SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)
29 gennaio 2025 (*)
« Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo Biorepair – Impedimenti alla registrazione assoluti – Assenza di carattere distintivo – Carattere descrittivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento (UE) 2017/1001 »
Nella causa T‑1128/23,
Coswell SpA, con sede in Funo di Argelato (Italia), rappresentata da P. Lazzarino, avvocato,
ricorrente,
contro
Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente,
convenuto,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione),
composto, al momento della deliberazione, da I. Nõmm, facente funzione di presidente, G. Steinfatt e D. Kukovec (relatore), giudici,
cancelliere: R. Ūkelytė, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento,
in seguito all’udienza del 16 ottobre 2024,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Coswell SpA, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 26 settembre 2023 (procedimento R 1234/2023-1) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).
Fatti
2 Il 21 aprile 2022 la ricorrente ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, ai sensi del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). Il marchio del quale è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo seguente:
3 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 3, 5 e 21 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:
– Classe 3: «Dentifrici; preparazioni non medicate e prodotti per l’igiene orale; prodotti per rinfrescare l’alito; collutori non per uso medico; prodotti per sbiancare i denti e per smacchiare i denti; dentifricio gel; dentifrici sotto forma di gomme da masticare»;
– Classe 5: «Sostanze abrasive per uso dentistico; collutori antibatterici; sostanze medicate per sbiancare i denti; gomme da masticare per uso medico; integratori alimentari per il riequilibrio del microbioma orale; dentifricio per uso medico»;
– Classe 21: «Spazzolini da denti; filo interdentale».
4 Il 26 maggio 2022 l’esaminatrice dell’EUIPO ha opposto un rifiuto provvisorio della protezione del marchio richiesto. Con decisione del 15 aprile 2023, ha respinto la domanda di marchio sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento. Ha respinto altresì la domanda della ricorrente volta al riconoscimento del carattere distintivo di tale marchio alla luce dell’uso che ne è stato fatto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, di detto regolamento.
5 Il 13 giugno 2023 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione dell’esaminatrice.
6 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha respinto il ricorso con la motivazione che la domanda di registrazione era in contrasto con gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento 2017/1001, per l’insieme dei prodotti menzionati al precedente punto 3. Infatti, secondo la Commissione di ricorso, il marchio richiesto era descrittivo dei prodotti di cui trattasi e, di conseguenza, privo di carattere distintivo. Inoltre, la Commissione di ricorso non ha riesaminato la rivendicazione del carattere distintivo acquisito mediante l’uso del marchio richiesto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, in quanto la decisione dell’esaminatrice non è stata contestata dalla ricorrente a tale riguardo.
Conclusioni delle parti
7 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– condannare l’EUIPO alle spese.
8 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese in caso di convocazione a un’udienza.
In diritto
9 La ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.
Sulla ricevibilità dei documenti prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale
10 La ricorrente ha prodotto, per la prima volta all’udienza dinanzi al Tribunale, un documento contenente due estratti che attestano le registrazioni del marchio BIOREPAIR da parte degli uffici nazionali in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, le quali hanno avuto luogo rispettivamente il 14 marzo e il 1º ottobre 2024.
11 Nelle osservazioni scritte presentate alla Cancelleria del Tribunale il 25 ottobre 2024, l’EUIPO, senza contestare esplicitamente la ricevibilità dei documenti summenzionati, sostiene, da un lato, che essi possono essere ammessi solo nel caso in cui siano stati prodotti esclusivamente al fine di illustrare una prassi decisionale nazionale da cui il Tribunale potrebbe trarre ispirazione. Dall’altro, l’EUIPO sottolinea che, se detti documenti fossero diretti a dimostrare elementi di natura fattuale, essi sarebbero irricevibili e non potrebbero essere presi in considerazione dal Tribunale. In ogni caso, secondo l’EUIPO, detti documenti non sono tali da mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata.
12 Occorre tuttavia rilevare che i documenti menzionati al precedente punto 10, sebbene prodotti per la prima volta dinnanzi al Tribunale, non costituiscono prove propriamente dette, ma concernono la prassi decisionale degli organi giurisdizionali nazionali, alla quale, ancorché essa sia successiva al procedimento dinnanzi all’EUIPO, una parte ha il diritto di fare riferimento [v. sentenza del 24 aprile 2024, Tsakiris/EUIPO – Coca-Cola 3E Ellados (Le Petit Déjeuner TSAKIRIS FAMILY), T‑303/23, non pubblicata, EU:T:2024:269, punto 21 e giurisprudenza citata].
13 Infatti, non si può impedire né alle parti né allo stesso Tribunale di ispirarsi, nell’interpretazione del diritto dell’Unione, ad elementi derivati dalla giurisprudenza nazionale, internazionale o del giudice dell’Unione. Una siffatta possibilità di riferirsi a decisioni nazionali e internazionali non ricade nell’ambito della giurisprudenza secondo la quale il ricorso di cui il Tribunale è investito ha ad oggetto il sindacato di legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso alla luce degli elementi presentati dalle parti dinanzi a queste ultime, giacché non si tratta di contestare alle commissioni di ricorso di non aver tenuto conto degli elementi di fatto contenuti in una specifica sentenza nazionale, internazionale o del giudice dell’Unione, ma di richiamare decisioni a sostegno di un motivo vertente sulla violazione da parte delle commissioni di ricorso di una disposizione del regolamento 2017/1001 (v., in tal senso, sentenza del 24 aprile 2024, Le Petit Déjeuner TSAKIRIS FAMILY, T‑303/23, non pubblicata, EU:T:2024:269, punto 22 e giurisprudenza citata).
14 In ogni caso, occorre rilevare che, poiché i documenti presentati dalla ricorrente sono successivi al deposito del ricorso, la ricorrente non avrebbe potuto presentarli insieme a quest’ultimo, il che giustifica il loro deposito tardivo alla luce dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, secondo il quale «le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento (...), a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».
15 Nelle circostanze del caso di specie, i documenti presentati dalla ricorrente in udienza devono quindi essere dichiarati ricevibili.
Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001
16 A sostegno del primo motivo di ricorso, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, per aver ritenuto che il marchio richiesto fosse descrittivo.
17 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
18 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio. In virtù dell’articolo 7, paragrafo 2, dello stesso regolamento, l’articolo 7, paragrafo 1, si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.
19 Perché il divieto enunciato dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/2001, si applichi a un segno, quest’ultimo deve presentare con i prodotti o servizi di cui trattasi un nesso sufficientemente diretto e concreto da consentire al pubblico di riferimento di percepire immediatamente e senza ulteriori riflessioni una descrizione dei prodotti o servizi di cui trattasi o una delle loro caratteristiche [v. sentenza del 2 dicembre 2020, BSH Hausgeräte/EUIPO (Home Connect), T‑152/20, non pubblicata, EU:T:2020:584, punto 15 e giurisprudenza citata].
20 La valutazione del carattere descrittivo di un segno può essere effettuata solo in relazione, da un lato, ai prodotti o ai servizi di cui trattasi e, dall’altro, alla comprensione che ne ha il pubblico di riferimento [v. sentenza del 25 ottobre 2005, Peek & Cloppenburg/UAMI (Cloppenburg), T‑379/03, EU:T:2005:373, punto 37 e giurisprudenza citata].
21 Nel caso di specie, la ricorrente non contesta la definizione del pubblico di riferimento accolta dalla commissione di ricorso, secondo la quale, in sostanza, i prodotti di cui trattasi sono destinati sia al pubblico in generale sia ai professionisti il cui livello di attenzione varia da medio a elevato in funzione del tipo di prodotto. Inoltre, secondo la commissione di ricorso, dato che gli elementi denominativi del marchio richiesto, vale a dire i termini «bio» e «repair», provengono dalla lingua inglese, occorre fondare la valutazione dell’idoneità alla protezione del marchio richiesto sulla percezione della parte anglofona del pubblico di riferimento. A tal proposito, la commissione di ricorso ha specificato che questa parte del pubblico di riferimento comprende i consumatori residenti segnatamente in Irlanda, Cipro, Malta, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia.
22 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare l’argomento della ricorrente.
Sul significato del marchio richiesto
23 Per quanto riguarda il significato del marchio richiesto, la commissione di ricorso ha ritenuto che, alla luce del significato dei suoi elementi denominativi «bio» e «repair», il pubblico di riferimento attribuirà a tale marchio il significato di «riparazione biologica».
24 In particolare, per quanto riguarda l’elemento denominativo «bio», la commissione di ricorso ha precisato che, secondo la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 29 aprile 2010, Kerma/UAMI (BIOPIETRA) (T‑586/08, non pubblicata, EU:T:2010:171, punti 24 e 25), tale elemento, nel senso stretto del termine, che deriva dal greco, significa «vita» o «vivente». Esso è altresì l’abbreviazione dell’aggettivo «biologico», del quale il termine «organico» è sinonimo. In particolare, nel commercio, tale termine può eventualmente essere percepito in modo differente a seconda del prodotto messo in vendita cui esso si ricollega, ma, in linea generale, detto temine rinvia all’idea di rispetto dell’ambiente, di utilizzo di materie naturali o anche di procedimenti di fabbricazione ecologici.
25 Per quanto riguarda il termine «repair», la commissione di ricorso, facendo riferimento al dizionario Collins, ha osservato che «una riparazione è qualcosa che tu fai per riparare un macchinario, un edificio, un capo di abbigliamento, o altra cosa che è stata danneggiata o che non funziona correttamente».
26 La ricorrente sostiene di non condividere tali valutazioni della commissione di ricorso. Da un lato, a suo avviso, il termine «biorepair» è stato arbitrariamente scomposto nei due elementi verbali «bio» e «repair». Dall’altro, sostiene che l’elemento «bio» non può essere ricondotto a un significato univoco, mentre l’elemento «repair» è connesso piuttosto a settori diversi da quello dell’igiene orale e si riferisce in particolare ad un oggetto rotto o malfunzionante che necessita di essere aggiustato.
27 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
28 In primo luogo, quanto all’affermazione della ricorrente relativa alla «scomposizione arbitraria» del marchio richiesto negli elementi denominativi «bio» e «repair», occorre osservare che la ricorrente non deduce alcun argomento concreto e suffragato al riguardo.
29 Occorre ricordare che, sebbene il consumatore medio di solito percepisca un marchio come un tutt’uno e non si dedichi a esaminarne i vari dettagli, ciò non toglie che il consumatore stesso, percependo un segno denominativo, lo scomporrà in elementi denominativi che gli suggeriscono un significato concreto o che somigliano a parole a lui note [v. sentenza del 1° febbraio 2023, NFL Properties Europe/EUIPO – Groupe Duval (DUUUVAL), T‑671/21, non pubblicata, EU:T:2023:33, punto 57 e giurisprudenza citata].
30 Come si evince dalle valutazioni della commissione di ricorso di cui ai precedenti punti 24 e 25, gli elementi denominativi «bio» e «repair» sono parole comuni che suggeriscono un significato concreto e immediatamente comprensibile per la parte anglofona del pubblico di riferimento, cosicché è molto probabile che quest’ultima li identificherà, nel marchio richiesto, come parole distinte.
31 In secondo luogo, per quanto riguarda la percezione degli elementi denominativi «bio» e «repair» da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, è giocoforza rilevare, anzitutto, che i significati di tali parole, come identificati dalla commissione di ricorso, sono confermati, rispettivamente, dalla giurisprudenza del Tribunale e dal dizionario Collins (v. punti 24 e 25 supra). Non vi è alcun motivo di contestare tali significati, i quali sono peraltro significati basilari ben noti, non vaghi e non astrusi.
32 Occorre poi osservare, al pari dell’EUIPO, che i prodotti di cui trattasi servono a curare o a ripristinare la salute dei denti. Nel contesto di tali prodotti, la percezione della parola «repair», come descritta al precedente punto 25, è del tutto logica e possibile. Analogamente, occorre sottolineare che le cose oggetto di riparazione, di cui alla definizione della parola «repair» richiamata in detto punto, vale a dire «un macchinario», «un edificio» o «un capo di abbigliamento», sono indicate meramente a titolo esemplificativo, cosicché la ricorrente non può validamente sostenere che tale parola sia tipicamente associata a tali oggetti e, pertanto, a settori diversi dal settore dell’igiene orale. Inoltre, sebbene il termine «riparazione» possa essere utilizzato più spesso in relazione ad oggetti, la parte anglofona del pubblico di riferimento, nel contesto dei prodotti in questione, creerà immediatamente, e senza ulteriori riflessioni, un nesso tra detto termine e i termini «cura» o «curare», che sono più generalmente utilizzati in relazione agli esseri viventi.
33 Infine, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la registrazione di un segno denominativo deve essere negata se almeno uno dei suoi significati potenziali designa una caratteristica dei prodotti o dei servizi di cui trattasi [v. sentenza del 9 giugno 2010, Hoelzer/UAMI (SAFELOAD), T‑315/09, non pubblicata, EU:T:2010:227, punto 27 e giurisprudenza citata].
34 Alla luce di tale giurisprudenza, sono in ogni caso privi di pertinenza gli argomenti della ricorrente secondo cui il segno in esame potrebbe evocare significati o associazioni diversi da quelli individuati dalla commissione di ricorso.
35 Ne consegue che il pubblico di riferimento è in grado di comprendere il significato di entrambi i termini «bio» e «repair» considerati isolatamente.
36 In terzo luogo, a parte gli argomenti volti a contestare il significato dei termini «bio» e «repair», la ricorrente non deduce altri argomenti al fine di contestare la conclusione della commissione di ricorso secondo cui la parte anglofona del pubblico di riferimento attribuirà al termine «biorepair» il significato di «riparazione biologica». Essa sottolinea tuttavia di non condividere tale significato del marchio richiesto.
37 A tal riguardo, occorre ricordare che un marchio costituito da una parola composta da elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione è esso stesso descrittivo di dette caratteristiche, a meno che non esista uno scarto percettibile tra la parola e la semplice somma degli elementi che la compongono. Ciò presuppone che, in considerazione del carattere insolito della combinazione rispetto a detti prodotti o servizi, la parola crei un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione delle indicazioni fornite dagli elementi che la compongono, in modo tale da prevalere sulla somma di questi ultimi [v. sentenza del 26 luglio 2023, Yayla Türk/EUIPO – Marmara Import-Export (Sütat), T‑315/22, non pubblicata, EU:T:2023:432, punto 58 e giurisprudenza citata].
38 Nel caso di specie, tenuto conto del fatto che i termini «bio» e «repair» sono facilmente e immediatamente riconoscibili, che la loro combinazione non presenta un carattere inusuale rispetto ai prodotti di cui trattasi e che il termine «biorepair» è conforme alle regole grammaticali della lingua inglese, si deve ritenere che tale termine non crei, presso il pubblico di riferimento, un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice giustapposizione degli elementi che lo compongono tale che il termine in questione prevalga sulla somma di detti elementi [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2022, Brand Energy Holdings/EUIPO (RAPIDGUARD), T‑573/21, non pubblicata, EU:T:2022:450, punto 39].
39 Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che la parte anglofona del pubblico di riferimento attribuirà al termine «biorepair» il significato di «riparazione biologica».
Sul nesso tra il significato del marchio richiesto e i prodotti di cui trattasi
40 Per quanto riguarda il nesso tra il marchio richiesto e i prodotti di cui trattasi, la commissione di ricorso ha rilevato che questi ultimi erano tutti destinati alla cura, al trattamento e all’igiene dei denti, delle gengive e del cavo orale in generale. Essa ha considerato che il marchio richiesto informerà la parte anglofona del pubblico di riferimento del fatto che tali prodotti sono di origine naturale e che hanno la funzione di riparare lo smalto dentale o sono indicati a seguito di un trattamento dentistico di riparazione dei denti. La commissione di ricorso ha concluso che il marchio richiesto era descrittivo dei prodotti di cui trattasi.
41 La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il marchio richiesto avesse carattere descrittivo dei prodotti di cui trattasi. Da un lato, essa contesta alla commissione di ricorso di non aver valutato, nell’ambito del suo esame, il marchio richiesto nel suo insieme. Dall’altro, la ricorrente sostiene, in sostanza, che il pubblico di riferimento non assocerà, immediatamente e senza ulteriori riflessioni, il significato del marchio richiesto alle caratteristiche, alla finalità o al tipo dei prodotti di cui trattasi. Il segno richiesto potrebbe essere ritenuto, tutt’al più, suggestivo e allusivo.
42 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
43 Ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, occorre esaminare se esista, dal punto di vista del pubblico di riferimento, un nesso sufficientemente diretto e concreto tra il segno richiesto e i prodotti di cui trattasi.
44 In primo luogo, occorre ricordare che, se la registrazione di un marchio viene chiesta per vari prodotti e servizi, la commissione di ricorso deve verificare in concreto che detto marchio non rientri nella sfera di applicazione di alcun impedimento alla registrazione stabilito dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 relativamente a ciascuno di tali prodotti o servizi e può giungere a conclusioni diverse a seconda dei prodotti o dei servizi considerati. Pertanto, qualora la commissione di ricorso rifiuti la registrazione di un marchio, essa è tenuta ad indicare nella sua decisione la conclusione a cui è pervenuta per ciascuno dei prodotti e servizi di cui alla domanda di registrazione, indipendentemente dal modo in cui tale domanda è stata formulata. Tuttavia, qualora lo stesso impedimento sia opposto per una categoria di prodotti o servizi, l’autorità competente può limitarsi ad una motivazione complessiva per tutti i prodotti o i servizi interessati [v. sentenza del 15 novembre 2023, Medela/EUIPO (THE SCIENCE OF CARE), T‑97/23, non pubblicata, EU:T:2023:719, punto 24 e giurisprudenza citata].
45 Nel caso di specie, come osservato dalla commissione di ricorso, i prodotti di cui trattasi sono tutti destinati alla cura, al trattamento e all’igiene dei denti, delle gengive e del cavo orale in generale, cosicché essi condividono una finalità comune. Alla luce della giurisprudenza citata al precedente 44, la commissione di ricorso ha quindi giustamente rilevato che l’esame della registrabilità del segno richiesto poteva essere effettuato fornendo una motivazione complessiva per tutti i prodotti di cui trattasi. In ogni caso, occorre osservare che la commissione di ricorso non solo ha fornito una tale motivazione complessiva, ma ha anche svolto un’analisi dettagliata del nesso esistente tra il significato del marchio richiesto e ciascuna categoria dei prodotti di cui trattasi.
46 In secondo luogo, come sottolineato dalla ricorrente, perché un marchio costituito da un neologismo o da una parola risultante da una combinazione di elementi sia considerato descrittivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, non è sufficiente che un eventuale carattere descrittivo venga constatato per ciascuno di detti elementi. Tale carattere deve essere constatato anche per il neologismo o la parola nel suo complesso [v., per analogia, sentenza del 19 aprile 2016, Spirig Pharma/EUIPO (Daylong), T‑261/15, non pubblicata, EU:T:2016:220, punto 20 e giurisprudenza citata].
47 Vero è che dalla motivazione della decisione impugnata risulta che la conclusione della commissione di ricorso in merito al carattere descrittivo del marchio richiesto si basa soprattutto sulla percezione, da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, delle parole «bio» e «repair», che possono essere identificate come tali nel marchio richiesto. Tuttavia, non si può contestare alla commissione di ricorso di essere giunta a detta conclusione senza tener conto del segno richiesto nel suo insieme.
48 Infatti, da un lato, occorre ricordare che, nell’esaminare la percezione del marchio richiesto da parte del pubblico di riferimento, la commissione di ricorso ha analizzato sia il significato delle parole «bio» e «repair» sia il significato della loro giustapposizione, il che l’ha indotta a concludere, al paragrafo 31 della decisione impugnata, che al segno richiesto, nel suo insieme, verrà attribuito il significato di «riparazione biologica». Dall’altro, la commissione di ricorso ha esplicitamente rilevato, al punto 46 della decisione impugnata, che la combinazione delle parole «bio» e «repair» non crea alcuna difficoltà concettuale e che il pubblico di riferimento non avrà alcuna difficoltà a percepire il suo significato descrittivo.
49 Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso, in sede di esame, ha correttamente applicato la giurisprudenza di cui al precedente punto 46.
50 In terzo luogo, la commissione di ricorso ha, in sostanza, correttamente indicato che i prodotti di cui trattasi possono essere utilizzati per la riparazione dello smalto dentale o essere adoperati a seguito di un intervento dentistico di riparazione dei denti. Inoltre, come sottolineato dalla commissione di ricorso, l’origine naturale può costituire una caratteristica importante di tali prodotti per i consumatori.
51 Tenuto conto, da un lato, della percezione della parola «biorepair», da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, come «riparazione biologica», e, dall’altro, delle caratteristiche potenziali dei prodotti di cui trattasi descritte al precedente punto 50, è giocoforza rilevare che il marchio richiesto sarà inteso nel senso che esso indica che i prodotti di cui trattasi possiedono tali caratteristiche. Più precisamente, la parola «biorepair» significherà per la parte anglofona del pubblico di riferimento che i prodotti di cui trattasi, i quali sono di natura biologica e, pertanto, naturale, hanno la funzione di riparare lo smalto dentale o sono indicati a seguito di un trattamento dentistico di riparazione dei denti.
52 Ne consegue che il marchio richiesto ha un significato immediatamente comprensibile e descrittivo delle caratteristiche dei prodotti di cui trattasi. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale significato non può essere considerato meramente allusivo e suggestivo, in quanto rinvia chiaramente e direttamente a caratteristiche che i prodotti di cui trattasi possono possedere.
53 A tal proposito, va sottolineato che, contrariamente a quanto sembra sostenere la ricorrente, il fatto che sei punti della decisione impugnata siano dedicati al ragionamento relativo al carattere descrittivo del marchio richiesto non dimostra in alcun modo la necessità di uno sforzo mentale della parte anglofona del pubblico di riferimento per percepire il significato descrittivo del termine «biorepair» per i prodotti di cui trattasi.
54 Infatti, come sostenuto dall’EUIPO, la spiegazione dettagliata, alla quale fa riferimento la ricorrente, è stata fornita dalla commissione di ricorso al fine di definire la percezione del pubblico di riferimento del marchio richiesto per ciascuna categoria di prodotti, anche se, come indicato al precedente punto 45, una motivazione globale per l’insieme dei prodotti in questione sarebbe stata sufficiente nel caso di specie.
55 Da tale motivazione si evince che la percezione del marchio richiesto, da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, è fondata sul significato abituale delle parole «bio» e «repair», che presentano un nesso diretto e concreto con i prodotti di cui trattasi. Il significato del marchio richiesto, considerato nel suo insieme, deriva chiaramente e direttamente dalla semplice giustapposizione dei due elementi denominativi che lo compongono. Si deve quindi constatare che non è richiesto alcuno sforzo mentale del pubblico di riferimento.
56 Analogamente, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il fatto che il marchio richiesto non contenga in sé alcun riferimento allo smalto dentale o al settore dell’igiene orale non impedirà al pubblico di riferimento di associare, tenuto conto dei prodotti di cui trattasi, il termine «repair» alla riparazione dei denti e, più precisamente, alla riparazione dello smalto dentale. Infatti, per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi che, come indicato al precedente punto 50, possono avere caratteristiche connesse alla riparazione dello smalto dentale, la parte anglofona del pubblico di riferimento non esiterà ad associare il termine «repair» alle suddette caratteristiche, sebbene lo smalto dentale non sia direttamente menzionato dal marchio richiesto.
57 Inoltre, sebbene la ricorrente sostenga che il pubblico di riferimento non individui i prodotti di cui trattasi con il termine «biorepair», è sufficiente ricordare che, affinché l’EUIPO opponga un rifiuto di registrazione sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, non è necessario che il segno in causa sia effettivamente utilizzato, al momento della domanda di registrazione, a fini descrittivi. È sufficiente che detto segno possa essere utilizzato a tal fine (v. sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 38 e giurisprudenza citata).
58 In aggiunta, per quanto riguarda l’elemento figurativo del marchio richiesto, vale a dire la rappresentazione grafica del termine «biorepair», occorre osservare, al pari della commissione di ricorso, che esso non è idoneo a modificare in modo significativo il carattere descrittivo dell’elemento denominativo di detto marchio in relazione ai prodotti di cui trattasi. Infatti, detta rappresentazione grafica banale non basta a distogliere il pubblico di riferimento dal messaggio descrittivo veicolato dall’elemento denominativo.
59 Tenuto conto di tutto quanto precede, è giocoforza rilevare che la commissione di ricorso ha correttamente dichiarato che il marchio richiesto doveva essere ritenuto descrittivo dei prodotti di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001.
60 Inoltre, per quanto riguarda i documenti prodotti dalla ricorrente all’udienza dinanzi al Tribunale, ossia due estratti che attestano le registrazioni del marchio BIOREPAIR da parte degli uffici nazionali in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, è sufficiente rilevare che dette registrazioni non consentono di dimostrare che, nel caso di specie, la commissione di ricorso sia incorsa in un errore nell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001. Infatti, da un lato, le disposizioni contenute nel capo XIII del regolamento 2017/1001 non istituiscono alcun obbligo per l’EUIPO di riconoscere decisioni relative alla registrazione di un marchio internazionale adottate in paesi terzi. Dall’altro, il regime dei marchi dell’Unione europea è un sistema autonomo, costituito da un insieme di norme e che persegue obiettivi ad esso specifici, la cui applicazione resta indipendente da qualsiasi sistema nazionale. Dunque, l’idoneità alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea deve essere valutata esclusivamente sulla base della pertinente normativa dell’Unione. L’EUIPO e, se del caso, il giudice dell’Unione non sono vincolati da una decisione emanata in un paese terzo che ammetta la registrabilità del medesimo segno come marchio nazionale. Ciò vale anche nel caso in cui una tale decisione sia stata presa in un paese appartenente all’area linguistica dalla quale trae origine il segno in questione [v., per analogia, sentenza del 15 marzo 2023, Katjes Fassin/EUIPO (THE FUTURE IS PLANT-BASED), T‑133/22, non pubblicata, EU:T:2023:129, punto 36].
61 Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere respinto.
Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001
62 Nell’ambito del secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, la ricorrente sostiene, in sostanza, che il marchio richiesto non è privo di carattere distintivo.
63 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
64 Dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 risulta che è sufficiente che trovi applicazione uno degli impedimenti assoluti alla registrazione ivi elencati affinché il segno non possa essere registrato come marchio dell’Unione europea [v. ordinanza del 13 febbraio 2008, Indorata-Serviços e Gestão/UAMI, C‑212/07 P, non pubblicata, EU:C:2008:83, punto 27; v., altresì, sentenza del 21 settembre 2017, InvoiceAuction B2B/EUIPO (INVOICE AUCTION), T‑789/16, non pubblicata, EU:T:2017:638, punto 49 e giurisprudenza citata].
65 Nel caso di specie, dal momento che è stato constatato che il marchio richiesto era descrittivo dei prodotti di cui trattasi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 e che tale impedimento giustifica di per sé il rifiuto di registrazione, il secondo motivo di ricorso, vertente su una violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, non può, nel caso di specie, essere utilmente dedotto e deve, pertanto, essere respinto.
66 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Sulle spese
67 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
68 Poiché l’EUIPO ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente ed essendo stata organizzata un’udienza, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Coswell SpA è condannata alle spese.
Nõmm |
Steinfatt |
Kukovec |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 gennaio 2025.
Il cancelliere |
Il presidente |
V. Di Bucci |
S. Papasavvas |
* Lingua processuale: l’italiano.
![]() SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione) 29 gennaio 2025 (*)
« Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo Biorepair – Impedimenti alla registrazione assoluti – Assenza di carattere distintivo – Carattere descrittivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento (UE) 2017/1001 » Nella causa T‑1128/23, Coswell SpA, con sede in Funo di Argelato (Italia), rappresentata da P. Lazzarino, avvocato, ricorrente, contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente, convenuto, IL TRIBUNALE (Terza Sezione), composto, al momento della deliberazione, da I. Nõmm, facente funzione di presidente, G. Steinfatt e D. Kukovec (relatore), giudici, cancelliere: R. Ūkelytė, amministratrice vista la fase scritta del procedimento, in seguito all’udienza del 16 ottobre 2024, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 Con ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Coswell SpA, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 26 settembre 2023 (procedimento R 1234/2023-1) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Fatti 2 Il 21 aprile 2022 la ricorrente ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, ai sensi del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). Il marchio del quale è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo seguente: 3 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 3, 5 e 21 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione: – Classe 3: «Dentifrici; preparazioni non medicate e prodotti per l’igiene orale; prodotti per rinfrescare l’alito; collutori non per uso medico; prodotti per sbiancare i denti e per smacchiare i denti; dentifricio gel; dentifrici sotto forma di gomme da masticare»; – Classe 5: «Sostanze abrasive per uso dentistico; collutori antibatterici; sostanze medicate per sbiancare i denti; gomme da masticare per uso medico; integratori alimentari per il riequilibrio del microbioma orale; dentifricio per uso medico»; – Classe 21: «Spazzolini da denti; filo interdentale». 4 Il 26 maggio 2022 l’esaminatrice dell’EUIPO ha opposto un rifiuto provvisorio della protezione del marchio richiesto. Con decisione del 15 aprile 2023, ha respinto la domanda di marchio sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento. Ha respinto altresì la domanda della ricorrente volta al riconoscimento del carattere distintivo di tale marchio alla luce dell’uso che ne è stato fatto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, di detto regolamento. 5 Il 13 giugno 2023 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione dell’esaminatrice. 6 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha respinto il ricorso con la motivazione che la domanda di registrazione era in contrasto con gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento 2017/1001, per l’insieme dei prodotti menzionati al precedente punto 3. Infatti, secondo la Commissione di ricorso, il marchio richiesto era descrittivo dei prodotti di cui trattasi e, di conseguenza, privo di carattere distintivo. Inoltre, la Commissione di ricorso non ha riesaminato la rivendicazione del carattere distintivo acquisito mediante l’uso del marchio richiesto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, in quanto la decisione dell’esaminatrice non è stata contestata dalla ricorrente a tale riguardo. Conclusioni delle parti 7 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: – annullare la decisione impugnata; – condannare l’EUIPO alle spese. 8 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare la ricorrente alle spese in caso di convocazione a un’udienza. In diritto 9 La ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento. Sulla ricevibilità dei documenti prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale 10 La ricorrente ha prodotto, per la prima volta all’udienza dinanzi al Tribunale, un documento contenente due estratti che attestano le registrazioni del marchio BIOREPAIR da parte degli uffici nazionali in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, le quali hanno avuto luogo rispettivamente il 14 marzo e il 1º ottobre 2024. 11 Nelle osservazioni scritte presentate alla Cancelleria del Tribunale il 25 ottobre 2024, l’EUIPO, senza contestare esplicitamente la ricevibilità dei documenti summenzionati, sostiene, da un lato, che essi possono essere ammessi solo nel caso in cui siano stati prodotti esclusivamente al fine di illustrare una prassi decisionale nazionale da cui il Tribunale potrebbe trarre ispirazione. Dall’altro, l’EUIPO sottolinea che, se detti documenti fossero diretti a dimostrare elementi di natura fattuale, essi sarebbero irricevibili e non potrebbero essere presi in considerazione dal Tribunale. In ogni caso, secondo l’EUIPO, detti documenti non sono tali da mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata. 12 Occorre tuttavia rilevare che i documenti menzionati al precedente punto 10, sebbene prodotti per la prima volta dinnanzi al Tribunale, non costituiscono prove propriamente dette, ma concernono la prassi decisionale degli organi giurisdizionali nazionali, alla quale, ancorché essa sia successiva al procedimento dinnanzi all’EUIPO, una parte ha il diritto di fare riferimento [v. sentenza del 24 aprile 2024, Tsakiris/EUIPO – Coca-Cola 3E Ellados (Le Petit Déjeuner TSAKIRIS FAMILY), T‑303/23, non pubblicata, EU:T:2024:269, punto 21 e giurisprudenza citata]. 13 Infatti, non si può impedire né alle parti né allo stesso Tribunale di ispirarsi, nell’interpretazione del diritto dell’Unione, ad elementi derivati dalla giurisprudenza nazionale, internazionale o del giudice dell’Unione. Una siffatta possibilità di riferirsi a decisioni nazionali e internazionali non ricade nell’ambito della giurisprudenza secondo la quale il ricorso di cui il Tribunale è investito ha ad oggetto il sindacato di legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso alla luce degli elementi presentati dalle parti dinanzi a queste ultime, giacché non si tratta di contestare alle commissioni di ricorso di non aver tenuto conto degli elementi di fatto contenuti in una specifica sentenza nazionale, internazionale o del giudice dell’Unione, ma di richiamare decisioni a sostegno di un motivo vertente sulla violazione da parte delle commissioni di ricorso di una disposizione del regolamento 2017/1001 (v., in tal senso, sentenza del 24 aprile 2024, Le Petit Déjeuner TSAKIRIS FAMILY, T‑303/23, non pubblicata, EU:T:2024:269, punto 22 e giurisprudenza citata). 14 In ogni caso, occorre rilevare che, poiché i documenti presentati dalla ricorrente sono successivi al deposito del ricorso, la ricorrente non avrebbe potuto presentarli insieme a quest’ultimo, il che giustifica il loro deposito tardivo alla luce dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, secondo il quale «le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento (...), a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato». 15 Nelle circostanze del caso di specie, i documenti presentati dalla ricorrente in udienza devono quindi essere dichiarati ricevibili. Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 16 A sostegno del primo motivo di ricorso, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, per aver ritenuto che il marchio richiesto fosse descrittivo. 17 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 18 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio. In virtù dell’articolo 7, paragrafo 2, dello stesso regolamento, l’articolo 7, paragrafo 1, si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione. 19 Perché il divieto enunciato dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/2001, si applichi a un segno, quest’ultimo deve presentare con i prodotti o servizi di cui trattasi un nesso sufficientemente diretto e concreto da consentire al pubblico di riferimento di percepire immediatamente e senza ulteriori riflessioni una descrizione dei prodotti o servizi di cui trattasi o una delle loro caratteristiche [v. sentenza del 2 dicembre 2020, BSH Hausgeräte/EUIPO (Home Connect), T‑152/20, non pubblicata, EU:T:2020:584, punto 15 e giurisprudenza citata]. 20 La valutazione del carattere descrittivo di un segno può essere effettuata solo in relazione, da un lato, ai prodotti o ai servizi di cui trattasi e, dall’altro, alla comprensione che ne ha il pubblico di riferimento [v. sentenza del 25 ottobre 2005, Peek & Cloppenburg/UAMI (Cloppenburg), T‑379/03, EU:T:2005:373, punto 37 e giurisprudenza citata]. 21 Nel caso di specie, la ricorrente non contesta la definizione del pubblico di riferimento accolta dalla commissione di ricorso, secondo la quale, in sostanza, i prodotti di cui trattasi sono destinati sia al pubblico in generale sia ai professionisti il cui livello di attenzione varia da medio a elevato in funzione del tipo di prodotto. Inoltre, secondo la commissione di ricorso, dato che gli elementi denominativi del marchio richiesto, vale a dire i termini «bio» e «repair», provengono dalla lingua inglese, occorre fondare la valutazione dell’idoneità alla protezione del marchio richiesto sulla percezione della parte anglofona del pubblico di riferimento. A tal proposito, la commissione di ricorso ha specificato che questa parte del pubblico di riferimento comprende i consumatori residenti segnatamente in Irlanda, Cipro, Malta, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia. 22 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare l’argomento della ricorrente. Sul significato del marchio richiesto 23 Per quanto riguarda il significato del marchio richiesto, la commissione di ricorso ha ritenuto che, alla luce del significato dei suoi elementi denominativi «bio» e «repair», il pubblico di riferimento attribuirà a tale marchio il significato di «riparazione biologica». 24 In particolare, per quanto riguarda l’elemento denominativo «bio», la commissione di ricorso ha precisato che, secondo la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 29 aprile 2010, Kerma/UAMI (BIOPIETRA) (T‑586/08, non pubblicata, EU:T:2010:171, punti 24 e 25), tale elemento, nel senso stretto del termine, che deriva dal greco, significa «vita» o «vivente». Esso è altresì l’abbreviazione dell’aggettivo «biologico», del quale il termine «organico» è sinonimo. In particolare, nel commercio, tale termine può eventualmente essere percepito in modo differente a seconda del prodotto messo in vendita cui esso si ricollega, ma, in linea generale, detto temine rinvia all’idea di rispetto dell’ambiente, di utilizzo di materie naturali o anche di procedimenti di fabbricazione ecologici. 25 Per quanto riguarda il termine «repair», la commissione di ricorso, facendo riferimento al dizionario Collins, ha osservato che «una riparazione è qualcosa che tu fai per riparare un macchinario, un edificio, un capo di abbigliamento, o altra cosa che è stata danneggiata o che non funziona correttamente». 26 La ricorrente sostiene di non condividere tali valutazioni della commissione di ricorso. Da un lato, a suo avviso, il termine «biorepair» è stato arbitrariamente scomposto nei due elementi verbali «bio» e «repair». Dall’altro, sostiene che l’elemento «bio» non può essere ricondotto a un significato univoco, mentre l’elemento «repair» è connesso piuttosto a settori diversi da quello dell’igiene orale e si riferisce in particolare ad un oggetto rotto o malfunzionante che necessita di essere aggiustato. 27 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 28 In primo luogo, quanto all’affermazione della ricorrente relativa alla «scomposizione arbitraria» del marchio richiesto negli elementi denominativi «bio» e «repair», occorre osservare che la ricorrente non deduce alcun argomento concreto e suffragato al riguardo. 29 Occorre ricordare che, sebbene il consumatore medio di solito percepisca un marchio come un tutt’uno e non si dedichi a esaminarne i vari dettagli, ciò non toglie che il consumatore stesso, percependo un segno denominativo, lo scomporrà in elementi denominativi che gli suggeriscono un significato concreto o che somigliano a parole a lui note [v. sentenza del 1° febbraio 2023, NFL Properties Europe/EUIPO – Groupe Duval (DUUUVAL), T‑671/21, non pubblicata, EU:T:2023:33, punto 57 e giurisprudenza citata]. 30 Come si evince dalle valutazioni della commissione di ricorso di cui ai precedenti punti 24 e 25, gli elementi denominativi «bio» e «repair» sono parole comuni che suggeriscono un significato concreto e immediatamente comprensibile per la parte anglofona del pubblico di riferimento, cosicché è molto probabile che quest’ultima li identificherà, nel marchio richiesto, come parole distinte. 31 In secondo luogo, per quanto riguarda la percezione degli elementi denominativi «bio» e «repair» da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, è giocoforza rilevare, anzitutto, che i significati di tali parole, come identificati dalla commissione di ricorso, sono confermati, rispettivamente, dalla giurisprudenza del Tribunale e dal dizionario Collins (v. punti 24 e 25 supra). Non vi è alcun motivo di contestare tali significati, i quali sono peraltro significati basilari ben noti, non vaghi e non astrusi. 32 Occorre poi osservare, al pari dell’EUIPO, che i prodotti di cui trattasi servono a curare o a ripristinare la salute dei denti. Nel contesto di tali prodotti, la percezione della parola «repair», come descritta al precedente punto 25, è del tutto logica e possibile. Analogamente, occorre sottolineare che le cose oggetto di riparazione, di cui alla definizione della parola «repair» richiamata in detto punto, vale a dire «un macchinario», «un edificio» o «un capo di abbigliamento», sono indicate meramente a titolo esemplificativo, cosicché la ricorrente non può validamente sostenere che tale parola sia tipicamente associata a tali oggetti e, pertanto, a settori diversi dal settore dell’igiene orale. Inoltre, sebbene il termine «riparazione» possa essere utilizzato più spesso in relazione ad oggetti, la parte anglofona del pubblico di riferimento, nel contesto dei prodotti in questione, creerà immediatamente, e senza ulteriori riflessioni, un nesso tra detto termine e i termini «cura» o «curare», che sono più generalmente utilizzati in relazione agli esseri viventi. 33 Infine, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la registrazione di un segno denominativo deve essere negata se almeno uno dei suoi significati potenziali designa una caratteristica dei prodotti o dei servizi di cui trattasi [v. sentenza del 9 giugno 2010, Hoelzer/UAMI (SAFELOAD), T‑315/09, non pubblicata, EU:T:2010:227, punto 27 e giurisprudenza citata]. 34 Alla luce di tale giurisprudenza, sono in ogni caso privi di pertinenza gli argomenti della ricorrente secondo cui il segno in esame potrebbe evocare significati o associazioni diversi da quelli individuati dalla commissione di ricorso. 35 Ne consegue che il pubblico di riferimento è in grado di comprendere il significato di entrambi i termini «bio» e «repair» considerati isolatamente. 36 In terzo luogo, a parte gli argomenti volti a contestare il significato dei termini «bio» e «repair», la ricorrente non deduce altri argomenti al fine di contestare la conclusione della commissione di ricorso secondo cui la parte anglofona del pubblico di riferimento attribuirà al termine «biorepair» il significato di «riparazione biologica». Essa sottolinea tuttavia di non condividere tale significato del marchio richiesto. 37 A tal riguardo, occorre ricordare che un marchio costituito da una parola composta da elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione è esso stesso descrittivo di dette caratteristiche, a meno che non esista uno scarto percettibile tra la parola e la semplice somma degli elementi che la compongono. Ciò presuppone che, in considerazione del carattere insolito della combinazione rispetto a detti prodotti o servizi, la parola crei un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione delle indicazioni fornite dagli elementi che la compongono, in modo tale da prevalere sulla somma di questi ultimi [v. sentenza del 26 luglio 2023, Yayla Türk/EUIPO – Marmara Import-Export (Sütat), T‑315/22, non pubblicata, EU:T:2023:432, punto 58 e giurisprudenza citata]. 38 Nel caso di specie, tenuto conto del fatto che i termini «bio» e «repair» sono facilmente e immediatamente riconoscibili, che la loro combinazione non presenta un carattere inusuale rispetto ai prodotti di cui trattasi e che il termine «biorepair» è conforme alle regole grammaticali della lingua inglese, si deve ritenere che tale termine non crei, presso il pubblico di riferimento, un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice giustapposizione degli elementi che lo compongono tale che il termine in questione prevalga sulla somma di detti elementi [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2022, Brand Energy Holdings/EUIPO (RAPIDGUARD), T‑573/21, non pubblicata, EU:T:2022:450, punto 39]. 39 Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che la parte anglofona del pubblico di riferimento attribuirà al termine «biorepair» il significato di «riparazione biologica». Sul nesso tra il significato del marchio richiesto e i prodotti di cui trattasi 40 Per quanto riguarda il nesso tra il marchio richiesto e i prodotti di cui trattasi, la commissione di ricorso ha rilevato che questi ultimi erano tutti destinati alla cura, al trattamento e all’igiene dei denti, delle gengive e del cavo orale in generale. Essa ha considerato che il marchio richiesto informerà la parte anglofona del pubblico di riferimento del fatto che tali prodotti sono di origine naturale e che hanno la funzione di riparare lo smalto dentale o sono indicati a seguito di un trattamento dentistico di riparazione dei denti. La commissione di ricorso ha concluso che il marchio richiesto era descrittivo dei prodotti di cui trattasi. 41 La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il marchio richiesto avesse carattere descrittivo dei prodotti di cui trattasi. Da un lato, essa contesta alla commissione di ricorso di non aver valutato, nell’ambito del suo esame, il marchio richiesto nel suo insieme. Dall’altro, la ricorrente sostiene, in sostanza, che il pubblico di riferimento non assocerà, immediatamente e senza ulteriori riflessioni, il significato del marchio richiesto alle caratteristiche, alla finalità o al tipo dei prodotti di cui trattasi. Il segno richiesto potrebbe essere ritenuto, tutt’al più, suggestivo e allusivo. 42 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 43 Ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, occorre esaminare se esista, dal punto di vista del pubblico di riferimento, un nesso sufficientemente diretto e concreto tra il segno richiesto e i prodotti di cui trattasi. 44 In primo luogo, occorre ricordare che, se la registrazione di un marchio viene chiesta per vari prodotti e servizi, la commissione di ricorso deve verificare in concreto che detto marchio non rientri nella sfera di applicazione di alcun impedimento alla registrazione stabilito dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 relativamente a ciascuno di tali prodotti o servizi e può giungere a conclusioni diverse a seconda dei prodotti o dei servizi considerati. Pertanto, qualora la commissione di ricorso rifiuti la registrazione di un marchio, essa è tenuta ad indicare nella sua decisione la conclusione a cui è pervenuta per ciascuno dei prodotti e servizi di cui alla domanda di registrazione, indipendentemente dal modo in cui tale domanda è stata formulata. Tuttavia, qualora lo stesso impedimento sia opposto per una categoria di prodotti o servizi, l’autorità competente può limitarsi ad una motivazione complessiva per tutti i prodotti o i servizi interessati [v. sentenza del 15 novembre 2023, Medela/EUIPO (THE SCIENCE OF CARE), T‑97/23, non pubblicata, EU:T:2023:719, punto 24 e giurisprudenza citata]. 45 Nel caso di specie, come osservato dalla commissione di ricorso, i prodotti di cui trattasi sono tutti destinati alla cura, al trattamento e all’igiene dei denti, delle gengive e del cavo orale in generale, cosicché essi condividono una finalità comune. Alla luce della giurisprudenza citata al precedente 44, la commissione di ricorso ha quindi giustamente rilevato che l’esame della registrabilità del segno richiesto poteva essere effettuato fornendo una motivazione complessiva per tutti i prodotti di cui trattasi. In ogni caso, occorre osservare che la commissione di ricorso non solo ha fornito una tale motivazione complessiva, ma ha anche svolto un’analisi dettagliata del nesso esistente tra il significato del marchio richiesto e ciascuna categoria dei prodotti di cui trattasi. 46 In secondo luogo, come sottolineato dalla ricorrente, perché un marchio costituito da un neologismo o da una parola risultante da una combinazione di elementi sia considerato descrittivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, non è sufficiente che un eventuale carattere descrittivo venga constatato per ciascuno di detti elementi. Tale carattere deve essere constatato anche per il neologismo o la parola nel suo complesso [v., per analogia, sentenza del 19 aprile 2016, Spirig Pharma/EUIPO (Daylong), T‑261/15, non pubblicata, EU:T:2016:220, punto 20 e giurisprudenza citata]. 47 Vero è che dalla motivazione della decisione impugnata risulta che la conclusione della commissione di ricorso in merito al carattere descrittivo del marchio richiesto si basa soprattutto sulla percezione, da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, delle parole «bio» e «repair», che possono essere identificate come tali nel marchio richiesto. Tuttavia, non si può contestare alla commissione di ricorso di essere giunta a detta conclusione senza tener conto del segno richiesto nel suo insieme. 48 Infatti, da un lato, occorre ricordare che, nell’esaminare la percezione del marchio richiesto da parte del pubblico di riferimento, la commissione di ricorso ha analizzato sia il significato delle parole «bio» e «repair» sia il significato della loro giustapposizione, il che l’ha indotta a concludere, al paragrafo 31 della decisione impugnata, che al segno richiesto, nel suo insieme, verrà attribuito il significato di «riparazione biologica». Dall’altro, la commissione di ricorso ha esplicitamente rilevato, al punto 46 della decisione impugnata, che la combinazione delle parole «bio» e «repair» non crea alcuna difficoltà concettuale e che il pubblico di riferimento non avrà alcuna difficoltà a percepire il suo significato descrittivo. 49 Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso, in sede di esame, ha correttamente applicato la giurisprudenza di cui al precedente punto 46. 50 In terzo luogo, la commissione di ricorso ha, in sostanza, correttamente indicato che i prodotti di cui trattasi possono essere utilizzati per la riparazione dello smalto dentale o essere adoperati a seguito di un intervento dentistico di riparazione dei denti. Inoltre, come sottolineato dalla commissione di ricorso, l’origine naturale può costituire una caratteristica importante di tali prodotti per i consumatori. 51 Tenuto conto, da un lato, della percezione della parola «biorepair», da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, come «riparazione biologica», e, dall’altro, delle caratteristiche potenziali dei prodotti di cui trattasi descritte al precedente punto 50, è giocoforza rilevare che il marchio richiesto sarà inteso nel senso che esso indica che i prodotti di cui trattasi possiedono tali caratteristiche. Più precisamente, la parola «biorepair» significherà per la parte anglofona del pubblico di riferimento che i prodotti di cui trattasi, i quali sono di natura biologica e, pertanto, naturale, hanno la funzione di riparare lo smalto dentale o sono indicati a seguito di un trattamento dentistico di riparazione dei denti. 52 Ne consegue che il marchio richiesto ha un significato immediatamente comprensibile e descrittivo delle caratteristiche dei prodotti di cui trattasi. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale significato non può essere considerato meramente allusivo e suggestivo, in quanto rinvia chiaramente e direttamente a caratteristiche che i prodotti di cui trattasi possono possedere. 53 A tal proposito, va sottolineato che, contrariamente a quanto sembra sostenere la ricorrente, il fatto che sei punti della decisione impugnata siano dedicati al ragionamento relativo al carattere descrittivo del marchio richiesto non dimostra in alcun modo la necessità di uno sforzo mentale della parte anglofona del pubblico di riferimento per percepire il significato descrittivo del termine «biorepair» per i prodotti di cui trattasi. 54 Infatti, come sostenuto dall’EUIPO, la spiegazione dettagliata, alla quale fa riferimento la ricorrente, è stata fornita dalla commissione di ricorso al fine di definire la percezione del pubblico di riferimento del marchio richiesto per ciascuna categoria di prodotti, anche se, come indicato al precedente punto 45, una motivazione globale per l’insieme dei prodotti in questione sarebbe stata sufficiente nel caso di specie. 55 Da tale motivazione si evince che la percezione del marchio richiesto, da parte della parte anglofona del pubblico di riferimento, è fondata sul significato abituale delle parole «bio» e «repair», che presentano un nesso diretto e concreto con i prodotti di cui trattasi. Il significato del marchio richiesto, considerato nel suo insieme, deriva chiaramente e direttamente dalla semplice giustapposizione dei due elementi denominativi che lo compongono. Si deve quindi constatare che non è richiesto alcuno sforzo mentale del pubblico di riferimento. 56 Analogamente, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il fatto che il marchio richiesto non contenga in sé alcun riferimento allo smalto dentale o al settore dell’igiene orale non impedirà al pubblico di riferimento di associare, tenuto conto dei prodotti di cui trattasi, il termine «repair» alla riparazione dei denti e, più precisamente, alla riparazione dello smalto dentale. Infatti, per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi che, come indicato al precedente punto 50, possono avere caratteristiche connesse alla riparazione dello smalto dentale, la parte anglofona del pubblico di riferimento non esiterà ad associare il termine «repair» alle suddette caratteristiche, sebbene lo smalto dentale non sia direttamente menzionato dal marchio richiesto. 57 Inoltre, sebbene la ricorrente sostenga che il pubblico di riferimento non individui i prodotti di cui trattasi con il termine «biorepair», è sufficiente ricordare che, affinché l’EUIPO opponga un rifiuto di registrazione sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, non è necessario che il segno in causa sia effettivamente utilizzato, al momento della domanda di registrazione, a fini descrittivi. È sufficiente che detto segno possa essere utilizzato a tal fine (v. sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 38 e giurisprudenza citata). 58 In aggiunta, per quanto riguarda l’elemento figurativo del marchio richiesto, vale a dire la rappresentazione grafica del termine «biorepair», occorre osservare, al pari della commissione di ricorso, che esso non è idoneo a modificare in modo significativo il carattere descrittivo dell’elemento denominativo di detto marchio in relazione ai prodotti di cui trattasi. Infatti, detta rappresentazione grafica banale non basta a distogliere il pubblico di riferimento dal messaggio descrittivo veicolato dall’elemento denominativo. 59 Tenuto conto di tutto quanto precede, è giocoforza rilevare che la commissione di ricorso ha correttamente dichiarato che il marchio richiesto doveva essere ritenuto descrittivo dei prodotti di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001. 60 Inoltre, per quanto riguarda i documenti prodotti dalla ricorrente all’udienza dinanzi al Tribunale, ossia due estratti che attestano le registrazioni del marchio BIOREPAIR da parte degli uffici nazionali in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, è sufficiente rilevare che dette registrazioni non consentono di dimostrare che, nel caso di specie, la commissione di ricorso sia incorsa in un errore nell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001. Infatti, da un lato, le disposizioni contenute nel capo XIII del regolamento 2017/1001 non istituiscono alcun obbligo per l’EUIPO di riconoscere decisioni relative alla registrazione di un marchio internazionale adottate in paesi terzi. Dall’altro, il regime dei marchi dell’Unione europea è un sistema autonomo, costituito da un insieme di norme e che persegue obiettivi ad esso specifici, la cui applicazione resta indipendente da qualsiasi sistema nazionale. Dunque, l’idoneità alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea deve essere valutata esclusivamente sulla base della pertinente normativa dell’Unione. L’EUIPO e, se del caso, il giudice dell’Unione non sono vincolati da una decisione emanata in un paese terzo che ammetta la registrabilità del medesimo segno come marchio nazionale. Ciò vale anche nel caso in cui una tale decisione sia stata presa in un paese appartenente all’area linguistica dalla quale trae origine il segno in questione [v., per analogia, sentenza del 15 marzo 2023, Katjes Fassin/EUIPO (THE FUTURE IS PLANT-BASED), T‑133/22, non pubblicata, EU:T:2023:129, punto 36]. 61 Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere respinto. Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 62 Nell’ambito del secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, la ricorrente sostiene, in sostanza, che il marchio richiesto non è privo di carattere distintivo. 63 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 64 Dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001 risulta che è sufficiente che trovi applicazione uno degli impedimenti assoluti alla registrazione ivi elencati affinché il segno non possa essere registrato come marchio dell’Unione europea [v. ordinanza del 13 febbraio 2008, Indorata-Serviços e Gestão/UAMI, C‑212/07 P, non pubblicata, EU:C:2008:83, punto 27; v., altresì, sentenza del 21 settembre 2017, InvoiceAuction B2B/EUIPO (INVOICE AUCTION), T‑789/16, non pubblicata, EU:T:2017:638, punto 49 e giurisprudenza citata]. 65 Nel caso di specie, dal momento che è stato constatato che il marchio richiesto era descrittivo dei prodotti di cui trattasi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 e che tale impedimento giustifica di per sé il rifiuto di registrazione, il secondo motivo di ricorso, vertente su una violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, non può, nel caso di specie, essere utilmente dedotto e deve, pertanto, essere respinto. 66 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere integralmente respinto. Sulle spese 67 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 68 Poiché l’EUIPO ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente ed essendo stata organizzata un’udienza, dev’essere condannata alle spese. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Terza Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) La Coswell SpA è condannata alle spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 gennaio 2025.
* Lingua processuale: l’italiano. | |||||||||