sua potenza economica, non è necessario né opportuno ricorrere ai fatturati cumulati dei suoi soci al fine di determinare una sanzione che sia dissuasiva.

52      Pertanto il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente su violazioni dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dei punti 14, 19, 20, 22, 24 e 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, riguardanti la determinazione dell’importo di base

53      Con il loro secondo motivo di ricorso, che si articola in quattro parti, le ricorrenti contestano la determinazione dell’importo di base dell’ammenda per quanto riguarda, in primo luogo, il valore delle vendite considerato, in secondo luogo, la presa in considerazione della gravità dell’infrazione, in terzo luogo, la presa in considerazione della durata di quest’ultima e, in quarto luogo, l’applicazione di un importo supplementare a titolo dissuasivo.

54      A tal riguardo, le ricorrenti invocano le violazioni dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e dei punti 14, 19, 20, 22, 24 e 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

–       Sulla prima parte del secondo motivo di ricorso, relativa alla determinazione del valore delle vendite

55      Le ricorrenti contestano alla Commissione di essere incorsa in due errori nella determinazione del valore delle vendite, ai fini del calcolo dell’importo della ammenda. In primo luogo, da un lato, la Commissione avrebbe erroneamente preso in considerazione il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia in tutto il territorio del SEE, mentre avrebbe dovuto prendere in considerazione solo il valore delle vendite realizzate negli Stati membri nei quali erano stati attuati l’accordo 4P/4P e l’accordo mais. Dall’altro, la Commissione avrebbe erroneamente ricompreso nell’estensione geografica dell’infrazione gli Stati membri nei quali la Conserve Italia non esercitava un’attività economica. In secondo luogo, la Commissione avrebbe erroneamente preso in considerazione il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia, anziché quello delle vendite realizzate dalle imprese agricole che hanno conferito i prodotti oggetto dell’intesa.

56      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

57      Ai sensi del punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce (...) realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE)».

58      Il punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende ha l’obiettivo di assumere quale base iniziale per il calcolo dell’ammenda inflitta a un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione e il peso di tale impresa nella stessa (sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 76).

59      Di conseguenza, la nozione di «valore delle vendite» di cui al punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende ricomprende le vendite realizzate nel mercato interessato dall’infrazione nel SEE, senza che occorra determinare se dette vendite siano state effettivamente oggetto di tale infrazione, in quanto la quota del fatturato proveniente dalla vendita dei prodotti oggetto dell’infrazione costituisce l’elemento più idoneo per riflettere l’importanza economica dell’infrazione stessa (v. sentenza del 9 luglio 2015, InnoLux/Commissione, C‑231/14 P, EU:C:2015:451, punto 51 e giurisprudenza citata).

60      A tal riguardo, la zona geografica pertinente per calcolare il valore delle vendite è determinata dai comportamenti rilevanti dell’intesa e dal suo funzionamento (sentenza del 12 luglio 2019, Toshiba Samsung Storage Technology e Toshiba Samsung Storage Technology Korea/Commissione, T‑8/16, EU:T:2019:522, punto 198).

61      Nel caso di specie, al considerando 584 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’area geografica interessata dall’infrazione fosse la totalità del SEE, cosicché, in virtù del punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, l’importo di base dell’ammenda doveva essere determinato considerando il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia nel SEE con riferimento ai prodotti per cui aveva partecipato all’infrazione.

62      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione solo il valore delle vendite negli Stati membri nei quali l’intesa aveva avuto attuazione, la Commissione ha rilevato, ai considerando 35 e 37 della decisione impugnata, non contestati dalle ricorrenti, che l’accordo 4P/4P aveva avuto attuazione in Belgio, Germania, Francia e Paesi Bassi e l’accordo mais in Belgio, Germania, Danimarca, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Finlandia, Svezia, Regno Unito e Norvegia.

63      Tuttavia, al considerando 49 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’estensione geografica dell’infrazione alla quale le ricorrenti avevano partecipato riguardasse l’intero SEE. Infatti, ai considerando 49, 56 e 59 della decisione impugnata, essa ha rilevato che tra le parti dell’accordo 4P/4P e dell’accordo mais vigeva, anche al di là del campo di applicazione territoriale di tali accordi, una politica generale di non aggressione secondo la quale queste ultime si vietavano di farsi concorrenza nei paesi non contemplati da detti accordi. Orbene, le ricorrenti non contestano tali rilievi.

64      In tali circostanze, la Commissione ha giustamente ritenuto che l’estensione geografica dell’intesa riguardasse l’intero SEE e, di conseguenza, al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda, ha considerato il valore delle vendite realizzate dalle ricorrenti nell’intero territorio suddetto.

65      Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento delle ricorrenti secondo cui, tenendo conto del valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia nell’intero SEE, la Commissione avrebbe erroneamente ricompreso Stati nei quali esse non esercitavano un’attività economica. Infatti, il valore delle vendite realizzate dalle ricorrenti considerato dalla Commissione al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda si riferisce necessariamente ai mercati nei quali le ricorrenti esercitavano un’attività economica. Così, l’assenza di attività economica della Conserve Italia nel territorio di taluni Stati membri implica che quest’ultima non abbia realizzato alcuna vendita in tali Stati membri. Pertanto, l’argomento delle ricorrenti vertente sull’assenza di attività economica in taluni Stati membri non è idoneo a mettere in discussione il valore delle vendite considerato dalla Commissione.

66      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe erroneamente preso in considerazione il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia, anziché di quelle realizzate dalle imprese agricole che hanno conferito i prodotti oggetto dell’intesa, esso mira a contestare alla Commissione una violazione del punto 14 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

67      Ai sensi del punto 14 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, qualora l’infrazione di un’associazione di imprese riguardi le attività dei suoi membri, il valore delle vendite corrisponderà in generale alla somma dei valori delle vendite realizzate dagli stessi.

68      Orbene, come rilevato al precedente punto 50, l’infrazione contestata alla Conserve Italia riguardava le attività di quest’ultima e non le attività dei suoi soci, cosicché le condizioni di cui al punto 14 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non ricorrono nel caso di specie. Si deve pertanto respingere tale argomento e, quindi, la prima parte del secondo motivo di ricorso.

–       Sulla seconda parte del secondo motivo di ricorso, relativa alla gravità dell’infrazione

69      Le ricorrenti sostengono che la proporzione del 18% del valore delle vendite, presa in considerazione a titolo di coefficiente di gravità, è sproporzionata. A tal riguardo, esse sostengono che, da un lato, la Conserve Italia ha partecipato solo a due dei tre accordi in questione, e ciò per un numero limitato di prodotti. Dall’altro, la partecipazione della Conserve Italia ai comportamenti illeciti non sarebbe stata continuata né sistematica e la Conserve Italia vi avrebbe partecipato in un momento successivo rispetto ad altre imprese. Inoltre, essa non avrebbe tentato di persuadere altre imprese a partecipare all’infrazione.

70      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

71      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, in particolare, della gravità dell’infrazione.

72      I punti da 19 a 23 degli orientamenti per il calcolo delle ammende prevedono quanto segue:

«19.      L’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione.

20.      La gravità sarà valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti.

21.      In linea di massima, la proporzione considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite.

22.      Per decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite.

23.      Per la loro stessa natura, gli accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Nell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati. In generale, pertanto, la proporzione del valore delle vendite considerata per le infrazioni di questo tipo si situerà sui valori più alti previsti».

73      Secondo una giurisprudenza costante, la gravità dell’infrazione deve essere oggetto di una valutazione individuale. A tal riguardo, occorre considerare tutti i fattori che possono entrare nella valutazione della gravità di quest’ultima, quali il comportamento di ciascuna impresa, la parte svolta da ciascuna di esse nel porre in essere le pratiche concordate, il vantaggio che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per l’Unione (sentenze del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158, punto 129, e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, da C‑189/02 P, C‑202/02 P, C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 242).

74      Dalla giurisprudenza emerge parimenti che la difficoltà nel determinare una percentuale precisa è, in una certa misura, ridotta nel caso di accordi orizzontali segreti di fissazione dei prezzi e di ripartizione del mercato nei quali, in forza del punto 23 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, la proporzione del valore delle vendite considerata si situerà in generale «sui valori più alti previsti», di modo che la percentuale, per le restrizioni più gravi, dovrebbe essere superiore almeno al 15% (sentenza del 16 giugno 2011, Ziegler/Commissione, T‑199/08, EU:T:2011:285, punto 141).

75      Ai considerando da 590 a 594 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato che l’infrazione contestata verteva sulla fissazione dei prezzi e sulla ripartizione dei mercati e che si trattava di pratiche che, per loro natura, si annoveravano fra le infrazioni più gravi all’articolo 101 TFUE. Le ricorrenti non contestano tali rilievi.

76      La Commissione ha aggiunto che, in applicazione dei punti 21 e 23 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, la proporzione applicata al valore delle vendite ai fini della fissazione dell’importo di base doveva situarsi sui valori più alti previsti, che possono arrivare al 30%.

77      Inoltre, la Commissione ha indicato di tener conto del fatto che l’infrazione si è esplicata in forme diverse di comportamento anticoncorrenziale, che ha interessato la totalità del territorio del SEE e che è stata attuata con continuità e sistematicità.

78      Peraltro, la Commissione ha respinto gli argomenti delle ricorrenti vertenti sulle modalità della partecipazione della Conserve Italia all’infrazione, per il motivo che essa non doveva tenerne conto al fine di determinare la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione.

79      Di conseguenza, la Commissione ha fissato al 18% la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione a titolo di coefficiente di gravità per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda.

80      Orbene, tenuto conto, segnatamente, della particolare gravità dell’infrazione commessa, che risulta dal punto 23 degli orientamenti e che non è contestata dalle ricorrenti, e tenuto conto della giurisprudenza citata ai precedenti punti 73 e 74, la Commissione non è incorsa in errori di diritto o di valutazione allorché ha fissato al 18% il coefficiente di gravità.

81      Infatti, fissando una tale proporzione, la Commissione si è limitata ad applicare una percentuale uguale o quasi uguale alla percentuale minima prevista per le restrizioni più gravi, cosicché non era necessario prendere in considerazione elementi o circostanze supplementari (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Ziegler/Commissione, T‑199/08, EU:T:2011:285, punto 142).

82      Tale valutazione non è messa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti vertenti sul fatto che esse hanno partecipato solo a due dei tre accordi, per un numero ridotto di prodotti, senza continuità e senza aver tentato di influenzare altre imprese.

83      Infatti, occorre rilevare che la Commissione può prendere in considerazione la gravità relativa della partecipazione di un’impresa a un’infrazione e delle circostanze particolari del caso o in sede di valutazione della gravità dell’infrazione ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 o nell’adeguare l’importo di base in funzione di circostanze attenuanti o aggravanti (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 199 e giurisprudenza citata).

84      Orbene, nel caso di specie, dai considerando da 606 a 621 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha accolto le circostanze invocate dalle ricorrenti come circostanze attenuanti e che, di conseguenza, essa ha ridotto del 20% l’importo di base dell’ammenda nei loro confronti.

85      Pertanto, le ricorrenti non possono validamente contestare alla Commissione di non aver tenuto conto delle stesse circostanze in sede di valutazione della gravità dell’infrazione.

86      Di conseguenza, la seconda parte del secondo motivo di ricorso deve essere respinta.

–       Sulla terza parte del secondo motivo di ricorso, relativa alla durata dell’infrazione

87      Le ricorrenti contestano alla Commissione di aver ritenuto che la Conserve Italia avesse partecipato all’infrazione per tutta la sua durata, mentre, da un lato, la sua partecipazione avrebbe subito due periodi di interruzione, tra il 2009 e il 2011 e tra il 2012 e il 2013 e, dall’altro, essa non avrebbe partecipato con continuità a tutte le riunioni tra le parti degli accordi in questione. Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe così dovuto escludere dal calcolo dell’importo dell’ammenda i periodi durante i quali esse non avevano partecipato all’infrazione e prendere in considerazione unicamente i periodi di effettiva esecuzione degli accordi in questione.

88      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

89      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, «[p]er determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

90      Ai sensi del punto 24 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, «[p]er tenere pienamente conto della durata della partecipazione di ciascuna impresa all’infrazione, l’importo determinato in funzione del valore delle vendite (...) sarà moltiplicato per il numero di anni di partecipazione all’infrazione».

91      Al considerando 595 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la Conserve Italia avesse partecipato, con continuità, all’infrazione dal 15 marzo 2000 al 1º ottobre 2013 per quanto riguardava l’accordo 4P/4P e dal 20 ottobre 2000 al 1º ottobre 2013 per quanto riguardava l’accordo mais.

92      Occorre osservare che le ricorrenti non contestano la durata dell’infrazione considerata dalla Commissione in quanto tale, ma sostengono che, al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione unicamente i periodi di effettiva esecuzione degli accordi in questione, tenendo conto del fatto che la loro partecipazione a detta intesa non era stata continuata.

93      A tal riguardo, in risposta ad argomenti della Conserve Italia simili a quelli ricordati al precedente punto 87, la Commissione, al considerando 597 della decisione impugnata, ha fatto rinvio all’esame del carattere continuato della partecipazione della Conserve Italia all’infrazione, che figura ai considerando da 467 a 501 della decisione impugnata. Essa ne ha concluso che la Conserve Italia aveva partecipato all’infrazione senza interruzione per tutta la sua durata e che gli argomenti della Conserve Italia dovevano essere respinti.

94      Nel caso di specie, è giocoforza constatare che le ricorrenti si limitano ad invocare gli argomenti ricordati al precedente punto 87 senza fornire elementi idonei a mettere in discussione l’esattezza delle constatazioni e delle valutazioni effettuate dalla Commissione nell’ambito dell’esame del carattere continuato della partecipazione all’infrazione, ai considerando da 467 a 501 della decisione impugnata.

95      A questo riguardo, da un lato, da una giurisprudenza costante discende certamente che l’onere della prova concernente le infrazioni all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE incombe alla Commissione e che essa deve fornire prove precise e concordanti per corroborare la ferma convinzione che l’infrazione invocata è stata commessa (v. sentenza del 16 giugno 2011, Gosselin Group e Stichting Administratiekantoor Portielje/Commissione, T‑208/08 e T‑209/08, EU:T:2011:287, punto 153 e giurisprudenza citata).

96      Resta tuttavia il fatto che, in particolare per quanto riguarda le prove concernenti la durata dell’infrazione, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione può produrre elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che tale infrazione si sia protratta ininterrottamente entro due date precise (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Gosselin Group e Stichting Administratiekantoor Portielje/Commissione, T‑208/08 e T‑209/08, EU:T:2011:287, punto 154 e giurisprudenza citata).

97      Orbene, è conformemente a tali principi che, nella decisione impugnata, la Commissione ha stabilito che le ricorrenti avevano partecipato all’infrazione dall’anno 2000 all’anno 2013, cosicché la mancata partecipazione a talune riunioni nell’ambito dell’intesa non può di per sé mettere in discussione il carattere continuato del loro comportamento illecito. Infatti, risulta, in particolare, dai considerando da 467 a 472 della decisione impugnata, non contestati dalle ricorrenti, che la Conserve Italia ha partecipato periodicamente a 104 riunioni o contatti inerenti agli accordi in questione.

98      Dall’altro lato, neppure gli argomenti delle ricorrenti vertenti sulla mancata esecuzione da parte loro degli accordi conclusi nell’ambito dell’intesa possono essere accolti, tenuto conto dell’oggetto anticoncorrenziale degli accordi riconosciuti senza riserve dalle ricorrenti (v., in tal senso, sentenza del 6 aprile 1995, Cockerill Sambre/Commissione, T‑144/89, EU:T:1995:65, punto 67).

99      Inoltre, occorre rilevare che le ricorrenti non dimostrano e neppure affermano di essersi distanziate pubblicamente e inequivocabilmente dagli accordi illeciti tra l’anno 2000 e l’anno 2013. Orbene, nel corso delle riunioni multilaterali alle quali le ricorrenti ammettono di aver partecipato, sono stati evocati obiettivi anticoncorrenziali. Omettendo di distanziarsi pubblicamente dal loro contenuto, le ricorrenti hanno manifestamente dato l’impressione agli altri partecipanti che esse appoggiavano il loro risultato e che vi si sarebbero conformate (v., in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 82).

100    Pertanto, non si può contestare alla Commissione di aver preso in considerazione, per fissare l’importo dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione, l’intero periodo dell’infrazione nell’ambito dell’applicazione del punto 24 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

101    Pertanto, la terza parte del secondo motivo di ricorso deve essere respinta.

–       Sulla quarta parte del secondo motivo di ricorso, relativa all’importo supplementare a titolo dissuasivo

102    Le ricorrenti sostengono che l’applicazione, sulla base del punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, di un importo supplementare del 18% del valore delle vendite era ingiustificata. Infatti, da un lato, la Commissione non avrebbe sufficientemente preso in considerazione la domanda di clemenza della Conserve Italia, nell’ambito della quale quest’ultima avrebbe fornito una serie di elementi probatori inediti e che apportavano un valore aggiunto significativo. Dall’altro, le ricorrenti avrebbero rivestito un ruolo minore e puramente passivo nell’infrazione, circostanza di cui la Commissione avrebbe tenuto conto solo a titolo di circostanze attenuanti. Secondo le ricorrenti, essa avrebbe dovuto tenerne conto anche quando si è trattato di applicare un importo supplementare, dato che nessun rischio di recidiva giustificava la sua applicazione.

103    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

104    Il punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende prevede che «a prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite (...) al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. (...) Per decidere la proporzione del valore delle vendite da considerare in un determinato caso, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, fra cui in particolare [la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite]».

105    Come risulta dai considerando 599 e 602 della decisione impugnata, la Commissione ha applicato un importo supplementare pari al 18% del valore delle vendite, tenuto conto della natura dell’accordo 4P/4P e dell’accordo mais, della sua estensione geografica e della sua attuazione.

106    Orbene, nel caso di specie, da un lato, le ricorrenti non contestano i fatti materiali che integrano l’infrazione commessa né la loro partecipazione a tale infrazione.

107    Dall’altro lato, è pacifico che l’infrazione è consistita nel fissare prezzi, nel ripartire mercati e quote di mercato, volumi di vendita e clienti, nello scambiare informazioni commerciali sensibili e nel coordinare le risposte nell’ambito di gare di appalto.

108    Tenuto conto, segnatamente, della natura particolarmente grave dell’infrazione, la Commissione, legittimamente e in conformità al punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, ha applicato un importo supplementare del 18% del valore delle vendite al fine di dissuadere le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di tale natura.

109    Tale valutazione non può essere messa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti vertenti sulla loro cooperazione con la Commissione durante il procedimento amministrativo, sul loro presunto ruolo minore nel commettere l’infrazione e sull’assenza di necessità di dissuaderle dal commettere una nuova infrazione alle norme di concorrenza dell’Unione.

110    Infatti, occorre ricordare che l’applicazione da parte della Commissione del punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende si inserisce, nell’ambito della metodologia di detti orientamenti, a monte dell’adeguamento dell’importo di base.

111    Orbene, in applicazione della giurisprudenza citata al precedente punto 83, la Commissione può prendere in considerazione la gravità relativa della partecipazione di un’impresa a un’infrazione e delle circostanze particolari del caso o in sede di valutazione della gravità dell’infrazione ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 o nell’adeguare l’importo di base in funzione di circostanze attenuanti o aggravanti.

112    Nel caso di specie, la Commissione ha tenuto conto, da un lato, della natura e della frequenza della partecipazione della Conserve Italia alle riunioni collusive come circostanze attenuanti, in considerazione delle quali, al considerando 608 della decisione impugnata, ha ridotto del 20% l’importo di base dell’ammenda nei confronti delle ricorrenti e, dall’altro, del contributo della Conserve Italia a seguito della sua domanda di clemenza, in considerazione del quale ha accordato, al considerando 669 della decisione impugnata, una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda.

113    Pertanto, le ricorrenti non possono utilmente contestare alla Commissione di non aver tenuto conto delle stesse circostanze al fine di valutare l’opportunità di imporre un importo supplementare ai sensi del punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

114    Di conseguenza, occorre respingere la quarta parte del secondo motivo di ricorso e, pertanto, il secondo motivo di ricorso nel suo complesso.

 Sulle conclusioni volte alla riduzione dellammenda

115    Per quanto riguarda la portata della competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE, questa autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità irrogata (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 193 e giurisprudenza citata).

116    Nel caso di specie, occorre rilevare che le ricorrenti non deducono, a sostegno delle loro conclusioni volte alla riduzione dell’ammenda da parte del Tribunale, alcun argomento distinto da quelli dedotti a sostegno della loro domanda di annullamento della decisione impugnata.

117    Alla luce della circostanza menzionata al precedente punto 116 e delle considerazioni ricordate, rispettivamente, ai precedenti punti 64, 80, 94 e 108, il Tribunale ritiene, nell’esercizio della propria competenza estesa al merito, che non occorra modificare l’importo dell’ammenda imposta alle ricorrenti in solido, prevista all’articolo 2 della decisione impugnata, pari a EUR 20 000 000.

118    Di conseguenza, occorre respingere la domanda delle ricorrenti volta alla riduzione dell’importo dell’ammenda che è stata loro imposta all’articolo 2 della decisione impugnata.

119    Occorre pertanto respingere il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

120    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Conserve Italia – Consorzio Italiano fra cooperative agricole Soc. coop. Agr. e la Conserves France sono condannate alle spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Spielmann

Tóth

Kalėda

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 settembre 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

 

 

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

4 settembre 2024 (*)

« Concorrenza – Intese – Mercato delle conserve vegetali – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Gravità e durata dell’infrazione – Ammenda – Importo di base – Importo supplementare a titolo dissuasivo – Massimo edittale dell’ammenda – Nozione di “impresa” – Nozione di “associazione di imprese” – Fatturato pertinente – Articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 »

Nella causa T‑59/22,

Conserve Italia – Consorzio Italiano fra cooperative agricole Soc. coop. agr., con sede in San Lazzaro di Savena (Italia),

Conserves France, con sede in Tarascona (Francia),

rappresentate da L. Di Via, M. Petite, L. Tresoldi e E. Belli, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da S. Baches Opi e C. Sjödin, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da D. Spielmann, presidente, T. Tóth e S.L. Kalėda (relatore), giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’ordinanza del 13 maggio 2022, Conserve Italia e Conserves France/Commissione (T‑59/22 R, non pubblicata), con la quale il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori e ha riservato la decisione sulle spese,

in seguito all’udienza del 20 febbraio 2024,

ha pronunciato la presente

Sentenza

1        Con ricorso fondato sull’articolo 263, quarto comma, TFUE, le ricorrenti, Conserve Italia – Consorzio Italiano fra cooperative agricole Soc. coop. agr. (in prosieguo: la «Conserve Italia») e Conserves France, chiedono l’annullamento parziale della decisione C(2021) 8259 final della Commissione, del 19 novembre 2021, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (causa AT.40127 – Conserve vegetali) (in prosieguo: la «decisione impugnata») e la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta all’articolo 2 di tale decisione.

 Fatti

2        La Conserve Italia e la sua controllata Conserves France, detenuta al 99,77%, operano nel settore della trasformazione alimentare.

3        Il 17 ottobre 2013 la Conserve Italia, facendo seguito ad altre imprese, ha chiesto alla Commissione europea di beneficiare dell’immunità dalle ammende o, in alternativa, di una riduzione dell’ammenda (in prosieguo: la «domanda di clemenza»), ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag.17).

4        Il 17 febbraio 2017 la Commissione ha avviato un procedimento a norma dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1) e dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18) nei confronti delle ricorrenti e di altre imprese ed ha avviato una discussione con queste ultime per pervenire ad una transazione.

5        Il 7 maggio 2019 le ricorrenti hanno informato la Commissione della loro intenzione di non presentare una richiesta formale di transazione.

6        Il 5 ottobre 2020 la Commissione, all’esito dell’istruttoria, ha inviato alle ricorrenti una comunicazione degli addebiti. Il 1º marzo 2021 le ricorrenti hanno trasmesso alla Commissione osservazioni in ordine agli addebiti mossi nei loro confronti. Nell’ambito dell’audizione svoltasi dinanzi alla Commissione il 4 maggio 2021, le ricorrenti hanno fornito ulteriori elementi di prova concernenti la natura di associazione di imprese della Conserve Italia.

7        Con la decisione impugnata, la Commissione ha constatato che le ricorrenti avevano partecipato a un’infrazione unica all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), consistita, dal 15 marzo 2000 al 1º ottobre 2013, nel coordinamento dei prezzi, nella ripartizione dei mercati e nello scambio di informazioni sensibili con riferimento alle vendite di taluni tipi di conserve vegetali ai dettaglianti o al settore della ristorazione nel SEE. La Commissione ha individuato tre distinti accordi, a due dei quali avevano partecipato le ricorrenti, questi ultimi riguardanti, rispettivamente, le vendite di conserve vegetali quali i fagiolini, i piselli e i mix di piselli e carote (in prosieguo: l’«accordo 4P/4P») nonché le vendite di conserve di mais (in prosieguo: l’«accordo mais»).

8        L’accordo 4P/4P e l’accordo mais consistevano nella fissazione dei prezzi di vendita, nel coordinamento della politica e della struttura dei prezzi di vendita, nella ripartizione delle quote di volume e di mercato, nella ripartizione dei clienti e dei mercati, nel coordinamento delle gare di appalto e delle proposte di prezzo da sottoporre ai dettaglianti o ai clienti del settore della ristorazione, nel coordinamento di altre condizioni di vendita, degli sconti, ivi inclusa la strategia di marketing e la politica promozionale, nonché nella comunicazione e nello scambio di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale tra le parti.

9        Di conseguenza, la Commissione ha inflitto alle ricorrenti in solido un’ammenda dell’importo di EUR 20 000 000 in applicazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 e degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende»).

 Conclusioni delle parti

10      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte relativa alla determinazione dell’importo dell’ammenda;

–        ridurre l’importo dell’ammenda e concedere qualsiasi altro provvedimento che il Tribunale ritenga appropriato;

–        condannare la Commissione alle spese.

11      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Osservazioni preliminari

12      In via preliminare, occorre ricordare che il sistema di controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE consiste in un controllo di legittimità degli atti delle istituzioni stabilito all’articolo 263 TFUE, il quale può essere integrato, in applicazione dell’articolo 261 TFUE e su richiesta delle ricorrenti, dall’esercizio da parte del Tribunale di una competenza estesa al merito per quanto riguarda le sanzioni inflitte in tale settore dalla Commissione (v. sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 71 e giurisprudenza citata).

13      Con il loro ricorso, le ricorrenti chiedono, da un lato, l’annullamento parziale della decisione impugnata nella parte relativa alla determinazione dell’importo dell’ammenda e, dall’altro, la riduzione dell’importo dell’ammenda che è stata loro inflitta.

 Sulle conclusioni intese allannullamento parziale della decisione impugnata

14      Per quanto attiene alla portata del controllo di legittimità di una decisione che infligge un’ammenda, occorre rilevare che il giudice dell’Unione europea ha il compito di effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dal ricorrente a sostegno dei motivi dedotti. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti per il calcolo delle ammende né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto (sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 62).

15      Occorre altresì ricordare che i giudici dell’Unione non possono, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, sostituire la loro propria motivazione a quella dell’autore dell’atto in questione (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 89 e giurisprudenza citata).

16      Il ragionamento della Commissione relativo all’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti figura ai considerando da 577 a 683 della decisione impugnata.

17      La Commissione ha fissato l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in applicazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 e dei punti pertinenti degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

18      In primo luogo, per quanto riguarda l’importo di base dell’ammenda, la Commissione ha determinato il valore delle vendite registrate dalla Conserve Italia nell’intero SEE per gli esercizi sociali che vanno dal 1º luglio 2000 al 30 giugno 2013 con riferimento ai prodotti per i quali essa aveva partecipato all’infrazione (considerando da 579 a 588 della decisione impugnata). In secondo luogo, per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, la Commissione ha preso in considerazione un fattore di gravità del 18% (considerando 594 della decisione impugnata). In terzo luogo, per quanto riguarda la durata dell’infrazione, la Commissione l’ha calcolata sulla base dei periodi durante i quali la Conserve Italia aveva partecipato a quest’ultima, ossia dal 15 marzo 2000 al 1º ottobre 2013 per l’accordo 4P/4P e dal 20 ottobre 2000 al 1º ottobre 2013 per l’accordo mais (considerando 595 della decisione impugnata). In quarto luogo, la Commissione ha applicato un importo supplementare del 18% del valore delle vendite a titolo dissuasivo (considerando 599 della decisione impugnata).

19      La Commissione ha così fissato a EUR 102 013 000 l’importo di base dell’ammenda delle ricorrenti (considerando 603 della decisione impugnata).

20      Per quanto riguarda gli adeguamenti all’importo di base, in primo luogo, la Commissione non ha applicato circostanze aggravanti (considerando 605 della decisione impugnata). Al contrario, essa ha applicato come circostanze attenuanti il ruolo più limitato della Conserve Italia nell’infrazione e le diverse modalità di partecipazione di quest’ultima rispetto a quelle delle altre parti. Di conseguenza, la Commissione ha ridotto l’importo di base dell’ammenda del 20% (considerando da 606 a 621 della decisione impugnata).

21      In secondo luogo, la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda affinché questo non superasse il massimo edittale del 10%, previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, del fatturato totale consolidato della Conserve Italia realizzato durante l’esercizio sociale precedente la data della decisione impugnata (considerando da 622 a 663 di detta decisione).

22      In terzo luogo, la Commissione ha applicato altre due riduzioni dell’importo dell’ammenda, vale a dire, da un lato, una riduzione del 50% al fine di tenere conto della cooperazione della Conserve Italia nell’ambito della sua domanda di clemenza (considerando da 664 a 669 della decisione impugnata) e, dall’altro, una riduzione di circa il 49,83% per mancanza di capacità contributiva, in applicazione del punto 35 degli orientamenti per il calcolo delle ammende (considerando da 670 a 682 della decisione impugnata).

23      Di conseguenza, la Commissione ha deciso di infliggere alle ricorrenti un’ammenda di EUR 20 000 000.

24      A sostegno della loro domanda volta all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui fissa l’importo dell’ammenda in EUR 20 000 000, le ricorrenti deducono due motivi di ricorso. Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e del punto 33 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per quanto riguarda la determinazione del fatturato preso in considerazione per calcolare il massimo edittale della sanzione. Il secondo motivo verte su violazioni dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dei punti 14, 19, 20, 22, 24 e 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, per quanto riguarda la determinazione dell’importo di base della sanzione.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e del punto 33 degli orientamenti per il calcolo delle ammende

25      Nell’ambito del primo motivo di ricorso, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver fissato il massimo edittale dell’ammenda tenendo conto del fatturato totale consolidato realizzato dalla Conserve Italia durante l’esercizio sociale precedente la data della decisione impugnata, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003. Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto calcolare tale massimo edittale tenendo conto del fatturato realizzato nello stesso periodo dalle sole imprese agricole che avevano conferito i prodotti agricoli di cui alla decisione impugnata, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, di detto regolamento. A tal riguardo, nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe erroneamente qualificato la Conserve Italia come impresa, e non come associazione di imprese, e avrebbe correlativamente, a torto, rifiutato di applicare le disposizioni relative alla determinazione del massimo edittale della sanzione applicabili alle associazioni di imprese.

26      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

27      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

28      L’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003, di cui il punto 33 degli orientamenti per il calcolo delle ammende riprende la formulazione letterale, prevede che, qualora l’infrazione di un’associazione di imprese sia relativa alle attività dei membri della stessa, l’ammenda non deve superare il 10% dell’importo del fatturato totale di ciascun membro attivo sul mercato coinvolto dall’infrazione dell’associazione.

29      Occorre ricordare che, nell’ambito del diritto della concorrenza, la nozione di «impresa» abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (v. sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a., C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 46 e giurisprudenza citata; sentenza del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 112).

30      In proposito, costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (sentenze del 16 giugno 1987, Commissione/Italia, 118/85, EU:C:1987:283, punto 7, e del 1º luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punto 22).

31      Nel caso di specie, come risulta dai considerando 34 e seguenti della decisione impugnata, l’infrazione di cui trattasi è relativa alla vendita di taluni tipi di conserve vegetali ai dettaglianti e al settore della ristorazione. Inoltre, come risulta, in particolare, dai considerando 6 e 623 della decisione impugnata, la Conserve Italia è, come riconosciuto dalle ricorrenti, principalmente attiva nella produzione e nella vendita di bevande a base di frutta e di conserve vegetali e di frutta.

32      Da tali considerazioni risulta che la Conserve Italia esercita un’attività economica consistente nell’offrire prodotti, in particolare nel mercato delle conserve vegetali. Pertanto, la Commissione ha correttamente ritenuto che la Conserve Italia fosse un’impresa ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003.

33      Tale conclusione non è messa in discussione né dagli argomenti delle ricorrenti diretti a dimostrare che la Conserve Italia, in quanto era un’associazione di imprese, non poteva essere considerata un’impresa, né dai loro argomenti vertenti sulle asserite particolarità del funzionamento della Conserve Italia.

34      Infatti, da un lato, da una giurisprudenza costante risulta che una stessa entità può essere contemporaneamente qualificata come impresa e come associazione di imprese (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 1992, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, T‑61/89, EU:T:1992:79, punto 50, e del 14 maggio 1998, Finnboard/Commissione, T‑338/94, EU:T:1998:99, punto 271).

35      A tal riguardo, la Commissione, al considerando 647 della decisione impugnata, ha giustamente rilevato che, anche se la Conserve Italia poteva essere considerata un’associazione di imprese ai sensi dell’articolo 101 TFUE, in quanto i suoi soci erano imprese o associazioni di imprese, questo fatto non aveva tuttavia alcuna incidenza sulla sua qualificazione come impresa.

36      Ne consegue che gli argomenti delle ricorrenti diretti a dimostrare che la Conserve Italia è un’associazione di imprese devono essere respinti in quanto inoperanti.

37      Dall’altro lato, quanto al fatto che le ricorrenti sottolineano la struttura mutualistica della Conserve Italia, occorre ricordare che l’esercizio di un’attività economica da parte di una società cooperativa non può, per principio, essere sottratto all’applicazione delle norme del diritto della concorrenza dell’Unione e che le condizioni di applicabilità di tali norme al settore cooperativo non sono diverse da quelle delle altre forme di organizzazione dell’attività economica (v., in tal senso, sentenze del 16 novembre 1995, Fédération française des sociétés d’assurance e a., C‑244/94, EU:C:1995:392, punto 20, e del 2 luglio 1992, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, T‑61/89, EU:T:1992:79, punto 52).

38      Ne consegue che un’entità economica organizzata secondo i principi cooperativi, come la Conserve Italia, può essere qualificata come impresa, indipendentemente dal suo carattere mutualistico.

39      Inoltre, la circostanza secondo cui, tenuto conto della natura mutualistica della sua attività, la Conserve Italia non avrebbe tratto vantaggio dall’infrazione che essa ha commesso, avendo quest’ultima avvantaggiato solamente le imprese agricole di cui trattasi, è, anche supponendola accertata, priva di pertinenza. Infatti, tale circostanza non incide sul fatto che la Conserve Italia abbia esercitato un’attività economica nel mercato coinvolto dall’infrazione e che abbia commesso detta infrazione.

40      Peraltro, la circostanza, anche supponendola accertata, secondo cui la Conserve Italia esercita la sua attività ad esclusivo vantaggio dei suoi membri è priva di pertinenza. Infatti, la qualificazione come impresa in ragione dell’esercizio di un’attività di natura economica non è subordinata al perseguimento di un fine di lucro (sentenza del 16 novembre 1995, Fédération française des sociétés d’assurance e a., C‑244/94, EU:C:1995:392, punto 21).

41      Quanto all’allegazione delle ricorrenti secondo cui la Conserve Italia sarebbe priva di autonomia decisionale e costituirebbe solo una mera struttura di coordinamento attraverso la quale le imprese agricole, per mezzo dei soci cooperatori della Conserve Italia, attuano le proprie strategie commerciali autonomamente definite, è giocoforza constatare che essa è contraddetta da altre allegazioni delle ricorrenti nelle loro memorie scritte. Infatti, le ricorrenti sottolineano, da un lato, l’assenza di integrazione tra le imprese agricole e la Conserve Italia e, dall’altro, il ruolo portante e centrale delle imprese agricole nella struttura interna della Conserve Italia.

42      Inoltre, le allegazioni delle ricorrenti secondo cui, in primo luogo, le decisioni riguardanti la strategia sul mercato delle conserve vegetali sarebbero adottate autonomamente dalle imprese agricole, e non dalla Conserve Italia, e, in secondo luogo, i regolamenti della Conserve Italia garantirebbero il rapporto decentralizzato tra le imprese agricole e la Conserve Italia, non sono confermate da elementi di fatto relativi all’organizzazione e all’attività di tale impresa.

43      Infatti, non è contestato che la Conserve Italia trasformi i prodotti ortofrutticoli freschi che le imprese agricole – circa 14 000, membri dei suoi 34 soci cooperatori – le forniscono in uno stabilimento che le appartiene e da essa gestito, e che venda i prodotti trasformati ai propri clienti.

44      Inoltre, dal regolamento orticole adottato dalla Conserve Italia il 26 ottobre 2018, invocato dalle ricorrenti, che disciplina il rapporto tra la Conserve Italia e i suoi soci, risulta che è la Conserve Italia, e non le imprese agricole, a definire la strategia commerciale dell’impresa interessata sul mercato delle conserve vegetali. Infatti, l’articolo 1 del regolamento orticole prevede che il consiglio di amministrazione della Conserve Italia definisce i programmi di commercializzazione, le quantità e le tipologie di materia prima occorrente. L’articolo 6 di detto regolamento obbliga i soci della Conserve Italia a utilizzare unicamente il seme che essa fornisce loro. Tali elementi inficiano l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Conserve Italia è priva di autonomia e costituisce un mero strumento delle imprese agricole.

45      Peraltro, per quanto riguarda le allegazioni delle ricorrenti secondo cui, in primo luogo, nel diritto italiano, i prodotti ortofrutticoli freschi consegnati alla Conserve Italia resterebbero di proprietà delle imprese agricole sino alla trasformazione e le conserve vegetali sino alla vendita a terzi nel mercato e, in secondo luogo, la Conserve Italia stabilirebbe i prezzi di vendita delle conserve vegetali nell’interesse delle imprese agricole e con il loro coinvolgimento, occorre rilevare che, anche supponendole accertate, esse non sono idonee a smentire il fatto che la Conserve Italia esercita un’attività economica nel mercato delle conserve vegetali.

46      Orbene, poiché le ricorrenti non hanno messo in discussione la conclusione della Commissione secondo cui la Conserve Italia esercita un’attività economica e deve pertanto essere qualificata come impresa, la Commissione ha correttamente determinato il massimo edittale dell’ammenda ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003.

47      In ogni caso, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il massimo edittale dell’ammenda non avrebbe potuto essere validamente calcolato in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003.

48      A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003 codifica, in sostanza, una giurisprudenza costante della Corte e del Tribunale che consente, in talune ipotesi precise, la presa in considerazione del volume d’affari realizzato dalle imprese membri dell’associazione, qualora il volume d’affari di quest’ultima non denoti né le sue dimensioni né la sua potenza economica, e ciò al fine di evitare che l’effetto dissuasivo delle ammende inflitte nell’ambito delle infrazioni alle regole comunitarie in materia di concorrenza possa essere compromesso (v., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2008, Coop de France bétail et viande e a./Commissione, C‑101/07 P e C‑110/07 P, EU:C:2008:741, punti 96 e 98; del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punti da 123 a 125, e del 14 maggio 1998, Finnboard/Commissione, T‑338/94, EU:T:1998:99, punto 270).

49      Orbene, occorre rilevare che nel caso di specie non ricorrono le condizioni di applicazione di tale disposizione.

50      Infatti, è pacifico che l’intesa controversa riguardava il mercato delle conserve vegetali. Come rilevato dalla Commissione ai considerando 8 e 656 della decisione impugnata, le imprese agricole che sono membri delle 34 cooperative a loro volta soci della Conserve Italia coltivano ortofrutticoli freschi utilizzati dalla Conserve Italia per produrre conserve vegetali. Dette imprese agricole non agiscono quindi nel mercato interessato dall’infrazione, ossia il mercato delle conserve vegetali, bensì nel mercato a monte, ossia quello della vendita di ortofrutticoli freschi. Ne consegue che non si poteva ritenere che l’infrazione riguardasse le attività dei soci della Conserve Italia, né che detti soci fossero attivi nel mercato coinvolto dall’infrazione, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003.

51      Per di più, l’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1/2003 nelle circostanze del caso di specie contrasterebbe con la ratio legis di tale disposizione. Infatti, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 48, poiché la Conserve Italia esercita un’attività economica distinta da quella dei suoi soci e dispone del proprio fatturato che riflette adeguatamente le sue dimensioni e la sua potenza economica, non è necessario né opportuno ricorrere ai fatturati cumulati dei suoi soci al fine di determinare una sanzione che sia dissuasiva.

52      Pertanto il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente su violazioni dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dei punti 14, 19, 20, 22, 24 e 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, riguardanti la determinazione dell’importo di base

53      Con il loro secondo motivo di ricorso, che si articola in quattro parti, le ricorrenti contestano la determinazione dell’importo di base dell’ammenda per quanto riguarda, in primo luogo, il valore delle vendite considerato, in secondo luogo, la presa in considerazione della gravità dell’infrazione, in terzo luogo, la presa in considerazione della durata di quest’ultima e, in quarto luogo, l’applicazione di un importo supplementare a titolo dissuasivo.

54      A tal riguardo, le ricorrenti invocano le violazioni dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e dei punti 14, 19, 20, 22, 24 e 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

–       Sulla prima parte del secondo motivo di ricorso, relativa alla determinazione del valore delle vendite

55      Le ricorrenti contestano alla Commissione di essere incorsa in due errori nella determinazione del valore delle vendite, ai fini del calcolo dell’importo della ammenda. In primo luogo, da un lato, la Commissione avrebbe erroneamente preso in considerazione il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia in tutto il territorio del SEE, mentre avrebbe dovuto prendere in considerazione solo il valore delle vendite realizzate negli Stati membri nei quali erano stati attuati l’accordo 4P/4P e l’accordo mais. Dall’altro, la Commissione avrebbe erroneamente ricompreso nell’estensione geografica dell’infrazione gli Stati membri nei quali la Conserve Italia non esercitava un’attività economica. In secondo luogo, la Commissione avrebbe erroneamente preso in considerazione il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia, anziché quello delle vendite realizzate dalle imprese agricole che hanno conferito i prodotti oggetto dell’intesa.

56      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

57      Ai sensi del punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce (...) realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE)».

58      Il punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende ha l’obiettivo di assumere quale base iniziale per il calcolo dell’ammenda inflitta a un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione e il peso di tale impresa nella stessa (sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 76).

59      Di conseguenza, la nozione di «valore delle vendite» di cui al punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende ricomprende le vendite realizzate nel mercato interessato dall’infrazione nel SEE, senza che occorra determinare se dette vendite siano state effettivamente oggetto di tale infrazione, in quanto la quota del fatturato proveniente dalla vendita dei prodotti oggetto dell’infrazione costituisce l’elemento più idoneo per riflettere l’importanza economica dell’infrazione stessa (v. sentenza del 9 luglio 2015, InnoLux/Commissione, C‑231/14 P, EU:C:2015:451, punto 51 e giurisprudenza citata).

60      A tal riguardo, la zona geografica pertinente per calcolare il valore delle vendite è determinata dai comportamenti rilevanti dell’intesa e dal suo funzionamento (sentenza del 12 luglio 2019, Toshiba Samsung Storage Technology e Toshiba Samsung Storage Technology Korea/Commissione, T‑8/16, EU:T:2019:522, punto 198).

61      Nel caso di specie, al considerando 584 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’area geografica interessata dall’infrazione fosse la totalità del SEE, cosicché, in virtù del punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, l’importo di base dell’ammenda doveva essere determinato considerando il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia nel SEE con riferimento ai prodotti per cui aveva partecipato all’infrazione.

62      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione solo il valore delle vendite negli Stati membri nei quali l’intesa aveva avuto attuazione, la Commissione ha rilevato, ai considerando 35 e 37 della decisione impugnata, non contestati dalle ricorrenti, che l’accordo 4P/4P aveva avuto attuazione in Belgio, Germania, Francia e Paesi Bassi e l’accordo mais in Belgio, Germania, Danimarca, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Finlandia, Svezia, Regno Unito e Norvegia.

63      Tuttavia, al considerando 49 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’estensione geografica dell’infrazione alla quale le ricorrenti avevano partecipato riguardasse l’intero SEE. Infatti, ai considerando 49, 56 e 59 della decisione impugnata, essa ha rilevato che tra le parti dell’accordo 4P/4P e dell’accordo mais vigeva, anche al di là del campo di applicazione territoriale di tali accordi, una politica generale di non aggressione secondo la quale queste ultime si vietavano di farsi concorrenza nei paesi non contemplati da detti accordi. Orbene, le ricorrenti non contestano tali rilievi.

64      In tali circostanze, la Commissione ha giustamente ritenuto che l’estensione geografica dell’intesa riguardasse l’intero SEE e, di conseguenza, al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda, ha considerato il valore delle vendite realizzate dalle ricorrenti nell’intero territorio suddetto.

65      Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento delle ricorrenti secondo cui, tenendo conto del valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia nell’intero SEE, la Commissione avrebbe erroneamente ricompreso Stati nei quali esse non esercitavano un’attività economica. Infatti, il valore delle vendite realizzate dalle ricorrenti considerato dalla Commissione al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda si riferisce necessariamente ai mercati nei quali le ricorrenti esercitavano un’attività economica. Così, l’assenza di attività economica della Conserve Italia nel territorio di taluni Stati membri implica che quest’ultima non abbia realizzato alcuna vendita in tali Stati membri. Pertanto, l’argomento delle ricorrenti vertente sull’assenza di attività economica in taluni Stati membri non è idoneo a mettere in discussione il valore delle vendite considerato dalla Commissione.

66      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe erroneamente preso in considerazione il valore delle vendite realizzate dalla Conserve Italia, anziché di quelle realizzate dalle imprese agricole che hanno conferito i prodotti oggetto dell’intesa, esso mira a contestare alla Commissione una violazione del punto 14 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

67      Ai sensi del punto 14 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, qualora l’infrazione di un’associazione di imprese riguardi le attività dei suoi membri, il valore delle vendite corrisponderà in generale alla somma dei valori delle vendite realizzate dagli stessi.

68      Orbene, come rilevato al precedente punto 50, l’infrazione contestata alla Conserve Italia riguardava le attività di quest’ultima e non le attività dei suoi soci, cosicché le condizioni di cui al punto 14 degli orientamenti per il calcolo delle ammende non ricorrono nel caso di specie. Si deve pertanto respingere tale argomento e, quindi, la prima parte del secondo motivo di ricorso.

–       Sulla seconda parte del secondo motivo di ricorso, relativa alla gravità dell’infrazione

69      Le ricorrenti sostengono che la proporzione del 18% del valore delle vendite, presa in considerazione a titolo di coefficiente di gravità, è sproporzionata. A tal riguardo, esse sostengono che, da un lato, la Conserve Italia ha partecipato solo a due dei tre accordi in questione, e ciò per un numero limitato di prodotti. Dall’altro, la partecipazione della Conserve Italia ai comportamenti illeciti non sarebbe stata continuata né sistematica e la Conserve Italia vi avrebbe partecipato in un momento successivo rispetto ad altre imprese. Inoltre, essa non avrebbe tentato di persuadere altre imprese a partecipare all’infrazione.

70      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

71      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, in particolare, della gravità dell’infrazione.

72      I punti da 19 a 23 degli orientamenti per il calcolo delle ammende prevedono quanto segue:

«19.      L’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione.

20.      La gravità sarà valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti.

21.      In linea di massima, la proporzione considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite.

22.      Per decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite.

23.      Per la loro stessa natura, gli accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Nell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati. In generale, pertanto, la proporzione del valore delle vendite considerata per le infrazioni di questo tipo si situerà sui valori più alti previsti».

73      Secondo una giurisprudenza costante, la gravità dell’infrazione deve essere oggetto di una valutazione individuale. A tal riguardo, occorre considerare tutti i fattori che possono entrare nella valutazione della gravità di quest’ultima, quali il comportamento di ciascuna impresa, la parte svolta da ciascuna di esse nel porre in essere le pratiche concordate, il vantaggio che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per l’Unione (sentenze del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158, punto 129, e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, da C‑189/02 P, C‑202/02 P, C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 242).

74      Dalla giurisprudenza emerge parimenti che la difficoltà nel determinare una percentuale precisa è, in una certa misura, ridotta nel caso di accordi orizzontali segreti di fissazione dei prezzi e di ripartizione del mercato nei quali, in forza del punto 23 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, la proporzione del valore delle vendite considerata si situerà in generale «sui valori più alti previsti», di modo che la percentuale, per le restrizioni più gravi, dovrebbe essere superiore almeno al 15% (sentenza del 16 giugno 2011, Ziegler/Commissione, T‑199/08, EU:T:2011:285, punto 141).

75      Ai considerando da 590 a 594 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato che l’infrazione contestata verteva sulla fissazione dei prezzi e sulla ripartizione dei mercati e che si trattava di pratiche che, per loro natura, si annoveravano fra le infrazioni più gravi all’articolo 101 TFUE. Le ricorrenti non contestano tali rilievi.

76      La Commissione ha aggiunto che, in applicazione dei punti 21 e 23 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, la proporzione applicata al valore delle vendite ai fini della fissazione dell’importo di base doveva situarsi sui valori più alti previsti, che possono arrivare al 30%.

77      Inoltre, la Commissione ha indicato di tener conto del fatto che l’infrazione si è esplicata in forme diverse di comportamento anticoncorrenziale, che ha interessato la totalità del territorio del SEE e che è stata attuata con continuità e sistematicità.

78      Peraltro, la Commissione ha respinto gli argomenti delle ricorrenti vertenti sulle modalità della partecipazione della Conserve Italia all’infrazione, per il motivo che essa non doveva tenerne conto al fine di determinare la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione.

79      Di conseguenza, la Commissione ha fissato al 18% la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione a titolo di coefficiente di gravità per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda.

80      Orbene, tenuto conto, segnatamente, della particolare gravità dell’infrazione commessa, che risulta dal punto 23 degli orientamenti e che non è contestata dalle ricorrenti, e tenuto conto della giurisprudenza citata ai precedenti punti 73 e 74, la Commissione non è incorsa in errori di diritto o di valutazione allorché ha fissato al 18% il coefficiente di gravità.

81      Infatti, fissando una tale proporzione, la Commissione si è limitata ad applicare una percentuale uguale o quasi uguale alla percentuale minima prevista per le restrizioni più gravi, cosicché non era necessario prendere in considerazione elementi o circostanze supplementari (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Ziegler/Commissione, T‑199/08, EU:T:2011:285, punto 142).

82      Tale valutazione non è messa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti vertenti sul fatto che esse hanno partecipato solo a due dei tre accordi, per un numero ridotto di prodotti, senza continuità e senza aver tentato di influenzare altre imprese.

83      Infatti, occorre rilevare che la Commissione può prendere in considerazione la gravità relativa della partecipazione di un’impresa a un’infrazione e delle circostanze particolari del caso o in sede di valutazione della gravità dell’infrazione ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 o nell’adeguare l’importo di base in funzione di circostanze attenuanti o aggravanti (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 199 e giurisprudenza citata).

84      Orbene, nel caso di specie, dai considerando da 606 a 621 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha accolto le circostanze invocate dalle ricorrenti come circostanze attenuanti e che, di conseguenza, essa ha ridotto del 20% l’importo di base dell’ammenda nei loro confronti.

85      Pertanto, le ricorrenti non possono validamente contestare alla Commissione di non aver tenuto conto delle stesse circostanze in sede di valutazione della gravità dell’infrazione.

86      Di conseguenza, la seconda parte del secondo motivo di ricorso deve essere respinta.

–       Sulla terza parte del secondo motivo di ricorso, relativa alla durata dell’infrazione

87      Le ricorrenti contestano alla Commissione di aver ritenuto che la Conserve Italia avesse partecipato all’infrazione per tutta la sua durata, mentre, da un lato, la sua partecipazione avrebbe subito due periodi di interruzione, tra il 2009 e il 2011 e tra il 2012 e il 2013 e, dall’altro, essa non avrebbe partecipato con continuità a tutte le riunioni tra le parti degli accordi in questione. Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe così dovuto escludere dal calcolo dell’importo dell’ammenda i periodi durante i quali esse non avevano partecipato all’infrazione e prendere in considerazione unicamente i periodi di effettiva esecuzione degli accordi in questione.

88      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

89      Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, «[p]er determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

90      Ai sensi del punto 24 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, «[p]er tenere pienamente conto della durata della partecipazione di ciascuna impresa all’infrazione, l’importo determinato in funzione del valore delle vendite (...) sarà moltiplicato per il numero di anni di partecipazione all’infrazione».

91      Al considerando 595 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la Conserve Italia avesse partecipato, con continuità, all’infrazione dal 15 marzo 2000 al 1º ottobre 2013 per quanto riguardava l’accordo 4P/4P e dal 20 ottobre 2000 al 1º ottobre 2013 per quanto riguardava l’accordo mais.

92      Occorre osservare che le ricorrenti non contestano la durata dell’infrazione considerata dalla Commissione in quanto tale, ma sostengono che, al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione unicamente i periodi di effettiva esecuzione degli accordi in questione, tenendo conto del fatto che la loro partecipazione a detta intesa non era stata continuata.

93      A tal riguardo, in risposta ad argomenti della Conserve Italia simili a quelli ricordati al precedente punto 87, la Commissione, al considerando 597 della decisione impugnata, ha fatto rinvio all’esame del carattere continuato della partecipazione della Conserve Italia all’infrazione, che figura ai considerando da 467 a 501 della decisione impugnata. Essa ne ha concluso che la Conserve Italia aveva partecipato all’infrazione senza interruzione per tutta la sua durata e che gli argomenti della Conserve Italia dovevano essere respinti.

94      Nel caso di specie, è giocoforza constatare che le ricorrenti si limitano ad invocare gli argomenti ricordati al precedente punto 87 senza fornire elementi idonei a mettere in discussione l’esattezza delle constatazioni e delle valutazioni effettuate dalla Commissione nell’ambito dell’esame del carattere continuato della partecipazione all’infrazione, ai considerando da 467 a 501 della decisione impugnata.

95      A questo riguardo, da un lato, da una giurisprudenza costante discende certamente che l’onere della prova concernente le infrazioni all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE incombe alla Commissione e che essa deve fornire prove precise e concordanti per corroborare la ferma convinzione che l’infrazione invocata è stata commessa (v. sentenza del 16 giugno 2011, Gosselin Group e Stichting Administratiekantoor Portielje/Commissione, T‑208/08 e T‑209/08, EU:T:2011:287, punto 153 e giurisprudenza citata).

96      Resta tuttavia il fatto che, in particolare per quanto riguarda le prove concernenti la durata dell’infrazione, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione può produrre elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che tale infrazione si sia protratta ininterrottamente entro due date precise (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Gosselin Group e Stichting Administratiekantoor Portielje/Commissione, T‑208/08 e T‑209/08, EU:T:2011:287, punto 154 e giurisprudenza citata).

97      Orbene, è conformemente a tali principi che, nella decisione impugnata, la Commissione ha stabilito che le ricorrenti avevano partecipato all’infrazione dall’anno 2000 all’anno 2013, cosicché la mancata partecipazione a talune riunioni nell’ambito dell’intesa non può di per sé mettere in discussione il carattere continuato del loro comportamento illecito. Infatti, risulta, in particolare, dai considerando da 467 a 472 della decisione impugnata, non contestati dalle ricorrenti, che la Conserve Italia ha partecipato periodicamente a 104 riunioni o contatti inerenti agli accordi in questione.

98      Dall’altro lato, neppure gli argomenti delle ricorrenti vertenti sulla mancata esecuzione da parte loro degli accordi conclusi nell’ambito dell’intesa possono essere accolti, tenuto conto dell’oggetto anticoncorrenziale degli accordi riconosciuti senza riserve dalle ricorrenti (v., in tal senso, sentenza del 6 aprile 1995, Cockerill Sambre/Commissione, T‑144/89, EU:T:1995:65, punto 67).

99      Inoltre, occorre rilevare che le ricorrenti non dimostrano e neppure affermano di essersi distanziate pubblicamente e inequivocabilmente dagli accordi illeciti tra l’anno 2000 e l’anno 2013. Orbene, nel corso delle riunioni multilaterali alle quali le ricorrenti ammettono di aver partecipato, sono stati evocati obiettivi anticoncorrenziali. Omettendo di distanziarsi pubblicamente dal loro contenuto, le ricorrenti hanno manifestamente dato l’impressione agli altri partecipanti che esse appoggiavano il loro risultato e che vi si sarebbero conformate (v., in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 82).

100    Pertanto, non si può contestare alla Commissione di aver preso in considerazione, per fissare l’importo dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione, l’intero periodo dell’infrazione nell’ambito dell’applicazione del punto 24 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

101    Pertanto, la terza parte del secondo motivo di ricorso deve essere respinta.

–       Sulla quarta parte del secondo motivo di ricorso, relativa all’importo supplementare a titolo dissuasivo

102    Le ricorrenti sostengono che l’applicazione, sulla base del punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, di un importo supplementare del 18% del valore delle vendite era ingiustificata. Infatti, da un lato, la Commissione non avrebbe sufficientemente preso in considerazione la domanda di clemenza della Conserve Italia, nell’ambito della quale quest’ultima avrebbe fornito una serie di elementi probatori inediti e che apportavano un valore aggiunto significativo. Dall’altro, le ricorrenti avrebbero rivestito un ruolo minore e puramente passivo nell’infrazione, circostanza di cui la Commissione avrebbe tenuto conto solo a titolo di circostanze attenuanti. Secondo le ricorrenti, essa avrebbe dovuto tenerne conto anche quando si è trattato di applicare un importo supplementare, dato che nessun rischio di recidiva giustificava la sua applicazione.

103    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

104    Il punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende prevede che «a prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite (...) al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. (...) Per decidere la proporzione del valore delle vendite da considerare in un determinato caso, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, fra cui in particolare [la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite]».

105    Come risulta dai considerando 599 e 602 della decisione impugnata, la Commissione ha applicato un importo supplementare pari al 18% del valore delle vendite, tenuto conto della natura dell’accordo 4P/4P e dell’accordo mais, della sua estensione geografica e della sua attuazione.

106    Orbene, nel caso di specie, da un lato, le ricorrenti non contestano i fatti materiali che integrano l’infrazione commessa né la loro partecipazione a tale infrazione.

107    Dall’altro lato, è pacifico che l’infrazione è consistita nel fissare prezzi, nel ripartire mercati e quote di mercato, volumi di vendita e clienti, nello scambiare informazioni commerciali sensibili e nel coordinare le risposte nell’ambito di gare di appalto.

108    Tenuto conto, segnatamente, della natura particolarmente grave dell’infrazione, la Commissione, legittimamente e in conformità al punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, ha applicato un importo supplementare del 18% del valore delle vendite al fine di dissuadere le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di tale natura.

109    Tale valutazione non può essere messa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti vertenti sulla loro cooperazione con la Commissione durante il procedimento amministrativo, sul loro presunto ruolo minore nel commettere l’infrazione e sull’assenza di necessità di dissuaderle dal commettere una nuova infrazione alle norme di concorrenza dell’Unione.

110    Infatti, occorre ricordare che l’applicazione da parte della Commissione del punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende si inserisce, nell’ambito della metodologia di detti orientamenti, a monte dell’adeguamento dell’importo di base.

111    Orbene, in applicazione della giurisprudenza citata al precedente punto 83, la Commissione può prendere in considerazione la gravità relativa della partecipazione di un’impresa a un’infrazione e delle circostanze particolari del caso o in sede di valutazione della gravità dell’infrazione ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 o nell’adeguare l’importo di base in funzione di circostanze attenuanti o aggravanti.

112    Nel caso di specie, la Commissione ha tenuto conto, da un lato, della natura e della frequenza della partecipazione della Conserve Italia alle riunioni collusive come circostanze attenuanti, in considerazione delle quali, al considerando 608 della decisione impugnata, ha ridotto del 20% l’importo di base dell’ammenda nei confronti delle ricorrenti e, dall’altro, del contributo della Conserve Italia a seguito della sua domanda di clemenza, in considerazione del quale ha accordato, al considerando 669 della decisione impugnata, una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda.

113    Pertanto, le ricorrenti non possono utilmente contestare alla Commissione di non aver tenuto conto delle stesse circostanze al fine di valutare l’opportunità di imporre un importo supplementare ai sensi del punto 25 degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

114    Di conseguenza, occorre respingere la quarta parte del secondo motivo di ricorso e, pertanto, il secondo motivo di ricorso nel suo complesso.

 Sulle conclusioni volte alla riduzione dellammenda

115    Per quanto riguarda la portata della competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE, questa autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità irrogata (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 193 e giurisprudenza citata).

116    Nel caso di specie, occorre rilevare che le ricorrenti non deducono, a sostegno delle loro conclusioni volte alla riduzione dell’ammenda da parte del Tribunale, alcun argomento distinto da quelli dedotti a sostegno della loro domanda di annullamento della decisione impugnata.

117    Alla luce della circostanza menzionata al precedente punto 116 e delle considerazioni ricordate, rispettivamente, ai precedenti punti 64, 80, 94 e 108, il Tribunale ritiene, nell’esercizio della propria competenza estesa al merito, che non occorra modificare l’importo dell’ammenda imposta alle ricorrenti in solido, prevista all’articolo 2 della decisione impugnata, pari a EUR 20 000 000.

118    Di conseguenza, occorre respingere la domanda delle ricorrenti volta alla riduzione dell’importo dell’ammenda che è stata loro imposta all’articolo 2 della decisione impugnata.

119    Occorre pertanto respingere il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

120    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Conserve Italia – Consorzio Italiano fra cooperative agricole Soc. coop. Agr. e la Conserves France sono condannate alle spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Spielmann

Tóth

Kalėda

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 settembre 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

 

Provvedimento in causa n. T-59/22 del 04/09/2024