SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
19 settembre 2024 (*)
« Rinvio pregiudiziale – Reti e servizi di comunicazione elettronica – Servizio universale e diritti degli utenti – Direttiva 97/33/CE – Articolo 5 – Direttiva 2002/22/CE – Articolo 13 – Finanziamento degli obblighi di servizio universale – Nozione di onere “iniquo” o “ingiustificato” – Definizione degli organismi che partecipano al meccanismo di finanziamento del costo netto di tali obblighi – Normativa nazionale che prevede la partecipazione degli operatori di telefonia mobile a tale meccanismo – Criteri – Grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile »
Nella causa C‑273/23,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 18 aprile 2023, pervenuta in cancelleria il 26 aprile 2023, nei procedimenti
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,
Ministero dello Sviluppo Economico
contro
Telecom Italia SpA,
Vodafone Italia SpA,
nei confronti di:
Fastweb SpA,
Wind Tre SpA,
e
Telecom Italia SpA
contro
Vodafone Italia SpA,
Fastweb SpA,
nei confronti di:
Ministero dello Sviluppo Economico,
Tiscali Italia SpA,
BT Italia SpA,
Telecom Italia Sparkle SpA,
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,
Wind Tre SpA,
e
Telecom Italia SpA
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,
nei confronti di:
Fastweb SpA,
Vodafone Italia SpA,
Tiscali Italia SpA,
BT Italia SpA,
Wind Tre SpA,
e
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,
contro
Telecom Italia SpA,
Tiscali Italia SpA,
BT Italia SpA,
Vodafone Italia SpA,
nei confronti di:
Wind Tre SpA,
Fastweb SpA,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,
avvocato generale: A. Rantos
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Telecom Italia SpA, da F.S. Cantella, M. D’Ostuni, F. Lattanzi e M. Zotta, avvocati;
– per la Vodafone Italia SpA, da A. Boso Caretta, F. Cintioli e F. Merusi, avvocati;
– per la Fastweb SpA, da E. Pistis, avvocata;
– per la Wind Tre SpA, da S. Fiorucci e R. Santi, avvocati;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da B.G. Fiduccia ed E. De Bonis, avvocati dello Stato;
– per il governo ceco, da J. Očková, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da E. Garello, O. Gariazzo e L. Malferrari, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 97/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997, sull’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire il servizio universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei principi di fornitura di una rete aperta (ONP) (GU 1997, L 199, pag. 32), e dell’articolo 13 della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU 2002, L 108, pag. 51).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di quattro controversie che vedono contrapposte, la prima, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Italia) (in prosieguo: l’«AGCOM») e il Ministero dello Sviluppo Economico (Italia) alla Telecom Italia SpA e alla Vodafone Italia SpA, la seconda, la Telecom Italia alla Vodafone Italia e alla Fastweb SpA, la terza, la Telecom Italia all’AGCOM e, la quarta, l’AGCOM alla Telecom Italia, alla Tiscali Italia SpA, alla BT Italia SpA e alla Vodafone Italia, in merito alla delibera con cui tale autorità ha riesaminato la questione dell’iniquità del costo netto del servizio universale la cui fornitura è stata imposta alla Telecom Italia nel periodo compreso tra il 1999 e il 2009.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva 97/33
3 I considerando 2 e 8 della direttiva 97/33 erano così formulati:
«(2) considerando che è necessario un quadro generale per l’interconnessione alle reti pubbliche di telecomunicazione e ai servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico, a prescindere dalle tecnologie di supporto impiegate, onde garantire l’interoperabilità punto-punto dei servizi per gli utenti comunitari; che fattori centrali per incentivare lo sviluppo di mercati aperti e concorrenziali sono condizioni di interconnessione e interoperabilità eque, proporzionali e non discriminatorie;
(...)
(8) considerando che l’obbligo di fornire un servizio universale contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo di coesione economica e sociale e di equità territoriale perseguito dalla Comunità; che diversi organismi possono avere obblighi di servizio universale in uno Stato membro; che gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la rapida introduzione, sulla base più ampia possibile, di nuove tecnologie come la rete digitale di servizi integrati (ISDN); che, allo stadio attuale del suo sviluppo nella Comunità, l’ISDN non è disponibile per tutti gli utenti e non rientra nell’ambito delle disposizioni sul servizio universale di questa [d]irettiva; che potrebbe essere opportuno considerare a tempo debito se l’ISDN debba far parte del servizio universale; che il calcolo del costo netto del servizio universale deve tenere in debita considerazione le spese e le entrate, nonché gli effetti economici indotti e i benefici intangibili derivanti dalla fornitura del servizio universale, ma non deve ostacolare il processo di riequilibrio tariffario in corso; che i costi degli obblighi di servizio universale devono essere calcolati secondo procedure trasparenti; che i contributi finanziari legati alla condivisione degli obblighi di servizio universale devono essere separati dalle tariffe di interconnessione; che, laddove un obbligo di servizio universale rappresenti un onere ingiusto per un’organizzazione, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a stabilire un meccanismo di condivisione del costo netto della fornitura universale di una rete telefonica pubblica fissa o di un servizio telefonico pubblico fisso con altre organizzazioni che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni e/o servizi di telefonia vocale disponibili al pubblico; che ciò dovrebbe avvenire nel rispetto dei principi del diritto comunitario, in particolare quelli di non discriminazione e di proporzionalità, e senza pregiudicare l’articolo [95 CE]».
4 L’articolo 1 di tale direttiva così prevedeva:
«La presente direttiva istituisce un quadro normativo atto a garantire, nella Comunità, l’interconnessione delle reti di telecomunicazione e in particolare l’interoperabilità dei servizi, nonché ad assicurare la fornitura di servizi universali in una situazione di mercati aperti e concorrenziali.
Essa riguarda l’armonizzazione delle condizioni per un’interconnessione aperta ed efficace delle reti pubbliche di telecomunicazione e dei servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico e per l’accesso a tali reti e servizi».
5 L’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), di detta direttiva disponeva quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)
g) “servizio universale”, un insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle condizioni specifiche nazionali, ad un prezzo abbordabile».
6 Ai sensi dell’articolo 5 della medesima direttiva:
«1. Qualora, in base alle disposizioni del presente articolo, uno Stato membro stabilisca che gli obblighi di servizio universale rappresentino un onere eccessivo per un organismo, esso prevede un meccanismo atto a ripartire il costo netto dei suddetti obblighi con altri organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico. Nel fissare i contributi dovuti, gli Stati membri tengono in debito conto i principi della trasparenza, della non discriminazione e della proporzionalità. Possono essere finanziati con queste modalità solo le reti pubbliche di telecomunicazione e i servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico di cui all’allegato I, parte 1.
2. Gli eventuali contributi al costo degli obblighi di servizio universale possono basarsi su un meccanismo appositamente creato e amministrato da un ente indipendente dai destinatari e/o possono tradursi in una tariffa supplementare che si somma alla tariffa di interconnessione.
3. Per determinare l’eventuale onere rappresentato dalla fornitura del servizio universale, su richiesta delle rispettive autorità nazionali di regolamentazione gli organismi soggetti a detti obblighi devono calcolare il costo netto degli stessi secondo il metodo di cui all’allegato III. Il calcolo del costo netto connesso con gli obblighi di servizio universale è controllato dall’autorità nazionale di regolamentazione o da un altro ente competente, autonomo rispetto all’organismo di telecomunicazioni, e approvato dall’autorità nazionale di regolamentazione. I risultati del calcolo del costo e le conclusioni dei controlli contabili sono messi a disposizione del pubblico a norma dell’articolo 14, paragrafo 2.
4. Ove risulti giustificato in base al calcolo del costo netto di cui al paragrafo 3 e tenuto conto degli eventuali vantaggi di mercato derivanti ad un organismo che offre il servizio universale, le autorità nazionali di regolamentazione stabiliscono se un meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale sia giustificato.
(...)».
7 L’allegato I della direttiva 97/33, intitolato «Reti pubbliche di telecomunicazione e servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico specifici», faceva riferimento, nella parte 1, alle sole reti telefoniche pubbliche fisse e ai servizi telefonici pubblici fissi.
8 L’allegato III di tale direttiva conteneva norme relative al calcolo del costo degli obblighi di servizio universale per la telefonia vocale, di cui all’articolo 5, paragrafo 3, di detta direttiva.
9 La direttiva 97/33 è stata abrogata dalla direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33), con effetto dal 25 luglio 2003. Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti di cui ai procedimenti principali, la direttiva 97/33 è applicabile ratione temporis a una parte di essi.
Direttiva 2002/22
10 I considerando 4, 18, 21 e 23 della direttiva 2002/22 erano così formulati:
«(4) Il fatto di assicurare un servizio universale (ossia la fornitura di un insieme minimo definito di servizi a tutti gli utenti finali a prezzo abbordabile) può comportare la prestazione di determinati servizi a determinati utenti finali a prezzi che si discostano da quelli risultanti dalle normali condizioni di mercato. Tuttavia, il fatto di fornire un compenso alle imprese designate per fornire tali servizi in dette circostanze non deve tradursi in una distorsione di concorrenza, purché tali imprese ottengano un compenso per il costo netto specifico sostenuto e purché l’onere relativo a tale costo netto sia indennizzato in un modo che sia neutrale in termini di concorrenza.
(...)
(18) Gli Stati membri, ove necessario, dovrebbero istituire meccanismi di finanziamento del costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale qualora sia dimostrato che tali obblighi possono essere assunti solo in perdita o ad un costo netto superiore alle normali condizioni commerciali. Occorre vigilare affinché il costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale sia correttamente calcolato, che l’eventuale finanziamento comporti distorsioni minime per il mercato e per gli organismi che vi operano e sia compatibile con il disposto degli articoli 87 e 88 [CE].
(...)
(21) Qualora un obbligo di servizio universale rappresenti un onere eccessivo per un’impresa, gli Stati membri sono autorizzati ad istituire meccanismi efficaci di recupero dei costi netti. Uno dei metodi atti a consentire un recupero dei costi netti attinenti agli obblighi di servizio universale consiste in un’imputazione ai fondi pubblici. È inoltre ragionevole consentire il recupero dei costi netti facendo contribuire in modo trasparente tutti gli utenti mediante prelievi applicati alle imprese. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di finanziare i costi netti dei diversi elementi del servizio universale attraverso vari meccanismi e/o di finanziare i costi netti di alcuni o di tutti gli elementi dell’uno o dell’altro meccanismo o di una combinazione di entrambi. In questo caso, gli Stati membri dovrebbero vigilare affinché il metodo di ripartizione dei prelievi tra le imprese si basi su criteri oggettivi e non discriminatori e rispetti il principio di proporzionalità. Tale principio non impedisce agli Stati membri di esonerare dai contributi i nuovi operatori che non hanno ancora una presenza significativa sul mercato. I dispositivi di finanziamento dovrebbero garantire che i soggetti del mercato contribuiscano unicamente al finanziamento degli obblighi di servizio universale e non ad attività che non sono direttamente legate alla fornitura di tale servizio. I dispositivi che consentono il recupero dei costi dovrebbero in ogni caso rispettare i principi del diritto comunitario e, in particolare, nel caso dei dispositivi di condivisione del finanziamento, i principi di non discriminazione e di proporzionalità. I dispositivi di finanziamento dovrebbero garantire che gli utenti di uno Stato membro non contribuiscano ai costi del servizio universale in un altro Stato membro, ad esempio nel caso di chiamate da uno Stato membro all’altro.
(...)
(23) Il costo netto degli obblighi di servizio universale può essere ripartito fra tutte le imprese o tra alcune categorie specifiche delle stesse. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il meccanismo di ripartizione rispetti i principi della trasparenza, della minima distorsione del mercato, della non discriminazione e della proporzionalità. Per “minima distorsione del mercato” si intende che i contributi dovrebbero essere riscossi in modo da ridurre al minimo l’impatto dell’onere finanziario che grava sugli utenti finali, per esempio ripartendo i contributi nel modo più ampio possibile».
11 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva:
«La presente direttiva disciplina la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica agli utenti finali (...). Scopo della presente direttiva è garantire la disponibilità in tutta la Comunità di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza e un’opportunità di scelta effettive, nonché disciplinare le circostanze in cui le esigenze degli utenti finali non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato».
12 L’articolo 3, paragrafo 2, di detta direttiva stabiliva quanto segue:
«Gli Stati membri determinano il metodo più efficace e adeguato per garantire l’attuazione del servizio universale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Gli Stati membri mirano a limitare le distorsioni del mercato, in particolare la fornitura di servizi a prezzi o ad altre condizioni che divergano dalle normali condizioni commerciali, tutelando nel contempo l’interesse pubblico».
13 L’articolo 8, paragrafo 1, della stessa direttiva così disponeva:
«Gli Stati membri possono designare una o più imprese perché garantiscano la fornitura del servizio universale (...)».
14 L’articolo 12 della direttiva 2002/22 era formulato come segue:
«1. Allorché le autorità nazionali di regolamentazione ritengono che la fornitura del servizio universale di cui agli articoli da 3 a 10 possa comportare un onere eccessivo per le imprese designate a fornire tale servizio, esse calcolano i costi netti di tale fornitura.
(...)».
15 L’articolo 13 di tale direttiva così prevedeva:
«1. Qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all’articolo 12 le autorità nazionali di regolamentazione riscontrino che l’impresa stessa è soggetta ad un onere eccessivo, gli Stati membri decidono, previa richiesta di un’impresa designata:
a) di introdurre un dispositivo inteso a indennizzare l’impresa per i costi netti così calcolati attingendo a fondi pubblici in condizioni di trasparenza, e/o
b) di ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica.
2. Qualora il costo netto sia ripartito ai sensi del paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri istituiscono un meccanismo di ripartizione, gestito dalle autorità nazionali di regolamentazione o da un organismo indipendente dai beneficiari e posto sotto la supervisione dell’autorità nazionale di regolamentazione. Può essere finanziato unicamente il costo netto degli obblighi di cui agli articoli da 3 a 10, calcolato conformemente all’articolo 12.
3. Il sistema di ripartizione dei costi deve rispettare i principi di trasparenza, minima distorsione del mercato, non discriminazione e proporzionalità, in conformità dell’allegato IV, parte B. Gli Stati membri possono decidere di non chiedere contributi alle imprese il cui fatturato nazionale non raggiunga un determinato limite.
(...)».
16 L’allegato IV di detta direttiva conteneva norme relative al calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale e all’istituzione di un meccanismo di recupero o di condivisione dei costi secondo quanto previsto agli articoli 12 e 13 della medesima direttiva.
17 La direttiva 2002/22 è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (GU 2018, L 321, pag. 36), con effetto dal 21 dicembre 2020. Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti di cui ai procedimenti principali, la direttiva 2002/22 è applicabile ratione temporis a una parte di essi.
Diritto italiano
18 L’articolo 3 del decreto del presidente della Repubblica del 19 settembre 1997, n. 318 – Regolamento per l’attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni (supplemento ordinario alla GURI n. 221 del 22 settembre 1997), prevedeva quanto segue:
«(...)
6. Qualora, in base alle disposizioni del presente articolo, gli obblighi di fornitura del servizio universale rappresentino un onere iniquo per l’organismo o gli organismi incaricati di fornire il servizio universale, è previsto un meccanismo atto a ripartire il costo netto dei suddetti obblighi con altri organismi che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni, con fornitori di servizi di telefonia vocale accessibili al pubblico e con organismi che prestano servizi di comunicazione mobili e personali. Tale meccanismo non è applicabile quando:
a) la fornitura delle obbligazioni di servizio universale non determina un costo netto;
b) il costo netto degli obblighi di fornitura del servizio universale non rappresenti un onere iniquo;
c) l’ammontare del costo netto da ripartire non giustifichi il costo amministrativo di gestione del metodo di ripartizione e finanziamento dell’onere di fornitura degli obblighi di servizio universale.
(...)
11. Sulla base del calcolo del costo netto di cui al comma 7, e della relazione di cui al comma 10, l’[AGCOM], tenuto anche conto degli eventuali vantaggi di mercato derivanti all’organismo incaricato, stabilisce se il meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale sia giustificato. In tal caso il relativo onere è ripartito in base a criteri di oggettività, non discriminazione e proporzionalità (...)».
19 L’articolo 62, comma 1, del decreto legislativo del 1° agosto 2003, n. 259 – Codice delle comunicazioni elettroniche (supplemento ordinario alla GURI n. 214 del 15 settembre 2003), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, così dispone:
«Qualora l’[AGCOM] ritenga che la fornitura del servizio universale di cui agli articoli da 53 a 60 possa comportare un onere ingiustificato per le imprese designate a fornire tale servizio, prevede il calcolo dei costi netti di tale fornitura. A tal fine, l’[AGCOM] può:
a) procedere al calcolo del costo netto delle singole componenti dell’obbligo del servizio universale, tenendo conto degli eventuali vantaggi commerciali derivanti all’impresa designata per la fornitura del servizio universale, in base alle modalità stabilite nell’allegato n. 11;
(...)».
20 L’articolo 63 di tale decreto legislativo è così formulato:
«1. Qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all’articolo 62, l’[AGCOM] riscontri che un’impresa designata è soggetta ad un onere ingiustificato, previa richiesta dell’impresa stessa, ripartisce il costo netto (…) fra i fornitori di reti e servizi di comunicazione elettronica utilizzando il fondo per il finanziamento del costo netto degli obblighi del servizio universale, istituito presso il Ministero (...).
(...)
3. Il sistema di ripartizione dei costi deve rispettare i principi di trasparenza, minima distorsione del mercato, non discriminazione e proporzionalità, in conformità all’articolo 2, commi 5, 6 e 7, dell’allegato n. 11. (...)
(...)».
21 L’articolo 3 dell’allegato n. 11 di detto decreto legislativo prevede quanto segue:
«(...)
2. È previsto un meccanismo di ripartizione dei costi, basato sui principi di non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, a carico delle imprese che gestiscono reti pubbliche di comunicazioni, che forniscono servizi telefonici accessibili al pubblico, in proporzione all’utilizzazione da parte di tali soggetti delle reti pubbliche di comunicazioni, o che prestano servizi di comunicazione mobili e personali in ambito nazionale.
(...)
6. Il meccanismo di cui al comma 2 non è applicabile quando:
a) la fornitura delle obbligazioni di servizio universale non determina un costo netto;
b) il costo netto degli obblighi di fornitura del servizio universale non rappresenti un onere iniquo;
c) l’ammontare del costo netto da ripartire non giustifichi il costo amministrativo di gestione del metodo di ripartizione e finanziamento dell’onere di fornitura degli obblighi di servizio universale».
Procedimenti principali e questione pregiudiziale
22 Nel luglio 2020, l’AGCOM, che è l’autorità nazionale di regolamentazione (in prosieguo: l’«ANR») in Italia, ha avviato, con delibera 263/20/CIR, un procedimento di consultazione pubblica per procedere al riesame della questione dell’iniquità del costo netto del servizio universale la cui fornitura è stata imposta alla Telecom Italia nel periodo compreso tra il 1999 e il 2009.
23 Con delibera 18/21/CIR, l’AGCOM ha concluso tale procedimento, stabilendo, in particolare, che, nel periodo compreso tra il 2002 e il 2009, la fornitura del servizio universale aveva determinato un costo netto iniquo per la Telecom Italia, cosicché trovava applicazione il meccanismo di ripartizione previsto dalla normativa italiana vigente e, pertanto, gli operatori contemplati da tale normativa, inclusi gli operatori di telefonia mobile, avevano l’obbligo di contribuire al finanziamento di detto costo.
24 In tale delibera, l’AGCOM ha precisato, in sostanza, di aver proceduto al riesame dell’iniquità del costo netto del servizio universale fornito dalla Telecom Italia nel periodo di cui al punto 22 della presente sentenza, ad eccezione del 2001, e, diversamente dalle sue precedenti delibere vertenti su tale problematica, di non aver fatto riferimento al parametro del grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile per determinare se occorresse imporre agli operatori di telefonia mobile di contribuire a tale finanziamento.
25 L’AGCOM ha sottolineato che, sebbene le analisi di mercato effettuate abbiano stabilito che questi due tipi di servizi non erano perfettamente sostituibili e che, pertanto, il mercato non era unico, i servizi di telefonia mobile esercitavano nondimeno una «crescente pressione concorrenziale» sui servizi di telefonia fissa. L’AGCOM ha riscontrato una pressione concorrenziale in termini di perdite di volumi e ricavi per gli operatori di telefonia fissa, in particolare laddove i clienti decidano di utilizzare solo il cellulare oppure di usare il cellulare mantenendo il servizio di rete fissa, decidendo tuttavia di usare il servizio di telefonia mobile anche da casa. Secondo l’AGCOM, detta pressione concorrenziale costituisce una valutazione di mercato funzionale a stabilire in che misura l’onere sostenuto dalla Telecom Italia fosse iniquo.
26 L’AGCOM ha poi verificato l’iniquità del costo netto del servizio universale la cui fornitura era stata imposta alla Telecom Italia mediante un’analisi del contesto concorrenziale, una verifica di tale costo e un’analisi degli impatti economici e finanziari di detto costo.
27 Per quanto riguarda l’analisi del contesto concorrenziale, l’AGCOM ha ritenuto, basandosi su un documento redatto il 24 febbraio 2017 dall’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), intitolato «BEREC update survey on the implementation and application of the universal service provisions – a synthesis of the results», che occorresse valutare il livello di concorrenzialità sul mercato sulla base di indicatori quali le quote del mercato dell’accesso in volume e ricavi, il volume e le quote di mercato del traffico telefonico, il grado di interconnessione dei servizi di raccolta e di terminazione delle chiamate sulle reti di telefonia fissa e mobile, la diffusione dei servizi sulla rete di telefonia mobile, i vantaggi per gli operatori derivanti dagli obblighi di servizio universale e la posizione finanziaria di tali operatori.
28 La Vodafone Italia, operatore di telefonia mobile, che aveva già impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) la delibera 263/20/CIR, con la quale l’AGCOM aveva avviato una consultazione pubblica, ha adito tale giudice di un ricorso avverso la delibera 18/21/CIR deducendo motivi aggiuntivi. Anche l’AGCOM, la Telecom Italia, la Fastweb e la Wind Tre Spa si sono costituite in giudizio dinanzi a detto giudice nell’ambito del procedimento avviato dalla Vodafone Italia.
29 La Telecom Italia ha anch’essa proposto ricorso avverso la delibera 18/21/CIR dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, deducendo, in sostanza, che l’AGCOM aveva erroneamente stabilito che, per gli anni 1999 e 2000, il costo netto del servizio universale rimanesse integralmente a carico della Telecom Italia. La Vodafone Italia si è costituita in giudizio dinanzi a tale giudice nell’ambito del procedimento avviato dalla Telecom Italia e ha proposto ricorso incidentale. L’AGCOM, la Telecom Italia, la Fastweb e la Wind Tre si sono costituite dinanzi a detto giudice in quest’ultimo procedimento.
30 La Fastweb ha anch’essa impugnato detta delibera dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio.
31 Con sentenza n. 1963/2022, tale giudice ha parzialmente accolto il ricorso della Vodafone Italia avverso detta delibera e l’ha annullata, dichiarando, segnatamente, che sussisteva un vizio di motivazione e di istruttoria relativamente al riesame dell’iniquità del costo netto del servizio universale.
32 Con sentenza n. 2047/2022, detto giudice ha accolto il ricorso della Fastweb avverso la stessa delibera per le medesime ragioni esposte nella sentenza n. 1963/2022.
33 Con sentenza n. 2218/2022, lo stesso giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Telecom Italia avverso la delibera 18/21/CIR e ha accolto il ricorso incidentale della Vodafone Italia per le medesime ragioni esposte nella sentenza n. 1963/2022.
34 La Telecom Italia e l’AGCOM hanno entrambe proposto appello avverso la sentenza n. 1963/2022 dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio. La Vodafone Italia, la Wind Tre e la Fastweb si sono costituite in giudizio dinanzi a tale giudice nell’ambito di ciascuno di tali appelli. La Vodafone Italia ha inoltre proposto appello incidentale avverso i capi di tale sentenza con i quali il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha rigettato una parte dei suoi motivi di ricorso. La Fastweb ha anch’essa proposto appello incidentale avverso detta sentenza dinanzi al giudice del rinvio.
35 Inoltre, la Telecom Italia e l’AGCOM hanno entrambe proposto appello avverso la sentenza n. 2218/2022. Anche la Wind Tre, la Fastweb e la Vodafone Italia si sono costituite in giudizio dinanzi al Consiglio di Stato nell’ambito di ciascuno di tali appelli. Quest’ultima società ha inoltre proposto appello incidentale avverso tale sentenza.
36 Il giudice del rinvio, che ha disposto la riunione dei quattro appelli, ritiene di dover esaminare in via prioritaria gli appelli incidentali proposti dalla Vodafone Italia, con i quali quest’ultima, in sostanza, contesta il potere dell’AGCOM di imporre agli operatori di telefonia mobile l’obbligo di contribuire al finanziamento del costo netto del servizio universale fornito dalla Telecom Italia.
37 A sostegno dei suoi appelli incidentali, la Vodafone Italia afferma, segnatamente, in sostanza, che dalla comunicazione della Commissione, del 27 novembre 1996, relativa ai criteri di valutazione dei regimi nazionali di calcolo dei costi e di finanziamento del servizio universale nel settore delle telecomunicazioni, e agli orientamenti agli Stati membri in merito al funzionamento di tali regimi [COM(96) 608 def.] (in prosieguo: la «comunicazione del 27 novembre 1996»), risulta che la partecipazione degli operatori di telefonia mobile al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale è subordinata al presupposto dell’esistenza di un rapporto di concorrenza, vale a dire di un rapporto di sostituibilità, tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile. Orbene, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione (Italia) avrebbero dichiarato, in diverse sentenze riguardanti ricorsi proposti avverso precedenti provvedimenti dell’AGCOM relativi al riparto dell’onere di detto costo, che un tale rapporto non sussisteva negli anni 1999, 2000, 2002 e 2003. Nella delibera 18/21/CIR, l’AGCOM avrebbe applicato tale presupposto al fine di determinare l’iniquità dell’onere di detto costo. Inoltre, in tali precedenti provvedimenti, l’AGCOM avrebbe escluso l’esistenza di un siffatto rapporto nel corso degli anni dal 2004 al 2007 e 2009.
38 L’AGCOM e la Telecom Italia sostengono che né la normativa europea né quella interna prevedono che la partecipazione degli operatori di telefonia mobile al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale sia subordinata a detto presupposto. Tali operatori, al pari degli operatori di telefonia fissa, sarebbero autorizzati alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica e, pertanto, sarebbero tenuti a partecipare a detto meccanismo. La comunicazione del 27 novembre 1996 avrebbe semplicemente affidato agli Stati membri la scelta se includere o meno gli operatori di telefonia mobile fra quelli tenuti al finanziamento di tale costo. La Repubblica italiana, al pari di numerosi altri Stati membri, avrebbe scelto di includerli. Per di più, le altre società del gruppo al quale appartiene la Vodafone contribuirebbero al finanziamento di detto costo negli Stati membri in cui sono stabilite.
39 Inoltre, l’AGCOM e la Telecom Italia sostengono che l’analisi della diffusione del servizio di telefonia mobile e della relativa interdipendenza rappresenta solo uno dei sei parametri utilizzati dall’AGCOM per dimostrare l’iniquità dell’onere risultante dalla fornitura del servizio universale e che, di conseguenza, quand’anche detta interdipendenza non dovesse ritenersi adeguatamente dimostrata, la correttezza dell’analisi di iniquità svolta dall’AGCOM dovrebbe essere valutata alla luce dei restanti cinque parametri applicati dalla stessa. L’AGCOM e la Telecom Italia hanno chiesto al Consiglio di Stato di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, nel caso in cui esso prospettasse un’interpretazione differente da quella da loro perorata.
40 Il giudice del rinvio osserva che, in Italia, la fornitura del servizio universale nel settore della telefonia è assicurata dalla Telecom Italia, l’ex monopolista di rete. Nel caso in cui la fornitura di tale servizio dia luogo a un costo netto, vale a dire quando i costi sopportati dal fornitore di detto servizio superino i benefici che tale fornitura gli procura, l’AGCOM deve valutare se detto costo rappresenti o meno un «onere iniquo» a carico di tale fornitore e, se del caso, ripartire detto costo tra gli operatori del settore di cui trattasi.
41 Il giudice del rinvio sottolinea che, con sentenza del 7 luglio 2015, il Consiglio di Stato ha accolto i ricorsi proposti avverso le delibere dell’AGCOM di rinnovazione dei procedimenti relativi all’applicabilità del meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale per gli anni 1999, 2000, 2002 e 2003, ossia le delibere 106/11/CIR, 107/11/CIR, 108/11/CIR e 109/11/CIR, ritenendo non provato il presupposto relativo all’esistenza di un rapporto di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, al quale è subordinata la partecipazione degli operatori di telefonia mobile, come la Vodafone Italia, al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale.
42 In una sentenza dell’8 ottobre 2019, il Consiglio di Stato ha dichiarato, per quanto riguarda gli stessi anni, che detto presupposto era, in definitiva, «fallace».
43 Il giudice del rinvio precisa che la normativa italiana non subordina esplicitamente a detto presupposto la partecipazione degli operatori di telefonia mobile al finanziamento del costo netto del servizio universale.
44 Tuttavia, risulterebbe, in particolare, dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che la questione se esista un rapporto di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile costituisce un parametro necessario al fine di stabilire se l’onere risultante dalla fornitura del servizio universale, sostenuto dal fornitore designato, sia iniquo.
45 Nella delibera 18/21/CIR, l’AGCOM si sarebbe esplicitamente riferita a tale giurisprudenza, precisando, tuttavia, di non ricorrere più a tale criterio della sostituibilità per imporre agli operatori di telefonia mobile l’obbligo di contribuire al finanziamento del costo netto del servizio universale. Ciò detto, l’analisi della pressione competitiva dei servizi di telefonia mobile sui servizi di telefonia fissa, svolta dall’AGCOM in tale delibera, sarebbe in gran parte sovrapponibile all’analisi della sostituibilità tra tali servizi.
46 Il diritto dell’Unione, recepito dalla normativa italiana di cui trattasi nei procedimenti principali, non consentirebbe di fornire una risposta alla questione sollevata nell’ambito delle controversie di cui ai procedimenti principali.
47 In tale contesto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la direttiva [97/33], e in particolare l’articolo 5, e la direttiva [2002/22], e in particolare l’articolo 13, ratione temporis applicabili, nonché i principi di trasparenza, minima distorsione del mercato, non discriminazione e proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che:
a) è consentito a una normativa nazionale imporre ex lege l’estensione agli operatori di telefonia mobile degli obblighi di contribuzione al finanziamento degli oneri iniqui scaturenti dalla prestazione dello stesso servizio universale, senza subordinare tale evenienza alla verifica da parte dell’ANR dell’esistenza di un rapporto di concorrenza o sostituibilità tra gli operatori onerati e l’operatore designato della prestazione di detto servizio all’interno di un medesimo mercato rilevante secondo il diritto della concorrenza;
b) è consentito alle ANR, in aggiunta o in alternativa al criterio della sostituibilità tra servizi di rete fissa e mobile, ai fini della verifica dell’iniquità dell’onere, l’utilizzo di ulteriori criteri – e se sì, quali – per fondare un obbligo di finanziamento in capo agli operatori mobili».
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
48 La Vodafone Italia, la Wind Tre e la Fastweb sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile.
49 Secondo la Vodafone Italia, un giudice nazionale può effettuare un rinvio pregiudiziale solo qualora quest’ultimo sia indispensabile per la soluzione della controversia pendente dinanzi ad esso. Orbene, dall’ordinanza di rinvio emergerebbe che le controversie di cui ai procedimenti principali possono essere risolte senza rinvio pregiudiziale, dal momento che dalla comunicazione del 27 novembre 1996 risulterebbe che non sarebbe necessario imporre agli operatori di telefonia mobile di partecipare al finanziamento del costo netto del servizio universale, che esisterebbero diverse sentenze dei giudici amministrativi italiani relative alla questione sollevata dal giudice del rinvio e passate in giudicato, essendo in tal modo precluso a quest’ultimo giudice di adottare una diversa decisione, che la delibera 18/21/CIR contrasterebbe con precedenti delibere dell’AGCOM, da cui risulterebbe che in Italia non esisteva alcun rapporto di concorrenza tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile nei periodi considerati dalla prima delibera menzionata, e che l’AGCOM sarebbe decaduta dal suo potere di imporre agli operatori di telefonia mobile di partecipare a tale finanziamento poiché il periodo trascorso dal momento in cui tale potere avrebbe potuto essere esercitato ha dato luogo a un legittimo affidamento quanto al fatto che tale potere non sarebbe più stato esercitato.
50 La Vodafone Italia sostiene inoltre che la questione pregiudiziale b) è altresì irricevibile per il motivo che non ha alcun nesso con le controversie di cui ai procedimenti principali, le quali verterebbero unicamente sulla legittimità dell’obbligo imposto agli operatori di telefonia mobile di partecipare al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale e che, in ogni caso, la Corte ha già risposto a tale questione nelle sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 10 novembre 2022, Eircom (C‑494/21, EU:C:2022:867).
51 La Wind Tre afferma che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile, adducendo che essa non contiene una descrizione di tutti gli elementi di fatto delle controversie di cui ai procedimenti principali, in particolare delle controversie relative a tale obbligo che hanno avuto luogo prima dell’adozione della delibera 18/21/CIR, né contiene un’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a sollevare detta questione, dal momento che tale giudice si sarebbe limitato a richiamare gli argomenti di talune parti del procedimento dinanzi ad esso pendente.
52 Secondo la Fastweb, la questione pregiudiziale è irricevibile in quanto la risposta a quest’ultima risulta dalla sentenza n. 3388/2015 del Consiglio di Stato, pronunciata nell’ambito di ricorsi di annullamento avverso delibere dell’AGCOM precedenti alla delibera 18/21/CIR, sentenza che sarebbe passata in giudicato. Con tale sentenza, il Consiglio di Stato avrebbe dichiarato che, per la ripartizione dell’onere risultante dal servizio universale, non è necessario che vi sia sostituibilità tra i servizi di telefonia mobile e i servizi di telefonia fissa e avrebbe preservato la facoltà dell’AGCOM di individuare un criterio diverso ai fini di tale valutazione. Orbene, il diritto dell’Unione non esigerebbe che un giudice nazionale ritorni su una decisione, come la citata sentenza, al fine di tener conto di una decisione della Corte adottata posteriormente.
53 Occorre rammentare che, per giurisprudenza costante della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a statuire, salvo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia ipotetico, o qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tale questione (sentenza del 14 dicembre 2023, Sparkasse Südpfalz, C‑206/22, EU:C:2023:984, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).
54 Al riguardo, non risulta in modo manifesto dagli argomenti di irricevibilità della Vodafone Italia, vertenti su un asserito contrasto tra la delibera 18/21/CIR e le precedenti delibere dell’AGCOM, sull’asserita decadenza di quest’ultima dal suo potere di imporre agli operatori di telefonia mobile di partecipare al finanziamento del costo netto del servizio universale nonché sull’assenza di un nesso tra la questione pregiudiziale b) e le controversie di cui ai procedimenti principali, che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice del rinvio non abbia alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto di tali controversie o che il problema sia ipotetico.
55 Per quanto riguarda le sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 10 novembre 2022, Eircom (C‑494/21, EU:C:2022:867), invocate dalla Vodafone Italia, occorre ricordare che, anche supponendo che la soluzione delle controversie di cui ai procedimenti principali possa essere desunta da tali sentenze, una tale circostanza non sarebbe atta a comportare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma, tutt’al più, potrebbe esonerare il giudice del rinvio dall’obbligo di adire la Corte, ad esso incombente ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE [v., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 2023, Confédération paysanne e a. (Mutagenesi casuale in vitro), C‑688/21, EU:C:2023:75, punto 35].
56 Quanto all’argomento di irricevibilità della Vodafone Italia vertente sulla comunicazione del 27 novembre 1996, si deve rilevare che esso attiene al merito della questione pregiudiziale sollevata e non alla sua ricevibilità, cosicché occorre esaminarlo nell’ambito dell’esame nel merito di tale questione (v., per analogia, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 43 nonché giurisprudenza ivi citata).
57 Per quanto riguarda gli argomenti di irricevibilità della Wind Tre, occorre rilevare che il giudice del rinvio ha illustrato, seppur succintamente, i motivi che lo hanno indotto a sollevare la questione pregiudiziale. Inoltre, l’ordinanza di rinvio contiene un’illustrazione degli elementi di fatto delle controversie di cui ai procedimenti principali, compresi i principali elementi del contenzioso relativo alle delibere dell’AGCOM precedenti all’adozione della delibera 18/21/CIR. Un’illustrazione più dettagliata di tale contenzioso non è indispensabile ai fini della comprensione dell’oggetto di tali controversie.
58 Per quanto riguarda gli argomenti di irricevibilità della Vodafone Italia e della Fastweb vertenti sull’autorità di cosa giudicata delle decisioni del Consiglio di Stato o di altri organi giurisdizionali italiani, pronunciate nell’ambito di detto contenzioso, occorre osservare che le controversie di cui ai procedimenti principali vertono sulla legittimità della delibera 18/21/CIR e non su quella delle precedenti delibere dell’AGCOM che hanno costituito oggetto del medesimo contenzioso. Orbene, la Vodafone Italia e la Fastweb non hanno spiegato come tali organi giurisdizionali sarebbero indotti, nell’ambito di dette controversie, a riesaminare tali decisioni giurisdizionali. Risulta quindi che gli stessi organi giurisdizionali potrebbero essere indotti, tutt’al più, a rivedere la loro giurisprudenza a seguito della sentenza che la Corte pronuncerà nella presente causa, senza mettere in discussione l’autorità di cosa giudicata delle loro decisioni precedenti. In ogni caso, atteso che il seguito che il giudice del rinvio dovrà dare a tale sentenza dipende dal tenore della risposta in essa contenuta, gli argomenti della Vodafone Italia e della Fastweb non possono, salvo pregiudicare detta risposta, incidere sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
59 Alla luce di quanto precede, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata ricevibile.
Sulla questione pregiudiziale
Sulla questione b)
60 Con la sua questione b), che è opportuno esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 debbano essere interpretati nel senso che un’ANR può prendere in considerazione, ai fini della valutazione del carattere iniquo o ingiustificato dell’onere risultante dalla fornitura del servizio universale, il grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile. Tale giudice chiede altresì quali siano gli ulteriori criteri che un’ANR può, se del caso, applicare cumulativamente o alternativamente a tali fini.
61 Occorre rilevare che, conformemente all’articolo 5, paragrafi 1 e 3, della direttiva 97/33, qualora uno Stato membro stabilisca, sulla base del calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale, che questi ultimi rappresentano un onere iniquo per un organismo, esso prevede un meccanismo atto a ripartire tale costo con altri organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico. Secondo l’articolo 5, paragrafo 4, ove risulti giustificato in base a detto calcolo e tenuto conto degli eventuali vantaggi di mercato derivanti ad un organismo che offre il servizio universale, le ANR stabiliscono se un tale meccanismo sia giustificato.
62 Analogamente, la direttiva 2002/22 stabilisce, al suo articolo 12, paragrafo 1, primo comma, che, allorché le ANR ritengono che la fornitura del servizio universale possa comportare un onere ingiustificato per le imprese designate a fornire tale servizio, esse devono calcolare i costi netti di tale fornitura. Qualora le ANR riscontrino, sulla base del calcolo di tale costo, che una o più imprese designate a fornire il servizio universale sono soggette ad un onere ingiustificato e previa richiesta di tale o tali imprese, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2002/22 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie a tal fine, vale a dire introdurre un dispositivo di indennizzo attingendo a fondi pubblici e/o un meccanismo di ripartizione di detto costo tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica. Orbene, dall’ordinanza di rinvio risulta che, per quanto riguarda il periodo di applicazione della direttiva 2002/22, la Repubblica italiana ha optato per l’istituzione del meccanismo di ripartizione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva.
63 Ne consegue che, tanto nel contesto della direttiva 97/33 quanto in quello della direttiva 2002/22, l’attuazione di un meccanismo di finanziamento del costo netto degli obblighi di servizio universale è soggetta alla duplice condizione che tale costo sia calcolato e che, sulla base di tale calcolo, si constati che l’onere che la fornitura di tale servizio rappresenta per l’impresa designata è iniquo o ingiustificato.
64 Inoltre, dal considerando 8, dall’articolo 5 e dall’allegato I, parte 1, della direttiva 97/33 risulta che solo il costo netto della fornitura universale di una rete telefonica pubblica fissa o di un servizio telefonico pubblico fisso può costituire oggetto del meccanismo di finanziamento previsto da tale direttiva.
65 Analogamente, la Corte ha già dichiarato, in sostanza, che solo i servizi di comunicazione che richiedono un accesso e una connessione in postazione fissa a una rete di comunicazione pubblica, vale a dire ad esclusione dei servizi di comunicazione mobile, possono essere finanziati mediante il meccanismo previsto all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2002/22 (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Base Company e Mobistar, C‑1/14, EU:C:2015:378, punti 37 e 43).
66 Poiché il regime di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale previsto dalla direttiva 97/33 non è cambiato in modo significativo a seguito dell’adozione della direttiva 2002/22, le pertinenti disposizioni analoghe di tali direttive devono essere interpretate allo stesso modo.
67 Al riguardo, non risulta da alcuna disposizione della direttiva 97/33 e della direttiva 2002/22 che il legislatore dell’Unione abbia inteso fissare esso stesso le condizioni alle quali le ANR sono indotte a ritenere che la fornitura del servizio universale possa rappresentare un onere iniquo o ingiustificato. Emerge invece tanto dall’articolo 5, paragrafi 1, 3 e 4, della direttiva 97/33 quanto dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2002/22 che è solo sulla base del calcolo del costo netto della fornitura del servizio universale che le ANR possono constatare che un’impresa designata come fornitore di servizio universale è effettivamente soggetta ad un onere iniquo o ingiustificato e che gli Stati membri devono quindi decidere di adottare modalità di indennizzo in ragione di tale costo (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 38).
68 Ciò detto, occorre rilevare che l’azione degli Stati membri nell’ambito dell’istituzione del meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale è circoscritta dal dovere di rispettare i principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, nonché di limitare le distorsioni del mercato, tutelando nel contempo l’interesse pubblico, come risulta, in sostanza, dal considerando 2 e dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 97/33 nonché dall’articolo 3, paragrafo 2, e dall’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2002/22.
69 Sebbene le nozioni di «onere iniquo» o di «onere ingiustificato» non siano definite da tali direttive, tanto dal considerando 8 della direttiva 97/33 quanto dal considerando 21 della direttiva 2002/22 risulta che il legislatore dell’Unione ha inteso collegare i meccanismi di recupero dei costi netti, che la fornitura del servizio universale può generare per un’impresa, all’esistenza di un onere eccessivo in capo a tale impresa. In questo contesto, ritenendo che il costo netto del servizio universale non rappresenti necessariamente un tale onere per tutte le imprese coinvolte, esso ha inteso escludere che qualsiasi costo netto di fornitura del servizio universale dia automaticamente diritto all’indennizzo. La Corte da ciò ha concluso che l’onere iniquo o ingiustificato di cui l’ANR deve constatare l’esistenza prima di qualsiasi indennizzo è l’onere che, per ciascuna impresa coinvolta, presenta un carattere eccessivo rispetto alla sua capacità di sopportarlo tenuto conto di tutte le caratteristiche proprie di tali impresa, relative segnatamente alle sue apparecchiature, alla sua situazione economica e finanziaria nonché alla sua quota di mercato (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 39).
70 Sebbene, in assenza di precisazioni a tal riguardo nelle direttive 97/33 e 2002/22, spetta all’ANR stabilire in modo generale e impersonale i criteri che consentono di determinare le soglie oltre le quali, tenuto conto delle caratteristiche menzionate al punto precedente, un onere può essere considerato eccessivo, l’ANR può tuttavia constatare che l’onere della fornitura del servizio universale è iniquo o ingiustificato, ai fini dell’applicazione dell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 97/33 e dell’articolo 13 della direttiva 2002/22, solo a condizione di procedere a un esame specifico della situazione di ciascuna impresa coinvolta con riferimento a tali criteri (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 40).
71 Al riguardo, la Corte ha dichiarato, relativamente alla direttiva 2002/22, che qualsiasi presa in considerazione della quota di mercato del fornitore di servizio universale implica che il processo di determinazione dell’eventuale carattere ingiustificato dell’onere gravante su tale fornitore a causa dei suoi obblighi di servizio universale comporta una componente comparativa intrinseca che non può essere ignorata dall’ANR. Infatti, la semplice constatazione di elementi relativi alla quota di mercato di detto fornitore considerata isolatamente non consente di trarre conclusioni utili in assenza di un confronto con le quote di mercato detenute dai suoi concorrenti. Tali conclusioni possono variare in funzione del numero di concorrenti presenti sul mercato, dei legami eventualmente esistenti tra questi ultimi o, ancora, dei diversi settori del mercato interessato nei quali tali concorrenti sono presenti (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 43).
72 La Corte ne ha dedotto che l’ANR competente è chiamata, nell’ambito di tale processo, a tenere conto della situazione del fornitore di servizio universale rispetto a quella dei suoi concorrenti sul mercato interessato e che la valutazione della situazione concorrenziale su tale mercato costituisce parte integrante delle condizioni di applicazione degli articoli 12 e 13 della direttiva 2002/22 (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punti 44 e 47).
73 La Corte ha altresì dichiarato che una valutazione delle caratteristiche proprie di un fornitore di servizio universale alla luce dell’ambiente concorrenziale in cui quest’ultimo evolve è conforme agli obiettivi perseguiti da detta direttiva (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 48).
74 Ciò vale, in particolare, per gli elementi che riguardano la situazione economica e finanziaria di un fornitore di servizio universale. Infatti, la mera constatazione secondo cui tale fornitore continua ad essere redditizio nonostante l’onere che grava su di esso a causa del costo netto dei suoi obblighi di servizio universale non consente di trarre conclusioni in merito alle ripercussioni di tale costo netto sulla capacità di tale fornitore di competere con gli altri operatori presenti su un mercato in evoluzione. Non si può escludere che tale onere impedisca o renda più difficile o più complesso il finanziamento di investimenti in nuove tecnologie o in mercati collegati, investimenti che i suoi concorrenti potrebbero eventualmente essere in grado di effettuare e che sono pertanto idonei a procurare a questi ultimi vantaggi concorrenziali notevoli (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 49).
75 Pertanto, è in considerazione della situazione di un fornitore di servizio universale rispetto a quella dei suoi concorrenti che l’ANR può valutare se il costo netto degli obblighi di servizio universale ad esso incombenti costituisca, a causa delle distorsioni della concorrenza che ne derivano sul mercato interessato a danno di tale fornitore, un onere ingiustificato per quest’ultimo, ai sensi degli articoli 12 e 13 della direttiva 2002/22 (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 50).
76 Nella misura in cui il deterioramento della posizione concorrenziale di un fornitore di servizio universale in ragione del carattere ingiustificato dell’onere gravante su di esso a causa dei suoi obblighi di servizio universale rechi pregiudizio ad una concorrenza effettiva sul mercato interessato, una tale circostanza potrebbe compromettere le condizioni di fornitura del servizio universale e, in ultima analisi, la realizzazione dell’obiettivo di garantire la disponibilità in tutta l’Unione europea di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza e un’opportunità di scelta effettive, stabilito all’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 51).
77 Al riguardo, occorre rilevare che la valutazione della sostituibilità tra i diversi servizi di telecomunicazione, in particolare tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, può costituire uno degli elementi dell’esame dell’ambiente concorrenziale in cui evolve il fornitore di servizio universale, in quanto essa contribuisce all’individuazione dei concorrenti di tale fornitore, alla determinazione delle quote di mercato dei diversi attori e alla valutazione della pressione concorrenziale che altri operatori esercitano su detto fornitore.
78 Tuttavia, l’esame dell’ambiente concorrenziale in cui evolve il fornitore di servizio universale non può essere subordinato alla valutazione della sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, ma deve prendere in considerazione l’insieme dei vincoli concorrenziali cui è soggetto tale fornitore, ivi compresi quelli meno effettivi e immediati rispetto alla sostituzione della domanda.
79 Per le ragioni richiamate al punto 66 della presente sentenza, le considerazioni esposte ai punti da 71 a 78 di quest’ultima sono applicabili mutatis mutandis all’articolo 5 della direttiva 97/33.
80 Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che, nella delibera 18/21/CIR, l’AGCOM, da un lato, ha tenuto conto, in particolare, delle considerazioni esposte ai punti da 74 a 78 della presente sentenza, allorché ha ritenuto che, sebbene i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile non fossero perfettamente sostituibili e, pertanto, non si trattasse di un mercato unico, i servizi di telefonia mobile esercitavano nondimeno una crescente pressione concorrenziale sui servizi di telefonia fissa, in termini di perdite di volumi e ricavi per gli operatori di telefonia fissa, in particolare laddove i clienti decidessero di usare solo il cellulare oppure di usare il cellulare mantenendo comunque il servizio di rete fissa, decidendo tuttavia di usare il cellulare anche da casa, e, dall’altro, ha proceduto all’analisi di altri elementi del contesto concorrenziale.
81 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione b) dichiarando che l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 devono essere interpretati nel senso che:
– spetta agli Stati membri, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, nonché della necessità di limitare le distorsioni del mercato, tutelando nel contempo l’interesse pubblico, fissare i criteri che consentono alle ANR di valutare, procedendo a un esame specifico della situazione di ciascuna impresa coinvolta, se l’onere risultante dal costo netto degli obblighi di servizio universale possa essere considerato eccessivo e, pertanto, iniquo o ingiustificato per l’operatore cui sono stati imposti tali obblighi;
– nell’ambito di tale valutazione, l’ANR competente deve esaminare l’insieme delle caratteristiche proprie dell’operatore di cui trattasi, tenendo conto della sua situazione rispetto a quella dei suoi concorrenti sul mercato rilevante;
– il grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile è idoneo a costituire un elemento pertinente ai fini di tale valutazione, così come l’insieme dei vincoli concorrenziali cui è soggetto il fornitore di servizio universale.
Sulla questione a)
82 Con la sua questione a) il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non subordina la partecipazione degli operatori di servizi di telecomunicazione mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile.
83 Al riguardo, per quanto concerne il tenore letterale delle disposizioni di cui trattasi, occorre rilevare che dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 97/33 risulta che, quando gli Stati membri prevedono un meccanismo atto a ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale con «altri organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico», essi tengono in debito conto i principi della trasparenza, della non discriminazione e della proporzionalità.
84 Analogamente, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2002/22 stabilisce che, qualora, sulla base del calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale, le ANR riscontrino che l’impresa stessa è soggetta ad un onere ingiustificato, gli Stati membri decidono, previa richiesta di un’impresa designata, di introdurre un dispositivo inteso a indennizzare l’impresa per i costi netti così calcolati attingendo a fondi pubblici in condizioni di trasparenza, e/o di ripartire tale costo tra «i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica».
85 Orbene, dalle espressioni «organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico» e «fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica» impiegate in tali disposizioni risulta che il legislatore dell’Unione non ha inteso escludere a priori taluni fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica, in particolare gli operatori di servizi di telecomunicazione mobile, dal meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale.
86 Inoltre, a differenza di quanto avviene con l’esclusione dei servizi di telecomunicazione mobile dalla nozione di «servizio universale», operata all’articolo 4 della direttiva 2002/22, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 11) (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Base Company e Mobistar, C‑1/14, EU:C:2015:378, punti da 32 a 37), il legislatore dell’Unione non ha escluso i fornitori di tali servizi dalla partecipazione a detto meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale.
87 Per quanto concerne il contesto in cui si inseriscono le disposizioni di cui trattasi, occorre rilevare, da un lato, che dal considerando 23 della direttiva 2002/22 risulta, in sostanza, che il costo netto degli obblighi di servizio universale può essere ripartito, nel rispetto dei principi della trasparenza, della minima distorsione del mercato, della non discriminazione e della proporzionalità, fra tutte le imprese o tra alcune categorie specifiche delle stesse e che la nozione di «minima distorsione del mercato» implica la riscossione dei contributi al finanziamento di tale costo in modo da ridurre al minimo l’impatto dell’onere finanziario che grava sugli utenti finali, per esempio ripartendo i contributi nel modo più ampio possibile.
88 Dall’altro lato, il considerando 21 di tale direttiva enuncia che gli Stati membri devono vigilare affinché il metodo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra le imprese si basi su criteri oggettivi e non discriminatori e rispetti il principio di proporzionalità, senza che tale principio impedisca di esonerare dai contributi i nuovi operatori che non hanno ancora una presenza significativa sul mercato.
89 Risulta quindi dal tenore letterale e dal contesto delle disposizioni di cui trattasi che il legislatore dell’Unione ha inteso lasciare agli Stati membri la possibilità di definire la cerchia di partecipanti al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale, fatto salvo il rispetto di un certo numero di principi, espressamente ricordati in dette disposizioni.
90 Al riguardo, sebbene non sia escluso che criteri di ripartizione che tengano conto dell’intensità della pressione concorrenziale esercitata dai servizi di telecomunicazione mobile sui servizi di telecomunicazione fissa in ragione del grado di sostituibilità più o meno significativo tra tali servizi, della percentuale di utilizzo che i fornitori dei servizi di telecomunicazione mobile fanno delle reti di telecomunicazioni pubbliche o dei vantaggi che questi ultimi traggono dalla fornitura del servizio universale possano essere considerati conformi ai principi di cui ai punti 83, 84, 87 e 88 della presente sentenza, in particolare ai principi di proporzionalità e di non discriminazione, dalle disposizioni delle direttive 97/33 e 2002/22 non si può tuttavia dedurre che queste ultime subordinino la partecipazione dei fornitori di servizi di telefonia mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra questi ultimi servizi e i servizi di telefonia fissa.
91 Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento della Vodafone Italia vertente sulla comunicazione del 27 novembre 1996 né dal suo argomento secondo cui esisterebbe una somiglianza tra la normativa dell’Unione in materia di comunicazioni elettroniche e quella in materia di servizi postali, cosicché occorrerebbe applicare alle controversie di cui ai procedimenti principali, per analogia, il considerando 27 della direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU 2008, L 52, pag. 3), da cui risulterebbe che la determinazione delle imprese chiamate a contribuire al fondo di compensazione diretto a finanziare il servizio universale implica di valutare se i servizi forniti da tali imprese possano, nell’ottica di un utente, essere considerati come rientranti nell’ambito di applicazione del servizio universale poiché denotano un livello di intercambiabilità sufficiente rispetto al servizio universale, nonché la relativa giurisprudenza della Corte.
92 Per quanto riguarda, da un lato, la comunicazione del 27 novembre 1996, occorre infatti rilevare che essa non stabilisce un obbligo generale, per gli Stati membri, di subordinare la partecipazione dei fornitori di servizi di telefonia mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale alla constatazione dell’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia mobile e i servizi di telefonia fissa.
93 Come risulta, in sostanza, dal punto 8 della parte 3 di tale comunicazione, la Commissione europea vi aveva unicamente precisato che, nel quadro della sua valutazione delle procedure di autorizzazione o di dichiarazione concernenti la telefonia vocale e la fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni – procedure che, ai sensi della direttiva 96/19/CE della Commissione, del 13 marzo 1996, che modifica la direttiva 90/388/CEE al fine della completa apertura alla concorrenza dei mercati delle telecomunicazioni (GU 1996, L 74, pag. 13), gli Stati membri dovevano notificare entro il 1° gennaio 1997 – essa avrebbe valutato se, per quanto concerne il contributo dei nuovi operatori che si immettevano sul mercato e/o gli operatori della telefonia mobile al costo netto del servizio universale, l’onere gravante su tali operatori fosse ripartito secondo criteri obiettivi e non discriminatori e conformemente al principio di proporzionalità, con riguardo, tra l’altro, al grado di sostituibilità esistente tra servizio di telefonia mobile e servizio di telefonia vocale fisso.
94 Ne consegue che la Commissione aveva prospettato la possibilità di tenere conto di tale grado di sostituibilità, tutt’al più, come di un elemento, tra gli altri, della sua valutazione del rispetto del principio di proporzionalità.
95 Per quanto riguarda, dall’altro lato, il considerando 27 della direttiva 2008/6, è sufficiente rilevare che le direttive 97/33 e 2002/22 non contengono considerando o disposizioni il cui tenore letterale sia analogo a quello di detto considerando 27.
96 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione a) dichiarando che l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che non subordina la partecipazione degli operatori di servizi di telecomunicazione mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, purché tale normativa rispetti, in particolare, i principi di trasparenza, non discriminazione, proporzionalità, obiettività e riduzione dell’impatto dell’onere finanziario gravante sugli utenti finali.
Sulle spese
97 Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’articolo 5 della direttiva 97/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997, sull’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire il servizio universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei principi di fornitura di una rete aperta (ONP), e l’articolo 13 della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale),
devono essere interpretati nel senso che:
– spetta agli Stati membri, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, nonché della necessità di limitare le distorsioni del mercato, tutelando nel contempo l’interesse pubblico, fissare i criteri che consentono alle autorità nazionali di regolamentazione di valutare, procedendo a un esame specifico della situazione di ciascuna impresa coinvolta, se l’onere risultante dal costo netto degli obblighi di servizio universale possa essere considerato eccessivo e, pertanto, iniquo o ingiustificato per l’operatore cui sono stati imposti tali obblighi;
– nell’ambito di tale valutazione, l’autorità nazionale di regolamentazione competente deve esaminare l’insieme delle caratteristiche proprie dell’operatore di cui trattasi, tenendo conto della sua situazione rispetto a quella dei suoi concorrenti sul mercato rilevante;
– il grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile è idoneo a costituire un elemento pertinente ai fini di tale valutazione, così come l’insieme dei vincoli concorrenziali cui è soggetto il fornitore di servizio universale;
– essi non ostano a una normativa nazionale che non subordina la partecipazione degli operatori di servizi di telecomunicazione mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, purché tale normativa rispetti, in particolare, i principi di trasparenza, non discriminazione, proporzionalità, obiettività e riduzione dell’impatto dell’onere finanziario gravante sugli utenti finali.
Arabadjiev |
von Danwitz |
Xuereb |
Kumin |
Ziemele |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 settembre 2024.
Il cancelliere |
Il presidente di sezione |
A. Calot Escobar |
A. Arabadjiev |
* Lingua processuale: l’italiano.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 19 settembre 2024 (*)
« Rinvio pregiudiziale – Reti e servizi di comunicazione elettronica – Servizio universale e diritti degli utenti – Direttiva 97/33/CE – Articolo 5 – Direttiva 2002/22/CE – Articolo 13 – Finanziamento degli obblighi di servizio universale – Nozione di onere “iniquo” o “ingiustificato” – Definizione degli organismi che partecipano al meccanismo di finanziamento del costo netto di tali obblighi – Normativa nazionale che prevede la partecipazione degli operatori di telefonia mobile a tale meccanismo – Criteri – Grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile » Nella causa C‑273/23, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 18 aprile 2023, pervenuta in cancelleria il 26 aprile 2023, nei procedimenti Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Ministero dello Sviluppo Economico contro Telecom Italia SpA, Vodafone Italia SpA, nei confronti di: Fastweb SpA, Wind Tre SpA, e Telecom Italia SpA contro Vodafone Italia SpA, Fastweb SpA, nei confronti di: Ministero dello Sviluppo Economico, Tiscali Italia SpA, BT Italia SpA, Telecom Italia Sparkle SpA, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Wind Tre SpA, e Telecom Italia SpA contro Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, nei confronti di: Fastweb SpA, Vodafone Italia SpA, Tiscali Italia SpA, BT Italia SpA, Wind Tre SpA, e Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, contro Telecom Italia SpA, Tiscali Italia SpA, BT Italia SpA, Vodafone Italia SpA, nei confronti di: Wind Tre SpA, Fastweb SpA, LA CORTE (Prima Sezione), composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici, avvocato generale: A. Rantos cancelliere: A. Calot Escobar vista la fase scritta del procedimento, considerate le osservazioni presentate: – per la Telecom Italia SpA, da F.S. Cantella, M. D’Ostuni, F. Lattanzi e M. Zotta, avvocati; – per la Vodafone Italia SpA, da A. Boso Caretta, F. Cintioli e F. Merusi, avvocati; – per la Fastweb SpA, da E. Pistis, avvocata; – per la Wind Tre SpA, da S. Fiorucci e R. Santi, avvocati; – per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da B.G. Fiduccia ed E. De Bonis, avvocati dello Stato; – per il governo ceco, da J. Očková, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti; – per la Commissione europea, da E. Garello, O. Gariazzo e L. Malferrari, in qualità di agenti, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente
Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 97/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997, sull’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire il servizio universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei principi di fornitura di una rete aperta (ONP) (GU 1997, L 199, pag. 32), e dell’articolo 13 della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU 2002, L 108, pag. 51). 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di quattro controversie che vedono contrapposte, la prima, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Italia) (in prosieguo: l’«AGCOM») e il Ministero dello Sviluppo Economico (Italia) alla Telecom Italia SpA e alla Vodafone Italia SpA, la seconda, la Telecom Italia alla Vodafone Italia e alla Fastweb SpA, la terza, la Telecom Italia all’AGCOM e, la quarta, l’AGCOM alla Telecom Italia, alla Tiscali Italia SpA, alla BT Italia SpA e alla Vodafone Italia, in merito alla delibera con cui tale autorità ha riesaminato la questione dell’iniquità del costo netto del servizio universale la cui fornitura è stata imposta alla Telecom Italia nel periodo compreso tra il 1999 e il 2009. Contesto normativo Diritto dell’Unione Direttiva 97/33 3 I considerando 2 e 8 della direttiva 97/33 erano così formulati: «(2) considerando che è necessario un quadro generale per l’interconnessione alle reti pubbliche di telecomunicazione e ai servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico, a prescindere dalle tecnologie di supporto impiegate, onde garantire l’interoperabilità punto-punto dei servizi per gli utenti comunitari; che fattori centrali per incentivare lo sviluppo di mercati aperti e concorrenziali sono condizioni di interconnessione e interoperabilità eque, proporzionali e non discriminatorie; (...) (8) considerando che l’obbligo di fornire un servizio universale contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo di coesione economica e sociale e di equità territoriale perseguito dalla Comunità; che diversi organismi possono avere obblighi di servizio universale in uno Stato membro; che gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la rapida introduzione, sulla base più ampia possibile, di nuove tecnologie come la rete digitale di servizi integrati (ISDN); che, allo stadio attuale del suo sviluppo nella Comunità, l’ISDN non è disponibile per tutti gli utenti e non rientra nell’ambito delle disposizioni sul servizio universale di questa [d]irettiva; che potrebbe essere opportuno considerare a tempo debito se l’ISDN debba far parte del servizio universale; che il calcolo del costo netto del servizio universale deve tenere in debita considerazione le spese e le entrate, nonché gli effetti economici indotti e i benefici intangibili derivanti dalla fornitura del servizio universale, ma non deve ostacolare il processo di riequilibrio tariffario in corso; che i costi degli obblighi di servizio universale devono essere calcolati secondo procedure trasparenti; che i contributi finanziari legati alla condivisione degli obblighi di servizio universale devono essere separati dalle tariffe di interconnessione; che, laddove un obbligo di servizio universale rappresenti un onere ingiusto per un’organizzazione, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a stabilire un meccanismo di condivisione del costo netto della fornitura universale di una rete telefonica pubblica fissa o di un servizio telefonico pubblico fisso con altre organizzazioni che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni e/o servizi di telefonia vocale disponibili al pubblico; che ciò dovrebbe avvenire nel rispetto dei principi del diritto comunitario, in particolare quelli di non discriminazione e di proporzionalità, e senza pregiudicare l’articolo [95 CE]». 4 L’articolo 1 di tale direttiva così prevedeva: «La presente direttiva istituisce un quadro normativo atto a garantire, nella Comunità, l’interconnessione delle reti di telecomunicazione e in particolare l’interoperabilità dei servizi, nonché ad assicurare la fornitura di servizi universali in una situazione di mercati aperti e concorrenziali. Essa riguarda l’armonizzazione delle condizioni per un’interconnessione aperta ed efficace delle reti pubbliche di telecomunicazione e dei servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico e per l’accesso a tali reti e servizi». 5 L’articolo 2, paragrafo 1, lettera g), di detta direttiva disponeva quanto segue: «Ai fini della presente direttiva si intende per: (...) g) “servizio universale”, un insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle condizioni specifiche nazionali, ad un prezzo abbordabile». 6 Ai sensi dell’articolo 5 della medesima direttiva: «1. Qualora, in base alle disposizioni del presente articolo, uno Stato membro stabilisca che gli obblighi di servizio universale rappresentino un onere eccessivo per un organismo, esso prevede un meccanismo atto a ripartire il costo netto dei suddetti obblighi con altri organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico. Nel fissare i contributi dovuti, gli Stati membri tengono in debito conto i principi della trasparenza, della non discriminazione e della proporzionalità. Possono essere finanziati con queste modalità solo le reti pubbliche di telecomunicazione e i servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico di cui all’allegato I, parte 1. 2. Gli eventuali contributi al costo degli obblighi di servizio universale possono basarsi su un meccanismo appositamente creato e amministrato da un ente indipendente dai destinatari e/o possono tradursi in una tariffa supplementare che si somma alla tariffa di interconnessione. 3. Per determinare l’eventuale onere rappresentato dalla fornitura del servizio universale, su richiesta delle rispettive autorità nazionali di regolamentazione gli organismi soggetti a detti obblighi devono calcolare il costo netto degli stessi secondo il metodo di cui all’allegato III. Il calcolo del costo netto connesso con gli obblighi di servizio universale è controllato dall’autorità nazionale di regolamentazione o da un altro ente competente, autonomo rispetto all’organismo di telecomunicazioni, e approvato dall’autorità nazionale di regolamentazione. I risultati del calcolo del costo e le conclusioni dei controlli contabili sono messi a disposizione del pubblico a norma dell’articolo 14, paragrafo 2. 4. Ove risulti giustificato in base al calcolo del costo netto di cui al paragrafo 3 e tenuto conto degli eventuali vantaggi di mercato derivanti ad un organismo che offre il servizio universale, le autorità nazionali di regolamentazione stabiliscono se un meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale sia giustificato. (...)». 7 L’allegato I della direttiva 97/33, intitolato «Reti pubbliche di telecomunicazione e servizi di telecomunicazione a disposizione del pubblico specifici», faceva riferimento, nella parte 1, alle sole reti telefoniche pubbliche fisse e ai servizi telefonici pubblici fissi. 8 L’allegato III di tale direttiva conteneva norme relative al calcolo del costo degli obblighi di servizio universale per la telefonia vocale, di cui all’articolo 5, paragrafo 3, di detta direttiva. 9 La direttiva 97/33 è stata abrogata dalla direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33), con effetto dal 25 luglio 2003. Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti di cui ai procedimenti principali, la direttiva 97/33 è applicabile ratione temporis a una parte di essi. Direttiva 2002/22 10 I considerando 4, 18, 21 e 23 della direttiva 2002/22 erano così formulati: «(4) Il fatto di assicurare un servizio universale (ossia la fornitura di un insieme minimo definito di servizi a tutti gli utenti finali a prezzo abbordabile) può comportare la prestazione di determinati servizi a determinati utenti finali a prezzi che si discostano da quelli risultanti dalle normali condizioni di mercato. Tuttavia, il fatto di fornire un compenso alle imprese designate per fornire tali servizi in dette circostanze non deve tradursi in una distorsione di concorrenza, purché tali imprese ottengano un compenso per il costo netto specifico sostenuto e purché l’onere relativo a tale costo netto sia indennizzato in un modo che sia neutrale in termini di concorrenza. (...) (18) Gli Stati membri, ove necessario, dovrebbero istituire meccanismi di finanziamento del costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale qualora sia dimostrato che tali obblighi possono essere assunti solo in perdita o ad un costo netto superiore alle normali condizioni commerciali. Occorre vigilare affinché il costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale sia correttamente calcolato, che l’eventuale finanziamento comporti distorsioni minime per il mercato e per gli organismi che vi operano e sia compatibile con il disposto degli articoli 87 e 88 [CE]. (...) (21) Qualora un obbligo di servizio universale rappresenti un onere eccessivo per un’impresa, gli Stati membri sono autorizzati ad istituire meccanismi efficaci di recupero dei costi netti. Uno dei metodi atti a consentire un recupero dei costi netti attinenti agli obblighi di servizio universale consiste in un’imputazione ai fondi pubblici. È inoltre ragionevole consentire il recupero dei costi netti facendo contribuire in modo trasparente tutti gli utenti mediante prelievi applicati alle imprese. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di finanziare i costi netti dei diversi elementi del servizio universale attraverso vari meccanismi e/o di finanziare i costi netti di alcuni o di tutti gli elementi dell’uno o dell’altro meccanismo o di una combinazione di entrambi. In questo caso, gli Stati membri dovrebbero vigilare affinché il metodo di ripartizione dei prelievi tra le imprese si basi su criteri oggettivi e non discriminatori e rispetti il principio di proporzionalità. Tale principio non impedisce agli Stati membri di esonerare dai contributi i nuovi operatori che non hanno ancora una presenza significativa sul mercato. I dispositivi di finanziamento dovrebbero garantire che i soggetti del mercato contribuiscano unicamente al finanziamento degli obblighi di servizio universale e non ad attività che non sono direttamente legate alla fornitura di tale servizio. I dispositivi che consentono il recupero dei costi dovrebbero in ogni caso rispettare i principi del diritto comunitario e, in particolare, nel caso dei dispositivi di condivisione del finanziamento, i principi di non discriminazione e di proporzionalità. I dispositivi di finanziamento dovrebbero garantire che gli utenti di uno Stato membro non contribuiscano ai costi del servizio universale in un altro Stato membro, ad esempio nel caso di chiamate da uno Stato membro all’altro. (...) (23) Il costo netto degli obblighi di servizio universale può essere ripartito fra tutte le imprese o tra alcune categorie specifiche delle stesse. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il meccanismo di ripartizione rispetti i principi della trasparenza, della minima distorsione del mercato, della non discriminazione e della proporzionalità. Per “minima distorsione del mercato” si intende che i contributi dovrebbero essere riscossi in modo da ridurre al minimo l’impatto dell’onere finanziario che grava sugli utenti finali, per esempio ripartendo i contributi nel modo più ampio possibile». 11 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva: «La presente direttiva disciplina la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica agli utenti finali (...). Scopo della presente direttiva è garantire la disponibilità in tutta la Comunità di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza e un’opportunità di scelta effettive, nonché disciplinare le circostanze in cui le esigenze degli utenti finali non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato». 12 L’articolo 3, paragrafo 2, di detta direttiva stabiliva quanto segue: «Gli Stati membri determinano il metodo più efficace e adeguato per garantire l’attuazione del servizio universale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Gli Stati membri mirano a limitare le distorsioni del mercato, in particolare la fornitura di servizi a prezzi o ad altre condizioni che divergano dalle normali condizioni commerciali, tutelando nel contempo l’interesse pubblico». 13 L’articolo 8, paragrafo 1, della stessa direttiva così disponeva: «Gli Stati membri possono designare una o più imprese perché garantiscano la fornitura del servizio universale (...)». 14 L’articolo 12 della direttiva 2002/22 era formulato come segue: «1. Allorché le autorità nazionali di regolamentazione ritengono che la fornitura del servizio universale di cui agli articoli da 3 a 10 possa comportare un onere eccessivo per le imprese designate a fornire tale servizio, esse calcolano i costi netti di tale fornitura. (...)». 15 L’articolo 13 di tale direttiva così prevedeva: «1. Qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all’articolo 12 le autorità nazionali di regolamentazione riscontrino che l’impresa stessa è soggetta ad un onere eccessivo, gli Stati membri decidono, previa richiesta di un’impresa designata: a) di introdurre un dispositivo inteso a indennizzare l’impresa per i costi netti così calcolati attingendo a fondi pubblici in condizioni di trasparenza, e/o b) di ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica. 2. Qualora il costo netto sia ripartito ai sensi del paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri istituiscono un meccanismo di ripartizione, gestito dalle autorità nazionali di regolamentazione o da un organismo indipendente dai beneficiari e posto sotto la supervisione dell’autorità nazionale di regolamentazione. Può essere finanziato unicamente il costo netto degli obblighi di cui agli articoli da 3 a 10, calcolato conformemente all’articolo 12. 3. Il sistema di ripartizione dei costi deve rispettare i principi di trasparenza, minima distorsione del mercato, non discriminazione e proporzionalità, in conformità dell’allegato IV, parte B. Gli Stati membri possono decidere di non chiedere contributi alle imprese il cui fatturato nazionale non raggiunga un determinato limite. (...)». 16 L’allegato IV di detta direttiva conteneva norme relative al calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale e all’istituzione di un meccanismo di recupero o di condivisione dei costi secondo quanto previsto agli articoli 12 e 13 della medesima direttiva. 17 La direttiva 2002/22 è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (GU 2018, L 321, pag. 36), con effetto dal 21 dicembre 2020. Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti di cui ai procedimenti principali, la direttiva 2002/22 è applicabile ratione temporis a una parte di essi. Diritto italiano 18 L’articolo 3 del decreto del presidente della Repubblica del 19 settembre 1997, n. 318 – Regolamento per l’attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni (supplemento ordinario alla GURI n. 221 del 22 settembre 1997), prevedeva quanto segue: «(...) 6. Qualora, in base alle disposizioni del presente articolo, gli obblighi di fornitura del servizio universale rappresentino un onere iniquo per l’organismo o gli organismi incaricati di fornire il servizio universale, è previsto un meccanismo atto a ripartire il costo netto dei suddetti obblighi con altri organismi che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni, con fornitori di servizi di telefonia vocale accessibili al pubblico e con organismi che prestano servizi di comunicazione mobili e personali. Tale meccanismo non è applicabile quando: a) la fornitura delle obbligazioni di servizio universale non determina un costo netto; b) il costo netto degli obblighi di fornitura del servizio universale non rappresenti un onere iniquo; c) l’ammontare del costo netto da ripartire non giustifichi il costo amministrativo di gestione del metodo di ripartizione e finanziamento dell’onere di fornitura degli obblighi di servizio universale. (...) 11. Sulla base del calcolo del costo netto di cui al comma 7, e della relazione di cui al comma 10, l’[AGCOM], tenuto anche conto degli eventuali vantaggi di mercato derivanti all’organismo incaricato, stabilisce se il meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale sia giustificato. In tal caso il relativo onere è ripartito in base a criteri di oggettività, non discriminazione e proporzionalità (...)». 19 L’articolo 62, comma 1, del decreto legislativo del 1° agosto 2003, n. 259 – Codice delle comunicazioni elettroniche (supplemento ordinario alla GURI n. 214 del 15 settembre 2003), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, così dispone: «Qualora l’[AGCOM] ritenga che la fornitura del servizio universale di cui agli articoli da 53 a 60 possa comportare un onere ingiustificato per le imprese designate a fornire tale servizio, prevede il calcolo dei costi netti di tale fornitura. A tal fine, l’[AGCOM] può: a) procedere al calcolo del costo netto delle singole componenti dell’obbligo del servizio universale, tenendo conto degli eventuali vantaggi commerciali derivanti all’impresa designata per la fornitura del servizio universale, in base alle modalità stabilite nell’allegato n. 11; (...)». 20 L’articolo 63 di tale decreto legislativo è così formulato: «1. Qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all’articolo 62, l’[AGCOM] riscontri che un’impresa designata è soggetta ad un onere ingiustificato, previa richiesta dell’impresa stessa, ripartisce il costo netto (…) fra i fornitori di reti e servizi di comunicazione elettronica utilizzando il fondo per il finanziamento del costo netto degli obblighi del servizio universale, istituito presso il Ministero (...). (...) 3. Il sistema di ripartizione dei costi deve rispettare i principi di trasparenza, minima distorsione del mercato, non discriminazione e proporzionalità, in conformità all’articolo 2, commi 5, 6 e 7, dell’allegato n. 11. (...) (...)». 21 L’articolo 3 dell’allegato n. 11 di detto decreto legislativo prevede quanto segue: «(...) 2. È previsto un meccanismo di ripartizione dei costi, basato sui principi di non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, a carico delle imprese che gestiscono reti pubbliche di comunicazioni, che forniscono servizi telefonici accessibili al pubblico, in proporzione all’utilizzazione da parte di tali soggetti delle reti pubbliche di comunicazioni, o che prestano servizi di comunicazione mobili e personali in ambito nazionale. (...) 6. Il meccanismo di cui al comma 2 non è applicabile quando: a) la fornitura delle obbligazioni di servizio universale non determina un costo netto; b) il costo netto degli obblighi di fornitura del servizio universale non rappresenti un onere iniquo; c) l’ammontare del costo netto da ripartire non giustifichi il costo amministrativo di gestione del metodo di ripartizione e finanziamento dell’onere di fornitura degli obblighi di servizio universale». Procedimenti principali e questione pregiudiziale 22 Nel luglio 2020, l’AGCOM, che è l’autorità nazionale di regolamentazione (in prosieguo: l’«ANR») in Italia, ha avviato, con delibera 263/20/CIR, un procedimento di consultazione pubblica per procedere al riesame della questione dell’iniquità del costo netto del servizio universale la cui fornitura è stata imposta alla Telecom Italia nel periodo compreso tra il 1999 e il 2009. 23 Con delibera 18/21/CIR, l’AGCOM ha concluso tale procedimento, stabilendo, in particolare, che, nel periodo compreso tra il 2002 e il 2009, la fornitura del servizio universale aveva determinato un costo netto iniquo per la Telecom Italia, cosicché trovava applicazione il meccanismo di ripartizione previsto dalla normativa italiana vigente e, pertanto, gli operatori contemplati da tale normativa, inclusi gli operatori di telefonia mobile, avevano l’obbligo di contribuire al finanziamento di detto costo. 24 In tale delibera, l’AGCOM ha precisato, in sostanza, di aver proceduto al riesame dell’iniquità del costo netto del servizio universale fornito dalla Telecom Italia nel periodo di cui al punto 22 della presente sentenza, ad eccezione del 2001, e, diversamente dalle sue precedenti delibere vertenti su tale problematica, di non aver fatto riferimento al parametro del grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile per determinare se occorresse imporre agli operatori di telefonia mobile di contribuire a tale finanziamento. 25 L’AGCOM ha sottolineato che, sebbene le analisi di mercato effettuate abbiano stabilito che questi due tipi di servizi non erano perfettamente sostituibili e che, pertanto, il mercato non era unico, i servizi di telefonia mobile esercitavano nondimeno una «crescente pressione concorrenziale» sui servizi di telefonia fissa. L’AGCOM ha riscontrato una pressione concorrenziale in termini di perdite di volumi e ricavi per gli operatori di telefonia fissa, in particolare laddove i clienti decidano di utilizzare solo il cellulare oppure di usare il cellulare mantenendo il servizio di rete fissa, decidendo tuttavia di usare il servizio di telefonia mobile anche da casa. Secondo l’AGCOM, detta pressione concorrenziale costituisce una valutazione di mercato funzionale a stabilire in che misura l’onere sostenuto dalla Telecom Italia fosse iniquo. 26 L’AGCOM ha poi verificato l’iniquità del costo netto del servizio universale la cui fornitura era stata imposta alla Telecom Italia mediante un’analisi del contesto concorrenziale, una verifica di tale costo e un’analisi degli impatti economici e finanziari di detto costo. 27 Per quanto riguarda l’analisi del contesto concorrenziale, l’AGCOM ha ritenuto, basandosi su un documento redatto il 24 febbraio 2017 dall’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), intitolato «BEREC update survey on the implementation and application of the universal service provisions – a synthesis of the results», che occorresse valutare il livello di concorrenzialità sul mercato sulla base di indicatori quali le quote del mercato dell’accesso in volume e ricavi, il volume e le quote di mercato del traffico telefonico, il grado di interconnessione dei servizi di raccolta e di terminazione delle chiamate sulle reti di telefonia fissa e mobile, la diffusione dei servizi sulla rete di telefonia mobile, i vantaggi per gli operatori derivanti dagli obblighi di servizio universale e la posizione finanziaria di tali operatori. 28 La Vodafone Italia, operatore di telefonia mobile, che aveva già impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) la delibera 263/20/CIR, con la quale l’AGCOM aveva avviato una consultazione pubblica, ha adito tale giudice di un ricorso avverso la delibera 18/21/CIR deducendo motivi aggiuntivi. Anche l’AGCOM, la Telecom Italia, la Fastweb e la Wind Tre Spa si sono costituite in giudizio dinanzi a detto giudice nell’ambito del procedimento avviato dalla Vodafone Italia. 29 La Telecom Italia ha anch’essa proposto ricorso avverso la delibera 18/21/CIR dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, deducendo, in sostanza, che l’AGCOM aveva erroneamente stabilito che, per gli anni 1999 e 2000, il costo netto del servizio universale rimanesse integralmente a carico della Telecom Italia. La Vodafone Italia si è costituita in giudizio dinanzi a tale giudice nell’ambito del procedimento avviato dalla Telecom Italia e ha proposto ricorso incidentale. L’AGCOM, la Telecom Italia, la Fastweb e la Wind Tre si sono costituite dinanzi a detto giudice in quest’ultimo procedimento. 30 La Fastweb ha anch’essa impugnato detta delibera dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. 31 Con sentenza n. 1963/2022, tale giudice ha parzialmente accolto il ricorso della Vodafone Italia avverso detta delibera e l’ha annullata, dichiarando, segnatamente, che sussisteva un vizio di motivazione e di istruttoria relativamente al riesame dell’iniquità del costo netto del servizio universale. 32 Con sentenza n. 2047/2022, detto giudice ha accolto il ricorso della Fastweb avverso la stessa delibera per le medesime ragioni esposte nella sentenza n. 1963/2022. 33 Con sentenza n. 2218/2022, lo stesso giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Telecom Italia avverso la delibera 18/21/CIR e ha accolto il ricorso incidentale della Vodafone Italia per le medesime ragioni esposte nella sentenza n. 1963/2022. 34 La Telecom Italia e l’AGCOM hanno entrambe proposto appello avverso la sentenza n. 1963/2022 dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio. La Vodafone Italia, la Wind Tre e la Fastweb si sono costituite in giudizio dinanzi a tale giudice nell’ambito di ciascuno di tali appelli. La Vodafone Italia ha inoltre proposto appello incidentale avverso i capi di tale sentenza con i quali il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha rigettato una parte dei suoi motivi di ricorso. La Fastweb ha anch’essa proposto appello incidentale avverso detta sentenza dinanzi al giudice del rinvio. 35 Inoltre, la Telecom Italia e l’AGCOM hanno entrambe proposto appello avverso la sentenza n. 2218/2022. Anche la Wind Tre, la Fastweb e la Vodafone Italia si sono costituite in giudizio dinanzi al Consiglio di Stato nell’ambito di ciascuno di tali appelli. Quest’ultima società ha inoltre proposto appello incidentale avverso tale sentenza. 36 Il giudice del rinvio, che ha disposto la riunione dei quattro appelli, ritiene di dover esaminare in via prioritaria gli appelli incidentali proposti dalla Vodafone Italia, con i quali quest’ultima, in sostanza, contesta il potere dell’AGCOM di imporre agli operatori di telefonia mobile l’obbligo di contribuire al finanziamento del costo netto del servizio universale fornito dalla Telecom Italia. 37 A sostegno dei suoi appelli incidentali, la Vodafone Italia afferma, segnatamente, in sostanza, che dalla comunicazione della Commissione, del 27 novembre 1996, relativa ai criteri di valutazione dei regimi nazionali di calcolo dei costi e di finanziamento del servizio universale nel settore delle telecomunicazioni, e agli orientamenti agli Stati membri in merito al funzionamento di tali regimi [COM(96) 608 def.] (in prosieguo: la «comunicazione del 27 novembre 1996»), risulta che la partecipazione degli operatori di telefonia mobile al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale è subordinata al presupposto dell’esistenza di un rapporto di concorrenza, vale a dire di un rapporto di sostituibilità, tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile. Orbene, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione (Italia) avrebbero dichiarato, in diverse sentenze riguardanti ricorsi proposti avverso precedenti provvedimenti dell’AGCOM relativi al riparto dell’onere di detto costo, che un tale rapporto non sussisteva negli anni 1999, 2000, 2002 e 2003. Nella delibera 18/21/CIR, l’AGCOM avrebbe applicato tale presupposto al fine di determinare l’iniquità dell’onere di detto costo. Inoltre, in tali precedenti provvedimenti, l’AGCOM avrebbe escluso l’esistenza di un siffatto rapporto nel corso degli anni dal 2004 al 2007 e 2009. 38 L’AGCOM e la Telecom Italia sostengono che né la normativa europea né quella interna prevedono che la partecipazione degli operatori di telefonia mobile al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale sia subordinata a detto presupposto. Tali operatori, al pari degli operatori di telefonia fissa, sarebbero autorizzati alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica e, pertanto, sarebbero tenuti a partecipare a detto meccanismo. La comunicazione del 27 novembre 1996 avrebbe semplicemente affidato agli Stati membri la scelta se includere o meno gli operatori di telefonia mobile fra quelli tenuti al finanziamento di tale costo. La Repubblica italiana, al pari di numerosi altri Stati membri, avrebbe scelto di includerli. Per di più, le altre società del gruppo al quale appartiene la Vodafone contribuirebbero al finanziamento di detto costo negli Stati membri in cui sono stabilite. 39 Inoltre, l’AGCOM e la Telecom Italia sostengono che l’analisi della diffusione del servizio di telefonia mobile e della relativa interdipendenza rappresenta solo uno dei sei parametri utilizzati dall’AGCOM per dimostrare l’iniquità dell’onere risultante dalla fornitura del servizio universale e che, di conseguenza, quand’anche detta interdipendenza non dovesse ritenersi adeguatamente dimostrata, la correttezza dell’analisi di iniquità svolta dall’AGCOM dovrebbe essere valutata alla luce dei restanti cinque parametri applicati dalla stessa. L’AGCOM e la Telecom Italia hanno chiesto al Consiglio di Stato di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, nel caso in cui esso prospettasse un’interpretazione differente da quella da loro perorata. 40 Il giudice del rinvio osserva che, in Italia, la fornitura del servizio universale nel settore della telefonia è assicurata dalla Telecom Italia, l’ex monopolista di rete. Nel caso in cui la fornitura di tale servizio dia luogo a un costo netto, vale a dire quando i costi sopportati dal fornitore di detto servizio superino i benefici che tale fornitura gli procura, l’AGCOM deve valutare se detto costo rappresenti o meno un «onere iniquo» a carico di tale fornitore e, se del caso, ripartire detto costo tra gli operatori del settore di cui trattasi. 41 Il giudice del rinvio sottolinea che, con sentenza del 7 luglio 2015, il Consiglio di Stato ha accolto i ricorsi proposti avverso le delibere dell’AGCOM di rinnovazione dei procedimenti relativi all’applicabilità del meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale per gli anni 1999, 2000, 2002 e 2003, ossia le delibere 106/11/CIR, 107/11/CIR, 108/11/CIR e 109/11/CIR, ritenendo non provato il presupposto relativo all’esistenza di un rapporto di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, al quale è subordinata la partecipazione degli operatori di telefonia mobile, come la Vodafone Italia, al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale. 42 In una sentenza dell’8 ottobre 2019, il Consiglio di Stato ha dichiarato, per quanto riguarda gli stessi anni, che detto presupposto era, in definitiva, «fallace». 43 Il giudice del rinvio precisa che la normativa italiana non subordina esplicitamente a detto presupposto la partecipazione degli operatori di telefonia mobile al finanziamento del costo netto del servizio universale. 44 Tuttavia, risulterebbe, in particolare, dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che la questione se esista un rapporto di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile costituisce un parametro necessario al fine di stabilire se l’onere risultante dalla fornitura del servizio universale, sostenuto dal fornitore designato, sia iniquo. 45 Nella delibera 18/21/CIR, l’AGCOM si sarebbe esplicitamente riferita a tale giurisprudenza, precisando, tuttavia, di non ricorrere più a tale criterio della sostituibilità per imporre agli operatori di telefonia mobile l’obbligo di contribuire al finanziamento del costo netto del servizio universale. Ciò detto, l’analisi della pressione competitiva dei servizi di telefonia mobile sui servizi di telefonia fissa, svolta dall’AGCOM in tale delibera, sarebbe in gran parte sovrapponibile all’analisi della sostituibilità tra tali servizi. 46 Il diritto dell’Unione, recepito dalla normativa italiana di cui trattasi nei procedimenti principali, non consentirebbe di fornire una risposta alla questione sollevata nell’ambito delle controversie di cui ai procedimenti principali. 47 In tale contesto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se la direttiva [97/33], e in particolare l’articolo 5, e la direttiva [2002/22], e in particolare l’articolo 13, ratione temporis applicabili, nonché i principi di trasparenza, minima distorsione del mercato, non discriminazione e proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che: a) è consentito a una normativa nazionale imporre ex lege l’estensione agli operatori di telefonia mobile degli obblighi di contribuzione al finanziamento degli oneri iniqui scaturenti dalla prestazione dello stesso servizio universale, senza subordinare tale evenienza alla verifica da parte dell’ANR dell’esistenza di un rapporto di concorrenza o sostituibilità tra gli operatori onerati e l’operatore designato della prestazione di detto servizio all’interno di un medesimo mercato rilevante secondo il diritto della concorrenza; b) è consentito alle ANR, in aggiunta o in alternativa al criterio della sostituibilità tra servizi di rete fissa e mobile, ai fini della verifica dell’iniquità dell’onere, l’utilizzo di ulteriori criteri – e se sì, quali – per fondare un obbligo di finanziamento in capo agli operatori mobili». Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale 48 La Vodafone Italia, la Wind Tre e la Fastweb sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile. 49 Secondo la Vodafone Italia, un giudice nazionale può effettuare un rinvio pregiudiziale solo qualora quest’ultimo sia indispensabile per la soluzione della controversia pendente dinanzi ad esso. Orbene, dall’ordinanza di rinvio emergerebbe che le controversie di cui ai procedimenti principali possono essere risolte senza rinvio pregiudiziale, dal momento che dalla comunicazione del 27 novembre 1996 risulterebbe che non sarebbe necessario imporre agli operatori di telefonia mobile di partecipare al finanziamento del costo netto del servizio universale, che esisterebbero diverse sentenze dei giudici amministrativi italiani relative alla questione sollevata dal giudice del rinvio e passate in giudicato, essendo in tal modo precluso a quest’ultimo giudice di adottare una diversa decisione, che la delibera 18/21/CIR contrasterebbe con precedenti delibere dell’AGCOM, da cui risulterebbe che in Italia non esisteva alcun rapporto di concorrenza tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile nei periodi considerati dalla prima delibera menzionata, e che l’AGCOM sarebbe decaduta dal suo potere di imporre agli operatori di telefonia mobile di partecipare a tale finanziamento poiché il periodo trascorso dal momento in cui tale potere avrebbe potuto essere esercitato ha dato luogo a un legittimo affidamento quanto al fatto che tale potere non sarebbe più stato esercitato. 50 La Vodafone Italia sostiene inoltre che la questione pregiudiziale b) è altresì irricevibile per il motivo che non ha alcun nesso con le controversie di cui ai procedimenti principali, le quali verterebbero unicamente sulla legittimità dell’obbligo imposto agli operatori di telefonia mobile di partecipare al meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale e che, in ogni caso, la Corte ha già risposto a tale questione nelle sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 10 novembre 2022, Eircom (C‑494/21, EU:C:2022:867). 51 La Wind Tre afferma che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile, adducendo che essa non contiene una descrizione di tutti gli elementi di fatto delle controversie di cui ai procedimenti principali, in particolare delle controversie relative a tale obbligo che hanno avuto luogo prima dell’adozione della delibera 18/21/CIR, né contiene un’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a sollevare detta questione, dal momento che tale giudice si sarebbe limitato a richiamare gli argomenti di talune parti del procedimento dinanzi ad esso pendente. 52 Secondo la Fastweb, la questione pregiudiziale è irricevibile in quanto la risposta a quest’ultima risulta dalla sentenza n. 3388/2015 del Consiglio di Stato, pronunciata nell’ambito di ricorsi di annullamento avverso delibere dell’AGCOM precedenti alla delibera 18/21/CIR, sentenza che sarebbe passata in giudicato. Con tale sentenza, il Consiglio di Stato avrebbe dichiarato che, per la ripartizione dell’onere risultante dal servizio universale, non è necessario che vi sia sostituibilità tra i servizi di telefonia mobile e i servizi di telefonia fissa e avrebbe preservato la facoltà dell’AGCOM di individuare un criterio diverso ai fini di tale valutazione. Orbene, il diritto dell’Unione non esigerebbe che un giudice nazionale ritorni su una decisione, come la citata sentenza, al fine di tener conto di una decisione della Corte adottata posteriormente. 53 Occorre rammentare che, per giurisprudenza costante della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a statuire, salvo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia ipotetico, o qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tale questione (sentenza del 14 dicembre 2023, Sparkasse Südpfalz, C‑206/22, EU:C:2023:984, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). 54 Al riguardo, non risulta in modo manifesto dagli argomenti di irricevibilità della Vodafone Italia, vertenti su un asserito contrasto tra la delibera 18/21/CIR e le precedenti delibere dell’AGCOM, sull’asserita decadenza di quest’ultima dal suo potere di imporre agli operatori di telefonia mobile di partecipare al finanziamento del costo netto del servizio universale nonché sull’assenza di un nesso tra la questione pregiudiziale b) e le controversie di cui ai procedimenti principali, che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice del rinvio non abbia alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto di tali controversie o che il problema sia ipotetico. 55 Per quanto riguarda le sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 10 novembre 2022, Eircom (C‑494/21, EU:C:2022:867), invocate dalla Vodafone Italia, occorre ricordare che, anche supponendo che la soluzione delle controversie di cui ai procedimenti principali possa essere desunta da tali sentenze, una tale circostanza non sarebbe atta a comportare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma, tutt’al più, potrebbe esonerare il giudice del rinvio dall’obbligo di adire la Corte, ad esso incombente ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE [v., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 2023, Confédération paysanne e a. (Mutagenesi casuale in vitro), C‑688/21, EU:C:2023:75, punto 35]. 56 Quanto all’argomento di irricevibilità della Vodafone Italia vertente sulla comunicazione del 27 novembre 1996, si deve rilevare che esso attiene al merito della questione pregiudiziale sollevata e non alla sua ricevibilità, cosicché occorre esaminarlo nell’ambito dell’esame nel merito di tale questione (v., per analogia, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 43 nonché giurisprudenza ivi citata). 57 Per quanto riguarda gli argomenti di irricevibilità della Wind Tre, occorre rilevare che il giudice del rinvio ha illustrato, seppur succintamente, i motivi che lo hanno indotto a sollevare la questione pregiudiziale. Inoltre, l’ordinanza di rinvio contiene un’illustrazione degli elementi di fatto delle controversie di cui ai procedimenti principali, compresi i principali elementi del contenzioso relativo alle delibere dell’AGCOM precedenti all’adozione della delibera 18/21/CIR. Un’illustrazione più dettagliata di tale contenzioso non è indispensabile ai fini della comprensione dell’oggetto di tali controversie. 58 Per quanto riguarda gli argomenti di irricevibilità della Vodafone Italia e della Fastweb vertenti sull’autorità di cosa giudicata delle decisioni del Consiglio di Stato o di altri organi giurisdizionali italiani, pronunciate nell’ambito di detto contenzioso, occorre osservare che le controversie di cui ai procedimenti principali vertono sulla legittimità della delibera 18/21/CIR e non su quella delle precedenti delibere dell’AGCOM che hanno costituito oggetto del medesimo contenzioso. Orbene, la Vodafone Italia e la Fastweb non hanno spiegato come tali organi giurisdizionali sarebbero indotti, nell’ambito di dette controversie, a riesaminare tali decisioni giurisdizionali. Risulta quindi che gli stessi organi giurisdizionali potrebbero essere indotti, tutt’al più, a rivedere la loro giurisprudenza a seguito della sentenza che la Corte pronuncerà nella presente causa, senza mettere in discussione l’autorità di cosa giudicata delle loro decisioni precedenti. In ogni caso, atteso che il seguito che il giudice del rinvio dovrà dare a tale sentenza dipende dal tenore della risposta in essa contenuta, gli argomenti della Vodafone Italia e della Fastweb non possono, salvo pregiudicare detta risposta, incidere sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. 59 Alla luce di quanto precede, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata ricevibile. Sulla questione pregiudiziale Sulla questione b) 60 Con la sua questione b), che è opportuno esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 debbano essere interpretati nel senso che un’ANR può prendere in considerazione, ai fini della valutazione del carattere iniquo o ingiustificato dell’onere risultante dalla fornitura del servizio universale, il grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile. Tale giudice chiede altresì quali siano gli ulteriori criteri che un’ANR può, se del caso, applicare cumulativamente o alternativamente a tali fini. 61 Occorre rilevare che, conformemente all’articolo 5, paragrafi 1 e 3, della direttiva 97/33, qualora uno Stato membro stabilisca, sulla base del calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale, che questi ultimi rappresentano un onere iniquo per un organismo, esso prevede un meccanismo atto a ripartire tale costo con altri organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico. Secondo l’articolo 5, paragrafo 4, ove risulti giustificato in base a detto calcolo e tenuto conto degli eventuali vantaggi di mercato derivanti ad un organismo che offre il servizio universale, le ANR stabiliscono se un tale meccanismo sia giustificato. 62 Analogamente, la direttiva 2002/22 stabilisce, al suo articolo 12, paragrafo 1, primo comma, che, allorché le ANR ritengono che la fornitura del servizio universale possa comportare un onere ingiustificato per le imprese designate a fornire tale servizio, esse devono calcolare i costi netti di tale fornitura. Qualora le ANR riscontrino, sulla base del calcolo di tale costo, che una o più imprese designate a fornire il servizio universale sono soggette ad un onere ingiustificato e previa richiesta di tale o tali imprese, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2002/22 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie a tal fine, vale a dire introdurre un dispositivo di indennizzo attingendo a fondi pubblici e/o un meccanismo di ripartizione di detto costo tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica. Orbene, dall’ordinanza di rinvio risulta che, per quanto riguarda il periodo di applicazione della direttiva 2002/22, la Repubblica italiana ha optato per l’istituzione del meccanismo di ripartizione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva. 63 Ne consegue che, tanto nel contesto della direttiva 97/33 quanto in quello della direttiva 2002/22, l’attuazione di un meccanismo di finanziamento del costo netto degli obblighi di servizio universale è soggetta alla duplice condizione che tale costo sia calcolato e che, sulla base di tale calcolo, si constati che l’onere che la fornitura di tale servizio rappresenta per l’impresa designata è iniquo o ingiustificato. 64 Inoltre, dal considerando 8, dall’articolo 5 e dall’allegato I, parte 1, della direttiva 97/33 risulta che solo il costo netto della fornitura universale di una rete telefonica pubblica fissa o di un servizio telefonico pubblico fisso può costituire oggetto del meccanismo di finanziamento previsto da tale direttiva. 65 Analogamente, la Corte ha già dichiarato, in sostanza, che solo i servizi di comunicazione che richiedono un accesso e una connessione in postazione fissa a una rete di comunicazione pubblica, vale a dire ad esclusione dei servizi di comunicazione mobile, possono essere finanziati mediante il meccanismo previsto all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2002/22 (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Base Company e Mobistar, C‑1/14, EU:C:2015:378, punti 37 e 43). 66 Poiché il regime di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale previsto dalla direttiva 97/33 non è cambiato in modo significativo a seguito dell’adozione della direttiva 2002/22, le pertinenti disposizioni analoghe di tali direttive devono essere interpretate allo stesso modo. 67 Al riguardo, non risulta da alcuna disposizione della direttiva 97/33 e della direttiva 2002/22 che il legislatore dell’Unione abbia inteso fissare esso stesso le condizioni alle quali le ANR sono indotte a ritenere che la fornitura del servizio universale possa rappresentare un onere iniquo o ingiustificato. Emerge invece tanto dall’articolo 5, paragrafi 1, 3 e 4, della direttiva 97/33 quanto dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2002/22 che è solo sulla base del calcolo del costo netto della fornitura del servizio universale che le ANR possono constatare che un’impresa designata come fornitore di servizio universale è effettivamente soggetta ad un onere iniquo o ingiustificato e che gli Stati membri devono quindi decidere di adottare modalità di indennizzo in ragione di tale costo (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 38). 68 Ciò detto, occorre rilevare che l’azione degli Stati membri nell’ambito dell’istituzione del meccanismo di finanziamento del costo netto del servizio universale è circoscritta dal dovere di rispettare i principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, nonché di limitare le distorsioni del mercato, tutelando nel contempo l’interesse pubblico, come risulta, in sostanza, dal considerando 2 e dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 97/33 nonché dall’articolo 3, paragrafo 2, e dall’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2002/22. 69 Sebbene le nozioni di «onere iniquo» o di «onere ingiustificato» non siano definite da tali direttive, tanto dal considerando 8 della direttiva 97/33 quanto dal considerando 21 della direttiva 2002/22 risulta che il legislatore dell’Unione ha inteso collegare i meccanismi di recupero dei costi netti, che la fornitura del servizio universale può generare per un’impresa, all’esistenza di un onere eccessivo in capo a tale impresa. In questo contesto, ritenendo che il costo netto del servizio universale non rappresenti necessariamente un tale onere per tutte le imprese coinvolte, esso ha inteso escludere che qualsiasi costo netto di fornitura del servizio universale dia automaticamente diritto all’indennizzo. La Corte da ciò ha concluso che l’onere iniquo o ingiustificato di cui l’ANR deve constatare l’esistenza prima di qualsiasi indennizzo è l’onere che, per ciascuna impresa coinvolta, presenta un carattere eccessivo rispetto alla sua capacità di sopportarlo tenuto conto di tutte le caratteristiche proprie di tali impresa, relative segnatamente alle sue apparecchiature, alla sua situazione economica e finanziaria nonché alla sua quota di mercato (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 39). 70 Sebbene, in assenza di precisazioni a tal riguardo nelle direttive 97/33 e 2002/22, spetta all’ANR stabilire in modo generale e impersonale i criteri che consentono di determinare le soglie oltre le quali, tenuto conto delle caratteristiche menzionate al punto precedente, un onere può essere considerato eccessivo, l’ANR può tuttavia constatare che l’onere della fornitura del servizio universale è iniquo o ingiustificato, ai fini dell’applicazione dell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 97/33 e dell’articolo 13 della direttiva 2002/22, solo a condizione di procedere a un esame specifico della situazione di ciascuna impresa coinvolta con riferimento a tali criteri (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 40). 71 Al riguardo, la Corte ha dichiarato, relativamente alla direttiva 2002/22, che qualsiasi presa in considerazione della quota di mercato del fornitore di servizio universale implica che il processo di determinazione dell’eventuale carattere ingiustificato dell’onere gravante su tale fornitore a causa dei suoi obblighi di servizio universale comporta una componente comparativa intrinseca che non può essere ignorata dall’ANR. Infatti, la semplice constatazione di elementi relativi alla quota di mercato di detto fornitore considerata isolatamente non consente di trarre conclusioni utili in assenza di un confronto con le quote di mercato detenute dai suoi concorrenti. Tali conclusioni possono variare in funzione del numero di concorrenti presenti sul mercato, dei legami eventualmente esistenti tra questi ultimi o, ancora, dei diversi settori del mercato interessato nei quali tali concorrenti sono presenti (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 43). 72 La Corte ne ha dedotto che l’ANR competente è chiamata, nell’ambito di tale processo, a tenere conto della situazione del fornitore di servizio universale rispetto a quella dei suoi concorrenti sul mercato interessato e che la valutazione della situazione concorrenziale su tale mercato costituisce parte integrante delle condizioni di applicazione degli articoli 12 e 13 della direttiva 2002/22 (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punti 44 e 47). 73 La Corte ha altresì dichiarato che una valutazione delle caratteristiche proprie di un fornitore di servizio universale alla luce dell’ambiente concorrenziale in cui quest’ultimo evolve è conforme agli obiettivi perseguiti da detta direttiva (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 48). 74 Ciò vale, in particolare, per gli elementi che riguardano la situazione economica e finanziaria di un fornitore di servizio universale. Infatti, la mera constatazione secondo cui tale fornitore continua ad essere redditizio nonostante l’onere che grava su di esso a causa del costo netto dei suoi obblighi di servizio universale non consente di trarre conclusioni in merito alle ripercussioni di tale costo netto sulla capacità di tale fornitore di competere con gli altri operatori presenti su un mercato in evoluzione. Non si può escludere che tale onere impedisca o renda più difficile o più complesso il finanziamento di investimenti in nuove tecnologie o in mercati collegati, investimenti che i suoi concorrenti potrebbero eventualmente essere in grado di effettuare e che sono pertanto idonei a procurare a questi ultimi vantaggi concorrenziali notevoli (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 49). 75 Pertanto, è in considerazione della situazione di un fornitore di servizio universale rispetto a quella dei suoi concorrenti che l’ANR può valutare se il costo netto degli obblighi di servizio universale ad esso incombenti costituisca, a causa delle distorsioni della concorrenza che ne derivano sul mercato interessato a danno di tale fornitore, un onere ingiustificato per quest’ultimo, ai sensi degli articoli 12 e 13 della direttiva 2002/22 (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 50). 76 Nella misura in cui il deterioramento della posizione concorrenziale di un fornitore di servizio universale in ragione del carattere ingiustificato dell’onere gravante su di esso a causa dei suoi obblighi di servizio universale rechi pregiudizio ad una concorrenza effettiva sul mercato interessato, una tale circostanza potrebbe compromettere le condizioni di fornitura del servizio universale e, in ultima analisi, la realizzazione dell’obiettivo di garantire la disponibilità in tutta l’Unione europea di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza e un’opportunità di scelta effettive, stabilito all’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva (sentenza del 10 novembre 2022, Eircom, C‑494/21, EU:C:2022:867, punto 51). 77 Al riguardo, occorre rilevare che la valutazione della sostituibilità tra i diversi servizi di telecomunicazione, in particolare tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, può costituire uno degli elementi dell’esame dell’ambiente concorrenziale in cui evolve il fornitore di servizio universale, in quanto essa contribuisce all’individuazione dei concorrenti di tale fornitore, alla determinazione delle quote di mercato dei diversi attori e alla valutazione della pressione concorrenziale che altri operatori esercitano su detto fornitore. 78 Tuttavia, l’esame dell’ambiente concorrenziale in cui evolve il fornitore di servizio universale non può essere subordinato alla valutazione della sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, ma deve prendere in considerazione l’insieme dei vincoli concorrenziali cui è soggetto tale fornitore, ivi compresi quelli meno effettivi e immediati rispetto alla sostituzione della domanda. 79 Per le ragioni richiamate al punto 66 della presente sentenza, le considerazioni esposte ai punti da 71 a 78 di quest’ultima sono applicabili mutatis mutandis all’articolo 5 della direttiva 97/33. 80 Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che, nella delibera 18/21/CIR, l’AGCOM, da un lato, ha tenuto conto, in particolare, delle considerazioni esposte ai punti da 74 a 78 della presente sentenza, allorché ha ritenuto che, sebbene i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile non fossero perfettamente sostituibili e, pertanto, non si trattasse di un mercato unico, i servizi di telefonia mobile esercitavano nondimeno una crescente pressione concorrenziale sui servizi di telefonia fissa, in termini di perdite di volumi e ricavi per gli operatori di telefonia fissa, in particolare laddove i clienti decidessero di usare solo il cellulare oppure di usare il cellulare mantenendo comunque il servizio di rete fissa, decidendo tuttavia di usare il cellulare anche da casa, e, dall’altro, ha proceduto all’analisi di altri elementi del contesto concorrenziale. 81 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione b) dichiarando che l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 devono essere interpretati nel senso che: – spetta agli Stati membri, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, nonché della necessità di limitare le distorsioni del mercato, tutelando nel contempo l’interesse pubblico, fissare i criteri che consentono alle ANR di valutare, procedendo a un esame specifico della situazione di ciascuna impresa coinvolta, se l’onere risultante dal costo netto degli obblighi di servizio universale possa essere considerato eccessivo e, pertanto, iniquo o ingiustificato per l’operatore cui sono stati imposti tali obblighi; – nell’ambito di tale valutazione, l’ANR competente deve esaminare l’insieme delle caratteristiche proprie dell’operatore di cui trattasi, tenendo conto della sua situazione rispetto a quella dei suoi concorrenti sul mercato rilevante; – il grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile è idoneo a costituire un elemento pertinente ai fini di tale valutazione, così come l’insieme dei vincoli concorrenziali cui è soggetto il fornitore di servizio universale. Sulla questione a) 82 Con la sua questione a) il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non subordina la partecipazione degli operatori di servizi di telecomunicazione mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile. 83 Al riguardo, per quanto concerne il tenore letterale delle disposizioni di cui trattasi, occorre rilevare che dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 97/33 risulta che, quando gli Stati membri prevedono un meccanismo atto a ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale con «altri organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico», essi tengono in debito conto i principi della trasparenza, della non discriminazione e della proporzionalità. 84 Analogamente, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2002/22 stabilisce che, qualora, sulla base del calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale, le ANR riscontrino che l’impresa stessa è soggetta ad un onere ingiustificato, gli Stati membri decidono, previa richiesta di un’impresa designata, di introdurre un dispositivo inteso a indennizzare l’impresa per i costi netti così calcolati attingendo a fondi pubblici in condizioni di trasparenza, e/o di ripartire tale costo tra «i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica». 85 Orbene, dalle espressioni «organismi che gestiscano reti pubbliche di telecomunicazione e/o servizi di telefonia vocale a disposizione del pubblico» e «fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica» impiegate in tali disposizioni risulta che il legislatore dell’Unione non ha inteso escludere a priori taluni fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica, in particolare gli operatori di servizi di telecomunicazione mobile, dal meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale. 86 Inoltre, a differenza di quanto avviene con l’esclusione dei servizi di telecomunicazione mobile dalla nozione di «servizio universale», operata all’articolo 4 della direttiva 2002/22, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 11) (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Base Company e Mobistar, C‑1/14, EU:C:2015:378, punti da 32 a 37), il legislatore dell’Unione non ha escluso i fornitori di tali servizi dalla partecipazione a detto meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale. 87 Per quanto concerne il contesto in cui si inseriscono le disposizioni di cui trattasi, occorre rilevare, da un lato, che dal considerando 23 della direttiva 2002/22 risulta, in sostanza, che il costo netto degli obblighi di servizio universale può essere ripartito, nel rispetto dei principi della trasparenza, della minima distorsione del mercato, della non discriminazione e della proporzionalità, fra tutte le imprese o tra alcune categorie specifiche delle stesse e che la nozione di «minima distorsione del mercato» implica la riscossione dei contributi al finanziamento di tale costo in modo da ridurre al minimo l’impatto dell’onere finanziario che grava sugli utenti finali, per esempio ripartendo i contributi nel modo più ampio possibile. 88 Dall’altro lato, il considerando 21 di tale direttiva enuncia che gli Stati membri devono vigilare affinché il metodo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra le imprese si basi su criteri oggettivi e non discriminatori e rispetti il principio di proporzionalità, senza che tale principio impedisca di esonerare dai contributi i nuovi operatori che non hanno ancora una presenza significativa sul mercato. 89 Risulta quindi dal tenore letterale e dal contesto delle disposizioni di cui trattasi che il legislatore dell’Unione ha inteso lasciare agli Stati membri la possibilità di definire la cerchia di partecipanti al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale, fatto salvo il rispetto di un certo numero di principi, espressamente ricordati in dette disposizioni. 90 Al riguardo, sebbene non sia escluso che criteri di ripartizione che tengano conto dell’intensità della pressione concorrenziale esercitata dai servizi di telecomunicazione mobile sui servizi di telecomunicazione fissa in ragione del grado di sostituibilità più o meno significativo tra tali servizi, della percentuale di utilizzo che i fornitori dei servizi di telecomunicazione mobile fanno delle reti di telecomunicazioni pubbliche o dei vantaggi che questi ultimi traggono dalla fornitura del servizio universale possano essere considerati conformi ai principi di cui ai punti 83, 84, 87 e 88 della presente sentenza, in particolare ai principi di proporzionalità e di non discriminazione, dalle disposizioni delle direttive 97/33 e 2002/22 non si può tuttavia dedurre che queste ultime subordinino la partecipazione dei fornitori di servizi di telefonia mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra questi ultimi servizi e i servizi di telefonia fissa. 91 Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento della Vodafone Italia vertente sulla comunicazione del 27 novembre 1996 né dal suo argomento secondo cui esisterebbe una somiglianza tra la normativa dell’Unione in materia di comunicazioni elettroniche e quella in materia di servizi postali, cosicché occorrerebbe applicare alle controversie di cui ai procedimenti principali, per analogia, il considerando 27 della direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU 2008, L 52, pag. 3), da cui risulterebbe che la determinazione delle imprese chiamate a contribuire al fondo di compensazione diretto a finanziare il servizio universale implica di valutare se i servizi forniti da tali imprese possano, nell’ottica di un utente, essere considerati come rientranti nell’ambito di applicazione del servizio universale poiché denotano un livello di intercambiabilità sufficiente rispetto al servizio universale, nonché la relativa giurisprudenza della Corte. 92 Per quanto riguarda, da un lato, la comunicazione del 27 novembre 1996, occorre infatti rilevare che essa non stabilisce un obbligo generale, per gli Stati membri, di subordinare la partecipazione dei fornitori di servizi di telefonia mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale alla constatazione dell’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia mobile e i servizi di telefonia fissa. 93 Come risulta, in sostanza, dal punto 8 della parte 3 di tale comunicazione, la Commissione europea vi aveva unicamente precisato che, nel quadro della sua valutazione delle procedure di autorizzazione o di dichiarazione concernenti la telefonia vocale e la fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni – procedure che, ai sensi della direttiva 96/19/CE della Commissione, del 13 marzo 1996, che modifica la direttiva 90/388/CEE al fine della completa apertura alla concorrenza dei mercati delle telecomunicazioni (GU 1996, L 74, pag. 13), gli Stati membri dovevano notificare entro il 1° gennaio 1997 – essa avrebbe valutato se, per quanto concerne il contributo dei nuovi operatori che si immettevano sul mercato e/o gli operatori della telefonia mobile al costo netto del servizio universale, l’onere gravante su tali operatori fosse ripartito secondo criteri obiettivi e non discriminatori e conformemente al principio di proporzionalità, con riguardo, tra l’altro, al grado di sostituibilità esistente tra servizio di telefonia mobile e servizio di telefonia vocale fisso. 94 Ne consegue che la Commissione aveva prospettato la possibilità di tenere conto di tale grado di sostituibilità, tutt’al più, come di un elemento, tra gli altri, della sua valutazione del rispetto del principio di proporzionalità. 95 Per quanto riguarda, dall’altro lato, il considerando 27 della direttiva 2008/6, è sufficiente rilevare che le direttive 97/33 e 2002/22 non contengono considerando o disposizioni il cui tenore letterale sia analogo a quello di detto considerando 27. 96 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione a) dichiarando che l’articolo 5 della direttiva 97/33 e l’articolo 13 della direttiva 2002/22 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che non subordina la partecipazione degli operatori di servizi di telecomunicazione mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, purché tale normativa rispetti, in particolare, i principi di trasparenza, non discriminazione, proporzionalità, obiettività e riduzione dell’impatto dell’onere finanziario gravante sugli utenti finali. Sulle spese 97 Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: L’articolo 5 della direttiva 97/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997, sull’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire il servizio universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei principi di fornitura di una rete aperta (ONP), e l’articolo 13 della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), devono essere interpretati nel senso che: – spetta agli Stati membri, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, nonché della necessità di limitare le distorsioni del mercato, tutelando nel contempo l’interesse pubblico, fissare i criteri che consentono alle autorità nazionali di regolamentazione di valutare, procedendo a un esame specifico della situazione di ciascuna impresa coinvolta, se l’onere risultante dal costo netto degli obblighi di servizio universale possa essere considerato eccessivo e, pertanto, iniquo o ingiustificato per l’operatore cui sono stati imposti tali obblighi; – nell’ambito di tale valutazione, l’autorità nazionale di regolamentazione competente deve esaminare l’insieme delle caratteristiche proprie dell’operatore di cui trattasi, tenendo conto della sua situazione rispetto a quella dei suoi concorrenti sul mercato rilevante; – il grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile è idoneo a costituire un elemento pertinente ai fini di tale valutazione, così come l’insieme dei vincoli concorrenziali cui è soggetto il fornitore di servizio universale; – essi non ostano a una normativa nazionale che non subordina la partecipazione degli operatori di servizi di telecomunicazione mobile al meccanismo di ripartizione del costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica all’esistenza di un certo grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia fissa e i servizi di telefonia mobile, purché tale normativa rispetti, in particolare, i principi di trasparenza, non discriminazione, proporzionalità, obiettività e riduzione dell’impatto dell’onere finanziario gravante sugli utenti finali.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 settembre 2024.
* Lingua processuale: l’italiano. | ||||||||||||