Provvedimento in causa n. T-1184/23 del 14/05/2025
Organo giudicante: Tribunale
Procedura: Ricorso di dipendenti
Stato della causa: Concluso
Esito: Respinto

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione)

14 maggio 2025 (*)

 

« Funzione pubblica – Funzionari – Assunzione – Concorso generale EPSO/AD/371/19 – Decisione di non iscrivere il nome del ricorrente nell’elenco di riserva – Regime linguistico – Eccezione di illegittimità – Parità di trattamento – Obbligo di motivazione – Legittimo affidamento »

Nella causa T‑1184/23,

LD, rappresentata da M. Velardo, avvocata,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Hohenecker e A. Sipos, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione),

composto da O. Porchia, presidente, M. Jaeger (relatore) e P. Nihoul, giudici,

cancelliere: V. Di Bucci

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti entro un termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE, la ricorrente, LD, chiede l’annullamento della decisione della commissione giudicatrice del 22 maggio 2023 recante rigetto della sua domanda di riesame della decisione di non iscriverla nell’elenco di riserva del concorso generale EPSO/AD/371/19 (in prosieguo: la «decisione sulla domanda di riesame»).

 Fatti all’origine della controversia

2        Il 25 marzo 2019 la ricorrente ha presentato la propria candidatura per partecipare al concorso generale per titoli ed esami EPSO/AD/371/19 per l’assunzione di amministratori (AD 7) specializzati nella ricerca scientifica, nel settore n. 5 «Comunicazione e gestione delle conoscenze scientifiche» (in prosieguo: il «concorso in questione»). Obiettivo del concorso in questione era la costituzione di elenchi di riserva dai quali le istituzioni europee, e principalmente il Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea, avrebbero potuto attingere per l’assunzione di funzionari. Il bando di concorso era stato pubblicato dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 21 febbraio 2019 (GU 2019, C 68 A, pag. 1; in prosieguo: il «bando di concorso»).

3        Il bando di concorso prevedeva una procedura in tre fasi. Nella prima fase dovevano essere esaminati i fascicoli di tutti i candidati per verificare il soddisfacimento delle condizioni di ammissione sulla base delle informazioni fornite nell’atto di candidatura online.

4        Una volta verificate le condizioni di ammissione, il bando di concorso prevedeva una seconda fase, ossia la selezione in base ai titoli (fase detta del «Talent Screener»), incentrata sulle qualifiche indicate nell’atto di candidatura.

5        Il bando di concorso prevedeva una terza e ultima fase, durante la quale i candidati che avevano ottenuto i migliori risultati nella seconda fase dovevano essere invitati a sostenere le prove del centro di valutazione e test del tipo «Questionari a scelta multipla» (in prosieguo: i «test a scelta multipla»). I candidati che avessero ottenuto i migliori punteggi complessivi al termine di questa terza fase dovevano essere iscritti negli elenchi di riserva del concorso in questione.

6        Il 20 giugno 2019 l’EPSO ha informato la ricorrente, al termine della seconda fase, che essa non era stata ammessa alla terza fase del concorso in questione (in prosieguo: la «decisione di esclusione»). In particolare, secondo le spiegazioni fornite dall’EPSO, soltanto i candidati che avevano raggiunto la soglia minima di 24 punti erano stati ammessi alla terza fase del concorso in questione, mentre la ricorrente aveva ottenuto solo 22 punti.

7        Il 28 giugno 2019 la ricorrente ha presentato una domanda di riesame della decisione di esclusione.

8        Il 31 ottobre 2019 l’EPSO ha risposto a tale domanda di riesame dichiarando che la commissione giudicatrice aveva confermato la decisione di esclusione.

9        Il 10 dicembre 2019 la ricorrente ha presentato un reclamo, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), avverso la decisione di esclusione e la decisione del 31 ottobre 2019.

10      Con decisione del 22 aprile 2020, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») ha respinto il reclamo della ricorrente.

11      La ricorrente ha presentato un ricorso diretto all’annullamento della decisione di esclusione nonché delle decisioni del 31 ottobre 2019 e del 22 aprile 2020. Nella sentenza del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), il Tribunale ha dichiarato che la commissione giudicatrice aveva violato il bando di concorso in sede di valutazione dei titoli dei candidati. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la violazione manifesta del bando risultasse dall’importanza attribuita ai diplomi in discipline diverse da quelle scientifiche ai fini dell’assegnazione del punteggio nella fase del Talent Screener.

12      L’EPSO, in esecuzione della sentenza del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), ha proceduto all’adozione di misure organizzative per lo svolgimento della seconda fase del concorso in questione e, ove necessario, della terza fase di detto concorso.

13      La ricorrente ha scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1 e l’inglese come lingua 2, laddove la lingua 1 era la lingua dei test a scelta multipla e la lingua 2 era la lingua del Talent Screener e delle prove del centro di valutazione, ossia il colloquio sulle competenze di settore, il colloquio sulle competenze specifiche e la prova di gruppo.

14      Con comunicazione del 25 novembre 2022, la ricorrente è stata informata che aveva ottenuto il punteggio di 34 per la valutazione dei suoi titoli e che era stata ammessa alla terza fase del concorso in questione, consistente nel sostenere le prove del centro di valutazione ed i test a scelta multipla.

15      Con comunicazioni del 19 dicembre 2022 e del 18 gennaio 2023, la ricorrente è stata invitata a sostenere i test a scelta multipla e una prova di studio di un caso in un centro di valutazione.

16      Il 25 gennaio 2023 la ricorrente ha sostenuto tali test a scelta multipla e detta prova di studio di un caso.

17      Il 26 gennaio 2023 la ricorrente è stata convocata alle prove del centro di valutazione, che ha sostenuto in data 2 marzo 2023.

18      Con comunicazione del 22 marzo 2023, la ricorrente è stata informata che non aveva superato le prove del centro di valutazione, avendo ottenuto un punteggio di 98/180 laddove la soglia di ammissione era di 124/180, e che il suo nome non sarebbe stato iscritto nell’elenco di riserva (in prosieguo: la «decisione di non iscrizione»).

19      Il 24 marzo 2023 la ricorrente ha chiesto un riesame della decisione di non iscrizione.

20      Il 22 maggio 2023 la commissione giudicatrice ha adottato la decisione sulla domanda di riesame.

21      Il 12 giugno 2023 la ricorrente ha presentato un reclamo avverso la decisione di non iscrizione e la decisione sulla domanda di riesame.

22      Il 12 ottobre 2023 l’APN ha implicitamente rigettato il reclamo della ricorrente (in prosieguo: la «decisione implicita di rigetto del reclamo»).

 Conclusioni delle parti

23      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di non iscrizione;

–        annullare la decisione sulla richiesta di riesame;

–        annullare la decisione implicita di rigetto del reclamo;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in parte come irricevibile e in parte come infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sull’oggetto della controversia

25      In via preliminare, occorre rilevare che, come evidenziato dalla Commissione, con i primi due capi delle sue conclusioni la ricorrente contesta le due decisioni adottate dalla commissione giudicatrice, vale a dire la decisione di non iscrizione e la decisione sulla domanda di riesame.

26      Orbene, secondo una costante giurisprudenza, la decisione adottata a seguito di riesame sostituisce la decisione iniziale della commissione giudicatrice (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2019, Nerantzaki/Commissione, T‑813/17, non pubblicata, EU:T:2019:335, punto 25 e giurisprudenza citata). Ne consegue che, nel caso di specie, la decisione di non iscrizione è stata sostituita dalla decisione sulla domanda di riesame, e che il primo e il secondo capo delle conclusioni devono essere considerati come diretti soltanto all’annullamento della decisione sulla domanda di riesame, la quale costituisce l’atto impugnato.

27      Con il terzo capo delle sue conclusioni, la ricorrente chiede altresì l’annullamento della decisione implicita di rigetto del reclamo.

28      A tal proposito, occorre ricordare che, in base a una giurisprudenza costante, il reclamo amministrativo, quale previsto dall’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, e il suo rigetto, esplicito o implicito, sono parte integrante di una procedura complessa e costituiscono unicamente una condizione preliminare all’adizione del giudice. Date tali circostanze, il ricorso, anche se formalmente diretto avverso il rigetto del reclamo, produce l’effetto di devolvere al giudice la cognizione dell’atto lesivo contro cui il reclamo è stato proposto, salvo nel caso in cui detto rigetto abbia una portata diversa da quella dell’atto contro cui era diretto il reclamo (v. sentenza del 27 ottobre 2016, CW/Parlamento, T‑309/15 P, non pubblicata, EU:T:2016:632, punto 27 e giurisprudenza citata).

29      Nel caso di specie, trattandosi di una decisione implicita di rigetto del reclamo, essa non può che confermare la decisione sulla domanda di riesame ed è, pertanto, priva di qualsiasi contenuto autonomo. Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 28 supra, si deve ritenere che la domanda di annullamento abbia ad oggetto soltanto la decisione sulla domanda di riesame, unico atto arrecante pregiudizio alla ricorrente.

 Nel merito

30      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce cinque motivi, vertenti, il primo, in sostanza, sull’illegittimità del bando di concorso; il secondo, in sostanza, sulla violazione del principio della parità di trattamento, su un errore manifesto nella valutazione delle prove e sulla violazione dell’articolo 5, primo e terzo comma, dell’allegato III dello Statuto; il terzo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, del diritto alla parità delle parti nel processo e del principio di buona amministrazione; il quarto, sulla violazione dell’articolo 5, quinto e sesto comma, dell’allegato III dello Statuto e, il quinto, sulla violazione del principio della parità di trattamento a causa della mancanza, da un lato, di oggettività nelle valutazioni e, dall’altro, di stabilità della commissione giudicatrice.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente, in sostanza, sull’illegittimità del bando di concorso

31      La ricorrente solleva, in sostanza, un’eccezione di illegittimità nei confronti del bando di concorso, in quanto essa sostiene che quest’ultimo è contrario al principio della parità di trattamento.

32      In via principale, la ricorrente afferma che il bando di concorso è illegittimo in quanto impone di sostenere le prove del centro di valutazione nella lingua 2. Secondo la ricorrente, una tale limitazione della scelta della lingua comporta che il risultato ottenuto e la valutazione della competenza professionale siano condizionati dalla conoscenza della lingua 2, con la conseguenza che a essere scelti siano i migliori candidati da un punto di vista linguistico, ma non necessariamente da un punto di vista professionale, il che determina una violazione dell’articolo 27 dello Statuto.

33      In subordine, la ricorrente sostiene che le giustificazioni contenute nel bando di concorso non sono tali da confutare validamente i suoi argomenti.

34      La Commissione solleva un’eccezione di irricevibilità nei confronti di tale eccezione di illegittimità.

35      In via preliminare, la Commissione ricorda che dalla giurisprudenza risulta che, nell’ambito di un reclamo contro una decisione di una commissione giudicatrice, un candidato non può invocare la presunta irregolarità del bando di concorso se non ha impugnato in tempo utile le disposizioni di detto bando che, a suo avviso, lo danneggiano. Solo se viene stabilita l’esistenza di uno stretto nesso tra la motivazione della decisione contestata e l’eccezione di illegittimità del bando di concorso, un candidato può contestare la legittimità del bando. Nel caso di specie, secondo la Commissione, non vi è alcun nesso tra i motivi della non iscrizione del nome della ricorrente nell’elenco di riserva e la limitazione della scelta della lingua 2 del concorso in questione alle lingue tedesca, inglese, spagnola, italiana o francese.

36      Inoltre, la Commissione sostiene che gli argomenti della ricorrente sono generici e non consentono di accertare l’esistenza dello stretto nesso richiesto dalla giurisprudenza.

37      In primo luogo, a tal proposito, la Commissione osserva che affermare, come fa la ricorrente, che la semplice scelta della lingua 2 per le prove del centro di valutazione determina inevitabilmente un condizionamento sulle modalità di svolgimento di dette prove equivale a presumere l’esistenza di uno stretto nesso tra una decisione di non iscrizione nell’elenco di riserva e una disposizione di un bando di concorso relativa a tali prove. Orbene, secondo la Commissione, una simile presunzione è in contrasto con la giurisprudenza, che richiede la dimostrazione dell’esistenza di un nesso diretto.

38      In secondo luogo, la Commissione osserva che la ricorrente si limita a menzionare il punteggio di 6 punti su 10 ottenuto per la competenza generale «comunicazione», sulla quale il regime linguistico potrebbe astrattamente influire, asserendo di essere stata penalizzata senza spiegare per quali ragioni e in quale misura tale punteggio avrebbe potuto essere diverso se essa avesse potuto sostenere la prova in italiano. In aggiunta, la Commissione rileva che, anche se la ricorrente avesse ottenuto 10 punti su 10 per tale competenza, ciò sarebbe risultato ininfluente sull’esito del concorso in questione.

39      In terzo luogo, la Commissione, citando la causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 marzo 2023, Commissione/Calhau Correia de Paiva (C‑511/21 P, EU:C:2023:208), nella quale la Corte ha riconosciuto un nesso giuridico diretto tra il bando di concorso e la decisione contestata sulla base di una restrizione della scelta del tipo di tastiera, sottolinea che, nel caso di specie, la ricorrente non sostiene che si sia manifestata la stessa restrizione.

40      Inoltre, sotto un primo profilo, la Commissione considera che, anche se il Tribunale dovesse ritenere, nonostante l’assenza di precisione nell’argomentazione della ricorrente, di dover esaminare l’esistenza di uno stretto nesso, il punteggio di 6 punti su 10 ottenuto dalla ricorrente per la competenza generale «comunicazione» non è penalizzante ed è, peraltro, uno dei punteggi più alti.

41      Sotto un secondo profilo, la Commissione osserva che la ricorrente non contesta il fatto che il bando di concorso preveda una lingua 1 e una lingua 2, che devono essere diverse, requisito che deriva, peraltro, dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto.

42      Sotto un terzo profilo, la Commissione rileva che, dato che la ricorrente ha scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1, essa doveva scegliere una lingua diversa come lingua 2 per le prove del centro di valutazione. A tal proposito, la Commissione sottolinea che la ricorrente non indica quale lingua diversa dall’inglese avrebbe voluto scegliere come lingua 2, ma si limita a contestare, in sostanza, il requisito di sostenere le prove nella lingua 2, requisito che deriva tuttavia dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto. Pertanto, le disposizioni del bando di concorso che limitano la scelta della lingua 2 non avrebbero causato alcun danno alla ricorrente.

43      La ricorrente contesta gli argomenti della Commissione e sostiene, in primo luogo, che, contrariamente a quanto afferma quest’ultima, la sua argomentazione non è né imprecisa né caratterizzata da una mancanza di chiarezza.

44      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il suo punteggio di 6 punti su 10 ottenuto per la competenza generale «comunicazione» riflette una debolezza nell’uso della lingua inglese, poiché proprio con riguardo a detta competenza è stato osservato dalla commissione giudicatrice un limite quanto alla sua capacità di «adattare lo stile e il contenuto al pubblico o all’interlocutore». Secondo la ricorrente, è evidente come la sua conoscenza limitata della lingua 2 abbia condizionato la sua valutazione della competenza generale «comunicazione» nonché quella di altre competenze generali, ossia le competenze «analisi e risoluzione di problemi», «capacità di produrre risultati di qualità», «apprendimento e sviluppo» e «individuazione delle priorità e spirito organizzativo».

45      In terzo luogo, la ricorrente afferma che il fatto che essa non invochi, nel caso di specie, la correlazione tra l’uso della lingua e l’uso della tastiera è del tutto ininfluente ai fini della ricevibilità della sua eccezione di illegittimità. A tal proposito, la ricorrente ricorda che, in una causa analoga a quella che ha dato luogo alla sentenza del 16 marzo 2023, Commissione/Calhau Correia de Paiva (C‑511/21 P, EU:C:2023:208), ossia la causa decisa dalla sentenza del 6 luglio 2022, MZ/Commissione (T‑631/20, EU:T:2022:426), il Tribunale ha annullato la decisione di esclusione dal concorso in parola con la motivazione che il bando di concorso era illegittimo per quanto riguardava la scelta delle lingue, il che conferma che la questione della tastiera è del tutto irrilevante ai fini della ricevibilità della sua eccezione di illegittimità. Inoltre, la ricorrente aggiunge che dalla sentenza del 16 marzo 2023, Commissione/Calhau Correia de Paiva (C‑511/21 P, EU:C:2023:208), risulta che uno stretto nesso esiste quando la tipologia delle prove e il loro contenuto sono stati inevitabilmente influenzati dalla conoscenza della lingua.

46      In quarto luogo, la ricorrente critica l’interpretazione adottata dalla Commissione dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, che imporrebbe l’obbligo di svolgimento delle prove presso il centro di valutazione in una lingua diversa da quella conosciuta in modo approfondito.

47      Infatti, secondo la ricorrente, l’articolo 28, lettera f), dello Statuto richiede che il livello di conoscenza della lingua 2 sia «soddisfacente» in rapporto alle funzioni da svolgere. Orbene, la ricorrente sostiene che il bando di concorso, prevedendo che anche le prove presso il centro di valutazione si svolgano nella lingua 2, ha imposto un livello di conoscenza di gran lunga superiore al livello «soddisfacente», in quanto la conoscenza linguistica non è valutata in modo autonomo, ma è indissolubilmente legata all’accertamento delle competenze, effettuato in modo comparativo.

48      In quinto luogo, la ricorrente sostiene di essere stata comparata a un’altra candidata con una conoscenza della lingua inglese superiore alla sua, cosicché la lingua 2 è divenuta un parametro di comparazione tra i candidati e la commissione giudicatrice di concorso non si è limitata a verificare se il livello di conoscenza di detta lingua fosse soddisfacente.

49      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, una parte ricorrente non è legittimata ad agire nell’interesse della legge o delle istituzioni e può far valere, a sostegno di un ricorso di annullamento, soltanto le censure che sono sue personali (v. sentenza del 6 luglio 2022, MZ/Commissione, T‑631/20, EU:T:2022:426, punto 39 e giurisprudenza citata).

50      Tuttavia, tale requisito presuppone soltanto che le censure della parte ricorrente siano suscettibili di fondare un annullamento dal quale essa possa trarre vantaggio, vale a dire, nel caso di specie, che l’eccezione di illegittimità sia suscettibile di procurare, con il suo risultato, un beneficio alla parte che l’ha sollevata (sentenza del 29 novembre 2006, Campoli/Commissione, T‑135/05, EU:T:2006:366, punto 132).

51      Inoltre, per quanto riguarda in particolare i bandi di concorso, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’ambito di una procedura di assunzione, la quale è un’operazione amministrativa complessa composta da una successione di decisioni, un candidato ad un concorso, in occasione di un ricorso diretto contro un atto successivo, può far valere l’irregolarità degli atti anteriori strettamente collegati a quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza dell’11 agosto 1995, Commissione/Noonan, C‑448/93 P, EU:C:1995:264, punto 17 e giurisprudenza citata), e avvalersi, in particolare, dell’illegittimità del bando di concorso in applicazione del quale l’atto di cui trattasi è stato adottato (v. sentenza del 14 dicembre 2017, PB/Commissione, T‑609/16, EU:T:2017:910, punto 26 e giurisprudenza citata).

52      Il fatto di non aver impugnato il bando di concorso entro i termini non impedisce ad un ricorrente di far valere irregolarità intervenute nello svolgimento del concorso, anche se l’origine di tali irregolarità può essere rinvenuta nel testo del bando di concorso (v. sentenza del 31 gennaio 2006, Giulietti/Commissione, T‑293/03, EU:T:2006:37, punto 40 e giurisprudenza citata).

53      Più precisamente, qualora il motivo riguardante l’irregolarità del bando di concorso, non contestato in tempo utile, concerna le motivazioni della decisione individuale impugnata, la ricevibilità dell’eccezione è ammessa dalla giurisprudenza. Infatti, un candidato ad un concorso non può essere privato del diritto di contestare, in relazione a tutti questi elementi, ivi compresi quelli definiti nel bando di concorso, la fondatezza della decisione individuale presa nei suoi confronti in esecuzione dei requisiti definiti in detto bando, dal momento che solo questa decisione di applicazione individualizza la sua situazione giuridica e gli consente di sapere con certezza come e in che misura i suoi interessi specifici vengono pregiudicati (v. sentenza del 14 dicembre 2017, PB/Commissione, T‑609/16, EU:T:2017:910, punto 28 e giurisprudenza citata).

54      Peraltro, in ordine a tale punto, a meno di voler imporre alla parte ricorrente l’onere di una prova impossibile da fornire, non si può pretendere da essa che dimostri che, in esecuzione di una sentenza di annullamento in conformità dell’articolo 266 TFUE, essa otterrebbe necessariamente un punteggio migliore nelle prove del centro di valutazione, bensì soltanto che dimostri che tale possibilità non è esclusa, dovendosi peraltro ricordare che non spetta al Tribunale sostituire la propria valutazione a quella della commissione giudicatrice (sentenza del 6 luglio 2022, MZ/Commissione, T‑631/20, EU:T:2022:426, punto 41).

55      Per contro, in mancanza di uno stretto collegamento tra la motivazione stessa della decisione in discussione e il motivo relativo all’illegittimità del bando di concorso non contestato nei termini, tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile, in applicazione delle norme di ordine pubblico relative ai termini di ricorso, alle quali non può derogarsi, in un caso del genere, senza violare il principio di certezza del diritto (v. sentenza del 14 dicembre 2017, PB/Commissione, T‑609/16, EU:T:2017:910, punto 29 e giurisprudenza citata).

56      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nei confronti dell’eccezione di illegittimità riguardante il bando di concorso e, in particolare, verificare se esista uno stretto nesso tra il bando di concorso e la decisione sulla domanda di riesame.

57      In primo luogo, occorre rilevare che, nel caso di specie, da un lato, il bando di concorso prevedeva che i candidati dovessero scegliere una lingua 1, tra tutte le lingue ufficiali dell’Unione, per i test a scelta multipla, nonché una lingua 2, tra il tedesco, l’inglese, lo spagnolo, l’italiano e il francese, per le prove del centro di valutazione e che la lingua 2 doveva essere diversa dalla lingua 1. Dall’altro, come ricordato al punto 13 supra, la ricorrente ha scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1, sebbene il bando di concorso non obbligasse i candidati a scegliere la loro lingua materna come lingua 1 e non vietasse loro di scegliere la loro lingua materna come lingua 2.

58      Pertanto, la presente causa differisce dalle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 9 giugno 2021, Calhau Correia de Paiva/Commissione (T‑202/17, EU:T:2021:323), del 6 luglio 2022, MZ/Commissione (T‑631/20, EU:T:2022:426), del 10 luglio 2024, UJ e a./Commissione (T‑120/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:464), e del 10 luglio 2024, VT/Commissione (T‑216/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:465). Infatti, sebbene in tali cause il Tribunale abbia dichiarato che esisteva uno «stretto nesso» tra le decisioni impugnate e i bandi di concorso, le parti ricorrenti non potevano scegliere la propria lingua materna come lingua 2.

59      Per contro, nel caso di specie, la ricorrente avrebbe potuto scegliere la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 2, dato che detta lingua faceva parte delle cinque lingue che potevano essere scelte a tal fine.

60      Peraltro, a tal proposito, occorre rilevare che, nella sentenza del 10 luglio 2024, UJ e a./Commissione (T‑120/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:464), il Tribunale ha preso atto del fatto che le parti avevano convenuto che un motivo di ricorso vertente sull’illegittimità del bando di concorso a causa di una discriminazione linguistica non riguardava una delle parti ricorrenti la cui lingua materna era il francese, in quanto detta lingua figurava tra le lingue che i candidati potevano scegliere come lingua 2 ai fini della selezione.

61      Tenuto conto della giurisprudenza consolidata, citata al punto 49 supra, secondo la quale una parte ricorrente non è legittimata ad agire nell’interesse della legge o delle istituzioni e può far valere, a sostegno di un ricorso di annullamento, unicamente le censure che sono sue personali, e dell’esame svolto ai precedenti punti da 57 a 60, occorre constatare che, nel caso di specie, il fatto di limitare la scelta della lingua 2 alle lingue tedesca, inglese, spagnola, italiana o francese era ininfluente per la ricorrente, la cui lingua materna figurava tra queste cinque lingue.

62      In secondo luogo, occorre ricordare che dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto risulta che, per essere nominato funzionario, occorre «avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione nella misura necessaria alle funzioni da svolgere». Pertanto, il bando di concorso di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità si limita ad attuare l’articolo 28, lettera f), dello Statuto.

63      In tale contesto, non può essere accolto neppure l’argomento della ricorrente secondo cui il bando di concorso, prevedendo che anche le prove del centro di valutazione si svolgessero nella lingua 2, ha imposto un livello di conoscenza di gran lunga superiore al livello «soddisfacente». Infatti, detto bando si limita a prevedere che un candidato «[debba] conoscere almeno due lingue ufficiali dell’[Unione europea]; la prima almeno al livello C1 (conoscenza approfondita) e la seconda almeno al livello B2 (conoscenza soddisfacente)». Pertanto, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il bando di concorso non ha imposto un livello di conoscenza di gran lunga superiore al livello «soddisfacente» per la lingua 2.

64      In terzo luogo, occorre constatare che la ricorrente si limita a contestare, in sostanza, il requisito di dover sostenere delle prove nella lingua 2, ma non indica in quale lingua diversa dall’inglese avrebbe voluto sostenere tali prove. Orbene, anche supponendo che, con la sua contestazione, la ricorrente miri a far valere che avrebbe potuto ottenere un punteggio migliore se avesse potuto sostenere le prove del centro di valutazione in italiano, è sufficiente constatare che, come giustamente ricorda la Commissione, la ricorrente, avendo scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1, doveva scegliere una lingua diversa come lingua 2 per le prove del centro di valutazione. La ricorrente non ha quindi fornito elementi idonei a dimostrare, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 54 supra, che, in esecuzione di una sentenza di annullamento in conformità dell’articolo 266 TFUE, la possibilità che essa ottenesse un punteggio migliore nelle prove del centro di valutazione non era esclusa.

65      Quindi, alla luce delle constatazioni effettuate ai precedenti punti da 57 a 64, si deve concludere che, nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito la prova dell’esistenza di uno stretto nesso tra la decisione sulla domanda di riesame e il bando di concorso nella parte in cui quest’ultimo impone l’uso della lingua 2 per le prove del centro di valutazione.

66      Pertanto, occorre accogliere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nei confronti dell’eccezione di illegittimità relativa al bando di concorso e respingere il primo motivo di ricorso in quanto irricevibile.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente, in sostanza, sulla violazione del principio della parità di trattamento, su un errore manifesto nella valutazione delle prove e sulla violazione dell’articolo 5, primo e terzo comma, dell’allegato III dello Statuto

67      In primo luogo, la ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza, la commissione giudicatrice deve garantire che la valutazione di tutti i candidati esaminati sia effettuata in condizioni di parità e obiettività e che è importante che i criteri di valutazione siano uniformi e applicati in modo coerente a tutti i candidati. A tal proposito, la ricorrente aggiunge che la decisione di non inserire un candidato in un elenco di riserva deve essere annullata, se risulta che il concorso è stato organizzato in modo da creare un rischio di disparità di trattamento maggiore di quello inerente a qualsiasi concorso, senza che il candidato interessato debba fornire la prova che alcuni candidati sono stati effettivamente avvantaggiati.

68      In tale contesto, sotto un primo profilo, la ricorrente afferma che, nel caso di specie, il grado di difficoltà delle prove da lei sostenute deve essere considerato più elevato di quello delle prove sostenute dai candidati ammessi nell’elenco di riserva.

69      Sotto un secondo profilo, secondo la ricorrente, la valutazione delle sue competenze non si è svolta in condizioni di parità, in quanto, pur avendo fatto domanda per il settore n. 5 «comunicazione e gestione delle conoscenze scientifiche», essa è stata valutata insieme a un’altra candidata che, invece, concorreva per un altro settore, mentre invece i candidati valutati durante le precedenti prove del centro di valutazione sono stati esaminati ciascuno nel proprio settore specifico e comparati solo con candidati dello stesso settore. Inoltre, la ricorrente aggiunge di aver appreso solo in un momento successivo che detta altra candidata, pur non avendo superato i test a scelta multipla, aveva comunque partecipato alle prove del centro di valutazione, in violazione dei termini del bando di concorso.

70      Sotto un terzo profilo, la ricorrente afferma che la sua valutazione è risultata alterata per il fatto che, all’inizio della prova di gruppo, le è stato consegnato materiale aggiuntivo, mentre le sono stati concessi solo dieci minuti in più per leggerlo. Inoltre, da un lato, le istruzioni scritte per lo svolgimento della prova, che le sarebbero state consegnate all’inizio della prova di gruppo, non avrebbero contenuto informazioni riguardanti tale materiale aggiuntivo. Dall’altro, detto materiale le sarebbe stato consegnato da un sorvegliante, che avrebbe spiegato molto brevemente come gestire tale materiale, e non dai valutatori, che sarebbero rientrati nel locale della prova solo dopo la fine della lettura di detto materiale. La ricorrente sostiene che tale modalità di svolgimento divergente della prova orale avrebbe dovuto essere presentata dai valutatori e non da un sorvegliante.

71      In tale contesto, la ricorrente fa valere che le è parso che una delle altre candidate avesse confuso il materiale aggiuntivo, consegnato a tutti, con il materiale che era stato consegnato esclusivamente a ciascun candidato, cosicché tale candidata avrebbe presentato al gruppo il materiale aggiuntivo e non quello che era stato consegnato esclusivamente a lei. La ricorrente ritiene che ciò abbia comportato una violazione del bando di concorso, in quanto le prove si sono svolte secondo modalità non conosciute dai candidati e, quindi, in violazione dei principi di chiarezza e di obiettività garantiti nel bando di concorso.

72      Sotto un quarto profilo, la ricorrente rileva che uno dei valutatori era lo stesso in occasione sia del suo colloquio sulle competenze di settore che della prova di gruppo, mentre, per i candidati che avevano sostenuto le prove precedentemente, ai quali essa è stata comparata, i valutatori erano diversi in occasione di ciascuna prova, al fine di evitare un «effetto eco». Inoltre, la ricorrente sostiene che, conformemente alla prassi dell’EPSO, i membri della commissione giudicatrice avrebbero dovuto essere quattro e non due.

73      Sotto un quinto profilo, la ricorrente afferma di non aver avuto a disposizione lo stesso periodo degli altri candidati tra la data di convocazione alle prove, il 26 gennaio 2023, e la data di svolgimento delle prove, il 2 marzo 2023, il che è sorprendente dato il tempo, pari all’incirca a un anno, che l’EPSO ha impiegato per eseguire la sentenza del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121).

74      In secondo luogo, la ricorrente deduce un errore manifesto nella sua valutazione, in quanto questa non riflette le sue prestazioni in occasione delle prove. Essa precisa che tale errore manifesto di valutazione è connesso a varie disfunzioni che, a suo avviso, si sono verificate in occasione delle prove del centro di valutazione.

75      In terzo luogo, la ricorrente fa valere che, nell’ambito del concorso in questione, così come nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 settembre 2013, Glantenay e a./Commissione (F‑23/12 e F‑30/12, EU:F:2013:127), il numero di candidati ammessi al centro di valutazione è stato limitato e l’accertamento della veridicità delle loro dichiarazioni effettuate nel Talent Screener è stato demandato a un momento successivo alle prove del centro di valutazione. Di conseguenza, la valutazione comparativa avrebbe avuto luogo presso il centro di valutazione tra candidati che non erano stati previamente selezionati dalla commissione giudicatrice di concorso. Secondo la ricorrente, tale situazione costituisce una violazione dell’articolo 5, primo e terzo comma, dell’allegato III dello Statuto.

76      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

77      In via preliminare, occorre rilevare che il principio della parità di trattamento impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato e risponda ad obiettivi legittimi di interesse generale nell’ambito della politica del personale (sentenze del 12 marzo 2008, Giannini/Commissione, T‑100/04, EU:T:2008:68, punto 131, e del 14 dicembre 2022, SY/Commissione, T‑312/21, EU:T:2022:814, punto 125).

78      Inoltre, spetta alla commissione giudicatrice, tenuta a garantire l’applicazione coerente dei criteri di valutazione a tutti i candidati, agire affinché tutti i candidati ad uno stesso concorso sostengano la stessa prova, in particolare per quanto riguarda le prove orali, nelle stesse condizioni e assicurarsi così che le prove presentino grosso modo lo stesso grado di difficoltà per tutti i candidati (sentenza del 14 dicembre 2022, SY/Commissione, T‑312/21, EU:T:2022:814, punto 125).

79      Peraltro, dalla giurisprudenza risulta che ogni concorso comporta, in generale e in maniera intrinseca, un rischio di disparità di trattamento. Pertanto, una violazione del principio della parità di trattamento può essere accertata solo qualora la commissione giudicatrice, nella scelta delle prove, non abbia limitato il rischio di disparità di opportunità a quello inerente, in linea di massima, ad ogni esame (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2008, Giannini/Commissione, T‑100/04, EU:T:2008:68, punto 133).

80      Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta altresì che un’irregolarità intervenuta durante lo svolgimento delle prove di un concorso inficia la legalità di queste ultime soltanto qualora tale irregolarità sia sostanziale oppure qualora la parte ricorrente dimostri che l’irregolarità in questione può aver falsato i risultati delle prove (sentenza del 7 settembre 2022, Rauff-Nisthar/Commissione, T‑341/21, non pubblicata, EU:T:2022:516, punto 30).

81      Inoltre, considerando che, da un lato, gli atti amministrativi godono di una presunzione di legittimità e che, dall’altro, l’onere della prova del fatto che un tale atto sia viziato da illegittimità grava, per principio, su colui che fa tale affermazione, spetta al ricorrente fornire, quanto meno, indizi sufficientemente precisi, oggettivi e concordanti tali da suffragare la veridicità o la verosimiglianza dei fatti a sostegno della sua pretesa (v. ordinanza dell’11 febbraio 2022, OP/Commissione, T‑736/20, non pubblicata, EU:T:2022:69, punto 42 e giurisprudenza citata).

82      In primo luogo, occorre esaminare gli argomenti sollevati dalla ricorrente in merito alle asserite irregolarità nello svolgimento delle prove del centro di valutazione, che hanno comportato, a suo avviso, la violazione del principio della parità di trattamento, ad eccezione dell’argomento relativo alla necessità di evitare un «effetto eco», che deve essere invece esaminato nell’ambito del quinto motivo di ricorso, in quanto strettamente connesso al principio di stabilità della commissione giudicatrice.

83      Sotto un primo profilo, per quanto riguarda gli argomenti secondo i quali la ricorrente, da un lato, ha sostenuto prove con un grado di difficoltà più elevato rispetto a quello delle prove sostenute dai candidati ammessi nell’elenco di riserva e, dall’altro, è stata comparata a un’altra candidata che concorreva per un altro settore e non aveva superato i test a scelta multipla, occorre rilevare quanto segue.

84      Vero è che, decidendo che il concorso avrebbe riguardato cinque settori e cinque elenchi di riserva distinti, ciascuno comprendente un numero diverso di vincitori, e precisando, per di più, che i candidati potevano iscriversi per un solo settore, l’APN ha escluso qualsiasi possibilità di raffronto tra i candidati dei cinque settori del concorso interno in questione (v., per analogia, sentenza del 18 ottobre 2023, NZ/Commissione, T‑535/22, EU:T:2023:653, punto 30).

85      Tuttavia, tale constatazione è ininfluente nel caso di specie. Infatti, ai fini dell’esecuzione delle sentenze del 10 novembre 2021, Spisto/Commissione (T‑572/20, non pubblicata, EU:T:2021:766), del 9 marzo 2022, LA/Commissione (T‑456/20, non pubblicata, EU:T:2022:120), del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), e del 9 marzo 2022, Zardini/Commissione (T‑511/20, non pubblicata, EU:T:2022:122), la Commissione ha dovuto riorganizzare le prove del centro di valutazione specificamente per la ricorrente e altri tre candidati.

86      Dalle sentenze del 10 novembre 2021, Spisto/Commissione (T‑572/20, non pubblicata, EU:T:2021:766), del 9 marzo 2022, LA/Commissione (T‑456/20, non pubblicata, EU:T:2022:120), del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), e del 9 marzo 2022, Zardini/Commissione (T‑511/20, non pubblicata, EU:T:2022:122), risulta che la ricorrente e un’altra parte ricorrente avevano presentato la propria candidatura per il settore n. 5, mentre le altre due parti ricorrenti avevano presentato la propria candidatura per il settore n. 1. Orbene, occorre rilevare che la Commissione ha affermato nel controricorso, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che non era possibile organizzare una prova di gruppo in presenza di sei candidati concorrenti per lo stesso settore, come fatto in precedenza, poiché i candidati da esaminare erano solo quattro e concorrevano per due settori diversi. Alla luce di tale elemento oggettivo, non si può contestare alla Commissione di aver commesso una violazione del principio della parità di trattamento allorché ha organizzato una prova di gruppo per soli quattro candidati, anche se i gruppi che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza erano invece composti da sei candidati, cosicché l’argomento della ricorrente non può essere accolto.

87      Lo stesso vale per l’argomento della ricorrente secondo cui una delle candidate non avrebbe dovuto sostenere le prove del centro di valutazione, poiché non aveva superato i test a scelta multipla. Infatti, occorre rilevare che dal bando di concorso risulta che i test a scelta multipla e le prove del centro di valutazione fanno parte della stessa fase della procedura di selezione, e l’unica conseguenza del fatto di non aver raggiunto la soglia minima nei test a scelta multipla è di non poter essere iscritti nell’elenco di riserva, ma non di non poter partecipare alle prove del centro di valutazione.

88      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente secondo i quali, nella prova di gruppo, si sono verificate diverse disfunzioni contrarie al bando di concorso, occorre constatare quanto segue.

89      In merito all’argomento relativo alle modalità di consegna del materiale aggiuntivo, occorre rilevare che la ricorrente stessa riconosce che i quattro candidati, tra cui essa figurava, hanno beneficiato dello stesso tempo supplementare di dieci minuti per la lettura di tale materiale. Orbene, per considerare la loro situazione paragonabile a quella dei candidati che avevano sostenuto la prova di gruppo in precedenza – il che è un presupposto dell’applicazione del principio della parità di trattamento – sarebbe stato necessario che detti quattro candidati avessero ricevuto materiale aggiuntivo senza beneficiare di tempo supplementare per la lettura di tale materiale.

90      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui le informazioni relative al materiale aggiuntivo sono state fornite ai candidati da un sorvegliante e non da un valutatore e in modo orale piuttosto che per iscritto, occorre rilevare che la ricorrente stessa riconosce di aver ricevuto informazioni relative a detto materiale, cosicché il solo fatto che tali informazioni siano state fornite da un sorvegliante e in modo orale non può aver comportato una violazione del principio della parità di trattamento, dato che la situazione dei candidati che avevano sostenuto la prova di gruppo in precedenza e quella della ricorrente non erano comparabili, in quanto tali candidati non avevano ricevuto materiale aggiuntivo. In ogni caso, da un documento contenuto nell’allegato D 1 della controreplica risulta che la possibilità, nell’ipotesi in cui vi fossero meno di sei candidati alla prova di gruppo, che il sorvegliante potesse comunicare informazioni relative al materiale aggiuntivo in maniera orale era prevista non solo per il centro di valutazione in cui la ricorrente ha sostenuto le sue prove, ma anche per il centro di valutazione in cui si sono svolte le prove precedenti.

91      Quanto all’argomento secondo cui un’altra candidata aveva confuso il materiale supplementare con il materiale iniziale, da un lato, è sufficiente constatare che la ricorrente afferma soltanto che le «è parso» che un’altra candidata si sia confusa in tal modo. Dall’altro, anche ammettendo che tale confusione si sia verificata, non si può ritenere che essa abbia comportato una violazione del principio della parità di trattamento, in quanto la possibilità di errori di comprensione della prova da parte di taluni candidati è inerente a qualsiasi procedura d’esame. In ogni caso, il fatto che la ricorrente abbia avuto l’impressione che un’altra candidata si fosse sbagliata quanto all’utilizzo del materiale aggiuntivo dimostra che essa stessa aveva ben compreso le condizioni di utilizzo di detto materiale sulla base delle informazioni orali che aveva ricevuto.

92      Pertanto, gli argomenti della ricorrente secondo i quali, in occasione della prova di gruppo, si sono verificate diverse disfunzioni contrarie al bando di concorso non possono essere accolti.

93      Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la ricorrente ha beneficiato di meno tempo per prepararsi rispetto ai candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza, occorre rilevare quanto segue.

94      Da un lato, la Commissione fa valere che, secondo le informazioni fornite dall’EPSO, i candidati che hanno sostenuto le prove del centro di valutazione prima della ricorrente hanno ricevuto la loro convocazione in data 11 ottobre 2019, per prove svoltesi tra il 4 e il 14 novembre 2019, cosicché tali candidati hanno beneficiato di 34 giorni per prepararsi, mentre la ricorrente ha beneficiato di 35 giorni di preparazione. Dall’altro, la Commissione ritiene che, in ogni caso, poiché la ricorrente è stata informata in data 25 novembre 2022 di essere stata ammessa alle prove del centro di valutazione e tali prove hanno avuto luogo il 2 marzo 2023, detta ricorrente abbia beneficiato di un tempo ampiamente sufficiente, di oltre tre mesi, per prepararsi.

95      La ricorrente, dal canto suo, sostiene che la Commissione, ad eccezione di tali affermazioni non suffragate, non produce alcun elemento a dimostrazione del fatto che i candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza avessero avuto a disposizione per la propria preparazione un tempo inferiore rispetto a quello assegnato a lei.

96      Occorre constatare che la ricorrente non può sostenere che l’affermazione della Commissione secondo cui la sua ammissione alle prove del centro di valutazione le è stata comunicata il 25 novembre 2022 non sia suffragata, in quanto lei stessa ha prodotto tale comunicazione nell’allegato A.4 del ricorso. Ne consegue che, tenuto conto del periodo di oltre tre mesi trascorso tra detta comunicazione e lo svolgimento delle prove del centro di valutazione da parte della ricorrente, la Commissione ha potuto validamente ritenere che quest’ultima avesse beneficiato di un tempo sufficiente per prepararsi. Dunque, senza che sia necessario verificare se i candidati che hanno sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza abbiano avuto a disposizione un tempo diverso da quello di cui ha beneficiato la ricorrente per prepararsi, si può concludere che il suo argomento non può essere accolto.

97      Pertanto, occorre respingere tutti gli argomenti sollevati dalla ricorrente relativi ad irregolarità verificatesi nel corso dello svolgimento delle prove del centro di valutazione, comportanti, a suo avviso, una violazione del principio della parità di trattamento, in quanto la ricorrente non ha fornito indizi sufficientemente precisi, obiettivi e concordanti tali da suffragare la veridicità o la verosimiglianza dei fatti a sostegno di detti argomenti. Di conseguenza, non occorre pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nei confronti di questi ultimi, fondata sul mancato rispetto della procedura prevista nel bando di concorso, secondo la quale i candidati erano tenuti a segnalare le disfunzioni organizzative al centro di valutazione al più tardi entro un termine di tre giorni dallo svolgimento delle prove.

98      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la valutazione operata nei suoi confronti sarebbe viziata da un errore manifesto, la ricorrente precisa, nella replica, che tale errore sarebbe connesso alle disfunzioni rilevate nell’ambito dello svolgimento delle prove del centro di valutazione. Orbene, poiché dall’esame effettuato ai precedenti punti da 85 a 97 risulta che gli argomenti relativi a tali asserite disfunzioni devono essere respinti, anche il presente argomento deve essere respinto.

99      In terzo luogo, in merito all’argomento della ricorrente relativo alla sentenza del 16 settembre 2013, Glantenay e a./Commissione (F‑23/12 e F‑30/12, EU:F:2013:127), occorre rilevare che le modalità del concorso in questione si distinguono da quelle del concorso oggetto della causa decisa da tale sentenza. In particolare, il bando di concorso di cui trattavasi in quella causa prevedeva una prima fase di selezione che si basava, in sostanza, sull’autovalutazione da parte dei candidati della pertinenza dei loro diplomi e delle loro esperienze professionali, ad esclusione di qualsiasi controllo della commissione giudicatrice in merito a tale pertinenza (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, Glantenay e a./Commissione, F‑23/12 e F‑30/12, EU:F:2013:127, punti da 70 a 76).

100    Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie, dal momento che la commissione giudicatrice, nella fase del Talent Screener e come previsto dal bando di concorso, ha proceduto all’esame obiettivo e concreto dei titoli dei candidati, cosicché l’argomento della ricorrente non può essere accolto (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2024, VI/Commissione, T‑147/23, non pubblicata, EU:T:2024:320, punto 51).

101    Pertanto, occorre respingere tutti gli argomenti sollevati nel quadro del secondo motivo di ricorso, ad eccezione di quello relativo alla necessità di evitare un «effetto eco», che sarà esaminato nell’ambito del quinto motivo di ricorso.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, del diritto alla parità delle parti nel processo e del principio di buona amministrazione

102    Anzitutto, la ricorrente sostiene che la decisione di non iscrizione non conteneva alcuna motivazione e che, nella decisione sulla domanda di riesame, è stata fornita una spiegazione di natura stereotipata, cosicché è dubbio che il riesame abbia effettivamente avuto luogo. Pertanto, la ricorrente sostiene che dette decisioni sono viziate da una totale assenza di motivazione.

103    La ricorrente aggiunge che, nella sentenza del 29 novembre 2018, Di Bernardo/Commissione (T‑811/16, non pubblicata, EU:T:2018:859), il Tribunale ha dichiarato che la conoscenza dei criteri di selezione è indispensabile per valutare se, nell’analisi dell’esperienza professionale del candidato, la commissione giudicatrice non abbia superato i limiti del suo margine di valutazione e ha conseguentemente annullato una decisione che, in un caso analogo alla presente causa, non aveva indicato, in una fase prodromica al ricorso, i criteri di selezione adottati dalla commissione giudicatrice.

104    Inoltre, la ricorrente sostiene che l’assenza di una decisione esplicita di rigetto del suo reclamo viola il principio di buona amministrazione e deve essere sanzionata con la condanna della Commissione al pagamento di una somma forfettaria.

105    Infine, la ricorrente afferma che il difetto di motivazione comporta la violazione del diritto fondamentale alla parità delle parti nel processo, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la cui applicazione alle istituzioni dell’Unione è ormai pacifica.

106    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

107    Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore letterale, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione/Di Bernardo, C‑114/19 P, EU:C:2020:457, punto 29 e giurisprudenza citata).

108    Per quanto concerne le decisioni di una commissione giudicatrice di concorso, l’obbligo di motivazione deve conciliarsi con il rispetto del vincolo del segreto cui sono soggetti i lavori della commissione stessa in forza dell’articolo 6 dell’allegato III dello Statuto. Tale vincolo del segreto è stato istituito al fine di garantire l’indipendenza delle commissioni giudicatrici di concorso e l’obiettività del loro operato, ponendole al riparo da qualsiasi ingerenza e pressione esterna, da parte tanto della stessa amministrazione dell’Unione quanto dei candidati interessati o di terzi. Il rispetto di tale vincolo del segreto vieta sia la divulgazione della posizione assunta dai singoli componenti delle commissioni giudicatrici, sia la rivelazione di qualsiasi elemento relativo a valutazioni di indole personale o comparativa riguardanti i candidati (sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punto 24).

109    I lavori di una commissione giudicatrice di concorso comportano, di regola, almeno due distinte fasi, vale a dire, in primo luogo, l’esame delle candidature al fine di selezionare i candidati ammessi a partecipare alle prove del concorso e, in secondo luogo, l’esame dell’idoneità dei candidati per il posto da coprire, al fine di redigere un elenco di riserva (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punto 26).

110    Per quanto riguarda la seconda fase dei lavori della commissione giudicatrice di un concorso, essa è essenzialmente di natura comparativa ed è quindi coperta dal segreto che caratterizza tali lavori (sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punto 28).

111    Tenuto conto del vincolo di segretezza che accompagna i lavori della commissione giudicatrice, la comunicazione del punteggio conseguito nelle varie prove costituisce una motivazione sufficiente delle decisioni di detta commissione. Una motivazione siffatta non lede i diritti dei candidati, in quanto consente loro di conoscere il giudizio di valore assegnato alle loro prestazioni e di verificare, se del caso, che non hanno effettivamente ottenuto il punteggio richiesto dal bando di concorso (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punti 31 e 32).

112    Nel caso di specie, in primo luogo, la decisione di non iscrizione rivolta alla ricorrente indica che quest’ultima non figura tra i candidati che hanno ottenuto almeno 124 punti, ossia quelli che hanno ottenuto i punteggi più elevati nelle prove del centro di valutazione, e le trasmette un passaporto delle competenze. Tale passaporto delle competenze indica non solo il punteggio ottenuto dalla ricorrente per ciascuna competenza generale e specifica valutata durante le prove del centro di valutazione, ma anche i commenti della commissione giudicatrice in merito a dette competenze. Pertanto, la decisione di non iscrizione rispetta i requisiti della giurisprudenza citata al punto 111 supra e addirittura li oltrepassa, in quanto menziona i commenti della commissione giudicatrice.

113    In secondo luogo, la decisione sulla domanda di riesame, che costituisce l’atto impugnato, indica espressamente che la commissione giudicatrice ha riesaminato i punteggi ottenuti dalla ricorrente nelle prove del centro di valutazione, in particolare la valutazione delle competenze generali e specifiche. La circostanza che tale decisione non contenga un riferimento concreto alle prestazioni della ricorrente non consente di concludere nel senso di una violazione dell’obbligo di motivazione, dato che dette prestazioni sono menzionate nel passaporto delle competenze che le è stato trasmesso.

114    Pertanto, occorre respingere l’argomento della ricorrente vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione.

115    Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento della ricorrente relativo all’applicazione, nella presente causa, della sentenza del 29 novembre 2018, Di Bernardo/Commissione (T‑811/16, non pubblicata, EU:T:2018:859), dato che tale sentenza riguarda una violazione dell’obbligo di motivazione nell’ambito della prima fase dei lavori della commissione giudicatrice, mentre, nella presente causa, la decisione sulla domanda di riesame è stata adottata nella seconda fase di tali lavori.

116    Quanto all’argomento della ricorrente vertente sulla violazione del diritto fondamentale alla parità delle parti nel processo, esso non può essere accolto, in quanto fondato su un asserito difetto di motivazione che è stato escluso nel caso di specie.

117    Infine, non può essere accolto neppure l’argomento della ricorrente vertente su una violazione del principio di buona amministrazione per il fatto che la Commissione non ha adottato una decisione esplicita di rigetto del suo reclamo. Infatti, è sufficiente constatare che l’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto prevede che l’APN possa adottare una decisione esplicita o implicita di rigetto di un reclamo, cosicché non può ritenersi che un’istituzione abbia violato il principio di buona amministrazione per non aver adottato una decisione esplicita. In tale contesto, la domanda della ricorrente volta a ottenere la condanna della Commissione al pagamento di una somma forfettaria deve quindi essere, in ogni caso, respinta.

118    Occorre pertanto respingere integralmente il terzo motivo di ricorso.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 5, quinto e sesto comma, dell’allegato III dello Statuto

119    In primo luogo, la ricorrente deduce che l’elenco di riserva contiene un numero esiguo di vincitori rispetto ai posti da coprire con il concorso in questione, ossia meno della metà. Secondo la ricorrente, poiché una selezione rigorosa era già stata effettuata nella fase del Talent Screener e poiché tra i candidati vi era un’alta percentuale di personale a contratto del JRC, l’articolo 5, sesto comma, dell’allegato III dello Statuto è stato violato, in quanto la commissione giudicatrice ha stabilito artificialmente una soglia molto elevata senza tenere debitamente conto di tale disposizione.

120    In tale contesto, la ricorrente chiede l’esibizione della relazione di cui all’articolo 5, sesto comma, dell’allegato III dello Statuto, al fine di esaminare le giustificazioni per l’adozione di una soglia così elevata.

121    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che l’organizzazione di un concorso comporti costi significativi per l’istituzione e che le commissioni giudicatrici dovrebbero, quindi, massimizzare il risultato della procedura e prevedere una soglia che permetta di selezionare un numero di candidati pari al doppio – o molto vicino al doppio – dei posti disponibili.

122    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

123    In primo luogo, è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, disponendo che l’elenco di riserva contenga possibilmente un numero di candidati almeno doppio di quello dei posti da coprire, l’articolo 5, quinto comma, dell’allegato III dello Statuto implica soltanto una mera raccomandazione alla commissione giudicatrice diretta a facilitare le decisioni dell’APN, cosicché la sua violazione non può giustificare l’annullamento della decisione sulla domanda di riesame (v., in tal senso, sentenze del 26 ottobre 1978, Agneessens e a./Commissione, 122/77, EU:C:1978:190, punto 22, e del 30 novembre 2005, Vanlangendonck/Commissione, T‑361/03, EU:T:2005:433, punto 34).

124    Pertanto, nel caso di specie, sebbene la ricorrente sembri confondere il numero di candidati figuranti nell’elenco di riserva con il numero di posti da coprire, resta il fatto che, se il suo argomento dovesse essere inteso come una critica del fatto che la commissione giudicatrice avrebbe stabilito un elenco di riserva composto da un numero troppo esiguo di candidati, tale circostanza, quand’anche fosse accertata, non potrebbe comportare l’annullamento della decisione sulla domanda di riesame, conformemente alla giurisprudenza consolidata citata al punto 123 supra.

125    In secondo luogo, non è necessario chiedere alla Commissione di produrre la relazione motivata della commissione giudicatrice, prevista dall’articolo 5, sesto comma, dell’allegato III dello Statuto, in quanto è possibile statuire sulla fondatezza dell’argomento della ricorrente a prescindere da detta relazione (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2024, VT/Commissione, T‑216/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:465, punto 180).

126    Pertanto, poiché gli argomenti della ricorrente non possono essere accolti, occorre respingere integralmente il quarto motivo di ricorso.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento a causa della mancanza, da un lato, di obiettività nelle valutazioni e, dall’altro, di stabilità della commissione giudicatrice

127    La ricorrente ricorda che una giurisprudenza consolidata riconosce alla commissione esaminatrice un largo potere discrezionale nella valutazione dei candidati ma esige, quale contropartita, che detta commissione rispetti in modo scrupoloso le regole che riguardano l’organizzazione delle prove di concorso, in particolare per quanto riguarda lo svolgimento della prova orale, la quale per sua intrinseca natura potrebbe condurre a valutazioni meno obiettive di quelle rese sulle prove scritte. In tale contesto, secondo la ricorrente, la soluzione ideale sarebbe che tutti i membri della commissione giudicatrice fossero presenti al momento della prova orale di ciascun candidato e che la presenza del presidente della commissione giudicatrice (shadowing) fosse un fattore primordiale, considerato il ruolo cruciale di coordinamento a lui assegnato.

128    Secondo la ricorrente, nel caso di specie, i candidati ammessi alle prove orali sono stati valutati dalla commissione giudicatrice riunita in composizioni diverse, nelle quali non era presente uno «zoccolo duro» e nelle quali né il presidente né il vicepresidente hanno svolto la funzione di shadowing.

129    In primo luogo, la ricorrente sottolinea che l’argomento della Commissione secondo cui la fluttuazione della commissione giudicatrice sarebbe giustificata dagli impegni amministrativi dei suoi membri relativi al loro lavoro corrente, accettabile per concorsi cui partecipa un numero elevato di candidati, non può essere accettato nell’ambito del concorso in questione, cui hanno partecipato solo quattro candidati e le cui prove si sono svolte nel corso di una singola giornata.

130    In secondo luogo, la ricorrente rileva che, nel caso di specie, a causa del numero limitato di candidati, essa non comprende l’utilità delle presunte riunioni periodiche di coordinamento della commissione giudicatrice alle quali la Commissione fa riferimento.

131    In terzo luogo, da un lato, la ricorrente afferma che la Commissione non ha fornito alcuna giustificazione che consenta di comprendere con quali criteri siano stati scelti i quattro membri della commissione giudicatrice che l’hanno esaminata nell’ambito di un numero piuttosto elevato di membri di detta commissione giudicatrice. Dall’altro, secondo la ricorrente, è difficile comprendere se questi stessi membri abbiano effettivamente esaminato i candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza e che concorrevano per settori identici a quelli per i quali essa e gli altri tre candidati concorrevano.

132    In quarto luogo, la ricorrente ritiene inspiegabile il motivo per il quale la presenza del presidente della commissione giudicatrice non è stata garantita, mentre solo quella di un vicepresidente lo è stata, sebbene quest’ultimo, in quanto membro supplente, non avesse alcuna conoscenza della valutazione e delle prestazioni dei candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza.

133    La ricorrente ne conclude che la valutazione dei candidati durante la prova orale non è stata effettuata in modo obiettivo, il che comporterebbe una violazione del principio della parità di trattamento.

134    Peraltro, dal secondo motivo di ricorso risulta che la ricorrente sostiene di essere stata valutata dallo stesso valutatore in occasione sia del colloquio sulle competenze di settore che della prova di gruppo, mentre, nelle prove precedentemente effettuate dagli altri candidati ai quali essa era comparata, i due valutatori erano diversi, al fine di evitare un «effetto eco».

135    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

136    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, per garantire la parità tra i candidati, la coerenza del punteggio e l’obiettività della valutazione, la commissione giudicatrice deve assicurare che i criteri di valutazione siano applicati in maniera coerente a tutti i candidati, garantendo, in particolare, la stabilità della propria composizione (v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2002, Girardot/Commissione, T‑92/01, EU:T:2002:220, punti da 24 a 26).

137    Il rispetto dei principi di parità di trattamento e di obiettività delle valutazioni presuppone il mantenimento, nei limiti del possibile, della stabilità della composizione della commissione giudicatrice per tutta la durata delle prove (sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 66).

138    Tuttavia, non si può escludere che la coerenza della valutazione possa essere garantita con mezzi diversi dal mantenimento della stabilità della commissione giudicatrice per tutta la durata delle prove. Infatti, la composizione della commissione giudicatrice può rimanere sufficientemente stabile se quest’ultima pone in atto il coordinamento necessario a garantire la coerente applicazione dei criteri di valutazione (sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 67).

139    Del pari, si deve rilevare che le misure adottate da una commissione giudicatrice per adempiere al proprio obbligo di garantire la stabilità della propria composizione devono, eventualmente, essere valutate con riguardo alle particolari caratteristiche della selezione organizzata e alle esigenze pratiche connesse all’organizzazione del concorso, senza che la commissione giudicatrice possa tuttavia trascurare il rispetto delle garanzie fondamentali della parità di trattamento dei candidati e dell’obiettività della scelta operata tra questi ultimi (sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 68).

140    Sotto un primo profilo, occorre ricordare le circostanze particolari del caso di specie. Infatti, come sostiene la Commissione, le prove del centro di valutazione alle quali la ricorrente e gli altri tre candidati hanno partecipato sono state appositamente organizzate per dare esecuzione alle sentenze citate al punto 85 supra e hanno avuto luogo nel corso dell’anno 2023, ossia successivamente alle prove del centro di valutazione alle quali hanno partecipato i candidati iscritti nell’elenco di riserva, il che non è contestato dalla ricorrente.

141    La Commissione ha quindi dovuto organizzare le prove del centro di valutazione alle quali la ricorrente ha partecipato tenendo conto delle modalità con cui le precedenti prove del centro di valutazione erano state organizzate, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento tra tutti i candidati al concorso in questione.

142    In tale contesto, tenuto conto del fatto, da un lato, che, con riferimento al settore n. 5 per il quale la ricorrente concorreva, il bando di concorso indicava che, per le prove del centro di valutazione, doveva essere ammesso il triplo del numero dei candidati che potevano essere iscritti nell’elenco di riserva e, dall’altro, che, come sostiene la ricorrente, la commissione giudicatrice del concorso in questione era composta da un presidente, da quattro vicepresidenti e da 46 membri, si deve constatare che la scelta della Commissione di organizzare le prove del centro di valutazione alle quali la ricorrente ha partecipato con il vicepresidente e sei membri della commissione giudicatrice non può essere considerata una violazione del principio della parità di trattamento.

143    Infatti, in primo luogo, secondo la giurisprudenza, la stabilità della commissione giudicatrice può essere garantita sia dal suo presidente sia da uno dei suoi vicepresidenti (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 75). In secondo luogo, il rapporto tra il numero massimo di candidati che potevano essere ammessi alle prove del centro di valutazione per il settore n. 5, ossia 30 candidati, e il numero di membri della commissione giudicatrice, ossia 46 membri, è sostanzialmente identico al rapporto tra il numero di quattro candidati, ossia la ricorrente e gli altri tre candidati, e il numero di membri della commissione giudicatrice, ossia sei membri, che hanno esaminato le prove del centro di valutazione organizzate per garantire il rispetto delle sentenze citate al punto 85 supra. Ne consegue che la ricorrente non può validamente sostenere che la composizione della commissione giudicatrice delle sue prove fosse diversa da quella della commissione giudicatrice delle prove del centro di valutazione alle quali hanno partecipato i candidati iscritti nell’elenco di riserva.

144    Sotto un secondo profilo, la Commissione rileva che, al fine di garantire la coerenza del punteggio, l’EPSO e la commissione giudicatrice hanno adottato le seguenti misure: esaminare le medesime competenze (generali e professionali); ricorrere a prove prestrutturate secondo una metodologia predeterminata utilizzando indicatori di comportamento predefiniti; applicare i medesimi criteri di valutazione a tutti i candidati; utilizzare lo stesso argomento di prova e organizzare prove della stessa durata; garantire la breve presenza del presidente o di un vicepresidente della commissione giudicatrice in ciascuna prova; organizzare riunioni periodiche di coordinamento della commissione giudicatrice durante l’intero periodo delle prove del centro di valutazione, nonché realizzare studi e analisi per verificare la coerenza della valutazione. Inoltre, ciascun membro della commissione giudicatrice avrebbe seguito una formazione specifica prima di assumere le proprie funzioni.

145    A tal riguardo, se è vero che la Commissione si limita ad esporre le misure adottate per garantire la coerenza della valutazione, resta il fatto che, nella replica, la ricorrente non rimette in discussione la veridicità dell’insieme di tali misure. Infatti, essa si limita a criticare il riferimento fatto alle riunioni periodiche di coordinamento della commissione giudicatrice, ritenendo che, poiché le prove del centro di valutazione si sono svolte nel corso di un singolo giorno, dette riunioni non fossero necessarie.

146    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo all’assenza di criteri per comprendere la scelta dei suoi valutatori, dall’allegato B.1 del controricorso risulta che durante il suo colloquio sulle competenze di settore i suoi valutatori erano A e B, durante la prova di gruppo i suoi valutatori erano B e C e durante il colloquio sulle competenze generali i suoi valutatori erano D ed E. Peraltro, è pacifico tra le parti che il vicepresidente della commissione giudicatrice, G, era presente durante la prova di gruppo e durante il colloquio sulle competenze generali. Per contro, la ricorrente afferma che G non era presente al colloquio sulle competenze di settore.

147    Pertanto, occorre constatare, in primo luogo, che, anche se la ricorrente sostiene di non comprendere i criteri con cui sono stati scelti A, B, C, D, E ed F, resta il fatto che tali sei valutatori figuravano nell’elenco dei membri della commissione giudicatrice. In secondo luogo, questi sei valutatori hanno potuto applicare le misure esposte al punto 144 supra, non contestate dalla ricorrente. In terzo luogo, dall’allegato B.1 del controricorso risulta che la ricorrente e l’altra candidata che ha scelto il settore n. 5 hanno sostenuto il colloquio sulle competenze di settore con A e B, mentre gli altri due candidati, che avevano scelto il settore n. 1, lo hanno svolto con E ed F. In quarto luogo, è pacifico tra le parti che G ha svolto la sua funzione di shadowing nel corso dell’esercizio di gruppo e dei colloqui relativi alle competenze generali. In quinto luogo, anche ammettendo che G non fosse presente al colloquio sulle competenze di settore, la sua assenza non è, di per sé, sufficiente per concludere nel senso di una violazione del principio della parità di trattamento, dal momento che gli elementi sopra esposti consentono di concludere nel senso della presenza di uno «zoccolo duro» durante le prove del centro di valutazione della ricorrente.

148    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla necessità di evitare un «effetto eco», occorre constatare che, contrariamente a quanto da essa affermato, la presenza dello stesso valutatore nell’ambito di due prove diverse garantisce il rispetto del principio di stabilità della commissione giudicatrice, cosicché non si può ritenere che si sia prodotto un «effetto eco», tale da poter comportare la violazione del principio della parità di trattamento. In tale contesto, sebbene la ricorrente sostenga che la prassi dell’EPSO sia di garantire la presenza di quattro valutatori e non di due durante i colloqui, essa non fornisce alcun elemento a dimostrazione di tale affermazione.

149    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che né gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del suo quinto motivo di ricorso, né il suo argomento relativo alla necessità di evitare un «effetto eco» fatto valere nell’ambito del suo secondo motivo di ricorso possono essere accolti.

150    Pertanto, il ricorso deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

151    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nondimeno, a norma dell’articolo 135, paragrafo 1, di detto regolamento, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sostenga, oltre alle proprie spese, soltanto una quota delle spese dell’altra parte, oppure che essa non debba essere condannata a tale titolo.

152    Nel caso di specie, il Tribunale ritiene che la mancata risposta esplicita della Commissione al reclamo della ricorrente prima della presentazione del ricorso abbia potuto favorire, in una certa misura, il sorgere della controversia. Pertanto, benché la ricorrente sia rimasta soccombente, costituisce equa valutazione dell’insieme delle circostanze del caso di specie statuire che ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Porchia

Jaeger

Nihoul

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 maggio 2025.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione)

14 maggio 2025 (*)

 

« Funzione pubblica – Funzionari – Assunzione – Concorso generale EPSO/AD/371/19 – Decisione di non iscrivere il nome del ricorrente nell’elenco di riserva – Regime linguistico – Eccezione di illegittimità – Parità di trattamento – Obbligo di motivazione – Legittimo affidamento »

Nella causa T‑1184/23,

LD, rappresentata da M. Velardo, avvocata,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Hohenecker e A. Sipos, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione),

composto da O. Porchia, presidente, M. Jaeger (relatore) e P. Nihoul, giudici,

cancelliere: V. Di Bucci

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti entro un termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE, la ricorrente, LD, chiede l’annullamento della decisione della commissione giudicatrice del 22 maggio 2023 recante rigetto della sua domanda di riesame della decisione di non iscriverla nell’elenco di riserva del concorso generale EPSO/AD/371/19 (in prosieguo: la «decisione sulla domanda di riesame»).

 Fatti all’origine della controversia

2        Il 25 marzo 2019 la ricorrente ha presentato la propria candidatura per partecipare al concorso generale per titoli ed esami EPSO/AD/371/19 per l’assunzione di amministratori (AD 7) specializzati nella ricerca scientifica, nel settore n. 5 «Comunicazione e gestione delle conoscenze scientifiche» (in prosieguo: il «concorso in questione»). Obiettivo del concorso in questione era la costituzione di elenchi di riserva dai quali le istituzioni europee, e principalmente il Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea, avrebbero potuto attingere per l’assunzione di funzionari. Il bando di concorso era stato pubblicato dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 21 febbraio 2019 (GU 2019, C 68 A, pag. 1; in prosieguo: il «bando di concorso»).

3        Il bando di concorso prevedeva una procedura in tre fasi. Nella prima fase dovevano essere esaminati i fascicoli di tutti i candidati per verificare il soddisfacimento delle condizioni di ammissione sulla base delle informazioni fornite nell’atto di candidatura online.

4        Una volta verificate le condizioni di ammissione, il bando di concorso prevedeva una seconda fase, ossia la selezione in base ai titoli (fase detta del «Talent Screener»), incentrata sulle qualifiche indicate nell’atto di candidatura.

5        Il bando di concorso prevedeva una terza e ultima fase, durante la quale i candidati che avevano ottenuto i migliori risultati nella seconda fase dovevano essere invitati a sostenere le prove del centro di valutazione e test del tipo «Questionari a scelta multipla» (in prosieguo: i «test a scelta multipla»). I candidati che avessero ottenuto i migliori punteggi complessivi al termine di questa terza fase dovevano essere iscritti negli elenchi di riserva del concorso in questione.

6        Il 20 giugno 2019 l’EPSO ha informato la ricorrente, al termine della seconda fase, che essa non era stata ammessa alla terza fase del concorso in questione (in prosieguo: la «decisione di esclusione»). In particolare, secondo le spiegazioni fornite dall’EPSO, soltanto i candidati che avevano raggiunto la soglia minima di 24 punti erano stati ammessi alla terza fase del concorso in questione, mentre la ricorrente aveva ottenuto solo 22 punti.

7        Il 28 giugno 2019 la ricorrente ha presentato una domanda di riesame della decisione di esclusione.

8        Il 31 ottobre 2019 l’EPSO ha risposto a tale domanda di riesame dichiarando che la commissione giudicatrice aveva confermato la decisione di esclusione.

9        Il 10 dicembre 2019 la ricorrente ha presentato un reclamo, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), avverso la decisione di esclusione e la decisione del 31 ottobre 2019.

10      Con decisione del 22 aprile 2020, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») ha respinto il reclamo della ricorrente.

11      La ricorrente ha presentato un ricorso diretto all’annullamento della decisione di esclusione nonché delle decisioni del 31 ottobre 2019 e del 22 aprile 2020. Nella sentenza del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), il Tribunale ha dichiarato che la commissione giudicatrice aveva violato il bando di concorso in sede di valutazione dei titoli dei candidati. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la violazione manifesta del bando risultasse dall’importanza attribuita ai diplomi in discipline diverse da quelle scientifiche ai fini dell’assegnazione del punteggio nella fase del Talent Screener.

12      L’EPSO, in esecuzione della sentenza del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), ha proceduto all’adozione di misure organizzative per lo svolgimento della seconda fase del concorso in questione e, ove necessario, della terza fase di detto concorso.

13      La ricorrente ha scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1 e l’inglese come lingua 2, laddove la lingua 1 era la lingua dei test a scelta multipla e la lingua 2 era la lingua del Talent Screener e delle prove del centro di valutazione, ossia il colloquio sulle competenze di settore, il colloquio sulle competenze specifiche e la prova di gruppo.

14      Con comunicazione del 25 novembre 2022, la ricorrente è stata informata che aveva ottenuto il punteggio di 34 per la valutazione dei suoi titoli e che era stata ammessa alla terza fase del concorso in questione, consistente nel sostenere le prove del centro di valutazione ed i test a scelta multipla.

15      Con comunicazioni del 19 dicembre 2022 e del 18 gennaio 2023, la ricorrente è stata invitata a sostenere i test a scelta multipla e una prova di studio di un caso in un centro di valutazione.

16      Il 25 gennaio 2023 la ricorrente ha sostenuto tali test a scelta multipla e detta prova di studio di un caso.

17      Il 26 gennaio 2023 la ricorrente è stata convocata alle prove del centro di valutazione, che ha sostenuto in data 2 marzo 2023.

18      Con comunicazione del 22 marzo 2023, la ricorrente è stata informata che non aveva superato le prove del centro di valutazione, avendo ottenuto un punteggio di 98/180 laddove la soglia di ammissione era di 124/180, e che il suo nome non sarebbe stato iscritto nell’elenco di riserva (in prosieguo: la «decisione di non iscrizione»).

19      Il 24 marzo 2023 la ricorrente ha chiesto un riesame della decisione di non iscrizione.

20      Il 22 maggio 2023 la commissione giudicatrice ha adottato la decisione sulla domanda di riesame.

21      Il 12 giugno 2023 la ricorrente ha presentato un reclamo avverso la decisione di non iscrizione e la decisione sulla domanda di riesame.

22      Il 12 ottobre 2023 l’APN ha implicitamente rigettato il reclamo della ricorrente (in prosieguo: la «decisione implicita di rigetto del reclamo»).

 Conclusioni delle parti

23      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di non iscrizione;

–        annullare la decisione sulla richiesta di riesame;

–        annullare la decisione implicita di rigetto del reclamo;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in parte come irricevibile e in parte come infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sull’oggetto della controversia

25      In via preliminare, occorre rilevare che, come evidenziato dalla Commissione, con i primi due capi delle sue conclusioni la ricorrente contesta le due decisioni adottate dalla commissione giudicatrice, vale a dire la decisione di non iscrizione e la decisione sulla domanda di riesame.

26      Orbene, secondo una costante giurisprudenza, la decisione adottata a seguito di riesame sostituisce la decisione iniziale della commissione giudicatrice (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2019, Nerantzaki/Commissione, T‑813/17, non pubblicata, EU:T:2019:335, punto 25 e giurisprudenza citata). Ne consegue che, nel caso di specie, la decisione di non iscrizione è stata sostituita dalla decisione sulla domanda di riesame, e che il primo e il secondo capo delle conclusioni devono essere considerati come diretti soltanto all’annullamento della decisione sulla domanda di riesame, la quale costituisce l’atto impugnato.

27      Con il terzo capo delle sue conclusioni, la ricorrente chiede altresì l’annullamento della decisione implicita di rigetto del reclamo.

28      A tal proposito, occorre ricordare che, in base a una giurisprudenza costante, il reclamo amministrativo, quale previsto dall’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, e il suo rigetto, esplicito o implicito, sono parte integrante di una procedura complessa e costituiscono unicamente una condizione preliminare all’adizione del giudice. Date tali circostanze, il ricorso, anche se formalmente diretto avverso il rigetto del reclamo, produce l’effetto di devolvere al giudice la cognizione dell’atto lesivo contro cui il reclamo è stato proposto, salvo nel caso in cui detto rigetto abbia una portata diversa da quella dell’atto contro cui era diretto il reclamo (v. sentenza del 27 ottobre 2016, CW/Parlamento, T‑309/15 P, non pubblicata, EU:T:2016:632, punto 27 e giurisprudenza citata).

29      Nel caso di specie, trattandosi di una decisione implicita di rigetto del reclamo, essa non può che confermare la decisione sulla domanda di riesame ed è, pertanto, priva di qualsiasi contenuto autonomo. Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 28 supra, si deve ritenere che la domanda di annullamento abbia ad oggetto soltanto la decisione sulla domanda di riesame, unico atto arrecante pregiudizio alla ricorrente.

 Nel merito

30      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce cinque motivi, vertenti, il primo, in sostanza, sull’illegittimità del bando di concorso; il secondo, in sostanza, sulla violazione del principio della parità di trattamento, su un errore manifesto nella valutazione delle prove e sulla violazione dell’articolo 5, primo e terzo comma, dell’allegato III dello Statuto; il terzo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, del diritto alla parità delle parti nel processo e del principio di buona amministrazione; il quarto, sulla violazione dell’articolo 5, quinto e sesto comma, dell’allegato III dello Statuto e, il quinto, sulla violazione del principio della parità di trattamento a causa della mancanza, da un lato, di oggettività nelle valutazioni e, dall’altro, di stabilità della commissione giudicatrice.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente, in sostanza, sull’illegittimità del bando di concorso

31      La ricorrente solleva, in sostanza, un’eccezione di illegittimità nei confronti del bando di concorso, in quanto essa sostiene che quest’ultimo è contrario al principio della parità di trattamento.

32      In via principale, la ricorrente afferma che il bando di concorso è illegittimo in quanto impone di sostenere le prove del centro di valutazione nella lingua 2. Secondo la ricorrente, una tale limitazione della scelta della lingua comporta che il risultato ottenuto e la valutazione della competenza professionale siano condizionati dalla conoscenza della lingua 2, con la conseguenza che a essere scelti siano i migliori candidati da un punto di vista linguistico, ma non necessariamente da un punto di vista professionale, il che determina una violazione dell’articolo 27 dello Statuto.

33      In subordine, la ricorrente sostiene che le giustificazioni contenute nel bando di concorso non sono tali da confutare validamente i suoi argomenti.

34      La Commissione solleva un’eccezione di irricevibilità nei confronti di tale eccezione di illegittimità.

35      In via preliminare, la Commissione ricorda che dalla giurisprudenza risulta che, nell’ambito di un reclamo contro una decisione di una commissione giudicatrice, un candidato non può invocare la presunta irregolarità del bando di concorso se non ha impugnato in tempo utile le disposizioni di detto bando che, a suo avviso, lo danneggiano. Solo se viene stabilita l’esistenza di uno stretto nesso tra la motivazione della decisione contestata e l’eccezione di illegittimità del bando di concorso, un candidato può contestare la legittimità del bando. Nel caso di specie, secondo la Commissione, non vi è alcun nesso tra i motivi della non iscrizione del nome della ricorrente nell’elenco di riserva e la limitazione della scelta della lingua 2 del concorso in questione alle lingue tedesca, inglese, spagnola, italiana o francese.

36      Inoltre, la Commissione sostiene che gli argomenti della ricorrente sono generici e non consentono di accertare l’esistenza dello stretto nesso richiesto dalla giurisprudenza.

37      In primo luogo, a tal proposito, la Commissione osserva che affermare, come fa la ricorrente, che la semplice scelta della lingua 2 per le prove del centro di valutazione determina inevitabilmente un condizionamento sulle modalità di svolgimento di dette prove equivale a presumere l’esistenza di uno stretto nesso tra una decisione di non iscrizione nell’elenco di riserva e una disposizione di un bando di concorso relativa a tali prove. Orbene, secondo la Commissione, una simile presunzione è in contrasto con la giurisprudenza, che richiede la dimostrazione dell’esistenza di un nesso diretto.

38      In secondo luogo, la Commissione osserva che la ricorrente si limita a menzionare il punteggio di 6 punti su 10 ottenuto per la competenza generale «comunicazione», sulla quale il regime linguistico potrebbe astrattamente influire, asserendo di essere stata penalizzata senza spiegare per quali ragioni e in quale misura tale punteggio avrebbe potuto essere diverso se essa avesse potuto sostenere la prova in italiano. In aggiunta, la Commissione rileva che, anche se la ricorrente avesse ottenuto 10 punti su 10 per tale competenza, ciò sarebbe risultato ininfluente sull’esito del concorso in questione.

39      In terzo luogo, la Commissione, citando la causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 marzo 2023, Commissione/Calhau Correia de Paiva (C‑511/21 P, EU:C:2023:208), nella quale la Corte ha riconosciuto un nesso giuridico diretto tra il bando di concorso e la decisione contestata sulla base di una restrizione della scelta del tipo di tastiera, sottolinea che, nel caso di specie, la ricorrente non sostiene che si sia manifestata la stessa restrizione.

40      Inoltre, sotto un primo profilo, la Commissione considera che, anche se il Tribunale dovesse ritenere, nonostante l’assenza di precisione nell’argomentazione della ricorrente, di dover esaminare l’esistenza di uno stretto nesso, il punteggio di 6 punti su 10 ottenuto dalla ricorrente per la competenza generale «comunicazione» non è penalizzante ed è, peraltro, uno dei punteggi più alti.

41      Sotto un secondo profilo, la Commissione osserva che la ricorrente non contesta il fatto che il bando di concorso preveda una lingua 1 e una lingua 2, che devono essere diverse, requisito che deriva, peraltro, dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto.

42      Sotto un terzo profilo, la Commissione rileva che, dato che la ricorrente ha scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1, essa doveva scegliere una lingua diversa come lingua 2 per le prove del centro di valutazione. A tal proposito, la Commissione sottolinea che la ricorrente non indica quale lingua diversa dall’inglese avrebbe voluto scegliere come lingua 2, ma si limita a contestare, in sostanza, il requisito di sostenere le prove nella lingua 2, requisito che deriva tuttavia dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto. Pertanto, le disposizioni del bando di concorso che limitano la scelta della lingua 2 non avrebbero causato alcun danno alla ricorrente.

43      La ricorrente contesta gli argomenti della Commissione e sostiene, in primo luogo, che, contrariamente a quanto afferma quest’ultima, la sua argomentazione non è né imprecisa né caratterizzata da una mancanza di chiarezza.

44      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il suo punteggio di 6 punti su 10 ottenuto per la competenza generale «comunicazione» riflette una debolezza nell’uso della lingua inglese, poiché proprio con riguardo a detta competenza è stato osservato dalla commissione giudicatrice un limite quanto alla sua capacità di «adattare lo stile e il contenuto al pubblico o all’interlocutore». Secondo la ricorrente, è evidente come la sua conoscenza limitata della lingua 2 abbia condizionato la sua valutazione della competenza generale «comunicazione» nonché quella di altre competenze generali, ossia le competenze «analisi e risoluzione di problemi», «capacità di produrre risultati di qualità», «apprendimento e sviluppo» e «individuazione delle priorità e spirito organizzativo».

45      In terzo luogo, la ricorrente afferma che il fatto che essa non invochi, nel caso di specie, la correlazione tra l’uso della lingua e l’uso della tastiera è del tutto ininfluente ai fini della ricevibilità della sua eccezione di illegittimità. A tal proposito, la ricorrente ricorda che, in una causa analoga a quella che ha dato luogo alla sentenza del 16 marzo 2023, Commissione/Calhau Correia de Paiva (C‑511/21 P, EU:C:2023:208), ossia la causa decisa dalla sentenza del 6 luglio 2022, MZ/Commissione (T‑631/20, EU:T:2022:426), il Tribunale ha annullato la decisione di esclusione dal concorso in parola con la motivazione che il bando di concorso era illegittimo per quanto riguardava la scelta delle lingue, il che conferma che la questione della tastiera è del tutto irrilevante ai fini della ricevibilità della sua eccezione di illegittimità. Inoltre, la ricorrente aggiunge che dalla sentenza del 16 marzo 2023, Commissione/Calhau Correia de Paiva (C‑511/21 P, EU:C:2023:208), risulta che uno stretto nesso esiste quando la tipologia delle prove e il loro contenuto sono stati inevitabilmente influenzati dalla conoscenza della lingua.

46      In quarto luogo, la ricorrente critica l’interpretazione adottata dalla Commissione dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, che imporrebbe l’obbligo di svolgimento delle prove presso il centro di valutazione in una lingua diversa da quella conosciuta in modo approfondito.

47      Infatti, secondo la ricorrente, l’articolo 28, lettera f), dello Statuto richiede che il livello di conoscenza della lingua 2 sia «soddisfacente» in rapporto alle funzioni da svolgere. Orbene, la ricorrente sostiene che il bando di concorso, prevedendo che anche le prove presso il centro di valutazione si svolgano nella lingua 2, ha imposto un livello di conoscenza di gran lunga superiore al livello «soddisfacente», in quanto la conoscenza linguistica non è valutata in modo autonomo, ma è indissolubilmente legata all’accertamento delle competenze, effettuato in modo comparativo.

48      In quinto luogo, la ricorrente sostiene di essere stata comparata a un’altra candidata con una conoscenza della lingua inglese superiore alla sua, cosicché la lingua 2 è divenuta un parametro di comparazione tra i candidati e la commissione giudicatrice di concorso non si è limitata a verificare se il livello di conoscenza di detta lingua fosse soddisfacente.

49      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, una parte ricorrente non è legittimata ad agire nell’interesse della legge o delle istituzioni e può far valere, a sostegno di un ricorso di annullamento, soltanto le censure che sono sue personali (v. sentenza del 6 luglio 2022, MZ/Commissione, T‑631/20, EU:T:2022:426, punto 39 e giurisprudenza citata).

50      Tuttavia, tale requisito presuppone soltanto che le censure della parte ricorrente siano suscettibili di fondare un annullamento dal quale essa possa trarre vantaggio, vale a dire, nel caso di specie, che l’eccezione di illegittimità sia suscettibile di procurare, con il suo risultato, un beneficio alla parte che l’ha sollevata (sentenza del 29 novembre 2006, Campoli/Commissione, T‑135/05, EU:T:2006:366, punto 132).

51      Inoltre, per quanto riguarda in particolare i bandi di concorso, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’ambito di una procedura di assunzione, la quale è un’operazione amministrativa complessa composta da una successione di decisioni, un candidato ad un concorso, in occasione di un ricorso diretto contro un atto successivo, può far valere l’irregolarità degli atti anteriori strettamente collegati a quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza dell’11 agosto 1995, Commissione/Noonan, C‑448/93 P, EU:C:1995:264, punto 17 e giurisprudenza citata), e avvalersi, in particolare, dell’illegittimità del bando di concorso in applicazione del quale l’atto di cui trattasi è stato adottato (v. sentenza del 14 dicembre 2017, PB/Commissione, T‑609/16, EU:T:2017:910, punto 26 e giurisprudenza citata).

52      Il fatto di non aver impugnato il bando di concorso entro i termini non impedisce ad un ricorrente di far valere irregolarità intervenute nello svolgimento del concorso, anche se l’origine di tali irregolarità può essere rinvenuta nel testo del bando di concorso (v. sentenza del 31 gennaio 2006, Giulietti/Commissione, T‑293/03, EU:T:2006:37, punto 40 e giurisprudenza citata).

53      Più precisamente, qualora il motivo riguardante l’irregolarità del bando di concorso, non contestato in tempo utile, concerna le motivazioni della decisione individuale impugnata, la ricevibilità dell’eccezione è ammessa dalla giurisprudenza. Infatti, un candidato ad un concorso non può essere privato del diritto di contestare, in relazione a tutti questi elementi, ivi compresi quelli definiti nel bando di concorso, la fondatezza della decisione individuale presa nei suoi confronti in esecuzione dei requisiti definiti in detto bando, dal momento che solo questa decisione di applicazione individualizza la sua situazione giuridica e gli consente di sapere con certezza come e in che misura i suoi interessi specifici vengono pregiudicati (v. sentenza del 14 dicembre 2017, PB/Commissione, T‑609/16, EU:T:2017:910, punto 28 e giurisprudenza citata).

54      Peraltro, in ordine a tale punto, a meno di voler imporre alla parte ricorrente l’onere di una prova impossibile da fornire, non si può pretendere da essa che dimostri che, in esecuzione di una sentenza di annullamento in conformità dell’articolo 266 TFUE, essa otterrebbe necessariamente un punteggio migliore nelle prove del centro di valutazione, bensì soltanto che dimostri che tale possibilità non è esclusa, dovendosi peraltro ricordare che non spetta al Tribunale sostituire la propria valutazione a quella della commissione giudicatrice (sentenza del 6 luglio 2022, MZ/Commissione, T‑631/20, EU:T:2022:426, punto 41).

55      Per contro, in mancanza di uno stretto collegamento tra la motivazione stessa della decisione in discussione e il motivo relativo all’illegittimità del bando di concorso non contestato nei termini, tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile, in applicazione delle norme di ordine pubblico relative ai termini di ricorso, alle quali non può derogarsi, in un caso del genere, senza violare il principio di certezza del diritto (v. sentenza del 14 dicembre 2017, PB/Commissione, T‑609/16, EU:T:2017:910, punto 29 e giurisprudenza citata).

56      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nei confronti dell’eccezione di illegittimità riguardante il bando di concorso e, in particolare, verificare se esista uno stretto nesso tra il bando di concorso e la decisione sulla domanda di riesame.

57      In primo luogo, occorre rilevare che, nel caso di specie, da un lato, il bando di concorso prevedeva che i candidati dovessero scegliere una lingua 1, tra tutte le lingue ufficiali dell’Unione, per i test a scelta multipla, nonché una lingua 2, tra il tedesco, l’inglese, lo spagnolo, l’italiano e il francese, per le prove del centro di valutazione e che la lingua 2 doveva essere diversa dalla lingua 1. Dall’altro, come ricordato al punto 13 supra, la ricorrente ha scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1, sebbene il bando di concorso non obbligasse i candidati a scegliere la loro lingua materna come lingua 1 e non vietasse loro di scegliere la loro lingua materna come lingua 2.

58      Pertanto, la presente causa differisce dalle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 9 giugno 2021, Calhau Correia de Paiva/Commissione (T‑202/17, EU:T:2021:323), del 6 luglio 2022, MZ/Commissione (T‑631/20, EU:T:2022:426), del 10 luglio 2024, UJ e a./Commissione (T‑120/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:464), e del 10 luglio 2024, VT/Commissione (T‑216/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:465). Infatti, sebbene in tali cause il Tribunale abbia dichiarato che esisteva uno «stretto nesso» tra le decisioni impugnate e i bandi di concorso, le parti ricorrenti non potevano scegliere la propria lingua materna come lingua 2.

59      Per contro, nel caso di specie, la ricorrente avrebbe potuto scegliere la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 2, dato che detta lingua faceva parte delle cinque lingue che potevano essere scelte a tal fine.

60      Peraltro, a tal proposito, occorre rilevare che, nella sentenza del 10 luglio 2024, UJ e a./Commissione (T‑120/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:464), il Tribunale ha preso atto del fatto che le parti avevano convenuto che un motivo di ricorso vertente sull’illegittimità del bando di concorso a causa di una discriminazione linguistica non riguardava una delle parti ricorrenti la cui lingua materna era il francese, in quanto detta lingua figurava tra le lingue che i candidati potevano scegliere come lingua 2 ai fini della selezione.

61      Tenuto conto della giurisprudenza consolidata, citata al punto 49 supra, secondo la quale una parte ricorrente non è legittimata ad agire nell’interesse della legge o delle istituzioni e può far valere, a sostegno di un ricorso di annullamento, unicamente le censure che sono sue personali, e dell’esame svolto ai precedenti punti da 57 a 60, occorre constatare che, nel caso di specie, il fatto di limitare la scelta della lingua 2 alle lingue tedesca, inglese, spagnola, italiana o francese era ininfluente per la ricorrente, la cui lingua materna figurava tra queste cinque lingue.

62      In secondo luogo, occorre ricordare che dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto risulta che, per essere nominato funzionario, occorre «avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione nella misura necessaria alle funzioni da svolgere». Pertanto, il bando di concorso di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità si limita ad attuare l’articolo 28, lettera f), dello Statuto.

63      In tale contesto, non può essere accolto neppure l’argomento della ricorrente secondo cui il bando di concorso, prevedendo che anche le prove del centro di valutazione si svolgessero nella lingua 2, ha imposto un livello di conoscenza di gran lunga superiore al livello «soddisfacente». Infatti, detto bando si limita a prevedere che un candidato «[debba] conoscere almeno due lingue ufficiali dell’[Unione europea]; la prima almeno al livello C1 (conoscenza approfondita) e la seconda almeno al livello B2 (conoscenza soddisfacente)». Pertanto, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il bando di concorso non ha imposto un livello di conoscenza di gran lunga superiore al livello «soddisfacente» per la lingua 2.

64      In terzo luogo, occorre constatare che la ricorrente si limita a contestare, in sostanza, il requisito di dover sostenere delle prove nella lingua 2, ma non indica in quale lingua diversa dall’inglese avrebbe voluto sostenere tali prove. Orbene, anche supponendo che, con la sua contestazione, la ricorrente miri a far valere che avrebbe potuto ottenere un punteggio migliore se avesse potuto sostenere le prove del centro di valutazione in italiano, è sufficiente constatare che, come giustamente ricorda la Commissione, la ricorrente, avendo scelto la propria lingua materna, l’italiano, come lingua 1, doveva scegliere una lingua diversa come lingua 2 per le prove del centro di valutazione. La ricorrente non ha quindi fornito elementi idonei a dimostrare, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 54 supra, che, in esecuzione di una sentenza di annullamento in conformità dell’articolo 266 TFUE, la possibilità che essa ottenesse un punteggio migliore nelle prove del centro di valutazione non era esclusa.

65      Quindi, alla luce delle constatazioni effettuate ai precedenti punti da 57 a 64, si deve concludere che, nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito la prova dell’esistenza di uno stretto nesso tra la decisione sulla domanda di riesame e il bando di concorso nella parte in cui quest’ultimo impone l’uso della lingua 2 per le prove del centro di valutazione.

66      Pertanto, occorre accogliere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nei confronti dell’eccezione di illegittimità relativa al bando di concorso e respingere il primo motivo di ricorso in quanto irricevibile.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente, in sostanza, sulla violazione del principio della parità di trattamento, su un errore manifesto nella valutazione delle prove e sulla violazione dell’articolo 5, primo e terzo comma, dell’allegato III dello Statuto

67      In primo luogo, la ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza, la commissione giudicatrice deve garantire che la valutazione di tutti i candidati esaminati sia effettuata in condizioni di parità e obiettività e che è importante che i criteri di valutazione siano uniformi e applicati in modo coerente a tutti i candidati. A tal proposito, la ricorrente aggiunge che la decisione di non inserire un candidato in un elenco di riserva deve essere annullata, se risulta che il concorso è stato organizzato in modo da creare un rischio di disparità di trattamento maggiore di quello inerente a qualsiasi concorso, senza che il candidato interessato debba fornire la prova che alcuni candidati sono stati effettivamente avvantaggiati.

68      In tale contesto, sotto un primo profilo, la ricorrente afferma che, nel caso di specie, il grado di difficoltà delle prove da lei sostenute deve essere considerato più elevato di quello delle prove sostenute dai candidati ammessi nell’elenco di riserva.

69      Sotto un secondo profilo, secondo la ricorrente, la valutazione delle sue competenze non si è svolta in condizioni di parità, in quanto, pur avendo fatto domanda per il settore n. 5 «comunicazione e gestione delle conoscenze scientifiche», essa è stata valutata insieme a un’altra candidata che, invece, concorreva per un altro settore, mentre invece i candidati valutati durante le precedenti prove del centro di valutazione sono stati esaminati ciascuno nel proprio settore specifico e comparati solo con candidati dello stesso settore. Inoltre, la ricorrente aggiunge di aver appreso solo in un momento successivo che detta altra candidata, pur non avendo superato i test a scelta multipla, aveva comunque partecipato alle prove del centro di valutazione, in violazione dei termini del bando di concorso.

70      Sotto un terzo profilo, la ricorrente afferma che la sua valutazione è risultata alterata per il fatto che, all’inizio della prova di gruppo, le è stato consegnato materiale aggiuntivo, mentre le sono stati concessi solo dieci minuti in più per leggerlo. Inoltre, da un lato, le istruzioni scritte per lo svolgimento della prova, che le sarebbero state consegnate all’inizio della prova di gruppo, non avrebbero contenuto informazioni riguardanti tale materiale aggiuntivo. Dall’altro, detto materiale le sarebbe stato consegnato da un sorvegliante, che avrebbe spiegato molto brevemente come gestire tale materiale, e non dai valutatori, che sarebbero rientrati nel locale della prova solo dopo la fine della lettura di detto materiale. La ricorrente sostiene che tale modalità di svolgimento divergente della prova orale avrebbe dovuto essere presentata dai valutatori e non da un sorvegliante.

71      In tale contesto, la ricorrente fa valere che le è parso che una delle altre candidate avesse confuso il materiale aggiuntivo, consegnato a tutti, con il materiale che era stato consegnato esclusivamente a ciascun candidato, cosicché tale candidata avrebbe presentato al gruppo il materiale aggiuntivo e non quello che era stato consegnato esclusivamente a lei. La ricorrente ritiene che ciò abbia comportato una violazione del bando di concorso, in quanto le prove si sono svolte secondo modalità non conosciute dai candidati e, quindi, in violazione dei principi di chiarezza e di obiettività garantiti nel bando di concorso.

72      Sotto un quarto profilo, la ricorrente rileva che uno dei valutatori era lo stesso in occasione sia del suo colloquio sulle competenze di settore che della prova di gruppo, mentre, per i candidati che avevano sostenuto le prove precedentemente, ai quali essa è stata comparata, i valutatori erano diversi in occasione di ciascuna prova, al fine di evitare un «effetto eco». Inoltre, la ricorrente sostiene che, conformemente alla prassi dell’EPSO, i membri della commissione giudicatrice avrebbero dovuto essere quattro e non due.

73      Sotto un quinto profilo, la ricorrente afferma di non aver avuto a disposizione lo stesso periodo degli altri candidati tra la data di convocazione alle prove, il 26 gennaio 2023, e la data di svolgimento delle prove, il 2 marzo 2023, il che è sorprendente dato il tempo, pari all’incirca a un anno, che l’EPSO ha impiegato per eseguire la sentenza del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121).

74      In secondo luogo, la ricorrente deduce un errore manifesto nella sua valutazione, in quanto questa non riflette le sue prestazioni in occasione delle prove. Essa precisa che tale errore manifesto di valutazione è connesso a varie disfunzioni che, a suo avviso, si sono verificate in occasione delle prove del centro di valutazione.

75      In terzo luogo, la ricorrente fa valere che, nell’ambito del concorso in questione, così come nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 settembre 2013, Glantenay e a./Commissione (F‑23/12 e F‑30/12, EU:F:2013:127), il numero di candidati ammessi al centro di valutazione è stato limitato e l’accertamento della veridicità delle loro dichiarazioni effettuate nel Talent Screener è stato demandato a un momento successivo alle prove del centro di valutazione. Di conseguenza, la valutazione comparativa avrebbe avuto luogo presso il centro di valutazione tra candidati che non erano stati previamente selezionati dalla commissione giudicatrice di concorso. Secondo la ricorrente, tale situazione costituisce una violazione dell’articolo 5, primo e terzo comma, dell’allegato III dello Statuto.

76      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

77      In via preliminare, occorre rilevare che il principio della parità di trattamento impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato e risponda ad obiettivi legittimi di interesse generale nell’ambito della politica del personale (sentenze del 12 marzo 2008, Giannini/Commissione, T‑100/04, EU:T:2008:68, punto 131, e del 14 dicembre 2022, SY/Commissione, T‑312/21, EU:T:2022:814, punto 125).

78      Inoltre, spetta alla commissione giudicatrice, tenuta a garantire l’applicazione coerente dei criteri di valutazione a tutti i candidati, agire affinché tutti i candidati ad uno stesso concorso sostengano la stessa prova, in particolare per quanto riguarda le prove orali, nelle stesse condizioni e assicurarsi così che le prove presentino grosso modo lo stesso grado di difficoltà per tutti i candidati (sentenza del 14 dicembre 2022, SY/Commissione, T‑312/21, EU:T:2022:814, punto 125).

79      Peraltro, dalla giurisprudenza risulta che ogni concorso comporta, in generale e in maniera intrinseca, un rischio di disparità di trattamento. Pertanto, una violazione del principio della parità di trattamento può essere accertata solo qualora la commissione giudicatrice, nella scelta delle prove, non abbia limitato il rischio di disparità di opportunità a quello inerente, in linea di massima, ad ogni esame (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2008, Giannini/Commissione, T‑100/04, EU:T:2008:68, punto 133).

80      Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta altresì che un’irregolarità intervenuta durante lo svolgimento delle prove di un concorso inficia la legalità di queste ultime soltanto qualora tale irregolarità sia sostanziale oppure qualora la parte ricorrente dimostri che l’irregolarità in questione può aver falsato i risultati delle prove (sentenza del 7 settembre 2022, Rauff-Nisthar/Commissione, T‑341/21, non pubblicata, EU:T:2022:516, punto 30).

81      Inoltre, considerando che, da un lato, gli atti amministrativi godono di una presunzione di legittimità e che, dall’altro, l’onere della prova del fatto che un tale atto sia viziato da illegittimità grava, per principio, su colui che fa tale affermazione, spetta al ricorrente fornire, quanto meno, indizi sufficientemente precisi, oggettivi e concordanti tali da suffragare la veridicità o la verosimiglianza dei fatti a sostegno della sua pretesa (v. ordinanza dell’11 febbraio 2022, OP/Commissione, T‑736/20, non pubblicata, EU:T:2022:69, punto 42 e giurisprudenza citata).

82      In primo luogo, occorre esaminare gli argomenti sollevati dalla ricorrente in merito alle asserite irregolarità nello svolgimento delle prove del centro di valutazione, che hanno comportato, a suo avviso, la violazione del principio della parità di trattamento, ad eccezione dell’argomento relativo alla necessità di evitare un «effetto eco», che deve essere invece esaminato nell’ambito del quinto motivo di ricorso, in quanto strettamente connesso al principio di stabilità della commissione giudicatrice.

83      Sotto un primo profilo, per quanto riguarda gli argomenti secondo i quali la ricorrente, da un lato, ha sostenuto prove con un grado di difficoltà più elevato rispetto a quello delle prove sostenute dai candidati ammessi nell’elenco di riserva e, dall’altro, è stata comparata a un’altra candidata che concorreva per un altro settore e non aveva superato i test a scelta multipla, occorre rilevare quanto segue.

84      Vero è che, decidendo che il concorso avrebbe riguardato cinque settori e cinque elenchi di riserva distinti, ciascuno comprendente un numero diverso di vincitori, e precisando, per di più, che i candidati potevano iscriversi per un solo settore, l’APN ha escluso qualsiasi possibilità di raffronto tra i candidati dei cinque settori del concorso interno in questione (v., per analogia, sentenza del 18 ottobre 2023, NZ/Commissione, T‑535/22, EU:T:2023:653, punto 30).

85      Tuttavia, tale constatazione è ininfluente nel caso di specie. Infatti, ai fini dell’esecuzione delle sentenze del 10 novembre 2021, Spisto/Commissione (T‑572/20, non pubblicata, EU:T:2021:766), del 9 marzo 2022, LA/Commissione (T‑456/20, non pubblicata, EU:T:2022:120), del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), e del 9 marzo 2022, Zardini/Commissione (T‑511/20, non pubblicata, EU:T:2022:122), la Commissione ha dovuto riorganizzare le prove del centro di valutazione specificamente per la ricorrente e altri tre candidati.

86      Dalle sentenze del 10 novembre 2021, Spisto/Commissione (T‑572/20, non pubblicata, EU:T:2021:766), del 9 marzo 2022, LA/Commissione (T‑456/20, non pubblicata, EU:T:2022:120), del 9 marzo 2022, LD/Commissione (T‑474/20, non pubblicata, EU:T:2022:121), e del 9 marzo 2022, Zardini/Commissione (T‑511/20, non pubblicata, EU:T:2022:122), risulta che la ricorrente e un’altra parte ricorrente avevano presentato la propria candidatura per il settore n. 5, mentre le altre due parti ricorrenti avevano presentato la propria candidatura per il settore n. 1. Orbene, occorre rilevare che la Commissione ha affermato nel controricorso, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che non era possibile organizzare una prova di gruppo in presenza di sei candidati concorrenti per lo stesso settore, come fatto in precedenza, poiché i candidati da esaminare erano solo quattro e concorrevano per due settori diversi. Alla luce di tale elemento oggettivo, non si può contestare alla Commissione di aver commesso una violazione del principio della parità di trattamento allorché ha organizzato una prova di gruppo per soli quattro candidati, anche se i gruppi che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza erano invece composti da sei candidati, cosicché l’argomento della ricorrente non può essere accolto.

87      Lo stesso vale per l’argomento della ricorrente secondo cui una delle candidate non avrebbe dovuto sostenere le prove del centro di valutazione, poiché non aveva superato i test a scelta multipla. Infatti, occorre rilevare che dal bando di concorso risulta che i test a scelta multipla e le prove del centro di valutazione fanno parte della stessa fase della procedura di selezione, e l’unica conseguenza del fatto di non aver raggiunto la soglia minima nei test a scelta multipla è di non poter essere iscritti nell’elenco di riserva, ma non di non poter partecipare alle prove del centro di valutazione.

88      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente secondo i quali, nella prova di gruppo, si sono verificate diverse disfunzioni contrarie al bando di concorso, occorre constatare quanto segue.

89      In merito all’argomento relativo alle modalità di consegna del materiale aggiuntivo, occorre rilevare che la ricorrente stessa riconosce che i quattro candidati, tra cui essa figurava, hanno beneficiato dello stesso tempo supplementare di dieci minuti per la lettura di tale materiale. Orbene, per considerare la loro situazione paragonabile a quella dei candidati che avevano sostenuto la prova di gruppo in precedenza – il che è un presupposto dell’applicazione del principio della parità di trattamento – sarebbe stato necessario che detti quattro candidati avessero ricevuto materiale aggiuntivo senza beneficiare di tempo supplementare per la lettura di tale materiale.

90      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui le informazioni relative al materiale aggiuntivo sono state fornite ai candidati da un sorvegliante e non da un valutatore e in modo orale piuttosto che per iscritto, occorre rilevare che la ricorrente stessa riconosce di aver ricevuto informazioni relative a detto materiale, cosicché il solo fatto che tali informazioni siano state fornite da un sorvegliante e in modo orale non può aver comportato una violazione del principio della parità di trattamento, dato che la situazione dei candidati che avevano sostenuto la prova di gruppo in precedenza e quella della ricorrente non erano comparabili, in quanto tali candidati non avevano ricevuto materiale aggiuntivo. In ogni caso, da un documento contenuto nell’allegato D 1 della controreplica risulta che la possibilità, nell’ipotesi in cui vi fossero meno di sei candidati alla prova di gruppo, che il sorvegliante potesse comunicare informazioni relative al materiale aggiuntivo in maniera orale era prevista non solo per il centro di valutazione in cui la ricorrente ha sostenuto le sue prove, ma anche per il centro di valutazione in cui si sono svolte le prove precedenti.

91      Quanto all’argomento secondo cui un’altra candidata aveva confuso il materiale supplementare con il materiale iniziale, da un lato, è sufficiente constatare che la ricorrente afferma soltanto che le «è parso» che un’altra candidata si sia confusa in tal modo. Dall’altro, anche ammettendo che tale confusione si sia verificata, non si può ritenere che essa abbia comportato una violazione del principio della parità di trattamento, in quanto la possibilità di errori di comprensione della prova da parte di taluni candidati è inerente a qualsiasi procedura d’esame. In ogni caso, il fatto che la ricorrente abbia avuto l’impressione che un’altra candidata si fosse sbagliata quanto all’utilizzo del materiale aggiuntivo dimostra che essa stessa aveva ben compreso le condizioni di utilizzo di detto materiale sulla base delle informazioni orali che aveva ricevuto.

92      Pertanto, gli argomenti della ricorrente secondo i quali, in occasione della prova di gruppo, si sono verificate diverse disfunzioni contrarie al bando di concorso non possono essere accolti.

93      Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la ricorrente ha beneficiato di meno tempo per prepararsi rispetto ai candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza, occorre rilevare quanto segue.

94      Da un lato, la Commissione fa valere che, secondo le informazioni fornite dall’EPSO, i candidati che hanno sostenuto le prove del centro di valutazione prima della ricorrente hanno ricevuto la loro convocazione in data 11 ottobre 2019, per prove svoltesi tra il 4 e il 14 novembre 2019, cosicché tali candidati hanno beneficiato di 34 giorni per prepararsi, mentre la ricorrente ha beneficiato di 35 giorni di preparazione. Dall’altro, la Commissione ritiene che, in ogni caso, poiché la ricorrente è stata informata in data 25 novembre 2022 di essere stata ammessa alle prove del centro di valutazione e tali prove hanno avuto luogo il 2 marzo 2023, detta ricorrente abbia beneficiato di un tempo ampiamente sufficiente, di oltre tre mesi, per prepararsi.

95      La ricorrente, dal canto suo, sostiene che la Commissione, ad eccezione di tali affermazioni non suffragate, non produce alcun elemento a dimostrazione del fatto che i candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza avessero avuto a disposizione per la propria preparazione un tempo inferiore rispetto a quello assegnato a lei.

96      Occorre constatare che la ricorrente non può sostenere che l’affermazione della Commissione secondo cui la sua ammissione alle prove del centro di valutazione le è stata comunicata il 25 novembre 2022 non sia suffragata, in quanto lei stessa ha prodotto tale comunicazione nell’allegato A.4 del ricorso. Ne consegue che, tenuto conto del periodo di oltre tre mesi trascorso tra detta comunicazione e lo svolgimento delle prove del centro di valutazione da parte della ricorrente, la Commissione ha potuto validamente ritenere che quest’ultima avesse beneficiato di un tempo sufficiente per prepararsi. Dunque, senza che sia necessario verificare se i candidati che hanno sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza abbiano avuto a disposizione un tempo diverso da quello di cui ha beneficiato la ricorrente per prepararsi, si può concludere che il suo argomento non può essere accolto.

97      Pertanto, occorre respingere tutti gli argomenti sollevati dalla ricorrente relativi ad irregolarità verificatesi nel corso dello svolgimento delle prove del centro di valutazione, comportanti, a suo avviso, una violazione del principio della parità di trattamento, in quanto la ricorrente non ha fornito indizi sufficientemente precisi, obiettivi e concordanti tali da suffragare la veridicità o la verosimiglianza dei fatti a sostegno di detti argomenti. Di conseguenza, non occorre pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nei confronti di questi ultimi, fondata sul mancato rispetto della procedura prevista nel bando di concorso, secondo la quale i candidati erano tenuti a segnalare le disfunzioni organizzative al centro di valutazione al più tardi entro un termine di tre giorni dallo svolgimento delle prove.

98      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la valutazione operata nei suoi confronti sarebbe viziata da un errore manifesto, la ricorrente precisa, nella replica, che tale errore sarebbe connesso alle disfunzioni rilevate nell’ambito dello svolgimento delle prove del centro di valutazione. Orbene, poiché dall’esame effettuato ai precedenti punti da 85 a 97 risulta che gli argomenti relativi a tali asserite disfunzioni devono essere respinti, anche il presente argomento deve essere respinto.

99      In terzo luogo, in merito all’argomento della ricorrente relativo alla sentenza del 16 settembre 2013, Glantenay e a./Commissione (F‑23/12 e F‑30/12, EU:F:2013:127), occorre rilevare che le modalità del concorso in questione si distinguono da quelle del concorso oggetto della causa decisa da tale sentenza. In particolare, il bando di concorso di cui trattavasi in quella causa prevedeva una prima fase di selezione che si basava, in sostanza, sull’autovalutazione da parte dei candidati della pertinenza dei loro diplomi e delle loro esperienze professionali, ad esclusione di qualsiasi controllo della commissione giudicatrice in merito a tale pertinenza (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, Glantenay e a./Commissione, F‑23/12 e F‑30/12, EU:F:2013:127, punti da 70 a 76).

100    Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie, dal momento che la commissione giudicatrice, nella fase del Talent Screener e come previsto dal bando di concorso, ha proceduto all’esame obiettivo e concreto dei titoli dei candidati, cosicché l’argomento della ricorrente non può essere accolto (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2024, VI/Commissione, T‑147/23, non pubblicata, EU:T:2024:320, punto 51).

101    Pertanto, occorre respingere tutti gli argomenti sollevati nel quadro del secondo motivo di ricorso, ad eccezione di quello relativo alla necessità di evitare un «effetto eco», che sarà esaminato nell’ambito del quinto motivo di ricorso.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, del diritto alla parità delle parti nel processo e del principio di buona amministrazione

102    Anzitutto, la ricorrente sostiene che la decisione di non iscrizione non conteneva alcuna motivazione e che, nella decisione sulla domanda di riesame, è stata fornita una spiegazione di natura stereotipata, cosicché è dubbio che il riesame abbia effettivamente avuto luogo. Pertanto, la ricorrente sostiene che dette decisioni sono viziate da una totale assenza di motivazione.

103    La ricorrente aggiunge che, nella sentenza del 29 novembre 2018, Di Bernardo/Commissione (T‑811/16, non pubblicata, EU:T:2018:859), il Tribunale ha dichiarato che la conoscenza dei criteri di selezione è indispensabile per valutare se, nell’analisi dell’esperienza professionale del candidato, la commissione giudicatrice non abbia superato i limiti del suo margine di valutazione e ha conseguentemente annullato una decisione che, in un caso analogo alla presente causa, non aveva indicato, in una fase prodromica al ricorso, i criteri di selezione adottati dalla commissione giudicatrice.

104    Inoltre, la ricorrente sostiene che l’assenza di una decisione esplicita di rigetto del suo reclamo viola il principio di buona amministrazione e deve essere sanzionata con la condanna della Commissione al pagamento di una somma forfettaria.

105    Infine, la ricorrente afferma che il difetto di motivazione comporta la violazione del diritto fondamentale alla parità delle parti nel processo, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la cui applicazione alle istituzioni dell’Unione è ormai pacifica.

106    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

107    Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore letterale, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione/Di Bernardo, C‑114/19 P, EU:C:2020:457, punto 29 e giurisprudenza citata).

108    Per quanto concerne le decisioni di una commissione giudicatrice di concorso, l’obbligo di motivazione deve conciliarsi con il rispetto del vincolo del segreto cui sono soggetti i lavori della commissione stessa in forza dell’articolo 6 dell’allegato III dello Statuto. Tale vincolo del segreto è stato istituito al fine di garantire l’indipendenza delle commissioni giudicatrici di concorso e l’obiettività del loro operato, ponendole al riparo da qualsiasi ingerenza e pressione esterna, da parte tanto della stessa amministrazione dell’Unione quanto dei candidati interessati o di terzi. Il rispetto di tale vincolo del segreto vieta sia la divulgazione della posizione assunta dai singoli componenti delle commissioni giudicatrici, sia la rivelazione di qualsiasi elemento relativo a valutazioni di indole personale o comparativa riguardanti i candidati (sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punto 24).

109    I lavori di una commissione giudicatrice di concorso comportano, di regola, almeno due distinte fasi, vale a dire, in primo luogo, l’esame delle candidature al fine di selezionare i candidati ammessi a partecipare alle prove del concorso e, in secondo luogo, l’esame dell’idoneità dei candidati per il posto da coprire, al fine di redigere un elenco di riserva (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punto 26).

110    Per quanto riguarda la seconda fase dei lavori della commissione giudicatrice di un concorso, essa è essenzialmente di natura comparativa ed è quindi coperta dal segreto che caratterizza tali lavori (sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punto 28).

111    Tenuto conto del vincolo di segretezza che accompagna i lavori della commissione giudicatrice, la comunicazione del punteggio conseguito nelle varie prove costituisce una motivazione sufficiente delle decisioni di detta commissione. Una motivazione siffatta non lede i diritti dei candidati, in quanto consente loro di conoscere il giudizio di valore assegnato alle loro prestazioni e di verificare, se del caso, che non hanno effettivamente ottenuto il punteggio richiesto dal bando di concorso (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati, C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punti 31 e 32).

112    Nel caso di specie, in primo luogo, la decisione di non iscrizione rivolta alla ricorrente indica che quest’ultima non figura tra i candidati che hanno ottenuto almeno 124 punti, ossia quelli che hanno ottenuto i punteggi più elevati nelle prove del centro di valutazione, e le trasmette un passaporto delle competenze. Tale passaporto delle competenze indica non solo il punteggio ottenuto dalla ricorrente per ciascuna competenza generale e specifica valutata durante le prove del centro di valutazione, ma anche i commenti della commissione giudicatrice in merito a dette competenze. Pertanto, la decisione di non iscrizione rispetta i requisiti della giurisprudenza citata al punto 111 supra e addirittura li oltrepassa, in quanto menziona i commenti della commissione giudicatrice.

113    In secondo luogo, la decisione sulla domanda di riesame, che costituisce l’atto impugnato, indica espressamente che la commissione giudicatrice ha riesaminato i punteggi ottenuti dalla ricorrente nelle prove del centro di valutazione, in particolare la valutazione delle competenze generali e specifiche. La circostanza che tale decisione non contenga un riferimento concreto alle prestazioni della ricorrente non consente di concludere nel senso di una violazione dell’obbligo di motivazione, dato che dette prestazioni sono menzionate nel passaporto delle competenze che le è stato trasmesso.

114    Pertanto, occorre respingere l’argomento della ricorrente vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione.

115    Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento della ricorrente relativo all’applicazione, nella presente causa, della sentenza del 29 novembre 2018, Di Bernardo/Commissione (T‑811/16, non pubblicata, EU:T:2018:859), dato che tale sentenza riguarda una violazione dell’obbligo di motivazione nell’ambito della prima fase dei lavori della commissione giudicatrice, mentre, nella presente causa, la decisione sulla domanda di riesame è stata adottata nella seconda fase di tali lavori.

116    Quanto all’argomento della ricorrente vertente sulla violazione del diritto fondamentale alla parità delle parti nel processo, esso non può essere accolto, in quanto fondato su un asserito difetto di motivazione che è stato escluso nel caso di specie.

117    Infine, non può essere accolto neppure l’argomento della ricorrente vertente su una violazione del principio di buona amministrazione per il fatto che la Commissione non ha adottato una decisione esplicita di rigetto del suo reclamo. Infatti, è sufficiente constatare che l’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto prevede che l’APN possa adottare una decisione esplicita o implicita di rigetto di un reclamo, cosicché non può ritenersi che un’istituzione abbia violato il principio di buona amministrazione per non aver adottato una decisione esplicita. In tale contesto, la domanda della ricorrente volta a ottenere la condanna della Commissione al pagamento di una somma forfettaria deve quindi essere, in ogni caso, respinta.

118    Occorre pertanto respingere integralmente il terzo motivo di ricorso.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 5, quinto e sesto comma, dell’allegato III dello Statuto

119    In primo luogo, la ricorrente deduce che l’elenco di riserva contiene un numero esiguo di vincitori rispetto ai posti da coprire con il concorso in questione, ossia meno della metà. Secondo la ricorrente, poiché una selezione rigorosa era già stata effettuata nella fase del Talent Screener e poiché tra i candidati vi era un’alta percentuale di personale a contratto del JRC, l’articolo 5, sesto comma, dell’allegato III dello Statuto è stato violato, in quanto la commissione giudicatrice ha stabilito artificialmente una soglia molto elevata senza tenere debitamente conto di tale disposizione.

120    In tale contesto, la ricorrente chiede l’esibizione della relazione di cui all’articolo 5, sesto comma, dell’allegato III dello Statuto, al fine di esaminare le giustificazioni per l’adozione di una soglia così elevata.

121    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che l’organizzazione di un concorso comporti costi significativi per l’istituzione e che le commissioni giudicatrici dovrebbero, quindi, massimizzare il risultato della procedura e prevedere una soglia che permetta di selezionare un numero di candidati pari al doppio – o molto vicino al doppio – dei posti disponibili.

122    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

123    In primo luogo, è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, disponendo che l’elenco di riserva contenga possibilmente un numero di candidati almeno doppio di quello dei posti da coprire, l’articolo 5, quinto comma, dell’allegato III dello Statuto implica soltanto una mera raccomandazione alla commissione giudicatrice diretta a facilitare le decisioni dell’APN, cosicché la sua violazione non può giustificare l’annullamento della decisione sulla domanda di riesame (v., in tal senso, sentenze del 26 ottobre 1978, Agneessens e a./Commissione, 122/77, EU:C:1978:190, punto 22, e del 30 novembre 2005, Vanlangendonck/Commissione, T‑361/03, EU:T:2005:433, punto 34).

124    Pertanto, nel caso di specie, sebbene la ricorrente sembri confondere il numero di candidati figuranti nell’elenco di riserva con il numero di posti da coprire, resta il fatto che, se il suo argomento dovesse essere inteso come una critica del fatto che la commissione giudicatrice avrebbe stabilito un elenco di riserva composto da un numero troppo esiguo di candidati, tale circostanza, quand’anche fosse accertata, non potrebbe comportare l’annullamento della decisione sulla domanda di riesame, conformemente alla giurisprudenza consolidata citata al punto 123 supra.

125    In secondo luogo, non è necessario chiedere alla Commissione di produrre la relazione motivata della commissione giudicatrice, prevista dall’articolo 5, sesto comma, dell’allegato III dello Statuto, in quanto è possibile statuire sulla fondatezza dell’argomento della ricorrente a prescindere da detta relazione (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2024, VT/Commissione, T‑216/23, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2024:465, punto 180).

126    Pertanto, poiché gli argomenti della ricorrente non possono essere accolti, occorre respingere integralmente il quarto motivo di ricorso.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento a causa della mancanza, da un lato, di obiettività nelle valutazioni e, dall’altro, di stabilità della commissione giudicatrice

127    La ricorrente ricorda che una giurisprudenza consolidata riconosce alla commissione esaminatrice un largo potere discrezionale nella valutazione dei candidati ma esige, quale contropartita, che detta commissione rispetti in modo scrupoloso le regole che riguardano l’organizzazione delle prove di concorso, in particolare per quanto riguarda lo svolgimento della prova orale, la quale per sua intrinseca natura potrebbe condurre a valutazioni meno obiettive di quelle rese sulle prove scritte. In tale contesto, secondo la ricorrente, la soluzione ideale sarebbe che tutti i membri della commissione giudicatrice fossero presenti al momento della prova orale di ciascun candidato e che la presenza del presidente della commissione giudicatrice (shadowing) fosse un fattore primordiale, considerato il ruolo cruciale di coordinamento a lui assegnato.

128    Secondo la ricorrente, nel caso di specie, i candidati ammessi alle prove orali sono stati valutati dalla commissione giudicatrice riunita in composizioni diverse, nelle quali non era presente uno «zoccolo duro» e nelle quali né il presidente né il vicepresidente hanno svolto la funzione di shadowing.

129    In primo luogo, la ricorrente sottolinea che l’argomento della Commissione secondo cui la fluttuazione della commissione giudicatrice sarebbe giustificata dagli impegni amministrativi dei suoi membri relativi al loro lavoro corrente, accettabile per concorsi cui partecipa un numero elevato di candidati, non può essere accettato nell’ambito del concorso in questione, cui hanno partecipato solo quattro candidati e le cui prove si sono svolte nel corso di una singola giornata.

130    In secondo luogo, la ricorrente rileva che, nel caso di specie, a causa del numero limitato di candidati, essa non comprende l’utilità delle presunte riunioni periodiche di coordinamento della commissione giudicatrice alle quali la Commissione fa riferimento.

131    In terzo luogo, da un lato, la ricorrente afferma che la Commissione non ha fornito alcuna giustificazione che consenta di comprendere con quali criteri siano stati scelti i quattro membri della commissione giudicatrice che l’hanno esaminata nell’ambito di un numero piuttosto elevato di membri di detta commissione giudicatrice. Dall’altro, secondo la ricorrente, è difficile comprendere se questi stessi membri abbiano effettivamente esaminato i candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza e che concorrevano per settori identici a quelli per i quali essa e gli altri tre candidati concorrevano.

132    In quarto luogo, la ricorrente ritiene inspiegabile il motivo per il quale la presenza del presidente della commissione giudicatrice non è stata garantita, mentre solo quella di un vicepresidente lo è stata, sebbene quest’ultimo, in quanto membro supplente, non avesse alcuna conoscenza della valutazione e delle prestazioni dei candidati che avevano sostenuto le prove del centro di valutazione in precedenza.

133    La ricorrente ne conclude che la valutazione dei candidati durante la prova orale non è stata effettuata in modo obiettivo, il che comporterebbe una violazione del principio della parità di trattamento.

134    Peraltro, dal secondo motivo di ricorso risulta che la ricorrente sostiene di essere stata valutata dallo stesso valutatore in occasione sia del colloquio sulle competenze di settore che della prova di gruppo, mentre, nelle prove precedentemente effettuate dagli altri candidati ai quali essa era comparata, i due valutatori erano diversi, al fine di evitare un «effetto eco».

135    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

136    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, per garantire la parità tra i candidati, la coerenza del punteggio e l’obiettività della valutazione, la commissione giudicatrice deve assicurare che i criteri di valutazione siano applicati in maniera coerente a tutti i candidati, garantendo, in particolare, la stabilità della propria composizione (v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2002, Girardot/Commissione, T‑92/01, EU:T:2002:220, punti da 24 a 26).

137    Il rispetto dei principi di parità di trattamento e di obiettività delle valutazioni presuppone il mantenimento, nei limiti del possibile, della stabilità della composizione della commissione giudicatrice per tutta la durata delle prove (sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 66).

138    Tuttavia, non si può escludere che la coerenza della valutazione possa essere garantita con mezzi diversi dal mantenimento della stabilità della commissione giudicatrice per tutta la durata delle prove. Infatti, la composizione della commissione giudicatrice può rimanere sufficientemente stabile se quest’ultima pone in atto il coordinamento necessario a garantire la coerente applicazione dei criteri di valutazione (sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 67).

139    Del pari, si deve rilevare che le misure adottate da una commissione giudicatrice per adempiere al proprio obbligo di garantire la stabilità della propria composizione devono, eventualmente, essere valutate con riguardo alle particolari caratteristiche della selezione organizzata e alle esigenze pratiche connesse all’organizzazione del concorso, senza che la commissione giudicatrice possa tuttavia trascurare il rispetto delle garanzie fondamentali della parità di trattamento dei candidati e dell’obiettività della scelta operata tra questi ultimi (sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 68).

140    Sotto un primo profilo, occorre ricordare le circostanze particolari del caso di specie. Infatti, come sostiene la Commissione, le prove del centro di valutazione alle quali la ricorrente e gli altri tre candidati hanno partecipato sono state appositamente organizzate per dare esecuzione alle sentenze citate al punto 85 supra e hanno avuto luogo nel corso dell’anno 2023, ossia successivamente alle prove del centro di valutazione alle quali hanno partecipato i candidati iscritti nell’elenco di riserva, il che non è contestato dalla ricorrente.

141    La Commissione ha quindi dovuto organizzare le prove del centro di valutazione alle quali la ricorrente ha partecipato tenendo conto delle modalità con cui le precedenti prove del centro di valutazione erano state organizzate, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento tra tutti i candidati al concorso in questione.

142    In tale contesto, tenuto conto del fatto, da un lato, che, con riferimento al settore n. 5 per il quale la ricorrente concorreva, il bando di concorso indicava che, per le prove del centro di valutazione, doveva essere ammesso il triplo del numero dei candidati che potevano essere iscritti nell’elenco di riserva e, dall’altro, che, come sostiene la ricorrente, la commissione giudicatrice del concorso in questione era composta da un presidente, da quattro vicepresidenti e da 46 membri, si deve constatare che la scelta della Commissione di organizzare le prove del centro di valutazione alle quali la ricorrente ha partecipato con il vicepresidente e sei membri della commissione giudicatrice non può essere considerata una violazione del principio della parità di trattamento.

143    Infatti, in primo luogo, secondo la giurisprudenza, la stabilità della commissione giudicatrice può essere garantita sia dal suo presidente sia da uno dei suoi vicepresidenti (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione, F‑127/11, EU:F:2014:14, punto 75). In secondo luogo, il rapporto tra il numero massimo di candidati che potevano essere ammessi alle prove del centro di valutazione per il settore n. 5, ossia 30 candidati, e il numero di membri della commissione giudicatrice, ossia 46 membri, è sostanzialmente identico al rapporto tra il numero di quattro candidati, ossia la ricorrente e gli altri tre candidati, e il numero di membri della commissione giudicatrice, ossia sei membri, che hanno esaminato le prove del centro di valutazione organizzate per garantire il rispetto delle sentenze citate al punto 85 supra. Ne consegue che la ricorrente non può validamente sostenere che la composizione della commissione giudicatrice delle sue prove fosse diversa da quella della commissione giudicatrice delle prove del centro di valutazione alle quali hanno partecipato i candidati iscritti nell’elenco di riserva.

144    Sotto un secondo profilo, la Commissione rileva che, al fine di garantire la coerenza del punteggio, l’EPSO e la commissione giudicatrice hanno adottato le seguenti misure: esaminare le medesime competenze (generali e professionali); ricorrere a prove prestrutturate secondo una metodologia predeterminata utilizzando indicatori di comportamento predefiniti; applicare i medesimi criteri di valutazione a tutti i candidati; utilizzare lo stesso argomento di prova e organizzare prove della stessa durata; garantire la breve presenza del presidente o di un vicepresidente della commissione giudicatrice in ciascuna prova; organizzare riunioni periodiche di coordinamento della commissione giudicatrice durante l’intero periodo delle prove del centro di valutazione, nonché realizzare studi e analisi per verificare la coerenza della valutazione. Inoltre, ciascun membro della commissione giudicatrice avrebbe seguito una formazione specifica prima di assumere le proprie funzioni.

145    A tal riguardo, se è vero che la Commissione si limita ad esporre le misure adottate per garantire la coerenza della valutazione, resta il fatto che, nella replica, la ricorrente non rimette in discussione la veridicità dell’insieme di tali misure. Infatti, essa si limita a criticare il riferimento fatto alle riunioni periodiche di coordinamento della commissione giudicatrice, ritenendo che, poiché le prove del centro di valutazione si sono svolte nel corso di un singolo giorno, dette riunioni non fossero necessarie.

146    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo all’assenza di criteri per comprendere la scelta dei suoi valutatori, dall’allegato B.1 del controricorso risulta che durante il suo colloquio sulle competenze di settore i suoi valutatori erano A e B, durante la prova di gruppo i suoi valutatori erano B e C e durante il colloquio sulle competenze generali i suoi valutatori erano D ed E. Peraltro, è pacifico tra le parti che il vicepresidente della commissione giudicatrice, G, era presente durante la prova di gruppo e durante il colloquio sulle competenze generali. Per contro, la ricorrente afferma che G non era presente al colloquio sulle competenze di settore.

147    Pertanto, occorre constatare, in primo luogo, che, anche se la ricorrente sostiene di non comprendere i criteri con cui sono stati scelti A, B, C, D, E ed F, resta il fatto che tali sei valutatori figuravano nell’elenco dei membri della commissione giudicatrice. In secondo luogo, questi sei valutatori hanno potuto applicare le misure esposte al punto 144 supra, non contestate dalla ricorrente. In terzo luogo, dall’allegato B.1 del controricorso risulta che la ricorrente e l’altra candidata che ha scelto il settore n. 5 hanno sostenuto il colloquio sulle competenze di settore con A e B, mentre gli altri due candidati, che avevano scelto il settore n. 1, lo hanno svolto con E ed F. In quarto luogo, è pacifico tra le parti che G ha svolto la sua funzione di shadowing nel corso dell’esercizio di gruppo e dei colloqui relativi alle competenze generali. In quinto luogo, anche ammettendo che G non fosse presente al colloquio sulle competenze di settore, la sua assenza non è, di per sé, sufficiente per concludere nel senso di una violazione del principio della parità di trattamento, dal momento che gli elementi sopra esposti consentono di concludere nel senso della presenza di uno «zoccolo duro» durante le prove del centro di valutazione della ricorrente.

148    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla necessità di evitare un «effetto eco», occorre constatare che, contrariamente a quanto da essa affermato, la presenza dello stesso valutatore nell’ambito di due prove diverse garantisce il rispetto del principio di stabilità della commissione giudicatrice, cosicché non si può ritenere che si sia prodotto un «effetto eco», tale da poter comportare la violazione del principio della parità di trattamento. In tale contesto, sebbene la ricorrente sostenga che la prassi dell’EPSO sia di garantire la presenza di quattro valutatori e non di due durante i colloqui, essa non fornisce alcun elemento a dimostrazione di tale affermazione.

149    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che né gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del suo quinto motivo di ricorso, né il suo argomento relativo alla necessità di evitare un «effetto eco» fatto valere nell’ambito del suo secondo motivo di ricorso possono essere accolti.

150    Pertanto, il ricorso deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

151    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nondimeno, a norma dell’articolo 135, paragrafo 1, di detto regolamento, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sostenga, oltre alle proprie spese, soltanto una quota delle spese dell’altra parte, oppure che essa non debba essere condannata a tale titolo.

152    Nel caso di specie, il Tribunale ritiene che la mancata risposta esplicita della Commissione al reclamo della ricorrente prima della presentazione del ricorso abbia potuto favorire, in una certa misura, il sorgere della controversia. Pertanto, benché la ricorrente sia rimasta soccombente, costituisce equa valutazione dell’insieme delle circostanze del caso di specie statuire che ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Porchia

Jaeger

Nihoul

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 maggio 2025.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.

Provvedimento in causa n. T-1184/23 del 14/05/2025