SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)
11 giugno 2025 (*)
« Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo FATTORIE GAROFALO – Marchio dell’Unione europea figurativo anteriore GAROFALO – Impedimento alla registrazione relativo – Pregiudizio alla notorietà – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001] – Indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore – Assenza di motivo legittimo »
Nella causa T‑1036/23,
Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola, con sede in Capua (Italia), rappresentata da S. Cutolo, avvocato,
ricorrente,
contro
Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente,
convenuto,
controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:
Pastificio Lucio Garofalo SpA, con sede in Gragnano (Italia),
IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),
composto da A. Kornezov, presidente, D. Petrlík e S. Kingston (relatrice), giudici,
cancelliere: V. Di Bucci
vista la fase scritta del procedimento,
vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 16 agosto 2023 (procedimento R 2138/2022-4) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).
I. Fatti
2 Il 17 giugno 2016 la ricorrente ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea per il seguente segno figurativo:
3 Il marchio richiesto designava i servizi rientranti nella classe 43 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondenti alla seguente descrizione: «Fornitura di alimenti e bevande; servizi di ristorazione; servizi di ristorazione mobili; servizi da asporto; ristoranti che offrono servizio di consegna a domicilio; alloggi temporanei; servizi di bar-ristoranti; servizi di caffetterie; prenotazione di abitazioni temporanee; prenotazione di ristoranti; servizi di ristoranti; servizi di ristoranti self-service; servizi alberghieri; servizi di bar; servizi di campi di vacanze [alloggio]; servizi di catering; preparazione di alimenti; preparazione e fornitura di cibi e bevande per consumo immediato; servizi di consulenza riguardanti gli alimenti; servizi di consulenza relativi alla preparazione di alimenti; servizi di consulenza in materia di cucina; servizi di gelateria; servizi di enoteche; servizi di cuochi personali».
4 La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea n. 133/2016, del 19 luglio 2016.
5 Il 18 ottobre 2016 la Pastificio Lucio Garofalo SpA, controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, ha proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto per tutti i servizi di cui al precedente punto 3.
6 L’opposizione era fondata su diversi diritti anteriori, tra cui il marchio dell’Unione europea figurativo, depositato il 25 settembre 2002 e registrato il 3 giugno 2004 con il numero 2779999 (in prosieguo: il «marchio anteriore»), riprodotto di seguito:
7 I prodotti contrassegnati dal marchio anteriore rientrano nella classe 30 e corrispondono alla seguente descrizione: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; glutine (alimenti)».
8 La notorietà è stata rivendicata in Spagna e in Italia per le «farine e preparati a base di cereali; salse (condimenti)».
9 I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano, per quanto riguarda il marchio anteriore, quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), divenuti, rispettivamente, articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).
10 A seguito della domanda formulata dalla ricorrente, l’EUIPO ha invitato la Pastificio Lucio Garofalo dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO a fornire la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore. Quest’ultima ha ottemperato a tale richiesta.
11 Il 9 settembre 2022 la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione sulla base dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e ha negato la registrazione del marchio richiesto per tutti i servizi indicati al precedente punto 3.
12 Il 4 novembre 2022 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di opposizione.
13 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che tutte le condizioni richieste per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 fossero soddisfatte nel caso di specie e ha quindi confermato la decisione della divisione di opposizione.
II. Conclusioni delle parti
14 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– registrare il marchio richiesto;
– condannare l’EUIPO al pagamento delle spese, comprese quelle relative al procedimento di opposizione dinanzi all’EUIPO.
15 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente al pagamento delle spese in caso di convocazione di un’udienza.
III. In diritto
16 Tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi, ossia il 17 giugno 2016, che è decisiva ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, i fatti del caso di specie sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009, come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2015 recante modifica del regolamento n. 207/2009 e del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione relativo alle tasse da pagare all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) (GU 2015, L 341, pag. 21) (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2014, Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 12, e del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO, C‑702/18 P, EU:C:2020:489, punto 2 e giurisprudenza citata). Peraltro, nella misura in cui, secondo una giurisprudenza costante, le norme procedurali si considerano generalmente applicabili al momento in cui esse entrano in vigore (v. sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 45 e giurisprudenza citata), la controversia è disciplinata dalle disposizioni procedurali del regolamento 2017/1001.
17 Di conseguenza, nel caso di specie, per quanto riguarda le norme sostanziali, occorre intendere i riferimenti fatti dalla ricorrente all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001, come riguardanti l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, di identico tenore.
A. Sulla competenza del Tribunale a conoscere del secondo capo delle conclusioni della ricorrente
18 Il secondo capo delle conclusioni della ricorrente è diretto a che il Tribunale disponga, in caso di annullamento della decisione impugnata, la registrazione del marchio richiesto per i servizi di cui trattasi.
19 Una siffatta domanda può essere intesa come diretta a che il Tribunale riformi la decisione impugnata ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, adottando la decisione che la commissione di ricorso avrebbe dovuto adottare, conformemente alle disposizioni di detto regolamento. Orbene, gli organi dell’EUIPO competenti in materia non adottano decisioni formali che constatano la registrazione di un marchio dell’Unione europea che possano essere oggetto di ricorso. Conseguentemente, la commissione di ricorso non è competente a conoscere di una domanda diretta a farle registrare un marchio dell’Unione europea. Non spetta, pertanto, nemmeno al Tribunale conoscere di una domanda di riforma diretta a fargli modificare la decisione di una commissione di ricorso in tal senso [v., in tal senso, sentenze del 12 aprile 2011, Euro-Information/UAMI (EURO AUTOMATIC PAYMENT), T‑28/10, EU:T:2011:158, punto 13 e giurisprudenza citata, e del 19 ottobre 2022, Greenwich Polo Club/EUIPO – Lifestyle Equities (GREENWICH POLO CLUB), T‑437/21, non pubblicata, EU:T:2022:643, punto 14].
20 Una tale domanda può anche essere intesa come diretta a che il Tribunale rivolga un’ingiunzione all’EUIPO. A tal riguardo, è sufficiente ricordare che, nell’ambito del sindacato di legittimità basato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale non è competente a pronunciare ingiunzioni nei confronti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione europea (v. ordinanza del 26 ottobre 1995, Pevasa e Inpesca/Commissione, C‑199/94 P e C‑200/94 P, EU:C:1995:360, punto 24 e giurisprudenza citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 25 settembre 2018, Svezia/Commissione, T‑260/16, EU:T:2018:597, punto 104 e giurisprudenza citata).
21 Ne consegue che occorre respingere il secondo capo di conclusioni della ricorrente per ragioni di incompetenza.
B. Nel merito
22 La ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, e il secondo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.
1. Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale
23 L’EUIPO sostiene che l’allegato A.3 del ricorso non è stato prodotto nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, ma è stato depositato per la prima volta al cospetto del Tribunale. Pertanto, tale documento sarebbe irricevibile.
24 A tal riguardo, occorre rilevare che l’allegato A.3, presentato per la prima volta dinanzi al Tribunale, è una visura della società Pastificio Lucio Garofalo, allegata al ricorso dalla ricorrente.
25 Ebbene, occorre ricordare che il ricorso dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove prodotte dinanzi ad esso per la prima volta [v. sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza citata).
26 Inoltre, l’ammissione di tali prove contrasta con l’articolo 188 del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Ne consegue che le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale devono essere dichiarate irricevibili, senza che occorra procedere al loro esame [v. sentenza del 14 maggio 2009, Fiorucci/UAMI – Edwin (ELIO FIORUCCI), T‑165/06, EU:T:2009:157, punto 22 e giurisprudenza citata].
27 Pertanto, l’allegato A.3 del ricorso è irricevibile.
2. Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009
28 A sostegno del primo motivo, la ricorrente deduce, in sostanza, sei censure, vertenti, la prima, su errori commessi nella definizione del pubblico di riferimento, la seconda, sull’assenza di somiglianza dei marchi in conflitto, la terza, su errori di valutazione quanto alla prova d’uso e della notorietà del marchio anteriore, la quarta, sull’insussistenza di un nesso tra i segni in conflitto, la quinta, sull’assenza di un indebito vantaggio, e, la sesta, sull’esistenza di un giusto motivo legittimante la registrazione e l’uso del marchio richiesto.
29 Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore registrato ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, la registrazione del marchio depositato è esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore, a prescindere dal fatto che i prodotti o i servizi per i quali si chiede la registrazione siano identici, simili o non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.
30 Dal tenore letterale dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, risulta che la sua applicazione è subordinata alle condizioni cumulative attinenti, in primo luogo, all’identità o alla somiglianza dei marchi in conflitto, in secondo luogo, all’esistenza di una notorietà del marchio anteriore invocata a sostegno dell’opposizione e, in terzo luogo, alla sussistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi loro pregiudizio [v. sentenza del 21 dicembre 2022, International Masis Tabak/EUIPO – Philip Morris Brands (Rappresentazione di un pacchetto di sigarette), T‑44/22, non pubblicata, EU:T:2022:843, punto 18 e giurisprudenza citata].
31 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, come sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.
a) Sul pubblico di riferimento
32 Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti e i servizi di cui trattasi fossero destinati al pubblico italiano in generale.
33 La ricorrente contesta tale valutazione del pubblico di riferimento in quanto, a suo avviso, i consumatori medi dei servizi oggetto del marchio richiesto si distinguerebbero da quelli dei prodotti oggetto del marchio anteriore, tenuto conto del fatto che i prodotti commercializzati da quest’ultimo sono venduti in supermercati e ipermercati, mentre i prodotti della ricorrente sono disponibili in «punti vendita monomarca “Fattorie Garofalo”» presenti in particolare in luoghi strategici crocevia e in centri commerciali.
34 Nel caso di specie, anche supponendo che i prodotti della ricorrente siano venduti in punti vendita monomarca, e non in supermercati e ipermercati, tale circostanza non mette affatto in discussione la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso quanto al pubblico di riferimento. Infatti, nulla nell’argomentazione della ricorrente suggerisce che i prodotti venduti in punti vendita monomarca non siano destinati al pubblico in Italia.
35 Pertanto, si deve concludere che la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione nel ritenere che il pubblico di riferimento fosse il pubblico di lingua italiana.
b) Sulla comparazione dei segni in conflitto
36 Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha concluso nel senso di una somiglianza quantomeno media dei segni in conflitto sul piano visivo, di una somiglianza elevata, se non addirittura di un’identità di tali segni sul piano fonetico, nonché di una somiglianza concettuale di detti segni almeno media, nel caso in cui il cognome Garofalo dovesse essere percepito come un concetto. In caso contrario, dato che l’elemento figurativo che rappresenta un bufalo e il termine «fattorie» apposti sul marchio richiesto hanno carattere distintivo debole e svolgono, di conseguenza, un ruolo secondario nell’impressione complessiva del marchio richiesto, la commissione di ricorso ha ritenuto che tali elementi non potessero compensare la somiglianza visiva e fonetica tra i segni in conflitto.
37 Per quanto riguarda la prima delle condizioni di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, citata al precedente punto 30, occorre ricordare che l’esistenza di una somiglianza tra un marchio anteriore e un marchio richiesto costituisce una condizione di applicazione comune all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Tale condizione presuppone, tanto nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento quanto in quello del paragrafo 5 di detto articolo, l’esistenza, in particolare, di elementi di analogia visiva, fonetica o concettuale [v., in tal senso, sentenze del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑552/09 P, EU:C:2011:177, punti 51 e 52, e del 6 luglio 2022, ALO jewelry CZ/EUIPO – Cartier International (ALOve), T‑288/21, non pubblicata, EU:T:2022:420, punto 39].
38 Tuttavia, il grado di somiglianza richiesto nell’ambito delle due citate disposizioni è differente. Infatti, mentre l’attuazione della tutela introdotta dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra i marchi in conflitto tale da generare, nel pubblico di riferimento, un rischio di confusione tra questi ultimi, l’esistenza di un siffatto rischio non è richiesta ai fini della tutela conferita dal paragrafo 5 del medesimo articolo. Infatti, le forme di nocumento contemplate da tale articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 possono essere la conseguenza di un minor grado di somiglianza tra i marchi anteriore e richiesto, purché tale grado di somiglianza sia sufficiente affinché il pubblico di riferimento operi un accostamento tra i detti marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra questi ultimi. Non risulta invece né dal tenore letterale delle citate disposizioni né dalla giurisprudenza che la somiglianza tra i marchi in conflitto debba essere valutata in modo diverso a seconda che tale valutazione sia effettuata alla luce dell’una o dell’altra di tali disposizioni (sentenze del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑552/09 P, EU:C:2011:177, punti 53 e 54, e del 14 aprile 2021, Berebene/EUIPO – Consorzio vino Chianti Classico (GHISU), T‑201/20, non pubblicata, EU:T:2021:192, punto 23].
39 Ne consegue che il confronto tra i segni in conflitto deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica e concettuale, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del 25 gennaio 2012, Viaguara/UAMI – Pfizer (VIAGUARA), T‑332/10, non pubblicata, EU:T:2012:26, punto 32 e giurisprudenza citata].
1) Sugli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto
40 Per quanto riguarda gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto, in primo luogo, la ricorrente sostiene che il termine «garofalo» corrisponde a un cognome e sarebbe pertanto, e in sostanza, dotato di un debole carattere distintivo.
41 In secondo luogo, la ricorrente contesta la conclusione della commissione di ricorso secondo cui l’elemento figurativo e il termine «fattorie» del marchio richiesto hanno un impatto limitato sull’insieme di detto segno. Infatti, secondo la ricorrente, il termine «fattorie» apporta un valore aggiunto per distinguere i marchi in conflitto, non potendo essere considerato semplicemente descrittivo dei servizi oggetto del marchio richiesto, poiché in una «fattoria» non vi sono ristoranti. Essa aggiunge che tale termine presenta carattere distintivo per i servizi di ristorazione e la vendita di prodotti alimentari, in quanto il consumatore lo recepirà come primo elemento di una dicitura composta.
42 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
43 In via preliminare, occorre osservare che il marchio anteriore è costituito unicamente dall’elemento denominativo «garofalo», in un carattere tipografico stilizzato, mentre il marchio richiesto è costituito dagli elementi denominativi «fattorie» e «garofalo» nonché da un elemento figurativo che rappresenta un bufalo.
44 In primo luogo, occorre esaminare se la commissione di ricorso, confermando la conclusione della divisione di opposizione, abbia giustamente concluso nel senso che il pubblico di riferimento poteva percepire il termine «garofalo» come un cognome di fantasia e, pertanto, come intrinsecamente distintivo per i prodotti contraddistinti dal marchio anteriore nonché per i servizi contraddistinti dal marchio richiesto.
45 Anzitutto, occorre rilevare che il pubblico italiano percepirà il termine «garofalo» come un cognome di origine italiana, privo di particolare significato per quanto riguarda la pasta alimentare e i servizi della classe 43 oggetto del marchio richiesto.
46 A tal riguardo, la ricorrente sostiene che Garofalo è il 192º cognome più usato in Italia, quindi un cognome diffuso che non è identificativo in esclusiva di un dato prodotto. Tuttavia, tale affermazione, anche supponendo che sia fondata, non dimostra in alcun modo che il termine «garofalo» ha un debole carattere distintivo. Infatti, quand’anche si tratti di un cognome diffuso, resta il fatto che esso non ha alcun rapporto con i prodotti e i servizi di cui trattasi. In ogni caso, la 192º posizione di tale cognome non porta ad affermare che tale cognome è così comune da indebolire il carattere distintivo del termine.
47 La ricorrente fornisce altresì collegamenti ipertestuali che consentirebbero, a suo avviso, di dimostrare la presenza sul mercato di altre imprese la cui denominazione contiene il termine «garofalo». A tal riguardo, sebbene risulti che tre società operanti nel settore dell’alimentazione generale abbiano una denominazione contenente detto termine, ciò non è sufficiente a dimostrare in che modo tale cognome sia così diffuso da pregiudicare il carattere distintivo dei marchi in conflitto.
48 Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per essere giunta alla conclusione che l’elemento denominativo «garofalo», comune ai marchi in conflitto, è intrinsecamente distintivo.
49 In secondo luogo, è pacifico che il termine «fattorie» che accompagna il termine «garofalo» all’interno del marchio richiesto fa riferimento al concetto di «fattoria». Ebbene, come giustamente ritenuto dalla commissione di ricorso, facendo proprio il ragionamento della divisione di opposizione al riguardo, tale termine è descrittivo della natura e del luogo di fornitura di alcuni dei servizi oggetto del marchio richiesto, tenuto conto del fatto che la messa a disposizione di alimenti e bevande, nonché l’alloggio temporaneo, possono essere proposti in fattoria, in particolare nell’ambito del turismo rurale. Ne consegue che detto termine è privo di qualsiasi carattere distintivo.
50 La commissione di ricorso non è, pertanto, incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che, considerati nel loro insieme, gli elementi denominativi del marchio richiesto, vale a dire gli elementi «fattorie garofalo», fossero idonei a veicolare il concetto di fattorie recanti il nome del loro proprietario, vale a dire Garofalo, essendo quest’ultimo l’unico indicatore dell’origine commerciale dei servizi cui il marchio si riferisce.
51 In terzo luogo, per quanto riguarda l’elemento figurativo del marchio richiesto, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, quando un marchio è composto di elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, poiché il pubblico di riferimento farà più facilmente riferimento ai prodotti di cui trattasi citando il nome che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [v. sentenze del 9 settembre 2008, Honda Motor Europe/UAMI – SEAT (MAGIC SEAT), T‑363/06, EU:T:2008:319, punto 30 e giurisprudenza citata, e dell’11 dicembre 2014, Coca‑Cola/UAMI – Mitico (Master), T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 49 e giurisprudenza citata).
52 Nel caso di specie, come rilevato dalla commissione di ricorso, accogliendo il ragionamento della divisione di opposizione al riguardo, la rappresentazione di un bufalo nel marchio richiesto sarà associata al latte, ai prodotti lattiero-caseari e alla carne ottenuti da questo tipo di bestiame. Pertanto, dato che tali prodotti alimentari possono essere la specialità di un fornitore di alimenti e di bevande, il carattere distintivo dell’elemento figurativo del marchio richiesto è molto debole per tali servizi. Per quanto riguarda gli altri servizi di cui trattasi, occorre rilevare che l’elemento figurativo qualifica il termine «fattorie», a sua volta poco distintivo. Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente osservato che il carattere distintivo dell’elemento figurativo del marchio richiesto è molto debole nel caso della somministrazione di alimenti e bevande, e debole per il resto dei servizi oggetto del marchio richiesto.
53 Pertanto, è giocoforza constatare che la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che l’elemento figurativo e l’elemento denominativo «fattorie» del marchio richiesto svolgessero un ruolo secondario e che il loro impatto fosse limitato, tenuto conto, in particolare, del carattere descrittivo del termine «fattorie» e del fatto che l’elemento figurativo rinvia a quest’ultimo. Di conseguenza, come accertato al precedente punto 48, si deve osservare che l’elemento «garofalo» è l’elemento maggiormente distintivo del marchio richiesto.
2) Sul confronto visivo
54 Per quanto riguarda la somiglianza visiva dei segni in conflitto, la ricorrente sostiene che detti segni sono diversi in quanto l’elemento figurativo che rappresenta un bufalo nonché l’elemento «fattorie» sarebbero distintivi e caratteristiche del marchio richiesto. Anche i caratteri tipografici e i colori dei marchi in conflitto sarebbero elementi di differenziazione, in quanto, in particolare, l’iniziale «g» nel marchio richiesto è scritta in minuscolo, i colori utilizzati nel marchio richiesto sono il blu e il verde, e la lettera «o» non presenta alcun ornamento.
55 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
56 Occorre rilevare che, da un lato, il marchio anteriore è un marchio figurativo costituito dall’elemento denominativo «garofalo», rappresentato in caratteri in corsivo e stilizzati, che ricorda la scrittura a mano. La lettera «g» è in maiuscolo e la lettera «o», alla fine della parola, si prolunga con una linea che sottolinea l’intero elemento denominativo, il che rafforza lo stile che fa pensare ad una firma dovuta allo stile di carattere utilizzato. Dall’altro, il marchio richiesto è composto dagli elementi denominativi «fattorie» e «garofalo» nonché da un elemento figurativo che rappresenta un bufalo. Gli elementi denominativi sono scritti in minuscolo e utilizzano varianti dello stesso carattere tipografico, potendosi percepire in primo piano il termine «garofalo» in blu, rappresentato in caratteri di grandi dimensioni e sullo sfondo il termine «fattorie», in colore verde chiaro, rappresentato in caratteri più piccoli. L’elemento figurativo è di colore blu, di dimensioni proporzionali all’elemento denominativo «garofalo» e posizionato sopra quest’ultimo.
57 Se è vero, come sostiene la ricorrente, che esistono differenze tra i segni in conflitto sul piano visivo, risultanti in particolare dalle diverse stilizzazioni del termine comune «garofalo» nei marchi in conflitto, dall’utilizzo dei colori blu e verde nel marchio richiesto nonché dalla presenza dell’elemento figurativo e del termine «fattorie» nel marchio richiesto, resta il fatto che tali differenze riguardano elementi poco distintivi, considerati rispetto al termine comune ai marchi in conflitto «garofalo», il quale è l’elemento maggiormente distintivo di detti marchi, in quanto costituisce l’intero marchio anteriore e un elemento distinto e immediatamente percepibile nel marchio richiesto, come rilevato al precedente punto 53. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che il grado di somiglianza visiva tra i segni fosse almeno medio.
3) Sul confronto fonetico
58 Per quanto riguarda il confronto fonetico dei segni in conflitto, la ricorrente contesta l’analisi della commissione di ricorso, in particolare sostenendo che il termine «fattorie» figura «posto quale primo elemento fonetico del marchio».
59 Se tale argomento dovesse essere inteso nel senso di affermare che la parte iniziale di un marchio può attirare maggiormente l’attenzione del pubblico di riferimento rispetto alle parti successive, si deve ricordare che tale considerazione non può mettere in questione il principio secondo cui l’esame della somiglianza dei segni deve tenere conto dell’impressione complessiva prodotta da tali segni, dal momento che il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi [v. sentenze del 10 ottobre 2006, Armacell/UAMI – nmc (ARMAFOAM), T‑172/05, EU:T:2006:300, punto 65, del 12 novembre 2009, Spa Monopole/UAMI – De Francesco Import (SpagO), T‑438/07, EU:T:2009:434, punto 23, e del 27 febbraio 2014, Advance Magazine Publishers/UAMI – Nanso Group (TEEN VOGUE), T‑509/12, EU:T:2014:89, punto 40].
60 Nel caso di specie, occorre rilevare che detti segni presentano un’identità per quanto riguarda il termine «garofalo», ma sono difformi per la presenza del termine «fattorie» nel marchio richiesto. Tenuto conto del carattere non distintivo del solo elemento di differenziazione rilevante sul piano fonetico, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione per aver ritenuto che i segni in conflitto presentassero una somiglianza elevata sul piano fonetico.
4) Sul confronto concettuale
61 Per quanto riguarda il confronto concettuale dei segni in conflitto, la ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo cui il cognome Garofalo potrebbe essere percepito come un concetto, sostenendo invece che tale elemento è semplicemente un cognome diffuso in Italia. Secondo la ricorrente, non esiste alcun automatismo che consenta di concludere nel senso dell’esistenza di un rischio di confusione quando un marchio anteriore consistente in un cognome è ripreso in un altro marchio, aggiungendovi elementi di differenziazione forti, come avverrebbe nel caso di specie. Inoltre, l’elemento denominativo «fattorie» e l’elemento figurativo del bufalo consentirebbero al consumatore di comprendere in quale settore merceologico rientrano i servizi oggetto del marchio richiesto.
62 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
63 Secondo la giurisprudenza, quando un nome o un cognome non esprimono un’«idea generale ed astratta» e sono privi di contenuto semantico, essi non sono portatori di alcun «concetto», di modo che il confronto concettuale tra due segni costituiti unicamente da siffatti nomi o cognomi non è possibile. Per contro, il confronto concettuale resta possibile quando il nome o il cognome di cui trattasi siano diventati simbolo di un concetto, a causa ad esempio della celebrità della persona che porta tale nome o tale cognome, o qualora tale nome o cognome abbiano un contenuto semantico chiaro e immediatamente riconoscibile [sentenza del 27 giugno 2019, Sandrone/EUIPO – J. García Carrión (Luciano Sandrone), T‑268/18, EU:T:2019:452, punti 85 e 86].
64 Ebbene, nel caso di specie, come giustamente sostenuto dalla ricorrente, nulla nel fascicolo indica che il cognome Garofalo sia associato ad una celebrità o abbia un contenuto semantico chiaro e immediatamente riconoscibile e sia, quindi, portatore di un «concetto». Ne consegue che non è possibile alcun confronto concettuale tra l’elemento denominativo «garofalo» di ciascuno dei segni in conflitto [v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2018, Enoitalia/EUIPO – La Rural Viñedos y Bodegas (ANTONIO RUBINI), T‑707/16, non pubblicata, EU:T:2018:424, punti 67 e 68].
65 Ciò premesso, la commissione di ricorso non ha fondato la sua conclusione relativa alla somiglianza concettuale dei segni in conflitto sulla sola somiglianza derivante dall’elemento denominativo «garofalo» comune a detti segni. Infatti, ha altresì rilevato che, anche se il termine «garofalo» non dovesse essere considerato come veicolante un concetto, resta il fatto che l’elemento figurativo e il termine «fattorie» del marchio richiesto, veicolanti il messaggio di fattoria, svolgessero un ruolo secondario nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto, a differenza dell’elemento «garofalo», il quale era dotato di carattere distintivo. Ebbene, la ricorrente non è riuscita a invalidare tale conclusione, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 49 a 53. Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che l’elemento denominativo «fattorie» e l’elemento figurativo del marchio richiesto non potessero in alcun modo compensare la somiglianza visiva e fonetica dei segni in conflitto.
66 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre respingere la censura della ricorrente relativa alla somiglianza dei segni in conflitto.
c) Sulla prova dell’uso e sulla notorietà del marchio anteriore
67 Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso, facendo riferimento ai motivi esposti nella decisione della divisione di opposizione, ha ritenuto che le prove fornite dalla Pastificio Lucio Garofalo dimostrassero che, alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio richiesto, nella fattispecie il 17 giugno 2016, il marchio anteriore godeva di un grado medio di notorietà all’interno dell’Unione per la pasta alimentare compresa nella classe 30, e che fosse ragionevole supporre che tale notorietà persistesse al momento dell’adozione della decisione impugnata.
68 Secondo costante giurisprudenza, per soddisfare il requisito della notorietà, un marchio dev’essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi coperti dal marchio stesso. Nell’esaminare tale condizione, vanno presi in considerazione tutti gli elementi rilevanti del caso, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio anteriore, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo, senza che sia richiesto che tale marchio sia conosciuto da una determinata percentuale del pubblico così definito o che la sua notorietà si estenda alla totalità del territorio di cui trattasi, purché la notorietà esista in una parte sostanziale di questo [v. sentenza del 28 febbraio 2019, Lotte/EUIPO – Générale Biscuit-Glico France (PEPERO original), T‑459/18, non pubblicata, EU:T:2019:119, punto 114 e giurisprudenza citata].
69 Tuttavia, poiché l’elenco che precede ha carattere meramente illustrativo, non si può esigere che la prova della notorietà di un marchio si riferisca a tutti questi elementi [v. sentenza del 13 maggio 2020, Divaro/EUIPO – Grendene (IPANEMA), T‑288/19, non pubblicata, EU:T:2020:201, punto 30 e giurisprudenza citata].
70 Inoltre, occorre procedere ad una valutazione complessiva degli elementi di prova forniti dal titolare del marchio anteriore per stabilire se quest’ultimo goda di notorietà (v., in tal senso, sentenza del 10 maggio 2012, Rubinstein e L’Oréal/UAMI, C‑100/11 P, EU:C:2012:285, punto 72). A tal riguardo, una serie di elementi di prova può consentire di accertare i fatti da dimostrare, anche se ciascuno di tali elementi, preso da solo, non fosse in grado di fornire la prova dell’esattezza di tali fatti (v. sentenza del 6 luglio 2022, ALOve, T‑288/21, non pubblicata, EU:T:2022:420, punto 25 e giurisprudenza citata).
71 La notorietà di un marchio anteriore deve essere dimostrata alla data di deposito della domanda di marchio richiesto [v. sentenza del 16 ottobre 2018, VF International/EUIPO – Virmani (ANOKHI), T‑548/17, non pubblicata, EU:T:2018:686, punto 103 e giurisprudenza citata].
72 Per quanto riguarda la prova dell’uso, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, solo su istanza del richiedente il titolare di un marchio anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio dell’Unione europea il marchio anteriore sia stato seriamente utilizzato nel territorio in cui è tutelato per i prodotti o i servizi per cui è stato registrato e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi siano legittime ragioni per la mancata utilizzazione.
73 Tale istanza produce quindi l’effetto di accollare all’opponente l’onere di provare l’uso effettivo del suo marchio o la sussistenza di legittime ragioni per il mancato uso, pena il rigetto dell’opposizione. Essa deve essere proposta espressamente e tempestivamente dinanzi alla divisione di opposizione, poiché l’uso effettivo del marchio costituisce una questione che, una volta sollevata dal richiedente il marchio, dev’essere risolta prima di decidere sull’opposizione vera e propria [v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2007, Saint-Gobain Pam/UAMI – Propamsa (PAM PLUVIAL), T‑364/05, EU:T:2007:96, punti 34 e 37 e giurisprudenza citata].
74 Pertanto, prima che l’EUIPO procedesse all’esame dei motivi di opposizione di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, spettava all’opponente fornire la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, cosicché, in mancanza di tale prova, l’opposizione doveva essere respinta, conformemente all’articolo 42, paragrafi 2 e 3, di detto regolamento.
75 Nel caso di specie, per dimostrare la notorietà del marchio anteriore, la Pastificio Lucio Garofalo ha prodotto, in un primo tempo, il 17 e il 21 settembre 2020, 65 documenti dinanzi alla divisione di opposizione. Tali documenti consistono, in particolare, in:
– vari articoli di giornali e pubblicazioni della stampa italiana e internazionale, tra cui pubblicazioni in Internet relative al marchio anteriore e pubblicate tra il 2014 e il 2016;
– la designazione del marchio anteriore da parte di MARK UP per il premio 2016 dei migliori marchi italiani, nella categoria degli «alimentari confezionati»;
– 19 fatture relative al periodo 30 maggio 2013-21 dicembre 2016, relative a vendite da parte della Pastificio Lucio Garofalo di vari tipi di pasta alimentare ad altre imprese;
– vari estratti di studi di mercato relativi alla posizione di Pastificio Lucio Garofalo nel settore della pasta alimentare in Italia, nel 2013-2014 e nel 2014-2015, nonché in Spagna nel 2011-2012.
76 In un secondo momento, il 17 marzo 2021, conformemente all’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, la ricorrente ha chiesto alla Pastificio Lucio Garofalo di fornire la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, per tutti i prodotti sui quali si fondava l’opposizione. Nei termini impartiti dall’EUIPO per produrre la prova dell’uso, la Pastificio Lucio Garofalo, in primo luogo, ha fatto riferimento agli elementi di prova della notorietà da essa già prodotti e, in secondo luogo, ha presentato tredici documenti probatori supplementari conformemente alla richiesta della ricorrente, consistenti in:
– diverse pubblicazioni nei media spagnoli pubblicate tra il 2011 e il 2016;
– un documento interno relativo alla presenza dei prodotti GAROFALO in vari negozi a Madrid (Spagna);
– stampe, datate 2021, provenienti da siti Internet di taluni supermercati in Spagna, che commercializzano pasta alimentare e salse del marchio anteriore;
– fotografie di pasta alimentare del marchio anteriore nei reparti di supermercati italiani;
– due fatture recanti il logo GAROFALO datate 4 aprile 2016;
– un estratto di una brochure dell’aprile 2014 del supermercato italiano DECO, in cui il logo GAROFALO compare sulla pasta alimentare, e una cattura di schermata non datata di un sito Internet con una pubblicità in italiano che presenta la pasta alimentare GAROFALO.
77 La divisione di opposizione, in virtù del margine di discrezionalità di cui gode in applicazione dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, ha accolto tali nuovi elementi di prova. La commissione di ricorso, confermando il ragionamento della divisione di opposizione al riguardo, ha ritenuto che l’insieme di detti documenti fosse idoneo a dimostrare sia l’uso effettivo del marchio anteriore sia la sua notorietà.
78 La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è incorsa in diversi errori di valutazione nell’esame del grado di notorietà del marchio anteriore, nonché della prova dell’uso.
79 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
80 In primo luogo, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia erroneamente valutato i documenti relativi alla prova dell’uso del marchio anteriore, in quanto taluni documenti attestanti i dati relativi al fatturato e le campagne pubblicitarie realizzate dalla Pastificio Lucio Garofalo si riferivano ad un periodo successivo all’acquisizione della sua attività da parte di una società terza spagnola, con la conseguenza che tali documenti non sarebbero rappresentativi del periodo rilevante per dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore, il quale doveva essere dimostrato per un periodo compreso tra il 17 giugno 2011 e il 16 giugno 2016. I documenti ai quali la ricorrente sembra riferirsi consistono in articoli di stampa relativi all’acquisizione della Pastificio Lucio Garofalo da parte di detta società, risalenti agli anni dal 2014 al 2016, apparsi su riviste italiane quali La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, La Gazzetta dello Sport, Il Mattino, e nel quotidiano spagnolo El País. La ricorrente fa altresì riferimento ad altri articoli successivi a tale acquisizione, quali una pubblicazione nel quotidiano spagnolo El Publicista del 4 marzo 2016, relativa all’espansione verso l’estero del marchio anteriore quando è stato rilanciato in seguito alla sua acquisizione da parte di detta società terza spagnola.
81 Occorre ricordare, anzitutto, che, in forza della giurisprudenza citata al precedente punto 71, la notorietà di un marchio anteriore deve essere accertata alla data di deposito della domanda di marchio richiesto, vale a dire, nel caso di specie, il 17 giugno 2016. Peraltro, in forza dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, la Pastificio Lucio Garofalo era tenuta a dimostrare che il marchio anteriore era stato oggetto di uso effettivo dal 17 giugno 2011 al 16 giugno 2016 compreso.
82 Di conseguenza, occorre osservare, come giustamente sottolineato dall’EUIPO, che l’acquisizione di cui trattasi è avvenuta nel giugno 2014, ossia alla metà del periodo preso come riferimento per dimostrare che il marchio anteriore era stato oggetto di uso effettivo, e due anni prima della data rilevante per la valutazione della notorietà del marchio anteriore. Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione quando ha preso in considerazione tali elementi di prova.
83 In secondo luogo, la ricorrente lamenta che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che essa non si sarebbe opposta alla valutazione della prova dell’uso effettuata dalla divisione di opposizione. Al riguardo rinvia al suo atto di ricorso dinanzi alla commissione di ricorso e alla sua comparsa di risposta ai motivi dell’opposizione, nei quali avrebbe esplicitamente contestato la prova dell’uso presentata dalla Pastificio Lucio Garofalo.
84 Tale argomento deve essere respinto. Occorre rilevare che è vero che ai punti da 20 a 23 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha ritenuto che non fosse stata formulata alcuna contestazione della prova dell’uso effettivo. Tuttavia, al punto 23 di detta decisione, la commissione di ricorso ha ciononostante indicato che, se l’affermazione della ricorrente avesse dovuto essere intesa come una contestazione al riguardo, allora faceva propria la valutazione della divisione di opposizione della prova dell’uso.
85 In terzo luogo, la ricorrente sostiene che le prove relative al fatturato della Pastificio Lucio Garofalo sono irrilevanti per dimostrare sia l’uso effettivo del marchio anteriore sia la sua notorietà, dato che il fatturato di quest’ultima non corrisponde, interamente, a vendite con il marchio GAROFALO, dato che la Pastificio Lucio Garofalo realizza una massiva produzione per conto terzi.
86 A tal riguardo, occorre rilevare che, anche supponendo che la Pastificio Lucio Garofalo produca effettivamente pasta alimentare per conto terzi con un altro marchio, resta il fatto che, come rilevato dalla commissione di ricorso, gli elementi di prova relativi sia alla prova dell’uso sia alla notorietà del marchio anteriore, considerati nel loro insieme, dimostrano inequivocabilmente che il marchio anteriore è riconosciuto dal pubblico italiano per la pasta alimentare. Infatti, la commissione di ricorso ha giustamente osservato che gli elementi di prova prodotti dalla Pastificio Lucio Garofalo attestano una varietà e un’alta qualità dei prodotti commercializzati con il marchio anteriore, associati ad una visibilità delle attività promozionali. La Pastificio Lucio Garofalo ha anche depositato articoli di stampa, che fanno riferimento al successo di detto marchio. L’insieme di tali elementi dimostra che il marchio anteriore gode di notorietà presso il pubblico di riferimento.
87 In quarto luogo, da un lato, la ricorrente contesta la notorietà del marchio anteriore stabilita sulla base di pubblicazioni in rassegne e riviste settoriali alimentari ed economiche, in quanto, a suo avviso, si tratta piuttosto di inserzioni pubblicitarie finanziate da persone che detengono un interesse particolare nell’impresa. Dall’altro, la ricorrente indica che i lettori di tali pubblicazioni nel settore alimentare non sono il pubblico di riferimento nel caso di specie.
88 Tale argomento non può essere accolto. Occorre sottolineare, al pari dell’EUIPO, che, sebbene taluni elementi di prova rientrino in pubblicazioni in settori più specializzati, quali l’alimentazione o l’economia, i documenti di stampa forniti per dimostrare la notorietà del marchio anteriore non si collocano soltanto in settori particolari o in pubblicità, ma comprendono anche articoli tratti da testate di tipo generalista, quali quotidiani di diffusione nazionale come Il Corriere della Sera, La Stampa o il settimanale L’Espresso, nonché pubblicazioni in Internet.
89 Pertanto, occorre respingere integralmente gli argomenti della ricorrente relativi alla prova della notorietà e dell’uso effettivo del marchio anteriore e rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, gli elementi di prova prodotti dalla Pastificio Lucio Garofalo sono idonei a dimostrare l’acquisizione di notorietà da parte del marchio anteriore alla data di riferimento, vale a dire il 17 giugno 2016.
90 Di conseguenza, occorre respingere gli argomenti della ricorrente relativi all’assenza di prova dell’uso e della notorietà del marchio anteriore, e confermare la conclusione della commissione di ricorso secondo cui il marchio anteriore gode di un grado medio di notorietà.
d) Sul nesso tra i segni in conflitto
91 Per quanto riguarda il nesso tra i segni in conflitto, la commissione di ricorso, condividendo l’analisi della divisione di opposizione, ha ritenuto che, in considerazione, in primo luogo, del grado «evidente» di somiglianza tra i segni in conflitto, in secondo luogo, della complementarità tra la pasta alimentare compresa nella classe 30 e coperta dal marchio anteriore e dei servizi della classe 43 oggetto del marchio richiesto, direttamente connessi alla fornitura di alimenti e bevande, e, in terzo luogo, di un certo grado di prossimità tra la pasta alimentare e i servizi di alloggio temporaneo, rientranti nella classe 43, anche in assenza di somiglianza tra essi, potesse essere stabilito un nesso tra detti marchi nella mente del pubblico di riferimento.
92 La ricorrente contesta tale valutazione.
93 In primo luogo, la ricorrente sottolinea che la pasta alimentare, commercializzata con il marchio anteriore, non è un elemento «necessario» della ristorazione, ma solo un elemento eventuale nella fornitura di tali servizi. Per contro, la ricorrente rileva di essere titolare di un marchio dell’Unione europea figurativo, identico al marchio richiesto, registrato il 1º agosto 2012 con il numero n. 10693513, per prodotti e servizi rientranti nelle classi 29 e 35 (in prosieguo: il «marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012»). A tal riguardo, essa sostiene che i prodotti contrassegnati da tale marchio, vale a dire i prodotti lattiero-caseari, e principalmente la mozzarella, possono costituire una pietanza completa e pronta al consumo, e che essi sono utilizzati come elementi caratterizzanti pietanze simbolo dell’Italia nel mondo.
94 In secondo luogo, la ricorrente sostiene che i prodotti quali la mozzarella e i prodotti lattiero-caseari della classe 29, designati dal suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, e i servizi delle classi 35 e 43, designati rispettivamente dal suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 e dal marchio richiesto, sono commercializzati in modo diverso rispetto alla pasta alimentare designata dal marchio anteriore. Infatti, mentre la pasta alimentare del marchio anteriore sarebbe venduta unicamente negli ipermercati e online, i prodotti e i servizi della ricorrente sarebbero disponibili unicamente in «punti vendita monomarca “Fattorie Garofalo”», situati in luoghi commerciali strategici quali aeroporti e stazioni ferroviarie.
95 In terzo luogo, la ricorrente fa leva sulla coesistenza dei segni in conflitto, tenuto conto del fatto che essa è titolare del marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, identico al marchio richiesto, e della estrema notorietà di quest’ultimo.
96 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
97 Occorre ricordare che le violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, quando si verificano, sono la conseguenza di un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore e quello richiesto, sulla base del quale il pubblico interessato associa tali due marchi, vale a dire stabilisce un nesso tra loro, pur non confondendoli (v., in tal senso, ordinanza del 30 aprile 2009, Japan Tobacco/UAMI, C‑136/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:282, punto 25 e giurisprudenza citata).
98 La sussistenza di un tale nesso va valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti della fattispecie, quali il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, la natura dei prodotti o dei servizi designati dai marchi in conflitto, compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza di tali prodotti o servizi nonché il pubblico interessato, il livello di notorietà del marchio anteriore, la distintività, intrinseca o acquisita grazie all’uso, del marchio anteriore, l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico (v. sentenza del 26 luglio 2017, Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen/EUIPO, C‑471/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:602, punto 52 e giurisprudenza citata).
99 In via preliminare, occorre ricordare, come risulta dai precedenti punti da 32 a 35, che il pubblico di riferimento è il pubblico italiano. Ai precedenti punti 57 e 60 è stato osservato che i segni in conflitto sono mediamente simili sul piano visivo e sono simili in misura elevata sul piano fonetico. Inoltre, al precedente punto 90 si è concluso che il marchio anteriore, alla data di riferimento, ossia il 17 giugno 2016, godeva di notorietà media per la pasta alimentare della classe 30 nel territorio di riferimento, vale a dire l’Italia.
100 Sotto un primo profilo, per quanto riguarda il grado di prossimità o di dissomiglianza dei prodotti e dei servizi di cui trattasi, occorre rilevare che i servizi designati dal marchio richiesto compresi nella classe 43 e oggetto del presente ricorso rientrano nel settore della ristorazione e dell’alloggio, attinente principalmente alla fornitura e alla somministrazione di cibi e bevande, e ai relativi servizi di consulenza.
101 Dalla giurisprudenza si evince che, ai fini della valutazione della somiglianza tra i prodotti o servizi di cui trattasi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra di essi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2013, Sanco/UAMI – Marsalman (Raffigurazione di un pollo), T‑249/11, EU:T:2013:238, punto 21 e giurisprudenza citata].
102 A tal proposito, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi alla distinzione tra i prodotti di cui trattasi, vale a dire la pasta alimentare, e i servizi di ristorazione, occorre osservare che, sebbene detti servizi siano diversi dalla pasta alimentare per quanto riguarda la loro natura, la loro destinazione e il loro utilizzo, esiste tuttavia una complementarità tra di essi. Infatti, come giustamente rilevato dall’EUIPO, dalla giurisprudenza risulta che i prodotti alimentari in senso lato, che includono prodotti rientranti nella classe 30, da un lato, e i servizi di ristorazione, dall’altro, presentano, malgrado le loro differenze, un certo grado di somiglianza, in quanto, in primo luogo, i prodotti alimentari interessati sono utilizzati e proposti nell’ambito dei servizi di ristorazione, cosicché esiste una complementarità tra tali prodotti e tali servizi, in secondo luogo, i servizi di ristorazione possono essere proposti negli stessi luoghi nei quali sono venduti i prodotti alimentari interessati e, in terzo luogo, i prodotti alimentari in questione possono provenire dalle medesime imprese o da imprese collegate economicamente, le quali commercializzano prodotti alimentari confezionati, o da ristoranti che vendono piatti preparati da asporto [v., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2016, Future Enterprises/EUIPO – McDonald’s International Property (MACCOFFEE), T‑518/13, EU:T:2016:389, punto 80, e del 1º dicembre 2021, Inditex/EUIPO – Ffauf Italia (ZARA), T‑467/20, non pubblicata, EU:T:2021:84, punto 128].
103 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto che la pasta alimentare sia un elemento che può essere oggetto di servizi di ristorazione, ma che non è necessario per tali servizi, non può infirmare tale conclusione.
104 Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui le modalità di commercializzazione dei prodotti e dei servizi proposti con i marchi in conflitto differiscono, è sufficiente constatare che esso è irrilevante perché non invalida la conclusione della commissione di ricorso secondo cui i prodotti e i servizi di cui trattasi sono complementari [v., per analogia e in tal senso, sentenza del 15 febbraio 2011, Yorma’s/UAMI – Norma Lebensmittelfilialbetrieb (YORMA’S), T‑213/09, non pubblicata, EU:T:2011:37, punto 47].
105 Sotto un terzo profilo, la ricorrente afferma che il marchio richiesto sarebbe percepito dal pubblico di riferimento solo come collegato al suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, e non al marchio anteriore.
106 A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, sebbene non sia escluso che la coesistenza di due marchi in un mercato determinato possa eliminare, in taluni casi, il rischio di confusione tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico di riferimento, è altresì necessario che siano soddisfatte talune condizioni. Una siffatta eventualità può quindi essere presa in considerazione solo se, in primo luogo, nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO concernente impedimenti relativi alla registrazione, il richiedente il marchio dell’Unione europea ha debitamente dimostrato che il marchio anteriore o i marchi anteriori di cui si avvale e il marchio anteriore dell’interveniente su cui si fonda l’opposizione coesistevano pacificamente sul mercato nel senso che il pubblico di riferimento era in grado, nel corso di un periodo antecedente al deposito della domanda di registrazione del marchio di cui trattasi, di distinguere detti marchi. In secondo luogo, i marchi anteriori di cui trattasi e i marchi in conflitto devono essere identici [v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2013, Cartoon Network/UAMI – Boomerang TV (BOOMERANG), T‑285/12, non pubblicata, EU:T:2013:520, punto 55; del 21 dicembre 2021, Worldwide Spirits Supply/EUIPO – Melfinco (CLEOPATRA QUEEN), T‑870/19, non pubblicata, EU:T:2021:919, punti da 40 a 42, e del 26 luglio 2023, Rada Perfumery/EUIPO – Prada (RADA PERFUMES), T‑439/22, non pubblicata, EU:T:2023:441, punti 74 e 75].
107 Pertanto, spetta alla ricorrente provare non solo la coesistenza dei marchi anteriori di cui trattasi, ma anche che il pubblico di riferimento era in grado, nel corso di un periodo antecedente al deposito della domanda di registrazione del marchio di cui trattasi, di distinguere tra tali marchi, e ciò attraverso la produzione di elementi di prova quali sondaggi d’opinione, dichiarazioni di associazioni di consumatori o altro [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, AIA/EUIPO – Casa Montorsi (MONTORSI F.F.), T‑389/16, EU:T:2017:492, punto 71], dimostrazione che può essere effettuata mediante un insieme di indizi [v. sentenza del 28 aprile 2021, West End Drinks/EUIPO – Pernod Ricard (The King of SOHO), T‑31/20, non pubblicata, EU:T:2021:217, punto 129 e giurisprudenza citata). A tale riguardo, sono particolarmente pertinenti gli elementi attestanti la conoscenza di ciascuno dei marchi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento prima della data di deposito della domanda di registrazione del marchio controverso (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2021, CLEOPATRA QUEEN, T‑870/19, non pubblicata, EU:T:2021:919, punto 44, e del 26 luglio 2023, RADA PERFUMES, T‑439/22, non pubblicata, EU:T:2023:441, punto 76).
108 Pertanto, se è vero che il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dalla ricorrente è identico al marchio richiesto, ciò non toglie che la ricorrente non è riuscita a dimostrare l’esistenza di una coesistenza pacifica di detti marchi. Infatti, da un lato, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto volto a dimostrare che il pubblico di riferimento era in grado, durante un periodo precedente il deposito della domanda di registrazione del marchio richiesto, di distinguere il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dal marchio anteriore. Dall’altro, come rilevato dall’EUIPO, la Pastificio Lucio Garofalo ha indicato nelle sue osservazioni a sostegno della sua opposizione che il fatto che essa non avesse proposto un’azione di nullità contro il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, per i prodotti e i servizi compresi nelle classi 29 e 35, era dovuto alla circostanza che erano in corso trattative per risolvere in via amichevole il conflitto esistente all’epoca. Tuttavia, in assenza di presentazione di detto accordo in allegato nel procedimento dinanzi al Tribunale, si può supporre che le suddette trattative non abbiano avuto esito positivo, il che tende a dimostrare l’assenza di coesistenza pacifica tra il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 e il marchio anteriore.
109 Di conseguenza, dai fatti del caso di specie non si può dedurre che una coesistenza tra il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 e il marchio anteriore avrebbe ridotto il rischio di confusione tra i marchi in conflitto.
110 Parimenti, il fatto che il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dalla ricorrente goda di notorietà, tra l’altro, per i prodotti lattiero-caseari è irrilevante ai fini dell’esistenza di un nesso tra i segni in conflitto, tanto più che il marchio richiesto non copre tali prodotti.
111 Pertanto, la censura della ricorrente relativa all’assenza di nesso tra i segni in conflitto deve essere respinta.
e) Sul rischio di indebito vantaggio tratto dal marchio richiesto
112 La commissione di ricorso, facendo proprie le conclusioni della divisione di opposizione, ha ritenuto che il marchio richiesto potesse trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, nella percezione del pubblico di riferimento in Italia.
113 In primo luogo, la ricorrente sostiene che il marchio anteriore non possiede un carattere fortemente distintivo.
114 In secondo luogo, essa sostiene che la notorietà associata al marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 è almeno pari, se non superiore, a quella del marchio anteriore, tenuto conto in particolare del notevole fatturato e della presenza dell’azienda nel mercato mondiale, nonché del controvalore economico risultante dalla popolarità e dal consumo diffuso di piatti a base di mozzarella. Essa non avrebbe quindi alcun interesse economico a sfruttare la notorietà media della pasta alimentare venduta dalla Pastificio Lucio Garofalo.
115 In terzo luogo, le due aziende coesistono pacificamente sul mercato da oltre 50 anni, i loro rappresentanti si conoscono e i loro oggetti sociali differiscono in modo significativo, in quanto quello della ricorrente comprende da sempre l’attività di ristorazione e di degustazione, mentre l’oggetto sociale della Pastificio Lucio Garofalo non vi fa alcun riferimento. Inoltre, secondo la ricorrente, non esiste alcuna prova che la coesistenza delle imprese generi uno sviamento della clientela della Pastificio Lucio Garofalo.
116 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente al riguardo.
117 Riguardo alla condizione per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, relativa al rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o arrechi pregiudizio agli stessi, essa riguarda tre tipi di rischi distinti e alternativi, e cioè che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto, in primo luogo, arrechi pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore, in secondo luogo, arrechi pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore o, in terzo luogo, tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore [v. sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑215/03, EU:T:2007:93, punto 36 e giurisprudenza citata).
118 Tra i rischi menzionati al precedente punto 117, il terzo deve essere inteso come un rischio che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche proiettate da quest’ultimo siano trasferite ai prodotti designati dal marchio richiesto, di modo che la loro commercializzazione possa essere agevolata da tale associazione con il marchio anteriore notorio [v. sentenza del 10 ottobre 2019, McDreams Hotel/EUIPO – McDonald’s International Property (mc dreams hotels Träumen zum kleinen Preis!), T‑428/18, non pubblicata, EU:T:2019:738, punto 89 e giurisprudenza citata]. Il vantaggio risultante dall’uso da parte di un terzo di un segno simile ad un marchio notorio è tratto indebitamente da detto terzo dai citati carattere distintivo o notorietà del marchio quando egli, con siffatto uso, tenta di porsi nel solco tracciato dal marchio notorio al fine di approfittare del potere attrattivo, della reputazione e del prestigio di quest’ultimo, e di sfruttare, senza alcun corrispettivo economico, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per creare e mantenere l’immagine del marchio in parola (sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 50).
119 Al fine di determinare se l’uso del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati [v. sentenza del 6 luglio 2012, Jackson International/UAMI – Royal Shakespeare (ROYAL SHAKESPEARE), T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 54 e giurisprudenza citata).
120 L’assenza di intento parassitario del marchio richiesto da parte del titolare, ammesso che sia dimostrata, non è di per sé sufficiente ad escludere la possibilità di trarre un indebito vantaggio dall’uso di tale marchio. Occorre ricordare che elementi che sono, per loro natura, soggettivi, quali le intenzioni commerciali, reali o presunte del titolare del marchio richiesto, non devono essere presi in considerazione per valutare l’esistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 [v., in tal senso, sentenze del 3 maggio 2018, Gall Pharma/EUIPO – Pfizer (Styriagra), T‑662/16, non pubblicata, EU:T:2018:242, punto 73, e del 28 aprile 2021, Asolo/EUIPO – Red Bull (FLÜGEL), T‑509/19, non pubblicata, EU:T:2021:225, punto 134].
121 In primo luogo, occorre rilevare che, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 45 a 48, la commissione di ricorso ha giustamente concluso per il carattere distintivo dell’elemento «garofalo» del marchio anteriore che, nel caso di specie, costituisce l’insieme di detto marchio.
122 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente vertente sulla notorietà del suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, segnatamente per la «Mozzarella di Bufala Campana», occorre rilevare che essa non ha dedotto argomenti che dimostrino in che modo tale circostanza invalidi i criteri di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in particolare nell’esame della condizione relativa al rischio che sia tratto indebito vantaggio dal marchio anteriore. Per contro, come rilevato dall’EUIPO, l’asserita notorietà del marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dalla ricorrente per la «Mozzarella di Bufala Campana» non coincide affatto con i servizi rientranti nella classe 43 del marchio richiesto, ma riguarda tutt’al più prodotti lattiero-caseari, che non sono oggetto del marchio richiesto.
123 In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui non esiste alcuna prova di uno sviamento della clientela della Pastificio Lucio Garofalo a vantaggio della ricorrente, secondo costante giurisprudenza il titolare del marchio anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del suo marchio. Egli deve solamente addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio. A una tale conclusione si può pervenire segnatamente in base a deduzioni logiche risultanti da una disamina delle probabilità e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di tutte le altre circostanze del caso di specie (v. sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 53 e giurisprudenza citata).
124 Pertanto, alla luce del carattere distintivo del marchio anteriore, esaminato al precedente punto 48, dell’esistenza di un nesso tra i segni in conflitto, quale riconosciuto al precedente punto 111, della complementarità tra i prodotti e i servizi di cui trattasi, di cui ai punti da 100 a 103, nonché della notorietà del marchio anteriore accertata per la pasta alimentare quale riconosciuta al precedente punto 90, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione per aver accertato che esiste il rischio che l’uso del marchio richiesto possa condurre ad una commercializzazione agevolata per i servizi di ristorazione per la ricorrente, di modo che quest’ultima trarrebbe indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio anteriore. Infatti, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso, gli elementi di prova prodotti dalla Pastificio Lucio Garofalo dimostrano che il marchio anteriore è associato ad un’immagine, tra l’altro, di qualità.
125 Infine, per quanto riguarda la rivendicazione della ricorrente secondo cui il suo oggetto sociale conterrebbe riferimenti alla fornitura di servizi di ristorazione, tale argomento riguarda, in sostanza, la questione dell’esistenza di un giusto motivo per l’uso del marchio richiesto, e sarà quindi affrontato nella relativa trattazione.
126 È quindi giocoforza osservare che la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che un siffatto uso del marchio richiesto potesse trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.
f) Sul giusto motivo
127 La commissione di ricorso ha concluso che né l’uso anteriore né la registrazione del marchio FATTORIE GAROFALO da parte della ricorrente nel 2012 per alimenti, compresi prodotti lattiero-caseari e prodotti a base di carne, costituivano un giusto motivo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, che consentisse a quest’ultima di estendere le sue attività con tale marchio al settore della ristorazione e dell’alloggio temporaneo.
128 Per quanto riguarda gli elementi di prova forniti dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, la commissione di ricorso ha considerato che, sebbene la ricorrente avesse dimostrato il successo del marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, e l’uso intensivo di lunga data di quest’ultimo nel settore alimentare, in particolare per la produzione di mozzarella, nello stesso territorio in cui opera la Pastificio Lucio Garofalo, l’uso controverso era irrilevante. Infatti, non è stato presentato alcun elemento di prova concludente che coincida con i prodotti per i quali il marchio anteriore è registrato e gode di notorietà, vale a dire la pasta alimentare. Per quanto riguarda l’uso anteriore del marchio richiesto in relazione ai servizi di ristorazione in Italia, la commissione di ricorso ha concluso che la ricorrente non aveva fornito alcun elemento di prova attestante detto uso per il periodo precedente il deposito della domanda di registrazione del marchio anteriore nel 2002, e che i pochi elementi di prova forniti risalenti al 2002 non erano concludenti. Inoltre, non era stato dimostrato alcun uso del marchio richiesto in relazione ai servizi di alloggio temporaneo, per i quali è stata chiesta la sua registrazione.
129 Infine, la commissione di ricorso ha constatato che la ricorrente non poteva dedurre un giusto motivo dall’asserita tolleranza della Pastificio Lucio Garofalo verso l’estensione dell’uso del marchio FATTORIE GAROFALO per i servizi di ristorazione, in quanto quest’ultima si era immediatamente opposta alla domanda di registrazione del marchio richiesto.
130 In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Pastificio Lucio Garofalo ha tollerato l’uso da parte della ricorrente del marchio richiesto per servizi rientranti nella classe 43, e ciò da un certo tempo. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha erroneamente concluso che la Pastificio Lucio Garofalo non era a conoscenza della presenza sul mercato dei servizi di ristorazione proposti dalla ricorrente con il segno FATTORIE GAROFALO prima del 2016, anno dell’opposizione. La ricorrente afferma di aver presentato, nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, diversi documenti che dimostrano l’esistenza, tra l’altro, di un punto vendita dei suoi prodotti e di spazi di ristorazione all’aeroporto di Napoli (Italia) nel 2006, o ancora alla stazione ferroviaria di Napoli. Secondo la ricorrente, i rappresentanti della Pastificio Lucio Garofalo non avrebbero potuto transitare da tale aeroporto o tale stazione senza accorgersi di detti esercizi commerciali.
131 Inoltre, la Pastificio Lucio Garofalo non avrebbe proposto opposizione contro il suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 per prodotti e servizi rientranti nelle classi 29 e 35. L’assenza di una siffatta opposizione sarebbe giustificata dall’evidente distinzione tra i prodotti contrassegnati dal marchio della ricorrente e quelli coperti dal marchio anteriore, vale a dire, rispettivamente, i prodotti lattiero-caseari e la pasta alimentare.
132 In secondo luogo, la ricorrente invoca l’esistenza di un giusto motivo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 derivante dal fatto che essa ha utilizzato il segno richiesto da diversi decenni per i prodotti lattiero‑caseari, e in particolare la «Mozzarella di Bufala Campana». La ricorrente riporta vari articoli di stampa, i quali attestano che la ricorrente è un’«azienda storica», e un grafico che mostra il fatturato dell’azienda dal 1992 al 2012. Il marchio richiesto sarebbe solo un’estensione ai servizi di ristorazione del suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, il quale gode di notorietà per prodotti e servizi compresi nelle classi 29 e 35. A tal riguardo, la ricorrente riporta un estratto della registrazione nel 1991 della ragione sociale Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola presso la Camera di commercio italiana, il quale dimostrerebbe che la società della ricorrente è stata costituita il 1º febbraio 1991 avendo come oggetto sociale non solo la «gestione di latterie e caseifici», ma anche, tra l’altro, l’esercizio di attività di «ristorazione».
133 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
134 A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, qualora il titolare del marchio notorio sia riuscito a dimostrare l’esistenza di uno dei pregiudizi di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e, in particolare, l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di detto marchio, spetta al terzo che ha fatto uso di un segno simile al marchio notorio dimostrare che l’uso di un siffatto segno ha un giusto motivo [sentenza del 15 settembre 2016, Arrom Consiglio/EUIPO – Puig France (Roméo has a Gun by Romano Ricci), T‑358/15, non pubblicata, EU:T:2016:490, punto 79].
135 Ciononostante, occorre ricordare che il regolamento n. 207/2009 è diretto, in maniera generale, a contemperare, da un lato, gli interessi del titolare di un marchio a salvaguardare le funzioni essenziali di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici a poter disporre di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi (v., per analogia, sentenze del 27 aprile 2006, Levi Strauss, C‑145/05, EU:C:2006:264, punto 29, e del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 41).
136 Nel sistema di tutela dei marchi instaurato dal regolamento n. 207/2009, l’interesse di un terzo ad usare nel commercio un segno identico o simile a un marchio anteriore notorio e a registrarlo come marchio dell’Unione europea è segnatamente preso in considerazione, nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 5, di detto regolamento, mediante la possibilità per l’utilizzatore del marchio richiesto di addurre un «giusto motivo» (v., per analogia, sentenza del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 43).
137 In tal senso, il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente al deposito del marchio notorio e che l’utilizzo fatto per il prodotto identico è in buona fede (v., in tal senso, sentenze del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 60, e del 21 dicembre 2022, Rappresentazione di un pacchetto di sigarette, T‑44/22, non pubblicata, EU:T:2022:843, punto 74).
138 Pertanto, qualora l’uso anteriore al deposito del marchio notorio da parte di un terzo di un segno o di un marchio richiesto identico o simile a detto marchio anteriore notorio sia qualificato come «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, esso consente al suddetto terzo non soltanto di continuare ad utilizzare tale segno, ma anche di farlo registrare come marchio dell’Unione europea, anche qualora l’uso del marchio richiesto possa trarre vantaggio dalla notorietà del marchio anteriore (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2016, MACCOFFEE, T‑518/13, EU:T:2016:389, punto 113).
139 Occorre altresì precisare che l’esistenza di un giusto motivo che consenta l’uso di un marchio lesivo di un marchio notorio deve essere interpretata restrittivamente (sentenza del 21 dicembre 2022, Rappresentazione di un pacchetto di sigarette, T‑44/22, non pubblicata, EU:T:2022:843, punto 75).
140 In tal senso, affinché l’uso anteriore al deposito del marchio notorio da parte di un terzo di un segno o di un marchio richiesto identico o simile a detto marchio anteriore notorio possa essere qualificato come «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, tale uso deve soddisfare due condizioni. Da un lato, il segno o il marchio richiesto deve essere stato utilizzato anteriormente al deposito del marchio notorio. Dall’altro, l’uso fatto per un prodotto identico deve essere in buona fede, come indicato al precedente punto 137. Spetta all’interessato dimostrare che queste due condizioni sono soddisfatte.
141 Nel caso di specie, si deve osservare che la seconda condizione, relativa alla buona fede della ricorrente, non è oggetto di contestazione ad opera delle parti.
142 Per quanto riguarda la prima condizione, occorre rilevare che il marchio anteriore è stato depositato nel 2002 e registrato nel 2004. Ebbene, la ricorrente ha registrato il suo primo marchio, FATTORIE GAROFALO, nel 2012, per prodotti e servizi rientranti nelle classi 29 e 35.
143 Pertanto, è pacifico tra le parti che, alla data di deposito del marchio anteriore, la ricorrente non era titolare di alcun marchio registrato, né a livello dell’Unione né a livello nazionale.
144 Per quanto riguarda poi l’argomento della ricorrente secondo cui essa ha utilizzato il segno richiesto da diversi decenni, occorre rilevare, come giustamente constatato dalla commissione di ricorso, che gli unici elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’EUIPO che dimostrano in particolare l’uso del segno richiesto connesso ai prodotti lattiero-caseari, e segnatamente la «Mozzarella di Bufala Campana», sono fotografie di punti vendita e di ristorazione, uno dei quali si trova all’aeroporto di Napoli, ed è stato aperto nel 2006.
145 Ebbene, anche supponendo che la ricorrente abbia aperto un siffatto spazio di ristorazione nel 2006, tale azione avrebbe avuto luogo quattro anni dopo il deposito della domanda di registrazione del marchio anteriore da parte della Pastificio Lucio Garofalo nel 2002. Pertanto, le prove presentate dalla ricorrente non coprono il periodo precedente alla registrazione del marchio anteriore, nel 2002, come giustamente osservato dalla commissione di ricorso al punto 51 della decisione impugnata. In ogni caso, dette prove consistono in fotografie di un luogo non operativo nell’aeroporto di Napoli nonché in una planimetria, cui è allegata una lettera in italiano del responsabile dei contratti e delle assicurazioni dell’Aeroporto di Napoli, la quale contiene unicamente informazioni relative all’emissione di una fattura, senza altre indicazioni su detto utilizzo o sulla portata di tale utilizzo, e pertanto non è decisiva.
146 Inoltre, per quanto riguarda la pertinenza dell’estratto della registrazione nel 1991 della denominazione sociale Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola presso la Camera di commercio italiana, il quale dimostrerebbe che la ricorrente è stata costituita il 1º febbraio 1991, avendo come oggetto sociale, tra l’altro, l’esercizio di attività «di ristorazione», occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, una denominazione sociale non ha, di per sé, lo scopo di distinguere prodotti o servizi. Infatti, una denominazione sociale ha lo scopo di identificare una società. Così, quando l’uso di una denominazione sociale si limita a identificare una società, esso non può essere considerato come fatto «per prodotti o servizi» [v., in tal senso, sentenza 26 settembre 2012, IG Communications/UAMI – Citigroup e Citibank (CITIGATE), T‑301/09, non pubblicata, EU:T:2012:473, punto 126 e giurisprudenza citata].
147 Pertanto, per provare l’uso del marchio richiesto, il segno corrispondente al marchio richiesto deve essere stato oggetto di un uso reale ed effettivo [sentenza del 1º marzo 2018, Shoe Branding Europe/EUIPO – adidas (Posizione di due strisce parallele su una scarpa), T‑85/16, non pubblicata, EU:T:2018:109, punto 64]. Conseguentemente, la semplice registrazione di una denominazione sociale non può essere sufficiente a dimostrare un uso del marchio richiesto come marchio sul mercato. Nel caso di specie, occorre quindi rilevare che l’estratto della registrazione della denominazione sociale della ricorrente non dimostra un uso effettivo del marchio richiesto.
148 Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui essa è un’«impresa storica», le cui attività relative alla produzione di «Mozzarella di Bufala Campana» sono iniziate diversi decenni fa, occorre osservare che, ad eccezione di affermazioni in alcuni articoli di stampa prodotti dalla ricorrente, risalenti al 2016-2021, nessun elemento di prova dimostra che il marchio richiesto sia stato utilizzato prima della data di deposito del marchio anteriore nel 2002, o addirittura prima della data di acquisizione della notorietà di quest’ultimo
149 Infine, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il marchio richiesto sarebbe solo un’estensione ai servizi di ristorazione del suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, è vero che l’intenzione del richiedente di un marchio può essere rilevante ai fini della valutazione della sua buona fede, ai sensi della giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 57).
150 Tuttavia, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 137 risulta che, per dimostrare l’esistenza di un giusto motivo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, spettava alla ricorrente dimostrare non solo che il marchio richiesto è stato utilizzato in buona fede, ma anche che esso è stato utilizzato prima del deposito del marchio notorio. Orbene, la ricorrente non ha sufficientemente dimostrato che quest’ultima condizione fosse soddisfatta.
151 Alla luce di quanto precede, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione ritenendo che non sussistesse alcun giusto motivo per l’uso del marchio richiesto, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.
152 Pertanto, occorre respingere integralmente il primo motivo.
3. Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009
153 Nelle sue conclusioni, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata è contraria sia all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sia all’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento, senza tuttavia dedurre argomenti distinti al riguardo.
154 È giocoforza rilevare che, come risulta dal punto 60 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha accolto l’opposizione sulla sola base dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, senza pronunciarsi sul motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.
155 Di conseguenza, un motivo relativo alla violazione di quest’ultima disposizione non può condurre all’annullamento della decisione impugnata, oltre al fatto che nessuno degli argomenti presentati nel ricorso è ricollegabile a tale motivo [v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2023, Claro/EUIPO – Claranet Europe (Claro), T‑661/22, non pubblicata, EU:T:2023:762, punti da 23 a 25].
156 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente il ricorso.
IV. Sulle spese
157 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
158 Ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, soltanto le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Pertanto, poiché la domanda della ricorrente concerne le spese riguardanti il procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, che non costituiscono spese ripetibili, tale domanda è irricevibile [sentenza del 24 novembre 2005, Simonds Farsons Cisk/UAMI – SpA Monopole (KINJI by SPA), T‑3/04, EU:T:2005:418, punti 77 e 78].
159 Sebbene la ricorrente sia rimasta soccombente, l’EUIPO ne ha chiesto la condanna alle spese solo in caso di udienza. In assenza di udienza, occorre decidere che ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.
Kornezov |
Petrlík |
Kingston |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 giugno 2025.
Il cancelliere |
Il presidente |
V. Di Bucci |
S. Papasavvas |
* Lingua processuale: l’italiano.
![]() SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione) 11 giugno 2025 (*)
« Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo FATTORIE GAROFALO – Marchio dell’Unione europea figurativo anteriore GAROFALO – Impedimento alla registrazione relativo – Pregiudizio alla notorietà – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001] – Indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore – Assenza di motivo legittimo » Nella causa T‑1036/23, Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola, con sede in Capua (Italia), rappresentata da S. Cutolo, avvocato, ricorrente, contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente, convenuto, controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO: Pastificio Lucio Garofalo SpA, con sede in Gragnano (Italia), IL TRIBUNALE (Ottava Sezione), composto da A. Kornezov, presidente, D. Petrlík e S. Kingston (relatrice), giudici, cancelliere: V. Di Bucci vista la fase scritta del procedimento, vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 16 agosto 2023 (procedimento R 2138/2022-4) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). I. Fatti 2 Il 17 giugno 2016 la ricorrente ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea per il seguente segno figurativo: 3 Il marchio richiesto designava i servizi rientranti nella classe 43 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondenti alla seguente descrizione: «Fornitura di alimenti e bevande; servizi di ristorazione; servizi di ristorazione mobili; servizi da asporto; ristoranti che offrono servizio di consegna a domicilio; alloggi temporanei; servizi di bar-ristoranti; servizi di caffetterie; prenotazione di abitazioni temporanee; prenotazione di ristoranti; servizi di ristoranti; servizi di ristoranti self-service; servizi alberghieri; servizi di bar; servizi di campi di vacanze [alloggio]; servizi di catering; preparazione di alimenti; preparazione e fornitura di cibi e bevande per consumo immediato; servizi di consulenza riguardanti gli alimenti; servizi di consulenza relativi alla preparazione di alimenti; servizi di consulenza in materia di cucina; servizi di gelateria; servizi di enoteche; servizi di cuochi personali». 4 La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea n. 133/2016, del 19 luglio 2016. 5 Il 18 ottobre 2016 la Pastificio Lucio Garofalo SpA, controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, ha proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto per tutti i servizi di cui al precedente punto 3. 6 L’opposizione era fondata su diversi diritti anteriori, tra cui il marchio dell’Unione europea figurativo, depositato il 25 settembre 2002 e registrato il 3 giugno 2004 con il numero 2779999 (in prosieguo: il «marchio anteriore»), riprodotto di seguito: 7 I prodotti contrassegnati dal marchio anteriore rientrano nella classe 30 e corrispondono alla seguente descrizione: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; glutine (alimenti)». 8 La notorietà è stata rivendicata in Spagna e in Italia per le «farine e preparati a base di cereali; salse (condimenti)». 9 I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano, per quanto riguarda il marchio anteriore, quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), divenuti, rispettivamente, articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). 10 A seguito della domanda formulata dalla ricorrente, l’EUIPO ha invitato la Pastificio Lucio Garofalo dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO a fornire la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore. Quest’ultima ha ottemperato a tale richiesta. 11 Il 9 settembre 2022 la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione sulla base dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e ha negato la registrazione del marchio richiesto per tutti i servizi indicati al precedente punto 3. 12 Il 4 novembre 2022 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di opposizione. 13 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che tutte le condizioni richieste per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 fossero soddisfatte nel caso di specie e ha quindi confermato la decisione della divisione di opposizione. II. Conclusioni delle parti 14 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: – annullare la decisione impugnata; – registrare il marchio richiesto; – condannare l’EUIPO al pagamento delle spese, comprese quelle relative al procedimento di opposizione dinanzi all’EUIPO. 15 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare la ricorrente al pagamento delle spese in caso di convocazione di un’udienza. III. In diritto 16 Tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi, ossia il 17 giugno 2016, che è decisiva ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, i fatti del caso di specie sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009, come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2015 recante modifica del regolamento n. 207/2009 e del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione relativo alle tasse da pagare all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) (GU 2015, L 341, pag. 21) (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2014, Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 12, e del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO, C‑702/18 P, EU:C:2020:489, punto 2 e giurisprudenza citata). Peraltro, nella misura in cui, secondo una giurisprudenza costante, le norme procedurali si considerano generalmente applicabili al momento in cui esse entrano in vigore (v. sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 45 e giurisprudenza citata), la controversia è disciplinata dalle disposizioni procedurali del regolamento 2017/1001. 17 Di conseguenza, nel caso di specie, per quanto riguarda le norme sostanziali, occorre intendere i riferimenti fatti dalla ricorrente all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001, come riguardanti l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, di identico tenore. A. Sulla competenza del Tribunale a conoscere del secondo capo delle conclusioni della ricorrente 18 Il secondo capo delle conclusioni della ricorrente è diretto a che il Tribunale disponga, in caso di annullamento della decisione impugnata, la registrazione del marchio richiesto per i servizi di cui trattasi. 19 Una siffatta domanda può essere intesa come diretta a che il Tribunale riformi la decisione impugnata ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, adottando la decisione che la commissione di ricorso avrebbe dovuto adottare, conformemente alle disposizioni di detto regolamento. Orbene, gli organi dell’EUIPO competenti in materia non adottano decisioni formali che constatano la registrazione di un marchio dell’Unione europea che possano essere oggetto di ricorso. Conseguentemente, la commissione di ricorso non è competente a conoscere di una domanda diretta a farle registrare un marchio dell’Unione europea. Non spetta, pertanto, nemmeno al Tribunale conoscere di una domanda di riforma diretta a fargli modificare la decisione di una commissione di ricorso in tal senso [v., in tal senso, sentenze del 12 aprile 2011, Euro-Information/UAMI (EURO AUTOMATIC PAYMENT), T‑28/10, EU:T:2011:158, punto 13 e giurisprudenza citata, e del 19 ottobre 2022, Greenwich Polo Club/EUIPO – Lifestyle Equities (GREENWICH POLO CLUB), T‑437/21, non pubblicata, EU:T:2022:643, punto 14]. 20 Una tale domanda può anche essere intesa come diretta a che il Tribunale rivolga un’ingiunzione all’EUIPO. A tal riguardo, è sufficiente ricordare che, nell’ambito del sindacato di legittimità basato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale non è competente a pronunciare ingiunzioni nei confronti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione europea (v. ordinanza del 26 ottobre 1995, Pevasa e Inpesca/Commissione, C‑199/94 P e C‑200/94 P, EU:C:1995:360, punto 24 e giurisprudenza citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 25 settembre 2018, Svezia/Commissione, T‑260/16, EU:T:2018:597, punto 104 e giurisprudenza citata). 21 Ne consegue che occorre respingere il secondo capo di conclusioni della ricorrente per ragioni di incompetenza. B. Nel merito 22 La ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, e il secondo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento. 1. Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale 23 L’EUIPO sostiene che l’allegato A.3 del ricorso non è stato prodotto nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, ma è stato depositato per la prima volta al cospetto del Tribunale. Pertanto, tale documento sarebbe irricevibile. 24 A tal riguardo, occorre rilevare che l’allegato A.3, presentato per la prima volta dinanzi al Tribunale, è una visura della società Pastificio Lucio Garofalo, allegata al ricorso dalla ricorrente. 25 Ebbene, occorre ricordare che il ricorso dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove prodotte dinanzi ad esso per la prima volta [v. sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza citata). 26 Inoltre, l’ammissione di tali prove contrasta con l’articolo 188 del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Ne consegue che le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale devono essere dichiarate irricevibili, senza che occorra procedere al loro esame [v. sentenza del 14 maggio 2009, Fiorucci/UAMI – Edwin (ELIO FIORUCCI), T‑165/06, EU:T:2009:157, punto 22 e giurisprudenza citata]. 27 Pertanto, l’allegato A.3 del ricorso è irricevibile. 2. Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 28 A sostegno del primo motivo, la ricorrente deduce, in sostanza, sei censure, vertenti, la prima, su errori commessi nella definizione del pubblico di riferimento, la seconda, sull’assenza di somiglianza dei marchi in conflitto, la terza, su errori di valutazione quanto alla prova d’uso e della notorietà del marchio anteriore, la quarta, sull’insussistenza di un nesso tra i segni in conflitto, la quinta, sull’assenza di un indebito vantaggio, e, la sesta, sull’esistenza di un giusto motivo legittimante la registrazione e l’uso del marchio richiesto. 29 Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore registrato ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, la registrazione del marchio depositato è esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore, a prescindere dal fatto che i prodotti o i servizi per i quali si chiede la registrazione siano identici, simili o non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi. 30 Dal tenore letterale dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, risulta che la sua applicazione è subordinata alle condizioni cumulative attinenti, in primo luogo, all’identità o alla somiglianza dei marchi in conflitto, in secondo luogo, all’esistenza di una notorietà del marchio anteriore invocata a sostegno dell’opposizione e, in terzo luogo, alla sussistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi loro pregiudizio [v. sentenza del 21 dicembre 2022, International Masis Tabak/EUIPO – Philip Morris Brands (Rappresentazione di un pacchetto di sigarette), T‑44/22, non pubblicata, EU:T:2022:843, punto 18 e giurisprudenza citata]. 31 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, come sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. a) Sul pubblico di riferimento 32 Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti e i servizi di cui trattasi fossero destinati al pubblico italiano in generale. 33 La ricorrente contesta tale valutazione del pubblico di riferimento in quanto, a suo avviso, i consumatori medi dei servizi oggetto del marchio richiesto si distinguerebbero da quelli dei prodotti oggetto del marchio anteriore, tenuto conto del fatto che i prodotti commercializzati da quest’ultimo sono venduti in supermercati e ipermercati, mentre i prodotti della ricorrente sono disponibili in «punti vendita monomarca “Fattorie Garofalo”» presenti in particolare in luoghi strategici crocevia e in centri commerciali. 34 Nel caso di specie, anche supponendo che i prodotti della ricorrente siano venduti in punti vendita monomarca, e non in supermercati e ipermercati, tale circostanza non mette affatto in discussione la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso quanto al pubblico di riferimento. Infatti, nulla nell’argomentazione della ricorrente suggerisce che i prodotti venduti in punti vendita monomarca non siano destinati al pubblico in Italia. 35 Pertanto, si deve concludere che la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione nel ritenere che il pubblico di riferimento fosse il pubblico di lingua italiana. b) Sulla comparazione dei segni in conflitto 36 Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha concluso nel senso di una somiglianza quantomeno media dei segni in conflitto sul piano visivo, di una somiglianza elevata, se non addirittura di un’identità di tali segni sul piano fonetico, nonché di una somiglianza concettuale di detti segni almeno media, nel caso in cui il cognome Garofalo dovesse essere percepito come un concetto. In caso contrario, dato che l’elemento figurativo che rappresenta un bufalo e il termine «fattorie» apposti sul marchio richiesto hanno carattere distintivo debole e svolgono, di conseguenza, un ruolo secondario nell’impressione complessiva del marchio richiesto, la commissione di ricorso ha ritenuto che tali elementi non potessero compensare la somiglianza visiva e fonetica tra i segni in conflitto. 37 Per quanto riguarda la prima delle condizioni di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, citata al precedente punto 30, occorre ricordare che l’esistenza di una somiglianza tra un marchio anteriore e un marchio richiesto costituisce una condizione di applicazione comune all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Tale condizione presuppone, tanto nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento quanto in quello del paragrafo 5 di detto articolo, l’esistenza, in particolare, di elementi di analogia visiva, fonetica o concettuale [v., in tal senso, sentenze del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑552/09 P, EU:C:2011:177, punti 51 e 52, e del 6 luglio 2022, ALO jewelry CZ/EUIPO – Cartier International (ALOve), T‑288/21, non pubblicata, EU:T:2022:420, punto 39]. 38 Tuttavia, il grado di somiglianza richiesto nell’ambito delle due citate disposizioni è differente. Infatti, mentre l’attuazione della tutela introdotta dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra i marchi in conflitto tale da generare, nel pubblico di riferimento, un rischio di confusione tra questi ultimi, l’esistenza di un siffatto rischio non è richiesta ai fini della tutela conferita dal paragrafo 5 del medesimo articolo. Infatti, le forme di nocumento contemplate da tale articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 possono essere la conseguenza di un minor grado di somiglianza tra i marchi anteriore e richiesto, purché tale grado di somiglianza sia sufficiente affinché il pubblico di riferimento operi un accostamento tra i detti marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra questi ultimi. Non risulta invece né dal tenore letterale delle citate disposizioni né dalla giurisprudenza che la somiglianza tra i marchi in conflitto debba essere valutata in modo diverso a seconda che tale valutazione sia effettuata alla luce dell’una o dell’altra di tali disposizioni (sentenze del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑552/09 P, EU:C:2011:177, punti 53 e 54, e del 14 aprile 2021, Berebene/EUIPO – Consorzio vino Chianti Classico (GHISU), T‑201/20, non pubblicata, EU:T:2021:192, punto 23]. 39 Ne consegue che il confronto tra i segni in conflitto deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica e concettuale, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del 25 gennaio 2012, Viaguara/UAMI – Pfizer (VIAGUARA), T‑332/10, non pubblicata, EU:T:2012:26, punto 32 e giurisprudenza citata]. 1) Sugli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto 40 Per quanto riguarda gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto, in primo luogo, la ricorrente sostiene che il termine «garofalo» corrisponde a un cognome e sarebbe pertanto, e in sostanza, dotato di un debole carattere distintivo. 41 In secondo luogo, la ricorrente contesta la conclusione della commissione di ricorso secondo cui l’elemento figurativo e il termine «fattorie» del marchio richiesto hanno un impatto limitato sull’insieme di detto segno. Infatti, secondo la ricorrente, il termine «fattorie» apporta un valore aggiunto per distinguere i marchi in conflitto, non potendo essere considerato semplicemente descrittivo dei servizi oggetto del marchio richiesto, poiché in una «fattoria» non vi sono ristoranti. Essa aggiunge che tale termine presenta carattere distintivo per i servizi di ristorazione e la vendita di prodotti alimentari, in quanto il consumatore lo recepirà come primo elemento di una dicitura composta. 42 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 43 In via preliminare, occorre osservare che il marchio anteriore è costituito unicamente dall’elemento denominativo «garofalo», in un carattere tipografico stilizzato, mentre il marchio richiesto è costituito dagli elementi denominativi «fattorie» e «garofalo» nonché da un elemento figurativo che rappresenta un bufalo. 44 In primo luogo, occorre esaminare se la commissione di ricorso, confermando la conclusione della divisione di opposizione, abbia giustamente concluso nel senso che il pubblico di riferimento poteva percepire il termine «garofalo» come un cognome di fantasia e, pertanto, come intrinsecamente distintivo per i prodotti contraddistinti dal marchio anteriore nonché per i servizi contraddistinti dal marchio richiesto. 45 Anzitutto, occorre rilevare che il pubblico italiano percepirà il termine «garofalo» come un cognome di origine italiana, privo di particolare significato per quanto riguarda la pasta alimentare e i servizi della classe 43 oggetto del marchio richiesto. 46 A tal riguardo, la ricorrente sostiene che Garofalo è il 192º cognome più usato in Italia, quindi un cognome diffuso che non è identificativo in esclusiva di un dato prodotto. Tuttavia, tale affermazione, anche supponendo che sia fondata, non dimostra in alcun modo che il termine «garofalo» ha un debole carattere distintivo. Infatti, quand’anche si tratti di un cognome diffuso, resta il fatto che esso non ha alcun rapporto con i prodotti e i servizi di cui trattasi. In ogni caso, la 192º posizione di tale cognome non porta ad affermare che tale cognome è così comune da indebolire il carattere distintivo del termine. 47 La ricorrente fornisce altresì collegamenti ipertestuali che consentirebbero, a suo avviso, di dimostrare la presenza sul mercato di altre imprese la cui denominazione contiene il termine «garofalo». A tal riguardo, sebbene risulti che tre società operanti nel settore dell’alimentazione generale abbiano una denominazione contenente detto termine, ciò non è sufficiente a dimostrare in che modo tale cognome sia così diffuso da pregiudicare il carattere distintivo dei marchi in conflitto. 48 Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per essere giunta alla conclusione che l’elemento denominativo «garofalo», comune ai marchi in conflitto, è intrinsecamente distintivo. 49 In secondo luogo, è pacifico che il termine «fattorie» che accompagna il termine «garofalo» all’interno del marchio richiesto fa riferimento al concetto di «fattoria». Ebbene, come giustamente ritenuto dalla commissione di ricorso, facendo proprio il ragionamento della divisione di opposizione al riguardo, tale termine è descrittivo della natura e del luogo di fornitura di alcuni dei servizi oggetto del marchio richiesto, tenuto conto del fatto che la messa a disposizione di alimenti e bevande, nonché l’alloggio temporaneo, possono essere proposti in fattoria, in particolare nell’ambito del turismo rurale. Ne consegue che detto termine è privo di qualsiasi carattere distintivo. 50 La commissione di ricorso non è, pertanto, incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che, considerati nel loro insieme, gli elementi denominativi del marchio richiesto, vale a dire gli elementi «fattorie garofalo», fossero idonei a veicolare il concetto di fattorie recanti il nome del loro proprietario, vale a dire Garofalo, essendo quest’ultimo l’unico indicatore dell’origine commerciale dei servizi cui il marchio si riferisce. 51 In terzo luogo, per quanto riguarda l’elemento figurativo del marchio richiesto, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, quando un marchio è composto di elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, poiché il pubblico di riferimento farà più facilmente riferimento ai prodotti di cui trattasi citando il nome che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [v. sentenze del 9 settembre 2008, Honda Motor Europe/UAMI – SEAT (MAGIC SEAT), T‑363/06, EU:T:2008:319, punto 30 e giurisprudenza citata, e dell’11 dicembre 2014, Coca‑Cola/UAMI – Mitico (Master), T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 49 e giurisprudenza citata). 52 Nel caso di specie, come rilevato dalla commissione di ricorso, accogliendo il ragionamento della divisione di opposizione al riguardo, la rappresentazione di un bufalo nel marchio richiesto sarà associata al latte, ai prodotti lattiero-caseari e alla carne ottenuti da questo tipo di bestiame. Pertanto, dato che tali prodotti alimentari possono essere la specialità di un fornitore di alimenti e di bevande, il carattere distintivo dell’elemento figurativo del marchio richiesto è molto debole per tali servizi. Per quanto riguarda gli altri servizi di cui trattasi, occorre rilevare che l’elemento figurativo qualifica il termine «fattorie», a sua volta poco distintivo. Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente osservato che il carattere distintivo dell’elemento figurativo del marchio richiesto è molto debole nel caso della somministrazione di alimenti e bevande, e debole per il resto dei servizi oggetto del marchio richiesto. 53 Pertanto, è giocoforza constatare che la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che l’elemento figurativo e l’elemento denominativo «fattorie» del marchio richiesto svolgessero un ruolo secondario e che il loro impatto fosse limitato, tenuto conto, in particolare, del carattere descrittivo del termine «fattorie» e del fatto che l’elemento figurativo rinvia a quest’ultimo. Di conseguenza, come accertato al precedente punto 48, si deve osservare che l’elemento «garofalo» è l’elemento maggiormente distintivo del marchio richiesto. 2) Sul confronto visivo 54 Per quanto riguarda la somiglianza visiva dei segni in conflitto, la ricorrente sostiene che detti segni sono diversi in quanto l’elemento figurativo che rappresenta un bufalo nonché l’elemento «fattorie» sarebbero distintivi e caratteristiche del marchio richiesto. Anche i caratteri tipografici e i colori dei marchi in conflitto sarebbero elementi di differenziazione, in quanto, in particolare, l’iniziale «g» nel marchio richiesto è scritta in minuscolo, i colori utilizzati nel marchio richiesto sono il blu e il verde, e la lettera «o» non presenta alcun ornamento. 55 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 56 Occorre rilevare che, da un lato, il marchio anteriore è un marchio figurativo costituito dall’elemento denominativo «garofalo», rappresentato in caratteri in corsivo e stilizzati, che ricorda la scrittura a mano. La lettera «g» è in maiuscolo e la lettera «o», alla fine della parola, si prolunga con una linea che sottolinea l’intero elemento denominativo, il che rafforza lo stile che fa pensare ad una firma dovuta allo stile di carattere utilizzato. Dall’altro, il marchio richiesto è composto dagli elementi denominativi «fattorie» e «garofalo» nonché da un elemento figurativo che rappresenta un bufalo. Gli elementi denominativi sono scritti in minuscolo e utilizzano varianti dello stesso carattere tipografico, potendosi percepire in primo piano il termine «garofalo» in blu, rappresentato in caratteri di grandi dimensioni e sullo sfondo il termine «fattorie», in colore verde chiaro, rappresentato in caratteri più piccoli. L’elemento figurativo è di colore blu, di dimensioni proporzionali all’elemento denominativo «garofalo» e posizionato sopra quest’ultimo. 57 Se è vero, come sostiene la ricorrente, che esistono differenze tra i segni in conflitto sul piano visivo, risultanti in particolare dalle diverse stilizzazioni del termine comune «garofalo» nei marchi in conflitto, dall’utilizzo dei colori blu e verde nel marchio richiesto nonché dalla presenza dell’elemento figurativo e del termine «fattorie» nel marchio richiesto, resta il fatto che tali differenze riguardano elementi poco distintivi, considerati rispetto al termine comune ai marchi in conflitto «garofalo», il quale è l’elemento maggiormente distintivo di detti marchi, in quanto costituisce l’intero marchio anteriore e un elemento distinto e immediatamente percepibile nel marchio richiesto, come rilevato al precedente punto 53. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che il grado di somiglianza visiva tra i segni fosse almeno medio. 3) Sul confronto fonetico 58 Per quanto riguarda il confronto fonetico dei segni in conflitto, la ricorrente contesta l’analisi della commissione di ricorso, in particolare sostenendo che il termine «fattorie» figura «posto quale primo elemento fonetico del marchio». 59 Se tale argomento dovesse essere inteso nel senso di affermare che la parte iniziale di un marchio può attirare maggiormente l’attenzione del pubblico di riferimento rispetto alle parti successive, si deve ricordare che tale considerazione non può mettere in questione il principio secondo cui l’esame della somiglianza dei segni deve tenere conto dell’impressione complessiva prodotta da tali segni, dal momento che il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi [v. sentenze del 10 ottobre 2006, Armacell/UAMI – nmc (ARMAFOAM), T‑172/05, EU:T:2006:300, punto 65, del 12 novembre 2009, Spa Monopole/UAMI – De Francesco Import (SpagO), T‑438/07, EU:T:2009:434, punto 23, e del 27 febbraio 2014, Advance Magazine Publishers/UAMI – Nanso Group (TEEN VOGUE), T‑509/12, EU:T:2014:89, punto 40]. 60 Nel caso di specie, occorre rilevare che detti segni presentano un’identità per quanto riguarda il termine «garofalo», ma sono difformi per la presenza del termine «fattorie» nel marchio richiesto. Tenuto conto del carattere non distintivo del solo elemento di differenziazione rilevante sul piano fonetico, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione per aver ritenuto che i segni in conflitto presentassero una somiglianza elevata sul piano fonetico. 4) Sul confronto concettuale 61 Per quanto riguarda il confronto concettuale dei segni in conflitto, la ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo cui il cognome Garofalo potrebbe essere percepito come un concetto, sostenendo invece che tale elemento è semplicemente un cognome diffuso in Italia. Secondo la ricorrente, non esiste alcun automatismo che consenta di concludere nel senso dell’esistenza di un rischio di confusione quando un marchio anteriore consistente in un cognome è ripreso in un altro marchio, aggiungendovi elementi di differenziazione forti, come avverrebbe nel caso di specie. Inoltre, l’elemento denominativo «fattorie» e l’elemento figurativo del bufalo consentirebbero al consumatore di comprendere in quale settore merceologico rientrano i servizi oggetto del marchio richiesto. 62 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 63 Secondo la giurisprudenza, quando un nome o un cognome non esprimono un’«idea generale ed astratta» e sono privi di contenuto semantico, essi non sono portatori di alcun «concetto», di modo che il confronto concettuale tra due segni costituiti unicamente da siffatti nomi o cognomi non è possibile. Per contro, il confronto concettuale resta possibile quando il nome o il cognome di cui trattasi siano diventati simbolo di un concetto, a causa ad esempio della celebrità della persona che porta tale nome o tale cognome, o qualora tale nome o cognome abbiano un contenuto semantico chiaro e immediatamente riconoscibile [sentenza del 27 giugno 2019, Sandrone/EUIPO – J. García Carrión (Luciano Sandrone), T‑268/18, EU:T:2019:452, punti 85 e 86]. 64 Ebbene, nel caso di specie, come giustamente sostenuto dalla ricorrente, nulla nel fascicolo indica che il cognome Garofalo sia associato ad una celebrità o abbia un contenuto semantico chiaro e immediatamente riconoscibile e sia, quindi, portatore di un «concetto». Ne consegue che non è possibile alcun confronto concettuale tra l’elemento denominativo «garofalo» di ciascuno dei segni in conflitto [v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2018, Enoitalia/EUIPO – La Rural Viñedos y Bodegas (ANTONIO RUBINI), T‑707/16, non pubblicata, EU:T:2018:424, punti 67 e 68]. 65 Ciò premesso, la commissione di ricorso non ha fondato la sua conclusione relativa alla somiglianza concettuale dei segni in conflitto sulla sola somiglianza derivante dall’elemento denominativo «garofalo» comune a detti segni. Infatti, ha altresì rilevato che, anche se il termine «garofalo» non dovesse essere considerato come veicolante un concetto, resta il fatto che l’elemento figurativo e il termine «fattorie» del marchio richiesto, veicolanti il messaggio di fattoria, svolgessero un ruolo secondario nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto, a differenza dell’elemento «garofalo», il quale era dotato di carattere distintivo. Ebbene, la ricorrente non è riuscita a invalidare tale conclusione, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 49 a 53. Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione per aver ritenuto che l’elemento denominativo «fattorie» e l’elemento figurativo del marchio richiesto non potessero in alcun modo compensare la somiglianza visiva e fonetica dei segni in conflitto. 66 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre respingere la censura della ricorrente relativa alla somiglianza dei segni in conflitto. c) Sulla prova dell’uso e sulla notorietà del marchio anteriore 67 Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso, facendo riferimento ai motivi esposti nella decisione della divisione di opposizione, ha ritenuto che le prove fornite dalla Pastificio Lucio Garofalo dimostrassero che, alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio richiesto, nella fattispecie il 17 giugno 2016, il marchio anteriore godeva di un grado medio di notorietà all’interno dell’Unione per la pasta alimentare compresa nella classe 30, e che fosse ragionevole supporre che tale notorietà persistesse al momento dell’adozione della decisione impugnata. 68 Secondo costante giurisprudenza, per soddisfare il requisito della notorietà, un marchio dev’essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi coperti dal marchio stesso. Nell’esaminare tale condizione, vanno presi in considerazione tutti gli elementi rilevanti del caso, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio anteriore, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo, senza che sia richiesto che tale marchio sia conosciuto da una determinata percentuale del pubblico così definito o che la sua notorietà si estenda alla totalità del territorio di cui trattasi, purché la notorietà esista in una parte sostanziale di questo [v. sentenza del 28 febbraio 2019, Lotte/EUIPO – Générale Biscuit-Glico France (PEPERO original), T‑459/18, non pubblicata, EU:T:2019:119, punto 114 e giurisprudenza citata]. 69 Tuttavia, poiché l’elenco che precede ha carattere meramente illustrativo, non si può esigere che la prova della notorietà di un marchio si riferisca a tutti questi elementi [v. sentenza del 13 maggio 2020, Divaro/EUIPO – Grendene (IPANEMA), T‑288/19, non pubblicata, EU:T:2020:201, punto 30 e giurisprudenza citata]. 70 Inoltre, occorre procedere ad una valutazione complessiva degli elementi di prova forniti dal titolare del marchio anteriore per stabilire se quest’ultimo goda di notorietà (v., in tal senso, sentenza del 10 maggio 2012, Rubinstein e L’Oréal/UAMI, C‑100/11 P, EU:C:2012:285, punto 72). A tal riguardo, una serie di elementi di prova può consentire di accertare i fatti da dimostrare, anche se ciascuno di tali elementi, preso da solo, non fosse in grado di fornire la prova dell’esattezza di tali fatti (v. sentenza del 6 luglio 2022, ALOve, T‑288/21, non pubblicata, EU:T:2022:420, punto 25 e giurisprudenza citata). 71 La notorietà di un marchio anteriore deve essere dimostrata alla data di deposito della domanda di marchio richiesto [v. sentenza del 16 ottobre 2018, VF International/EUIPO – Virmani (ANOKHI), T‑548/17, non pubblicata, EU:T:2018:686, punto 103 e giurisprudenza citata]. 72 Per quanto riguarda la prova dell’uso, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, solo su istanza del richiedente il titolare di un marchio anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio dell’Unione europea il marchio anteriore sia stato seriamente utilizzato nel territorio in cui è tutelato per i prodotti o i servizi per cui è stato registrato e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi siano legittime ragioni per la mancata utilizzazione. 73 Tale istanza produce quindi l’effetto di accollare all’opponente l’onere di provare l’uso effettivo del suo marchio o la sussistenza di legittime ragioni per il mancato uso, pena il rigetto dell’opposizione. Essa deve essere proposta espressamente e tempestivamente dinanzi alla divisione di opposizione, poiché l’uso effettivo del marchio costituisce una questione che, una volta sollevata dal richiedente il marchio, dev’essere risolta prima di decidere sull’opposizione vera e propria [v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2007, Saint-Gobain Pam/UAMI – Propamsa (PAM PLUVIAL), T‑364/05, EU:T:2007:96, punti 34 e 37 e giurisprudenza citata]. 74 Pertanto, prima che l’EUIPO procedesse all’esame dei motivi di opposizione di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, spettava all’opponente fornire la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, cosicché, in mancanza di tale prova, l’opposizione doveva essere respinta, conformemente all’articolo 42, paragrafi 2 e 3, di detto regolamento. 75 Nel caso di specie, per dimostrare la notorietà del marchio anteriore, la Pastificio Lucio Garofalo ha prodotto, in un primo tempo, il 17 e il 21 settembre 2020, 65 documenti dinanzi alla divisione di opposizione. Tali documenti consistono, in particolare, in: – vari articoli di giornali e pubblicazioni della stampa italiana e internazionale, tra cui pubblicazioni in Internet relative al marchio anteriore e pubblicate tra il 2014 e il 2016; – la designazione del marchio anteriore da parte di MARK UP per il premio 2016 dei migliori marchi italiani, nella categoria degli «alimentari confezionati»; – 19 fatture relative al periodo 30 maggio 2013-21 dicembre 2016, relative a vendite da parte della Pastificio Lucio Garofalo di vari tipi di pasta alimentare ad altre imprese; – vari estratti di studi di mercato relativi alla posizione di Pastificio Lucio Garofalo nel settore della pasta alimentare in Italia, nel 2013-2014 e nel 2014-2015, nonché in Spagna nel 2011-2012. 76 In un secondo momento, il 17 marzo 2021, conformemente all’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, la ricorrente ha chiesto alla Pastificio Lucio Garofalo di fornire la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, per tutti i prodotti sui quali si fondava l’opposizione. Nei termini impartiti dall’EUIPO per produrre la prova dell’uso, la Pastificio Lucio Garofalo, in primo luogo, ha fatto riferimento agli elementi di prova della notorietà da essa già prodotti e, in secondo luogo, ha presentato tredici documenti probatori supplementari conformemente alla richiesta della ricorrente, consistenti in: – diverse pubblicazioni nei media spagnoli pubblicate tra il 2011 e il 2016; – un documento interno relativo alla presenza dei prodotti GAROFALO in vari negozi a Madrid (Spagna); – stampe, datate 2021, provenienti da siti Internet di taluni supermercati in Spagna, che commercializzano pasta alimentare e salse del marchio anteriore; – fotografie di pasta alimentare del marchio anteriore nei reparti di supermercati italiani; – due fatture recanti il logo GAROFALO datate 4 aprile 2016; – un estratto di una brochure dell’aprile 2014 del supermercato italiano DECO, in cui il logo GAROFALO compare sulla pasta alimentare, e una cattura di schermata non datata di un sito Internet con una pubblicità in italiano che presenta la pasta alimentare GAROFALO. 77 La divisione di opposizione, in virtù del margine di discrezionalità di cui gode in applicazione dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, ha accolto tali nuovi elementi di prova. La commissione di ricorso, confermando il ragionamento della divisione di opposizione al riguardo, ha ritenuto che l’insieme di detti documenti fosse idoneo a dimostrare sia l’uso effettivo del marchio anteriore sia la sua notorietà. 78 La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è incorsa in diversi errori di valutazione nell’esame del grado di notorietà del marchio anteriore, nonché della prova dell’uso. 79 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 80 In primo luogo, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia erroneamente valutato i documenti relativi alla prova dell’uso del marchio anteriore, in quanto taluni documenti attestanti i dati relativi al fatturato e le campagne pubblicitarie realizzate dalla Pastificio Lucio Garofalo si riferivano ad un periodo successivo all’acquisizione della sua attività da parte di una società terza spagnola, con la conseguenza che tali documenti non sarebbero rappresentativi del periodo rilevante per dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore, il quale doveva essere dimostrato per un periodo compreso tra il 17 giugno 2011 e il 16 giugno 2016. I documenti ai quali la ricorrente sembra riferirsi consistono in articoli di stampa relativi all’acquisizione della Pastificio Lucio Garofalo da parte di detta società, risalenti agli anni dal 2014 al 2016, apparsi su riviste italiane quali La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, La Gazzetta dello Sport, Il Mattino, e nel quotidiano spagnolo El País. La ricorrente fa altresì riferimento ad altri articoli successivi a tale acquisizione, quali una pubblicazione nel quotidiano spagnolo El Publicista del 4 marzo 2016, relativa all’espansione verso l’estero del marchio anteriore quando è stato rilanciato in seguito alla sua acquisizione da parte di detta società terza spagnola. 81 Occorre ricordare, anzitutto, che, in forza della giurisprudenza citata al precedente punto 71, la notorietà di un marchio anteriore deve essere accertata alla data di deposito della domanda di marchio richiesto, vale a dire, nel caso di specie, il 17 giugno 2016. Peraltro, in forza dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, la Pastificio Lucio Garofalo era tenuta a dimostrare che il marchio anteriore era stato oggetto di uso effettivo dal 17 giugno 2011 al 16 giugno 2016 compreso. 82 Di conseguenza, occorre osservare, come giustamente sottolineato dall’EUIPO, che l’acquisizione di cui trattasi è avvenuta nel giugno 2014, ossia alla metà del periodo preso come riferimento per dimostrare che il marchio anteriore era stato oggetto di uso effettivo, e due anni prima della data rilevante per la valutazione della notorietà del marchio anteriore. Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione quando ha preso in considerazione tali elementi di prova. 83 In secondo luogo, la ricorrente lamenta che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che essa non si sarebbe opposta alla valutazione della prova dell’uso effettuata dalla divisione di opposizione. Al riguardo rinvia al suo atto di ricorso dinanzi alla commissione di ricorso e alla sua comparsa di risposta ai motivi dell’opposizione, nei quali avrebbe esplicitamente contestato la prova dell’uso presentata dalla Pastificio Lucio Garofalo. 84 Tale argomento deve essere respinto. Occorre rilevare che è vero che ai punti da 20 a 23 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha ritenuto che non fosse stata formulata alcuna contestazione della prova dell’uso effettivo. Tuttavia, al punto 23 di detta decisione, la commissione di ricorso ha ciononostante indicato che, se l’affermazione della ricorrente avesse dovuto essere intesa come una contestazione al riguardo, allora faceva propria la valutazione della divisione di opposizione della prova dell’uso. 85 In terzo luogo, la ricorrente sostiene che le prove relative al fatturato della Pastificio Lucio Garofalo sono irrilevanti per dimostrare sia l’uso effettivo del marchio anteriore sia la sua notorietà, dato che il fatturato di quest’ultima non corrisponde, interamente, a vendite con il marchio GAROFALO, dato che la Pastificio Lucio Garofalo realizza una massiva produzione per conto terzi. 86 A tal riguardo, occorre rilevare che, anche supponendo che la Pastificio Lucio Garofalo produca effettivamente pasta alimentare per conto terzi con un altro marchio, resta il fatto che, come rilevato dalla commissione di ricorso, gli elementi di prova relativi sia alla prova dell’uso sia alla notorietà del marchio anteriore, considerati nel loro insieme, dimostrano inequivocabilmente che il marchio anteriore è riconosciuto dal pubblico italiano per la pasta alimentare. Infatti, la commissione di ricorso ha giustamente osservato che gli elementi di prova prodotti dalla Pastificio Lucio Garofalo attestano una varietà e un’alta qualità dei prodotti commercializzati con il marchio anteriore, associati ad una visibilità delle attività promozionali. La Pastificio Lucio Garofalo ha anche depositato articoli di stampa, che fanno riferimento al successo di detto marchio. L’insieme di tali elementi dimostra che il marchio anteriore gode di notorietà presso il pubblico di riferimento. 87 In quarto luogo, da un lato, la ricorrente contesta la notorietà del marchio anteriore stabilita sulla base di pubblicazioni in rassegne e riviste settoriali alimentari ed economiche, in quanto, a suo avviso, si tratta piuttosto di inserzioni pubblicitarie finanziate da persone che detengono un interesse particolare nell’impresa. Dall’altro, la ricorrente indica che i lettori di tali pubblicazioni nel settore alimentare non sono il pubblico di riferimento nel caso di specie. 88 Tale argomento non può essere accolto. Occorre sottolineare, al pari dell’EUIPO, che, sebbene taluni elementi di prova rientrino in pubblicazioni in settori più specializzati, quali l’alimentazione o l’economia, i documenti di stampa forniti per dimostrare la notorietà del marchio anteriore non si collocano soltanto in settori particolari o in pubblicità, ma comprendono anche articoli tratti da testate di tipo generalista, quali quotidiani di diffusione nazionale come Il Corriere della Sera, La Stampa o il settimanale L’Espresso, nonché pubblicazioni in Internet. 89 Pertanto, occorre respingere integralmente gli argomenti della ricorrente relativi alla prova della notorietà e dell’uso effettivo del marchio anteriore e rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, gli elementi di prova prodotti dalla Pastificio Lucio Garofalo sono idonei a dimostrare l’acquisizione di notorietà da parte del marchio anteriore alla data di riferimento, vale a dire il 17 giugno 2016. 90 Di conseguenza, occorre respingere gli argomenti della ricorrente relativi all’assenza di prova dell’uso e della notorietà del marchio anteriore, e confermare la conclusione della commissione di ricorso secondo cui il marchio anteriore gode di un grado medio di notorietà. d) Sul nesso tra i segni in conflitto 91 Per quanto riguarda il nesso tra i segni in conflitto, la commissione di ricorso, condividendo l’analisi della divisione di opposizione, ha ritenuto che, in considerazione, in primo luogo, del grado «evidente» di somiglianza tra i segni in conflitto, in secondo luogo, della complementarità tra la pasta alimentare compresa nella classe 30 e coperta dal marchio anteriore e dei servizi della classe 43 oggetto del marchio richiesto, direttamente connessi alla fornitura di alimenti e bevande, e, in terzo luogo, di un certo grado di prossimità tra la pasta alimentare e i servizi di alloggio temporaneo, rientranti nella classe 43, anche in assenza di somiglianza tra essi, potesse essere stabilito un nesso tra detti marchi nella mente del pubblico di riferimento. 92 La ricorrente contesta tale valutazione. 93 In primo luogo, la ricorrente sottolinea che la pasta alimentare, commercializzata con il marchio anteriore, non è un elemento «necessario» della ristorazione, ma solo un elemento eventuale nella fornitura di tali servizi. Per contro, la ricorrente rileva di essere titolare di un marchio dell’Unione europea figurativo, identico al marchio richiesto, registrato il 1º agosto 2012 con il numero n. 10693513, per prodotti e servizi rientranti nelle classi 29 e 35 (in prosieguo: il «marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012»). A tal riguardo, essa sostiene che i prodotti contrassegnati da tale marchio, vale a dire i prodotti lattiero-caseari, e principalmente la mozzarella, possono costituire una pietanza completa e pronta al consumo, e che essi sono utilizzati come elementi caratterizzanti pietanze simbolo dell’Italia nel mondo. 94 In secondo luogo, la ricorrente sostiene che i prodotti quali la mozzarella e i prodotti lattiero-caseari della classe 29, designati dal suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, e i servizi delle classi 35 e 43, designati rispettivamente dal suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 e dal marchio richiesto, sono commercializzati in modo diverso rispetto alla pasta alimentare designata dal marchio anteriore. Infatti, mentre la pasta alimentare del marchio anteriore sarebbe venduta unicamente negli ipermercati e online, i prodotti e i servizi della ricorrente sarebbero disponibili unicamente in «punti vendita monomarca “Fattorie Garofalo”», situati in luoghi commerciali strategici quali aeroporti e stazioni ferroviarie. 95 In terzo luogo, la ricorrente fa leva sulla coesistenza dei segni in conflitto, tenuto conto del fatto che essa è titolare del marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, identico al marchio richiesto, e della estrema notorietà di quest’ultimo. 96 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 97 Occorre ricordare che le violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, quando si verificano, sono la conseguenza di un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore e quello richiesto, sulla base del quale il pubblico interessato associa tali due marchi, vale a dire stabilisce un nesso tra loro, pur non confondendoli (v., in tal senso, ordinanza del 30 aprile 2009, Japan Tobacco/UAMI, C‑136/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:282, punto 25 e giurisprudenza citata). 98 La sussistenza di un tale nesso va valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti della fattispecie, quali il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, la natura dei prodotti o dei servizi designati dai marchi in conflitto, compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza di tali prodotti o servizi nonché il pubblico interessato, il livello di notorietà del marchio anteriore, la distintività, intrinseca o acquisita grazie all’uso, del marchio anteriore, l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico (v. sentenza del 26 luglio 2017, Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen/EUIPO, C‑471/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:602, punto 52 e giurisprudenza citata). 99 In via preliminare, occorre ricordare, come risulta dai precedenti punti da 32 a 35, che il pubblico di riferimento è il pubblico italiano. Ai precedenti punti 57 e 60 è stato osservato che i segni in conflitto sono mediamente simili sul piano visivo e sono simili in misura elevata sul piano fonetico. Inoltre, al precedente punto 90 si è concluso che il marchio anteriore, alla data di riferimento, ossia il 17 giugno 2016, godeva di notorietà media per la pasta alimentare della classe 30 nel territorio di riferimento, vale a dire l’Italia. 100 Sotto un primo profilo, per quanto riguarda il grado di prossimità o di dissomiglianza dei prodotti e dei servizi di cui trattasi, occorre rilevare che i servizi designati dal marchio richiesto compresi nella classe 43 e oggetto del presente ricorso rientrano nel settore della ristorazione e dell’alloggio, attinente principalmente alla fornitura e alla somministrazione di cibi e bevande, e ai relativi servizi di consulenza. 101 Dalla giurisprudenza si evince che, ai fini della valutazione della somiglianza tra i prodotti o servizi di cui trattasi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra di essi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2013, Sanco/UAMI – Marsalman (Raffigurazione di un pollo), T‑249/11, EU:T:2013:238, punto 21 e giurisprudenza citata]. 102 A tal proposito, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi alla distinzione tra i prodotti di cui trattasi, vale a dire la pasta alimentare, e i servizi di ristorazione, occorre osservare che, sebbene detti servizi siano diversi dalla pasta alimentare per quanto riguarda la loro natura, la loro destinazione e il loro utilizzo, esiste tuttavia una complementarità tra di essi. Infatti, come giustamente rilevato dall’EUIPO, dalla giurisprudenza risulta che i prodotti alimentari in senso lato, che includono prodotti rientranti nella classe 30, da un lato, e i servizi di ristorazione, dall’altro, presentano, malgrado le loro differenze, un certo grado di somiglianza, in quanto, in primo luogo, i prodotti alimentari interessati sono utilizzati e proposti nell’ambito dei servizi di ristorazione, cosicché esiste una complementarità tra tali prodotti e tali servizi, in secondo luogo, i servizi di ristorazione possono essere proposti negli stessi luoghi nei quali sono venduti i prodotti alimentari interessati e, in terzo luogo, i prodotti alimentari in questione possono provenire dalle medesime imprese o da imprese collegate economicamente, le quali commercializzano prodotti alimentari confezionati, o da ristoranti che vendono piatti preparati da asporto [v., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2016, Future Enterprises/EUIPO – McDonald’s International Property (MACCOFFEE), T‑518/13, EU:T:2016:389, punto 80, e del 1º dicembre 2021, Inditex/EUIPO – Ffauf Italia (ZARA), T‑467/20, non pubblicata, EU:T:2021:84, punto 128]. 103 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto che la pasta alimentare sia un elemento che può essere oggetto di servizi di ristorazione, ma che non è necessario per tali servizi, non può infirmare tale conclusione. 104 Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui le modalità di commercializzazione dei prodotti e dei servizi proposti con i marchi in conflitto differiscono, è sufficiente constatare che esso è irrilevante perché non invalida la conclusione della commissione di ricorso secondo cui i prodotti e i servizi di cui trattasi sono complementari [v., per analogia e in tal senso, sentenza del 15 febbraio 2011, Yorma’s/UAMI – Norma Lebensmittelfilialbetrieb (YORMA’S), T‑213/09, non pubblicata, EU:T:2011:37, punto 47]. 105 Sotto un terzo profilo, la ricorrente afferma che il marchio richiesto sarebbe percepito dal pubblico di riferimento solo come collegato al suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, e non al marchio anteriore. 106 A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, sebbene non sia escluso che la coesistenza di due marchi in un mercato determinato possa eliminare, in taluni casi, il rischio di confusione tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico di riferimento, è altresì necessario che siano soddisfatte talune condizioni. Una siffatta eventualità può quindi essere presa in considerazione solo se, in primo luogo, nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO concernente impedimenti relativi alla registrazione, il richiedente il marchio dell’Unione europea ha debitamente dimostrato che il marchio anteriore o i marchi anteriori di cui si avvale e il marchio anteriore dell’interveniente su cui si fonda l’opposizione coesistevano pacificamente sul mercato nel senso che il pubblico di riferimento era in grado, nel corso di un periodo antecedente al deposito della domanda di registrazione del marchio di cui trattasi, di distinguere detti marchi. In secondo luogo, i marchi anteriori di cui trattasi e i marchi in conflitto devono essere identici [v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2013, Cartoon Network/UAMI – Boomerang TV (BOOMERANG), T‑285/12, non pubblicata, EU:T:2013:520, punto 55; del 21 dicembre 2021, Worldwide Spirits Supply/EUIPO – Melfinco (CLEOPATRA QUEEN), T‑870/19, non pubblicata, EU:T:2021:919, punti da 40 a 42, e del 26 luglio 2023, Rada Perfumery/EUIPO – Prada (RADA PERFUMES), T‑439/22, non pubblicata, EU:T:2023:441, punti 74 e 75]. 107 Pertanto, spetta alla ricorrente provare non solo la coesistenza dei marchi anteriori di cui trattasi, ma anche che il pubblico di riferimento era in grado, nel corso di un periodo antecedente al deposito della domanda di registrazione del marchio di cui trattasi, di distinguere tra tali marchi, e ciò attraverso la produzione di elementi di prova quali sondaggi d’opinione, dichiarazioni di associazioni di consumatori o altro [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, AIA/EUIPO – Casa Montorsi (MONTORSI F.F.), T‑389/16, EU:T:2017:492, punto 71], dimostrazione che può essere effettuata mediante un insieme di indizi [v. sentenza del 28 aprile 2021, West End Drinks/EUIPO – Pernod Ricard (The King of SOHO), T‑31/20, non pubblicata, EU:T:2021:217, punto 129 e giurisprudenza citata). A tale riguardo, sono particolarmente pertinenti gli elementi attestanti la conoscenza di ciascuno dei marchi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento prima della data di deposito della domanda di registrazione del marchio controverso (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2021, CLEOPATRA QUEEN, T‑870/19, non pubblicata, EU:T:2021:919, punto 44, e del 26 luglio 2023, RADA PERFUMES, T‑439/22, non pubblicata, EU:T:2023:441, punto 76). 108 Pertanto, se è vero che il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dalla ricorrente è identico al marchio richiesto, ciò non toglie che la ricorrente non è riuscita a dimostrare l’esistenza di una coesistenza pacifica di detti marchi. Infatti, da un lato, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto volto a dimostrare che il pubblico di riferimento era in grado, durante un periodo precedente il deposito della domanda di registrazione del marchio richiesto, di distinguere il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dal marchio anteriore. Dall’altro, come rilevato dall’EUIPO, la Pastificio Lucio Garofalo ha indicato nelle sue osservazioni a sostegno della sua opposizione che il fatto che essa non avesse proposto un’azione di nullità contro il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, per i prodotti e i servizi compresi nelle classi 29 e 35, era dovuto alla circostanza che erano in corso trattative per risolvere in via amichevole il conflitto esistente all’epoca. Tuttavia, in assenza di presentazione di detto accordo in allegato nel procedimento dinanzi al Tribunale, si può supporre che le suddette trattative non abbiano avuto esito positivo, il che tende a dimostrare l’assenza di coesistenza pacifica tra il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 e il marchio anteriore. 109 Di conseguenza, dai fatti del caso di specie non si può dedurre che una coesistenza tra il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 e il marchio anteriore avrebbe ridotto il rischio di confusione tra i marchi in conflitto. 110 Parimenti, il fatto che il marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dalla ricorrente goda di notorietà, tra l’altro, per i prodotti lattiero-caseari è irrilevante ai fini dell’esistenza di un nesso tra i segni in conflitto, tanto più che il marchio richiesto non copre tali prodotti. 111 Pertanto, la censura della ricorrente relativa all’assenza di nesso tra i segni in conflitto deve essere respinta. e) Sul rischio di indebito vantaggio tratto dal marchio richiesto 112 La commissione di ricorso, facendo proprie le conclusioni della divisione di opposizione, ha ritenuto che il marchio richiesto potesse trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, nella percezione del pubblico di riferimento in Italia. 113 In primo luogo, la ricorrente sostiene che il marchio anteriore non possiede un carattere fortemente distintivo. 114 In secondo luogo, essa sostiene che la notorietà associata al marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 è almeno pari, se non superiore, a quella del marchio anteriore, tenuto conto in particolare del notevole fatturato e della presenza dell’azienda nel mercato mondiale, nonché del controvalore economico risultante dalla popolarità e dal consumo diffuso di piatti a base di mozzarella. Essa non avrebbe quindi alcun interesse economico a sfruttare la notorietà media della pasta alimentare venduta dalla Pastificio Lucio Garofalo. 115 In terzo luogo, le due aziende coesistono pacificamente sul mercato da oltre 50 anni, i loro rappresentanti si conoscono e i loro oggetti sociali differiscono in modo significativo, in quanto quello della ricorrente comprende da sempre l’attività di ristorazione e di degustazione, mentre l’oggetto sociale della Pastificio Lucio Garofalo non vi fa alcun riferimento. Inoltre, secondo la ricorrente, non esiste alcuna prova che la coesistenza delle imprese generi uno sviamento della clientela della Pastificio Lucio Garofalo. 116 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente al riguardo. 117 Riguardo alla condizione per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, relativa al rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o arrechi pregiudizio agli stessi, essa riguarda tre tipi di rischi distinti e alternativi, e cioè che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto, in primo luogo, arrechi pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore, in secondo luogo, arrechi pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore o, in terzo luogo, tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore [v. sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑215/03, EU:T:2007:93, punto 36 e giurisprudenza citata). 118 Tra i rischi menzionati al precedente punto 117, il terzo deve essere inteso come un rischio che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche proiettate da quest’ultimo siano trasferite ai prodotti designati dal marchio richiesto, di modo che la loro commercializzazione possa essere agevolata da tale associazione con il marchio anteriore notorio [v. sentenza del 10 ottobre 2019, McDreams Hotel/EUIPO – McDonald’s International Property (mc dreams hotels Träumen zum kleinen Preis!), T‑428/18, non pubblicata, EU:T:2019:738, punto 89 e giurisprudenza citata]. Il vantaggio risultante dall’uso da parte di un terzo di un segno simile ad un marchio notorio è tratto indebitamente da detto terzo dai citati carattere distintivo o notorietà del marchio quando egli, con siffatto uso, tenta di porsi nel solco tracciato dal marchio notorio al fine di approfittare del potere attrattivo, della reputazione e del prestigio di quest’ultimo, e di sfruttare, senza alcun corrispettivo economico, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per creare e mantenere l’immagine del marchio in parola (sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 50). 119 Al fine di determinare se l’uso del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati [v. sentenza del 6 luglio 2012, Jackson International/UAMI – Royal Shakespeare (ROYAL SHAKESPEARE), T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 54 e giurisprudenza citata). 120 L’assenza di intento parassitario del marchio richiesto da parte del titolare, ammesso che sia dimostrata, non è di per sé sufficiente ad escludere la possibilità di trarre un indebito vantaggio dall’uso di tale marchio. Occorre ricordare che elementi che sono, per loro natura, soggettivi, quali le intenzioni commerciali, reali o presunte del titolare del marchio richiesto, non devono essere presi in considerazione per valutare l’esistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 [v., in tal senso, sentenze del 3 maggio 2018, Gall Pharma/EUIPO – Pfizer (Styriagra), T‑662/16, non pubblicata, EU:T:2018:242, punto 73, e del 28 aprile 2021, Asolo/EUIPO – Red Bull (FLÜGEL), T‑509/19, non pubblicata, EU:T:2021:225, punto 134]. 121 In primo luogo, occorre rilevare che, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 45 a 48, la commissione di ricorso ha giustamente concluso per il carattere distintivo dell’elemento «garofalo» del marchio anteriore che, nel caso di specie, costituisce l’insieme di detto marchio. 122 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente vertente sulla notorietà del suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, segnatamente per la «Mozzarella di Bufala Campana», occorre rilevare che essa non ha dedotto argomenti che dimostrino in che modo tale circostanza invalidi i criteri di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in particolare nell’esame della condizione relativa al rischio che sia tratto indebito vantaggio dal marchio anteriore. Per contro, come rilevato dall’EUIPO, l’asserita notorietà del marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 dalla ricorrente per la «Mozzarella di Bufala Campana» non coincide affatto con i servizi rientranti nella classe 43 del marchio richiesto, ma riguarda tutt’al più prodotti lattiero-caseari, che non sono oggetto del marchio richiesto. 123 In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui non esiste alcuna prova di uno sviamento della clientela della Pastificio Lucio Garofalo a vantaggio della ricorrente, secondo costante giurisprudenza il titolare del marchio anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del suo marchio. Egli deve solamente addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio. A una tale conclusione si può pervenire segnatamente in base a deduzioni logiche risultanti da una disamina delle probabilità e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di tutte le altre circostanze del caso di specie (v. sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 53 e giurisprudenza citata). 124 Pertanto, alla luce del carattere distintivo del marchio anteriore, esaminato al precedente punto 48, dell’esistenza di un nesso tra i segni in conflitto, quale riconosciuto al precedente punto 111, della complementarità tra i prodotti e i servizi di cui trattasi, di cui ai punti da 100 a 103, nonché della notorietà del marchio anteriore accertata per la pasta alimentare quale riconosciuta al precedente punto 90, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione per aver accertato che esiste il rischio che l’uso del marchio richiesto possa condurre ad una commercializzazione agevolata per i servizi di ristorazione per la ricorrente, di modo che quest’ultima trarrebbe indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio anteriore. Infatti, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso, gli elementi di prova prodotti dalla Pastificio Lucio Garofalo dimostrano che il marchio anteriore è associato ad un’immagine, tra l’altro, di qualità. 125 Infine, per quanto riguarda la rivendicazione della ricorrente secondo cui il suo oggetto sociale conterrebbe riferimenti alla fornitura di servizi di ristorazione, tale argomento riguarda, in sostanza, la questione dell’esistenza di un giusto motivo per l’uso del marchio richiesto, e sarà quindi affrontato nella relativa trattazione. 126 È quindi giocoforza osservare che la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che un siffatto uso del marchio richiesto potesse trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. f) Sul giusto motivo 127 La commissione di ricorso ha concluso che né l’uso anteriore né la registrazione del marchio FATTORIE GAROFALO da parte della ricorrente nel 2012 per alimenti, compresi prodotti lattiero-caseari e prodotti a base di carne, costituivano un giusto motivo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, che consentisse a quest’ultima di estendere le sue attività con tale marchio al settore della ristorazione e dell’alloggio temporaneo. 128 Per quanto riguarda gli elementi di prova forniti dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, la commissione di ricorso ha considerato che, sebbene la ricorrente avesse dimostrato il successo del marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, e l’uso intensivo di lunga data di quest’ultimo nel settore alimentare, in particolare per la produzione di mozzarella, nello stesso territorio in cui opera la Pastificio Lucio Garofalo, l’uso controverso era irrilevante. Infatti, non è stato presentato alcun elemento di prova concludente che coincida con i prodotti per i quali il marchio anteriore è registrato e gode di notorietà, vale a dire la pasta alimentare. Per quanto riguarda l’uso anteriore del marchio richiesto in relazione ai servizi di ristorazione in Italia, la commissione di ricorso ha concluso che la ricorrente non aveva fornito alcun elemento di prova attestante detto uso per il periodo precedente il deposito della domanda di registrazione del marchio anteriore nel 2002, e che i pochi elementi di prova forniti risalenti al 2002 non erano concludenti. Inoltre, non era stato dimostrato alcun uso del marchio richiesto in relazione ai servizi di alloggio temporaneo, per i quali è stata chiesta la sua registrazione. 129 Infine, la commissione di ricorso ha constatato che la ricorrente non poteva dedurre un giusto motivo dall’asserita tolleranza della Pastificio Lucio Garofalo verso l’estensione dell’uso del marchio FATTORIE GAROFALO per i servizi di ristorazione, in quanto quest’ultima si era immediatamente opposta alla domanda di registrazione del marchio richiesto. 130 In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Pastificio Lucio Garofalo ha tollerato l’uso da parte della ricorrente del marchio richiesto per servizi rientranti nella classe 43, e ciò da un certo tempo. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha erroneamente concluso che la Pastificio Lucio Garofalo non era a conoscenza della presenza sul mercato dei servizi di ristorazione proposti dalla ricorrente con il segno FATTORIE GAROFALO prima del 2016, anno dell’opposizione. La ricorrente afferma di aver presentato, nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, diversi documenti che dimostrano l’esistenza, tra l’altro, di un punto vendita dei suoi prodotti e di spazi di ristorazione all’aeroporto di Napoli (Italia) nel 2006, o ancora alla stazione ferroviaria di Napoli. Secondo la ricorrente, i rappresentanti della Pastificio Lucio Garofalo non avrebbero potuto transitare da tale aeroporto o tale stazione senza accorgersi di detti esercizi commerciali. 131 Inoltre, la Pastificio Lucio Garofalo non avrebbe proposto opposizione contro il suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012 per prodotti e servizi rientranti nelle classi 29 e 35. L’assenza di una siffatta opposizione sarebbe giustificata dall’evidente distinzione tra i prodotti contrassegnati dal marchio della ricorrente e quelli coperti dal marchio anteriore, vale a dire, rispettivamente, i prodotti lattiero-caseari e la pasta alimentare. 132 In secondo luogo, la ricorrente invoca l’esistenza di un giusto motivo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 derivante dal fatto che essa ha utilizzato il segno richiesto da diversi decenni per i prodotti lattiero‑caseari, e in particolare la «Mozzarella di Bufala Campana». La ricorrente riporta vari articoli di stampa, i quali attestano che la ricorrente è un’«azienda storica», e un grafico che mostra il fatturato dell’azienda dal 1992 al 2012. Il marchio richiesto sarebbe solo un’estensione ai servizi di ristorazione del suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, il quale gode di notorietà per prodotti e servizi compresi nelle classi 29 e 35. A tal riguardo, la ricorrente riporta un estratto della registrazione nel 1991 della ragione sociale Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola presso la Camera di commercio italiana, il quale dimostrerebbe che la società della ricorrente è stata costituita il 1º febbraio 1991 avendo come oggetto sociale non solo la «gestione di latterie e caseifici», ma anche, tra l’altro, l’esercizio di attività di «ristorazione». 133 L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. 134 A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, qualora il titolare del marchio notorio sia riuscito a dimostrare l’esistenza di uno dei pregiudizi di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e, in particolare, l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di detto marchio, spetta al terzo che ha fatto uso di un segno simile al marchio notorio dimostrare che l’uso di un siffatto segno ha un giusto motivo [sentenza del 15 settembre 2016, Arrom Consiglio/EUIPO – Puig France (Roméo has a Gun by Romano Ricci), T‑358/15, non pubblicata, EU:T:2016:490, punto 79]. 135 Ciononostante, occorre ricordare che il regolamento n. 207/2009 è diretto, in maniera generale, a contemperare, da un lato, gli interessi del titolare di un marchio a salvaguardare le funzioni essenziali di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici a poter disporre di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi (v., per analogia, sentenze del 27 aprile 2006, Levi Strauss, C‑145/05, EU:C:2006:264, punto 29, e del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 41). 136 Nel sistema di tutela dei marchi instaurato dal regolamento n. 207/2009, l’interesse di un terzo ad usare nel commercio un segno identico o simile a un marchio anteriore notorio e a registrarlo come marchio dell’Unione europea è segnatamente preso in considerazione, nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 5, di detto regolamento, mediante la possibilità per l’utilizzatore del marchio richiesto di addurre un «giusto motivo» (v., per analogia, sentenza del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 43). 137 In tal senso, il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente al deposito del marchio notorio e che l’utilizzo fatto per il prodotto identico è in buona fede (v., in tal senso, sentenze del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 60, e del 21 dicembre 2022, Rappresentazione di un pacchetto di sigarette, T‑44/22, non pubblicata, EU:T:2022:843, punto 74). 138 Pertanto, qualora l’uso anteriore al deposito del marchio notorio da parte di un terzo di un segno o di un marchio richiesto identico o simile a detto marchio anteriore notorio sia qualificato come «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, esso consente al suddetto terzo non soltanto di continuare ad utilizzare tale segno, ma anche di farlo registrare come marchio dell’Unione europea, anche qualora l’uso del marchio richiesto possa trarre vantaggio dalla notorietà del marchio anteriore (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2016, MACCOFFEE, T‑518/13, EU:T:2016:389, punto 113). 139 Occorre altresì precisare che l’esistenza di un giusto motivo che consenta l’uso di un marchio lesivo di un marchio notorio deve essere interpretata restrittivamente (sentenza del 21 dicembre 2022, Rappresentazione di un pacchetto di sigarette, T‑44/22, non pubblicata, EU:T:2022:843, punto 75). 140 In tal senso, affinché l’uso anteriore al deposito del marchio notorio da parte di un terzo di un segno o di un marchio richiesto identico o simile a detto marchio anteriore notorio possa essere qualificato come «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, tale uso deve soddisfare due condizioni. Da un lato, il segno o il marchio richiesto deve essere stato utilizzato anteriormente al deposito del marchio notorio. Dall’altro, l’uso fatto per un prodotto identico deve essere in buona fede, come indicato al precedente punto 137. Spetta all’interessato dimostrare che queste due condizioni sono soddisfatte. 141 Nel caso di specie, si deve osservare che la seconda condizione, relativa alla buona fede della ricorrente, non è oggetto di contestazione ad opera delle parti. 142 Per quanto riguarda la prima condizione, occorre rilevare che il marchio anteriore è stato depositato nel 2002 e registrato nel 2004. Ebbene, la ricorrente ha registrato il suo primo marchio, FATTORIE GAROFALO, nel 2012, per prodotti e servizi rientranti nelle classi 29 e 35. 143 Pertanto, è pacifico tra le parti che, alla data di deposito del marchio anteriore, la ricorrente non era titolare di alcun marchio registrato, né a livello dell’Unione né a livello nazionale. 144 Per quanto riguarda poi l’argomento della ricorrente secondo cui essa ha utilizzato il segno richiesto da diversi decenni, occorre rilevare, come giustamente constatato dalla commissione di ricorso, che gli unici elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’EUIPO che dimostrano in particolare l’uso del segno richiesto connesso ai prodotti lattiero-caseari, e segnatamente la «Mozzarella di Bufala Campana», sono fotografie di punti vendita e di ristorazione, uno dei quali si trova all’aeroporto di Napoli, ed è stato aperto nel 2006. 145 Ebbene, anche supponendo che la ricorrente abbia aperto un siffatto spazio di ristorazione nel 2006, tale azione avrebbe avuto luogo quattro anni dopo il deposito della domanda di registrazione del marchio anteriore da parte della Pastificio Lucio Garofalo nel 2002. Pertanto, le prove presentate dalla ricorrente non coprono il periodo precedente alla registrazione del marchio anteriore, nel 2002, come giustamente osservato dalla commissione di ricorso al punto 51 della decisione impugnata. In ogni caso, dette prove consistono in fotografie di un luogo non operativo nell’aeroporto di Napoli nonché in una planimetria, cui è allegata una lettera in italiano del responsabile dei contratti e delle assicurazioni dell’Aeroporto di Napoli, la quale contiene unicamente informazioni relative all’emissione di una fattura, senza altre indicazioni su detto utilizzo o sulla portata di tale utilizzo, e pertanto non è decisiva. 146 Inoltre, per quanto riguarda la pertinenza dell’estratto della registrazione nel 1991 della denominazione sociale Fattorie Garofalo – Società Cooperativa Agricola presso la Camera di commercio italiana, il quale dimostrerebbe che la ricorrente è stata costituita il 1º febbraio 1991, avendo come oggetto sociale, tra l’altro, l’esercizio di attività «di ristorazione», occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, una denominazione sociale non ha, di per sé, lo scopo di distinguere prodotti o servizi. Infatti, una denominazione sociale ha lo scopo di identificare una società. Così, quando l’uso di una denominazione sociale si limita a identificare una società, esso non può essere considerato come fatto «per prodotti o servizi» [v., in tal senso, sentenza 26 settembre 2012, IG Communications/UAMI – Citigroup e Citibank (CITIGATE), T‑301/09, non pubblicata, EU:T:2012:473, punto 126 e giurisprudenza citata]. 147 Pertanto, per provare l’uso del marchio richiesto, il segno corrispondente al marchio richiesto deve essere stato oggetto di un uso reale ed effettivo [sentenza del 1º marzo 2018, Shoe Branding Europe/EUIPO – adidas (Posizione di due strisce parallele su una scarpa), T‑85/16, non pubblicata, EU:T:2018:109, punto 64]. Conseguentemente, la semplice registrazione di una denominazione sociale non può essere sufficiente a dimostrare un uso del marchio richiesto come marchio sul mercato. Nel caso di specie, occorre quindi rilevare che l’estratto della registrazione della denominazione sociale della ricorrente non dimostra un uso effettivo del marchio richiesto. 148 Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui essa è un’«impresa storica», le cui attività relative alla produzione di «Mozzarella di Bufala Campana» sono iniziate diversi decenni fa, occorre osservare che, ad eccezione di affermazioni in alcuni articoli di stampa prodotti dalla ricorrente, risalenti al 2016-2021, nessun elemento di prova dimostra che il marchio richiesto sia stato utilizzato prima della data di deposito del marchio anteriore nel 2002, o addirittura prima della data di acquisizione della notorietà di quest’ultimo 149 Infine, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il marchio richiesto sarebbe solo un’estensione ai servizi di ristorazione del suo marchio FATTORIE GAROFALO registrato nel 2012, è vero che l’intenzione del richiedente di un marchio può essere rilevante ai fini della valutazione della sua buona fede, ai sensi della giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 57). 150 Tuttavia, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 137 risulta che, per dimostrare l’esistenza di un giusto motivo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, spettava alla ricorrente dimostrare non solo che il marchio richiesto è stato utilizzato in buona fede, ma anche che esso è stato utilizzato prima del deposito del marchio notorio. Orbene, la ricorrente non ha sufficientemente dimostrato che quest’ultima condizione fosse soddisfatta. 151 Alla luce di quanto precede, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione ritenendo che non sussistesse alcun giusto motivo per l’uso del marchio richiesto, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. 152 Pertanto, occorre respingere integralmente il primo motivo. 3. Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 153 Nelle sue conclusioni, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata è contraria sia all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sia all’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento, senza tuttavia dedurre argomenti distinti al riguardo. 154 È giocoforza rilevare che, come risulta dal punto 60 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha accolto l’opposizione sulla sola base dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, senza pronunciarsi sul motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento. 155 Di conseguenza, un motivo relativo alla violazione di quest’ultima disposizione non può condurre all’annullamento della decisione impugnata, oltre al fatto che nessuno degli argomenti presentati nel ricorso è ricollegabile a tale motivo [v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2023, Claro/EUIPO – Claranet Europe (Claro), T‑661/22, non pubblicata, EU:T:2023:762, punti da 23 a 25]. 156 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente il ricorso. IV. Sulle spese 157 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 158 Ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, soltanto le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Pertanto, poiché la domanda della ricorrente concerne le spese riguardanti il procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, che non costituiscono spese ripetibili, tale domanda è irricevibile [sentenza del 24 novembre 2005, Simonds Farsons Cisk/UAMI – SpA Monopole (KINJI by SPA), T‑3/04, EU:T:2005:418, punti 77 e 78]. 159 Sebbene la ricorrente sia rimasta soccombente, l’EUIPO ne ha chiesto la condanna alle spese solo in caso di udienza. In assenza di udienza, occorre decidere che ciascuna parte si farà carico delle proprie spese. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Ottava Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 giugno 2025.
* Lingua processuale: l’italiano. | |||||||||