SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
4 ottobre 2024(*)
« Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione di servizi – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 25, paragrafo 1 – Restrizioni alle attività multidisciplinari – Professione regolamentata – Legislazione nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’esercizio congiunto dell’attività di mediatore immobiliare e quella di amministratore di condomini – Requisiti di indipendenza e di imparzialità – Proporzionalità della restrizione – Conseguenze dell’archiviazione di una procedura di infrazione della Commissione europea contro uno Stato membro »
Nella causa C‑242/23,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza dell’11 aprile 2023, pervenuta in cancelleria il 18 aprile 2023, nel procedimento
Tecno*37
contro
Ministero dello Sviluppo economico,
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna,
con l’intervento di:
FIMAA – Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente della Corte, T. von Danwitz, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona
cancelliere: C. Di Bella, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 aprile 2024,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Tecno*37, da A. Reggio d’Aci, avvocato;
– per la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna, da C. Carpani, avvocata;
– per la FIMAA – Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari, da G. Passalacqua, avvocato;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Varrone, avvocato dello Stato;
– per il governo ceco, da M. Smolek, T. Suchá e J. Vláčil, in qualità di agenti;
– per l’Irlanda, da M. Browne, Chief State Solicitor, A. Joyce e M. Tierney, in qualità di agenti, assistiti da I. Boyle Harper, BL;
– per il governo francese, da R. Bénard e M. Guiresse, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da L. Armati, M. Mataija e P.A. Messina, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 giugno 2024,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE, dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), e dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Tecno*37, società stabilita in Italia, da un lato, e il Ministero dello Sviluppo economico (Italia) e la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna (Italia) (in prosieguo: la «CCIAA»), dall’altro, in merito al divieto generale di esercizio congiunto dell’attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini opposto a detta società.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
La direttiva 2005/36
3 L’articolo 1, primo comma, della direttiva 2005/36 così dispone:
«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (…), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (…) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione».
4 L’articolo 2, paragrafo 1, primo comma, della medesima direttiva enuncia quanto segue:
«La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali».
5 L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Effetti del riconoscimento», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette ai beneficiari di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale essi sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato membro».
6 L’articolo 59, paragrafo 3, della stessa direttiva così prevede:
«Gli Stati membri valutano se i requisiti stabiliti nel loro ordinamento giuridico per limitare l’accesso a una professione o il suo esercizio ai possessori di una specifica qualifica professionale, inclusi l’impiego di titoli professionali e le attività professionali autorizzate in base a tale titolo, indicati all’articolo come “requisiti”, sono compatibili con i seguenti principi:
a) i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o del luogo di residenza;
b) i requisiti devono essere giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;
c) i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo».
La direttiva 2006/123
7 I considerando 2, 5, 7 e 101 della direttiva 2006/123 così recitano:
«(2) Una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell’Unione europea. (…) Un libero mercato che induca gli Stati membri ad eliminare le restrizioni alla circolazione transfrontaliera dei servizi, incrementando al tempo stesso la trasparenza e l’informazione dei consumatori, consentirebbe agli stessi una più ampia facoltà di scelta e migliori servizi a prezzi inferiori.
(…)
(5) È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. Poiché gli ostacoli al mercato interno dei servizi riguardano tanto gli operatori che intendono stabilirsi in altri Stati membri quanto quelli che prestano un servizio in un altro Stato membro senza stabilirvisi, occorre permettere ai prestatori di sviluppare le proprie attività nel mercato interno stabilendosi in uno Stato membro o avvalendosi della libera circolazione dei servizi. I prestatori devono poter scegliere tra queste due libertà, in funzione della loro strategia di sviluppo in ciascuno Stato membro.
(…)
(7) La presente direttiva istituisce un quadro giuridico generale a vantaggio di un’ampia varietà di servizi pur tenendo conto nel contempo delle specificità di ogni tipo d’attività o di professione e del loro sistema di regolamentazione. (…)
(…)
(101) È necessario ed è nell’interesse dei destinatari, in particolare dei consumatori, assicurare che i prestatori abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari e che le restrizioni a questo riguardo siano limitate a quanto necessario per assicurare l’imparzialità nonché l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate. (…)».
8 L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
«La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi».
9 L’articolo 25, paragrafo 1, di tale direttiva, intitolato «Attività multidisciplinari», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.
Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:
a) le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;
b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e l’imparzialità».
Diritto italiano
10 L’articolo 5, commi 3 e 3 bis, della legge del 3 febbraio 1989, n. 39 – Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore (GURI n. 33 del 9 febbraio 1989, in prosieguo la «legge n. 39/89») è così formulato:
«3. L’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile con l’esercizio di attività imprenditoriale di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione ovvero con la qualità di dipendente di tale imprenditore, nonché con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o di dipendente o collaboratore di imprese esercenti i servizi finanziari di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, o con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi.
3-bis. In deroga a quanto disposto dal comma 3, l’esercizio dell’attività di agente immobiliare è compatibile con quella di dipendente o collaboratore di imprese esercenti l’attività di mediazione creditizia disciplinata dagli articoli 128-sexies e seguenti del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. L’esercizio dell’attività di mediazione creditizia rimane assoggettato alla relativa disciplina di settore e ai relativi controlli».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
11 La Tecno*37 è un’impresa individuale che esercita contemporaneamente le attività di amministratore di condomini e di mediazione immobiliare in qualità di agente immobiliare.
12 Il 17 marzo 2020 il Ministero dello Sviluppo economico, sulla base di una denuncia, ha chiesto alla CCIAA di effettuare verifiche relative all’esistenza di una possibile incompatibilità o di un possibile conflitto di interessi in ragione del cumulo, da parte della Tecno*37, delle attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini.
13 Dopo aver constatato che la Tecno*37 è stata responsabile, dal 1° gennaio 1988, nell’ambito di un’attività di natura imprenditoriale, dell’amministrazione e della gestione di condomini, contemporaneamente all’esercizio, dal 1° luglio 1988, di un’attività di mediazione immobiliare, la CCIAA ha ritenuto che ciò costituisse una situazione di incompatibilità ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89.
14 Di conseguenza, la CCIAA ha deciso di iscrivere la Tecno*37 nel registro economico e amministrativo degli amministratori di condomini e le ha vietato la prosecuzione dell’attività di mediazione immobiliare.
15 La Tecno*37 ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna (Italia), il quale è stato respinto con la motivazione che gli immobili gestiti nell’ambito dell’attività di amministratore possono essere indebitamente favoriti rispetto a quelli disponibili sul mercato, con conseguenze quanto all’imparzialità di cui dovrebbe dar prova un mediatore immobiliare.
16 La Tecno*37 ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio, facendo valere, segnatamente, che il divieto di cumulare le attività di cui trattasi violerebbe il diritto dell’Unione.
17 In particolare, l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 sarebbe oggetto di un’applicazione astratta e generale, che condurrebbe a riconoscere sempre un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini e impedirebbe qualsiasi valutazione caso per caso di un rischio di conflitto di interessi, tale incompatibilità essendo in contrasto con la giurisprudenza della Corte.
18 Il giudice del rinvio rileva, anzitutto, che la Commissione europea ha avviato, il 19 luglio 2018, una procedura d’infrazione [INFR(2018)2175] contro la Repubblica italiana sulla questione della conformità al diritto dell’Unione dell’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89.
19 In tale procedura, la Commissione avrebbe contestato alla Repubblica italiana il fatto che varie disposizioni del suo diritto nazionale, tra cui l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89, violavano l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36 e l’articolo 49 TFUE, in quanto tale disposizione nazionale prevedeva un’incompatibilità assoluta tra l’esercizio dell’attività di mediazione immobiliare e qualsiasi impiego pubblico o privato e ogni altra attività imprenditoriale o professionale esercitata in qualità di lavoratore autonomo o imprenditore.
20 Detto giudice indica che le autorità italiane, riconoscendo che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 poteva avere effetti sproporzionati, hanno più volte modificato tale disposizione.
21 Tale giudice rileva che la procedura d’infrazione è stata in seguito archiviata dalla Commissione il 29 settembre 2022, dato che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 non prevede più un divieto assoluto di esercizio congiunto di attività multidisciplinari.
22 A tal riguardo, il giudice del rinvio si interroga sulle conseguenze di una siffatta archiviazione quanto alla conformità al diritto dell’Unione dell’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89, nella sua versione risultante dalla modifica apportata a seguito della procedura d’infrazione.
23 Detto giudice ritiene inoltre, da un lato, che, qualora un mediatore immobiliare eserciti congiuntamente l’attività di amministratore di condomini, la sua imparzialità potrebbe essere pregiudicata. Infatti, tale mediatore potrebbe essere indotto ad orientare i potenziali acquirenti verso i beni immobili che gestisce, a scapito di altri beni comparabili di cui non ha la gestione.
24 Dall’altro lato, il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 abbia lo scopo di garantire la tutela del consumatore, in quanto tale disposizione consente di evitare qualsiasi conflitto di interessi.
25 Sussisterebbe tuttavia un dubbio, ai fini della soluzione della controversia sottoposta a detto giudice, quanto alla conformità al diritto dell’Unione delle restrizioni che tale normativa prevede.
26 Alla luce delle suesposte considerazioni, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 5, comma 3, della legge [n. 39/89], come riformulato a seguito della procedura di infrazione n. 2018/2175, deve intendersi oggi pienamente conforme al diritto [dell’Unione] specie in ragione dell’avvenuta archiviazione della procedura di infrazione stessa.
2) Se i principi e gli scopi dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva [2005/36] (come modificata dalla direttiva [2013/55]), nonché dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva [2006/123] e più in generale dell’articolo 49 TFUE ostano ad una normativa come quella italiana di cui all’articolo 5, comma 3, della legge [n. 39/89] che sancisce in via preventiva e generale l’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini sul presupposto del mero esercizio congiunto delle due attività e senza, quindi, la necessità per le Camere di Commercio di svolgere alcuna verifica a posteriori riferita in concreto all’oggetto delle mediazioni svolte e senza che ciò risulti motivato da un “motivo imperativo di interesse generale” specificatamente individuato e comprovato o comunque senza la dimostrazione della proporzionalità della prevista incompatibilità generale rispetto allo scopo perseguito.
3) Se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condomini salvo il caso in cui non cerchi di vendere/acquistare il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
27 Secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, quest’ultima deve fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è adito. A tal fine, la Corte è tenuta, se necessario, a riformulare le questioni che le sono sottoposte [sentenza del 16 maggio 2024, Toplofikatsia Sofia (Nozione di domicilio del convenuto), C‑222/23, EU:C:2024:405, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].
28 Occorre pertanto riformulare la prima questione pregiudiziale e considerare che, con essa, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 258 TFUE debba essere interpretato nel senso che l’archiviazione, da parte della Commissione, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro comporti la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura.
29 A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza, la decisione della Commissione di avviare o meno un procedimento per inadempimento costituisce l’esercizio di un potere discrezionale di quest’ultima, sul quale la Corte non può esercitare un controllo giurisdizionale [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Antiriciclaggio), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 49 e giurisprudenza ivi citata]. Infatti, la Commissione, in considerazione del suo ruolo di custode del Trattato, è la sola competente a decidere se sia opportuno avviare un procedimento per la dichiarazione di un inadempimento. Del pari, essa ha la competenza esclusiva di decidere se sia opportuno continuare la procedura precontenziosa inviando un parere motivato, così come ha la facoltà, ma non l’obbligo, al termine di tale procedura, di deferire la questione alla Corte in vista di un accertamento da parte di quest’ultima del presunto inadempimento (sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Bulgaria, C‑145/14, EU:C:2015:502, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).
30 Lo stesso potere discrezionale caratterizza quindi l’adozione, da parte della Commissione, della decisione di archiviare una tale procedura.
31 Tenuto conto di tale potere discrezionale, la decisione di proseguire o di archiviare una procedura d’infrazione non può essere determinante ai fini della valutazione della conformità al diritto dell’Unione di una normativa nazionale.
32 A tal riguardo, la Corte ha già statuito che la Commissione non ha il potere di stabilire in modo definitivo, nell’ambito della procedura per inadempimento, i diritti e gli obblighi di uno Stato membro o di fornire a quest’ultimo garanzie relative alla compatibilità con il diritto dell’Unione di un determinato comportamento (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2003, Commissione/Germania, C‑135/01, EU:C:2003:171l, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, la Corte è competente in via esclusiva a constatare che uno Stato membro è venuto meno a uno degli obblighi ad esso incombenti in forza dei Trattati.
33 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 258 TFUE deve essere interpretato nel senso che l’archiviazione, da parte della Commissione, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro non comporta la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura.
Sulla seconda e terza questione
34 Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE, l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 e l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini.
Sulla ricevibilità
35 Per quanto riguarda, in primo luogo, i quesiti del giudice del rinvio relativi all’interpretazione dell’articolo 49 TFUE, occorre ricordare che le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento non si applicano, in linea di principio, a una situazione i cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
36 Pertanto, la Corte, adita da un giudice nazionale nel contesto di una situazione i cui elementi si collochino tutti all’interno di un solo Stato membro, non può, senza alcuna indicazione in tal senso da parte di detto giudice, considerare che la domanda di interpretazione pregiudiziale concernente le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali sia necessaria ai fini della soluzione della controversia pendente dinanzi a tale giudice. Gli elementi concreti che consentono di stabilire un collegamento fra l’oggetto o le circostanze di una controversia, i cui elementi siano tutti collocati all’interno dello Stato membro interessato, e l’articolo 49 TFUE devono infatti risultare dalla decisione di rinvio (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).
37 Di conseguenza, in una situazione i cui elementi si collochino tutti all’interno di un solo Stato membro, spetta al giudice del rinvio indicare alla Corte, in conformità a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali, che renda l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
38 Orbene, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, la controversia principale è caratterizzata da elementi che si collocano tutti all’interno dell’Italia. Inoltre, il giudice del rinvio non indica sotto quale profilo, nonostante il suo carattere meramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti un elemento di collegamento con l’articolo 49 TFUE che renderebbe l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia.
39 La seconda e la terza questione sono pertanto irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione dell’articolo 49 TFUE.
40 Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’interpretazione richiesta dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36, da tale disposizione risulta che gli Stati membri esaminano se, nel loro ordinamento giuridico, i requisiti che limitano, segnatamente, l’esercizio di una professione ai titolari di un particolare titolo di formazione, compreso l’uso di titoli professionali e le attività professionali autorizzate sulla base di tale titolo, non siano né direttamente né indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o del luogo di residenza, siano giustificati da motivi imperativi di interesse generale e siano idonei a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento.
41 A tal riguardo, occorre altresì rilevare che, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, quest’ultima si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro, compresi i liberi professionisti, che intendano esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.
42 Inoltre, la Corte ha già precisato che dagli articoli 1 e 4 di detta direttiva emerge che lo scopo essenziale del riconoscimento reciproco consiste nel consentire al titolare di una qualifica professionale che gli apre l’accesso ad una professione regolamentata nel suo Stato membro d’origine di accedere, nello Stato membro ospitante, alla stessa professione per la quale egli è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla sul suo territorio alle stesse condizioni che valgono per i suoi cittadini (sentenza dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija, C‑166/20, EU:C:2021:554, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
43 Orbene, nel caso di specie, è pacifico che la presente causa non verte sul riconoscimento di una qualifica professionale ottenuta in uno Stato membro diverso dall’Italia.
44 In tali circostanze, la seconda e la terza questione pregiudiziale sono parimenti irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36.
45 In terzo luogo, occorre rilevare che l’Irlanda eccepisce l’irricevibilità della terza questione, nei limiti in cui essa mira ad ottenere un parere consultivo della Corte sulla base di premesse di fatto che non corrisponderebbero a quelle della controversia principale.
46 In particolare, l’Irlanda sostiene che, sebbene tale terza questione si riferisca all’attività di un agente immobiliare, la controversia principale riguarda in realtà l’attività di un intermediario, distinzione che non risulterebbe dall’ordinanza di rinvio.
47 Inoltre, tale Stato membro ritiene che la terza questione sia fondata sull’ipotesi, erronea, secondo cui un conflitto di interessi sorgerebbe necessariamente se un agente immobiliare fosse impegnato nell’acquisto o nella vendita di un bene di cui assicura la gestione in qualità di amministratore di condomini e che, pertanto, così come formulata, la terza questione oltrepasserebbe la portata degli interessi in gioco nel giudizio principale.
48 A tale proposito, va ricordato che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile, segnatamente, solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale oppure qualora la questione sia di tipo ipotetico [sentenza dell’8 maggio 2024, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» (Associazioni di magistrati), C‑53/23, EU:C:2024:388, punto 21 e giurisprudenza ivi citata].
49 Peraltro, occorre rilevare che, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio fa esplicito riferimento al contemporaneo esercizio dell’attività di mediazione immobiliare e di quella di amministratore di condomini, senza menzionare l’attività di intermediario.
50 Per quanto riguarda le considerazioni relative al rischio di un conflitto di interessi in ragione del cumulo delle attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, deve ritenersi che esse rientrino nell’ambito del merito della questione pregiudiziale e non della ricevibilità di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 43).
51 Quanto alle affermazioni dell’Irlanda secondo cui la terza questione andrebbe oltre le implicazioni della controversia principale, occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte, in linea di principio, è tenuta a statuire. Ne consegue che le questioni sollevate dai giudici nazionali godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti che l’interpretazione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora il problema abbia carattere ipotetico, o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile a tali questioni (sentenza del 21 dicembre 2023, Cofidis, C‑340/22, EU:C:2023:1019, punto 18).
52 Peraltro, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, la Corte deve fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è adito. A tal fine, la Corte è tenuta, se necessario, a riformulare le questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2024, Direktor na Glavna direktsia «Natsionalna politsia» pri MVR – Sofia, C‑118/22, EU:C:2024:97, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
53 Alla luce di quanto precede, gli argomenti dell’Irlanda relativi all’irricevibilità della terza questione non possono essere accolti.
54 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la seconda e la terza questione pregiudiziale devono essere considerate irricevibili unicamente nella parte in cui vertono sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36.
Nel merito
55 In via preliminare, occorre determinare se l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 si applichi ad una situazione puramente interna come quella di cui trattasi nel procedimento principale.
56 A tal riguardo, occorre rilevare che, in forza del primo comma di tale disposizione, gli Stati membri provvedono affinché i prestatori di servizi non siano soggetti a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse. Il secondo comma di tale disposizione precisa che i prestatori di servizi di cui alle sue lettere a) e b) possono essere soggetti a tali requisiti, alle condizioni ivi stabilite.
57 Orbene, occorre constatare che l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 non fa riferimento a un elemento transfrontaliero e non enuncia alcuna condizione relativa all’esistenza di un siffatto elemento.
58 Infatti, come sostenuto dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, l’applicazione di tale disposizione non richiede l’esistenza di un elemento di estraneità, dal momento che le misure che essa comporta forniscono una base comune per facilitare la libera circolazione dei servizi al fine di garantire una migliore qualità di questi ultimi, indipendentemente dal fatto che il prestatore fornisca i suoi servizi esclusivamente sul territorio del suo Stato membro o anche in altri Stati membri.
59 A tale proposito, la Corte ha ritenuto che, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, in combinato disposto con i considerando 2 e 5 della stessa, tale direttiva stabilisce disposizioni generali volte ad eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra questi ultimi, al fine di contribuire alla realizzazione di un mercato interno dei servizi libero e competitivo. Orbene, la piena realizzazione del mercato interno dei servizi richiede, innanzitutto, l’eliminazione degli ostacoli che i prestatori incontrano nello stabilirsi negli Stati membri, indipendentemente dal fatto che si tratti del proprio Stato membro o di un altro Stato membro, e che sono suscettibili di incidere sulla loro capacità di fornire servizi ai destinatari che si trovano in tutta l’Unione (sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punti 104 e 105 e giurisprudenza ivi citata).
60 Ai fini dell’instaurazione di un vero mercato interno dei servizi, l’approccio adottato dal legislatore dell’Unione nella direttiva 2006/123 si basa, come enunciato dal suo considerando 7, su un quadro giuridico generale costituito da una combinazione di diverse misure destinate a garantire un grado elevato di integrazione giuridica nell’Unione. Salvo pregiudicare l’effetto utile dello specifico quadro giuridico che il legislatore dell’Unione ha inteso istituire adottando la direttiva 2006/123, si deve dunque ammettere che la portata di tale direttiva è tale da estendersi, se del caso, al di là di ciò che prevedono in senso stretto le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punti 106 e 107 e giurisprudenza ivi citata).
61 Pertanto, poiché l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 può applicarsi a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro, è alla luce di tale disposizione che occorre fornire una risposta al giudice del rinvio.
62 Come osservato al punto 56 della presente sentenza, ai sensi del primo comma di tale disposizione, gli Stati membri devono garantire che i prestatori di servizi non siano soggetti a requisiti che li obblighino a svolgere esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.
63 Ciò premesso, l’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/123 precisa che i prestatori di cui alle lettere a) e b) di tale disposizione possono essere assoggettati a tali requisiti, nel rispetto delle condizioni ivi enunciate.
64 Nel caso di specie, come risulta dall’ordinanza di rinvio, l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 viene interpretato e applicato nel senso che vieta l’esercizio congiunto delle attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, a prescindere dal fatto che siano o meno esercitate in relazione allo stesso bene, qualora si tratti di attività imprenditoriali.
65 Ne consegue che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 sottopone tali prestatori a requisiti come quelli previsti dall’articolo 25, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/123.
66 È pertanto necessario esaminare se tali requisiti possano essere ammessi nel caso di specie, sulla base dell’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), di detta direttiva.
67 Sebbene spetti, in ultima analisi, al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e a interpretare il diritto nazionale, stabilire se i requisiti previsti dalla normativa nazionale corrispondano alle condizioni poste dall’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123, la Corte, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è competente, sulla base degli atti del procedimento principale nonché delle osservazioni scritte e orali sottopostele, a fornire al giudice del rinvio indicazioni utili, idonee a consentirgli di dirimere la controversia di cui è adito (v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2023, PrivatBank e a., C‑78/21, EU:C:2023:137, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).
68 Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che l’attività di mediazione è una professione regolamentata in Italia. Orbene, l’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123 prevede che i requisiti relativi alle professioni regolamentate sono ammessi solo nei limiti in cui siano giustificati per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità.
69 Il governo italiano ha fatto valere al riguardo gli obiettivi della tutela dei consumatori e della salvaguardia dell’indipendenza e dell’imparzialità dei mediatori immobiliari, laddove quest’ultimo obiettivo va di pari passo con la prevenzione dei conflitti di interessi.
70 Esso ritiene che senza un divieto di cumulo di attività come quello di cui trattasi nel procedimento principale sussisterebbe il rischio che i proprietari di beni immobili per i quali il ruolo di amministratore e quello di mediatore immobiliare sono esercitati dallo stesso soggetto siano indebitamente favoriti. Infatti, un mediatore non soggetto a tale divieto potrebbe orientare i potenziali acquirenti verso gli immobili per i quali esso stesso esercita le funzioni di amministratore.
71 Il governo italiano sostiene inoltre che non è possibile far gravare sulle camere di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dell’agricoltura il compito di verificare, per ogni transazione, l’assenza di un conflitto di interessi.
72 A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 25 della direttiva 2006/123, ivi comprese le condizioni cui sono soggetti i requisiti da esso contemplati, si inserisce nel capo V di tale direttiva, intitolato «Qualità dei servizi». Orbene, la Corte ha statuito che tale capo, in generale, mira alla salvaguardia degli interessi dei consumatori, migliorando la qualità dei servizi delle professioni regolamentate nell’ambito del mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2011, Société fiduciaire nationale d’expertise comptable, C‑119/09, EU:C:2011:208, punto 28).
73 D’altronde, questo stesso obiettivo si riflette nel considerando 101 di detta direttiva, secondo il quale è necessario ed è nell’interesse dei destinatari, in particolare dei consumatori, assicurare che i prestatori abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari e che le restrizioni a questo riguardo siano limitate a quanto necessario per assicurare l’imparzialità nonché l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate.
74 Al fine di assicurare la tutela dei consumatori, gli Stati membri possono adottare misure volte a garantire l’indipendenza e l’imparzialità delle professioni regolamentate, conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123.
75 Nel caso in questione, dal momento che un mediatore immobiliare deve essere terzo rispetto alle parti di una transazione immobiliare, risulta che il divieto di svolgere congiuntamente le attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, in quanto è volto a prevenire il rischio di un conflitto di interessi, possa, in linea di principio, essere considerato atto a garantire l’indipendenza e l’imparzialità della professione regolamentata in questione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
76 Ciò premesso, occorre inoltre che un divieto generale di esercizio congiunto di attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, non vada oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo. A tal riguardo, si deve verificare se altre misure meno restrittive non possano consentire di raggiungere lo stesso risultato.
77 Nel caso di specie, come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, sebbene non si possa escludere che possa verificarsi una situazione di conflitto di interessi, in particolare quando le attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini sono esercitate nei confronti di uno stesso bene o di beni comparabili, un tale rischio non è necessariamente destinato a realizzarsi in ogni circostanza, cosicché l’esistenza di un siffatto conflitto di interessi non si può presumere.
78 Del resto, il divieto in questione non sembra essere l’unica misura che consenta di garantire l’indipendenza e l’imparzialità della professione regolamentata di mediatore immobiliare. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, e come hanno sostenuto la Commissione nonché la Tecno*37 nelle loro osservazioni scritte, misure meno lesive della libera prestazione di servizi rispetto a un divieto generale di esercizio congiunto delle due attività, come un divieto di esercizio congiunto di attività limitato al caso in cui si tratti di un medesimo bene immobile, e/o obblighi specifici di trasparenza e di informazione riguardanti tale esercizio congiunto, accompagnati da un controllo ex post da parte delle camere professionali competenti, possono consentire di garantire tale indipendenza e tale imparzialità.
79 Infine, occorre considerare che le difficoltà di ordine pratico invocate dal governo italiano per quanto riguarda l’attuazione delle misure alternative al divieto generale di esercizio congiunto di attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini e, in particolare, l’impossibilità di verificare l’assenza di un conflitto di interessi in ciascuna transazione, in occasione di un eventuale esercizio di tali attività per un medesimo bene immobile, non sono insormontabili. Infatti, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni, gli atti di compravendita possono, ad esempio, contenere dichiarazioni esplicite secondo le quali l’agente immobiliare, agendo in qualità di mediatore, non esercita, al contempo, la funzione di amministratore del condominio di cui fa parte l’immobile acquistato.
80 In ogni caso, la Corte ha statuito che tali difficoltà pratiche non possono giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2020, Commissione/Belgio (Contabili), C‑384/18, EU:C:2020:124, punto 58].
81 Di conseguenza, e fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio dovrà effettuare, risulta che un divieto generale di cumulo dell’attività di mediazione immobiliare e di quella di amministratore di condomini, come quello in questione nel procedimento principale, vada oltre quanto necessario e proporzionato per raggiungere l’obiettivo che persegue.
82 In tali circostanze, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente.
Sulle spese
83 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’articolo 258 TFUE
deve essere interpretato nel senso che:
l’archiviazione, da parte della Commissione europea, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro non comporta la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura.
2) L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,
deve essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente.
Firme
* Lingua processuale: l’italiano.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 4 ottobre 2024(*)
« Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione di servizi – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 25, paragrafo 1 – Restrizioni alle attività multidisciplinari – Professione regolamentata – Legislazione nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’esercizio congiunto dell’attività di mediatore immobiliare e quella di amministratore di condomini – Requisiti di indipendenza e di imparzialità – Proporzionalità della restrizione – Conseguenze dell’archiviazione di una procedura di infrazione della Commissione europea contro uno Stato membro » Nella causa C‑242/23, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza dell’11 aprile 2023, pervenuta in cancelleria il 18 aprile 2023, nel procedimento Tecno*37 contro Ministero dello Sviluppo economico, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna, con l’intervento di: FIMAA – Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari LA CORTE (Prima Sezione), composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente della Corte, T. von Danwitz, A. Kumin e I. Ziemele, giudici, avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona cancelliere: C. Di Bella, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 aprile 2024, considerate le osservazioni presentate: – per la Tecno*37, da A. Reggio d’Aci, avvocato; – per la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna, da C. Carpani, avvocata; – per la FIMAA – Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari, da G. Passalacqua, avvocato; – per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Varrone, avvocato dello Stato; – per il governo ceco, da M. Smolek, T. Suchá e J. Vláčil, in qualità di agenti; – per l’Irlanda, da M. Browne, Chief State Solicitor, A. Joyce e M. Tierney, in qualità di agenti, assistiti da I. Boyle Harper, BL; – per il governo francese, da R. Bénard e M. Guiresse, in qualità di agenti; – per la Commissione europea, da L. Armati, M. Mataija e P.A. Messina, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 giugno 2024, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE, dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), e dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»). 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Tecno*37, società stabilita in Italia, da un lato, e il Ministero dello Sviluppo economico (Italia) e la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna (Italia) (in prosieguo: la «CCIAA»), dall’altro, in merito al divieto generale di esercizio congiunto dell’attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini opposto a detta società. Contesto normativo Il diritto dell’Unione La direttiva 2005/36 3 L’articolo 1, primo comma, della direttiva 2005/36 così dispone: «La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (…), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (…) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione». 4 L’articolo 2, paragrafo 1, primo comma, della medesima direttiva enuncia quanto segue: «La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali». 5 L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Effetti del riconoscimento», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue: «Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette ai beneficiari di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale essi sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato membro». 6 L’articolo 59, paragrafo 3, della stessa direttiva così prevede: «Gli Stati membri valutano se i requisiti stabiliti nel loro ordinamento giuridico per limitare l’accesso a una professione o il suo esercizio ai possessori di una specifica qualifica professionale, inclusi l’impiego di titoli professionali e le attività professionali autorizzate in base a tale titolo, indicati all’articolo come “requisiti”, sono compatibili con i seguenti principi: a) i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o del luogo di residenza; b) i requisiti devono essere giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; c) i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo». La direttiva 2006/123 7 I considerando 2, 5, 7 e 101 della direttiva 2006/123 così recitano: «(2) Una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell’Unione europea. (…) Un libero mercato che induca gli Stati membri ad eliminare le restrizioni alla circolazione transfrontaliera dei servizi, incrementando al tempo stesso la trasparenza e l’informazione dei consumatori, consentirebbe agli stessi una più ampia facoltà di scelta e migliori servizi a prezzi inferiori. (…) (5) È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. Poiché gli ostacoli al mercato interno dei servizi riguardano tanto gli operatori che intendono stabilirsi in altri Stati membri quanto quelli che prestano un servizio in un altro Stato membro senza stabilirvisi, occorre permettere ai prestatori di sviluppare le proprie attività nel mercato interno stabilendosi in uno Stato membro o avvalendosi della libera circolazione dei servizi. I prestatori devono poter scegliere tra queste due libertà, in funzione della loro strategia di sviluppo in ciascuno Stato membro. (…) (7) La presente direttiva istituisce un quadro giuridico generale a vantaggio di un’ampia varietà di servizi pur tenendo conto nel contempo delle specificità di ogni tipo d’attività o di professione e del loro sistema di regolamentazione. (…) (…) (101) È necessario ed è nell’interesse dei destinatari, in particolare dei consumatori, assicurare che i prestatori abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari e che le restrizioni a questo riguardo siano limitate a quanto necessario per assicurare l’imparzialità nonché l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate. (…)». 8 L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», al paragrafo 1 prevede quanto segue: «La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi». 9 L’articolo 25, paragrafo 1, di tale direttiva, intitolato «Attività multidisciplinari», al paragrafo 1 prevede quanto segue: «Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse. Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti: a) le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità; b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e l’imparzialità». Diritto italiano 10 L’articolo 5, commi 3 e 3 bis, della legge del 3 febbraio 1989, n. 39 – Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore (GURI n. 33 del 9 febbraio 1989, in prosieguo la «legge n. 39/89») è così formulato: «3. L’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile con l’esercizio di attività imprenditoriale di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione ovvero con la qualità di dipendente di tale imprenditore, nonché con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o di dipendente o collaboratore di imprese esercenti i servizi finanziari di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, o con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi. 3-bis. In deroga a quanto disposto dal comma 3, l’esercizio dell’attività di agente immobiliare è compatibile con quella di dipendente o collaboratore di imprese esercenti l’attività di mediazione creditizia disciplinata dagli articoli 128-sexies e seguenti del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. L’esercizio dell’attività di mediazione creditizia rimane assoggettato alla relativa disciplina di settore e ai relativi controlli». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 11 La Tecno*37 è un’impresa individuale che esercita contemporaneamente le attività di amministratore di condomini e di mediazione immobiliare in qualità di agente immobiliare. 12 Il 17 marzo 2020 il Ministero dello Sviluppo economico, sulla base di una denuncia, ha chiesto alla CCIAA di effettuare verifiche relative all’esistenza di una possibile incompatibilità o di un possibile conflitto di interessi in ragione del cumulo, da parte della Tecno*37, delle attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini. 13 Dopo aver constatato che la Tecno*37 è stata responsabile, dal 1° gennaio 1988, nell’ambito di un’attività di natura imprenditoriale, dell’amministrazione e della gestione di condomini, contemporaneamente all’esercizio, dal 1° luglio 1988, di un’attività di mediazione immobiliare, la CCIAA ha ritenuto che ciò costituisse una situazione di incompatibilità ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89. 14 Di conseguenza, la CCIAA ha deciso di iscrivere la Tecno*37 nel registro economico e amministrativo degli amministratori di condomini e le ha vietato la prosecuzione dell’attività di mediazione immobiliare. 15 La Tecno*37 ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna (Italia), il quale è stato respinto con la motivazione che gli immobili gestiti nell’ambito dell’attività di amministratore possono essere indebitamente favoriti rispetto a quelli disponibili sul mercato, con conseguenze quanto all’imparzialità di cui dovrebbe dar prova un mediatore immobiliare. 16 La Tecno*37 ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio, facendo valere, segnatamente, che il divieto di cumulare le attività di cui trattasi violerebbe il diritto dell’Unione. 17 In particolare, l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 sarebbe oggetto di un’applicazione astratta e generale, che condurrebbe a riconoscere sempre un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini e impedirebbe qualsiasi valutazione caso per caso di un rischio di conflitto di interessi, tale incompatibilità essendo in contrasto con la giurisprudenza della Corte. 18 Il giudice del rinvio rileva, anzitutto, che la Commissione europea ha avviato, il 19 luglio 2018, una procedura d’infrazione [INFR(2018)2175] contro la Repubblica italiana sulla questione della conformità al diritto dell’Unione dell’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89. 19 In tale procedura, la Commissione avrebbe contestato alla Repubblica italiana il fatto che varie disposizioni del suo diritto nazionale, tra cui l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89, violavano l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36 e l’articolo 49 TFUE, in quanto tale disposizione nazionale prevedeva un’incompatibilità assoluta tra l’esercizio dell’attività di mediazione immobiliare e qualsiasi impiego pubblico o privato e ogni altra attività imprenditoriale o professionale esercitata in qualità di lavoratore autonomo o imprenditore. 20 Detto giudice indica che le autorità italiane, riconoscendo che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 poteva avere effetti sproporzionati, hanno più volte modificato tale disposizione. 21 Tale giudice rileva che la procedura d’infrazione è stata in seguito archiviata dalla Commissione il 29 settembre 2022, dato che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 non prevede più un divieto assoluto di esercizio congiunto di attività multidisciplinari. 22 A tal riguardo, il giudice del rinvio si interroga sulle conseguenze di una siffatta archiviazione quanto alla conformità al diritto dell’Unione dell’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89, nella sua versione risultante dalla modifica apportata a seguito della procedura d’infrazione. 23 Detto giudice ritiene inoltre, da un lato, che, qualora un mediatore immobiliare eserciti congiuntamente l’attività di amministratore di condomini, la sua imparzialità potrebbe essere pregiudicata. Infatti, tale mediatore potrebbe essere indotto ad orientare i potenziali acquirenti verso i beni immobili che gestisce, a scapito di altri beni comparabili di cui non ha la gestione. 24 Dall’altro lato, il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 abbia lo scopo di garantire la tutela del consumatore, in quanto tale disposizione consente di evitare qualsiasi conflitto di interessi. 25 Sussisterebbe tuttavia un dubbio, ai fini della soluzione della controversia sottoposta a detto giudice, quanto alla conformità al diritto dell’Unione delle restrizioni che tale normativa prevede. 26 Alla luce delle suesposte considerazioni, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se l’articolo 5, comma 3, della legge [n. 39/89], come riformulato a seguito della procedura di infrazione n. 2018/2175, deve intendersi oggi pienamente conforme al diritto [dell’Unione] specie in ragione dell’avvenuta archiviazione della procedura di infrazione stessa. 2) Se i principi e gli scopi dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva [2005/36] (come modificata dalla direttiva [2013/55]), nonché dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva [2006/123] e più in generale dell’articolo 49 TFUE ostano ad una normativa come quella italiana di cui all’articolo 5, comma 3, della legge [n. 39/89] che sancisce in via preventiva e generale l’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini sul presupposto del mero esercizio congiunto delle due attività e senza, quindi, la necessità per le Camere di Commercio di svolgere alcuna verifica a posteriori riferita in concreto all’oggetto delle mediazioni svolte e senza che ciò risulti motivato da un “motivo imperativo di interesse generale” specificatamente individuato e comprovato o comunque senza la dimostrazione della proporzionalità della prevista incompatibilità generale rispetto allo scopo perseguito. 3) Se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condomini salvo il caso in cui non cerchi di vendere/acquistare il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi». Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 27 Secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, quest’ultima deve fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è adito. A tal fine, la Corte è tenuta, se necessario, a riformulare le questioni che le sono sottoposte [sentenza del 16 maggio 2024, Toplofikatsia Sofia (Nozione di domicilio del convenuto), C‑222/23, EU:C:2024:405, punto 63 e giurisprudenza ivi citata]. 28 Occorre pertanto riformulare la prima questione pregiudiziale e considerare che, con essa, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 258 TFUE debba essere interpretato nel senso che l’archiviazione, da parte della Commissione, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro comporti la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura. 29 A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza, la decisione della Commissione di avviare o meno un procedimento per inadempimento costituisce l’esercizio di un potere discrezionale di quest’ultima, sul quale la Corte non può esercitare un controllo giurisdizionale [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Antiriciclaggio), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 49 e giurisprudenza ivi citata]. Infatti, la Commissione, in considerazione del suo ruolo di custode del Trattato, è la sola competente a decidere se sia opportuno avviare un procedimento per la dichiarazione di un inadempimento. Del pari, essa ha la competenza esclusiva di decidere se sia opportuno continuare la procedura precontenziosa inviando un parere motivato, così come ha la facoltà, ma non l’obbligo, al termine di tale procedura, di deferire la questione alla Corte in vista di un accertamento da parte di quest’ultima del presunto inadempimento (sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Bulgaria, C‑145/14, EU:C:2015:502, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). 30 Lo stesso potere discrezionale caratterizza quindi l’adozione, da parte della Commissione, della decisione di archiviare una tale procedura. 31 Tenuto conto di tale potere discrezionale, la decisione di proseguire o di archiviare una procedura d’infrazione non può essere determinante ai fini della valutazione della conformità al diritto dell’Unione di una normativa nazionale. 32 A tal riguardo, la Corte ha già statuito che la Commissione non ha il potere di stabilire in modo definitivo, nell’ambito della procedura per inadempimento, i diritti e gli obblighi di uno Stato membro o di fornire a quest’ultimo garanzie relative alla compatibilità con il diritto dell’Unione di un determinato comportamento (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2003, Commissione/Germania, C‑135/01, EU:C:2003:171l, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, la Corte è competente in via esclusiva a constatare che uno Stato membro è venuto meno a uno degli obblighi ad esso incombenti in forza dei Trattati. 33 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 258 TFUE deve essere interpretato nel senso che l’archiviazione, da parte della Commissione, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro non comporta la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura. Sulla seconda e terza questione 34 Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE, l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 e l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini. Sulla ricevibilità 35 Per quanto riguarda, in primo luogo, i quesiti del giudice del rinvio relativi all’interpretazione dell’articolo 49 TFUE, occorre ricordare che le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento non si applicano, in linea di principio, a una situazione i cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). 36 Pertanto, la Corte, adita da un giudice nazionale nel contesto di una situazione i cui elementi si collochino tutti all’interno di un solo Stato membro, non può, senza alcuna indicazione in tal senso da parte di detto giudice, considerare che la domanda di interpretazione pregiudiziale concernente le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali sia necessaria ai fini della soluzione della controversia pendente dinanzi a tale giudice. Gli elementi concreti che consentono di stabilire un collegamento fra l’oggetto o le circostanze di una controversia, i cui elementi siano tutti collocati all’interno dello Stato membro interessato, e l’articolo 49 TFUE devono infatti risultare dalla decisione di rinvio (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). 37 Di conseguenza, in una situazione i cui elementi si collochino tutti all’interno di un solo Stato membro, spetta al giudice del rinvio indicare alla Corte, in conformità a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali, che renda l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). 38 Orbene, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, la controversia principale è caratterizzata da elementi che si collocano tutti all’interno dell’Italia. Inoltre, il giudice del rinvio non indica sotto quale profilo, nonostante il suo carattere meramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti un elemento di collegamento con l’articolo 49 TFUE che renderebbe l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia. 39 La seconda e la terza questione sono pertanto irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione dell’articolo 49 TFUE. 40 Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’interpretazione richiesta dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36, da tale disposizione risulta che gli Stati membri esaminano se, nel loro ordinamento giuridico, i requisiti che limitano, segnatamente, l’esercizio di una professione ai titolari di un particolare titolo di formazione, compreso l’uso di titoli professionali e le attività professionali autorizzate sulla base di tale titolo, non siano né direttamente né indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o del luogo di residenza, siano giustificati da motivi imperativi di interesse generale e siano idonei a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento. 41 A tal riguardo, occorre altresì rilevare che, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, quest’ultima si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro, compresi i liberi professionisti, che intendano esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali. 42 Inoltre, la Corte ha già precisato che dagli articoli 1 e 4 di detta direttiva emerge che lo scopo essenziale del riconoscimento reciproco consiste nel consentire al titolare di una qualifica professionale che gli apre l’accesso ad una professione regolamentata nel suo Stato membro d’origine di accedere, nello Stato membro ospitante, alla stessa professione per la quale egli è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla sul suo territorio alle stesse condizioni che valgono per i suoi cittadini (sentenza dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija, C‑166/20, EU:C:2021:554, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). 43 Orbene, nel caso di specie, è pacifico che la presente causa non verte sul riconoscimento di una qualifica professionale ottenuta in uno Stato membro diverso dall’Italia. 44 In tali circostanze, la seconda e la terza questione pregiudiziale sono parimenti irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36. 45 In terzo luogo, occorre rilevare che l’Irlanda eccepisce l’irricevibilità della terza questione, nei limiti in cui essa mira ad ottenere un parere consultivo della Corte sulla base di premesse di fatto che non corrisponderebbero a quelle della controversia principale. 46 In particolare, l’Irlanda sostiene che, sebbene tale terza questione si riferisca all’attività di un agente immobiliare, la controversia principale riguarda in realtà l’attività di un intermediario, distinzione che non risulterebbe dall’ordinanza di rinvio. 47 Inoltre, tale Stato membro ritiene che la terza questione sia fondata sull’ipotesi, erronea, secondo cui un conflitto di interessi sorgerebbe necessariamente se un agente immobiliare fosse impegnato nell’acquisto o nella vendita di un bene di cui assicura la gestione in qualità di amministratore di condomini e che, pertanto, così come formulata, la terza questione oltrepasserebbe la portata degli interessi in gioco nel giudizio principale. 48 A tale proposito, va ricordato che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile, segnatamente, solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale oppure qualora la questione sia di tipo ipotetico [sentenza dell’8 maggio 2024, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» (Associazioni di magistrati), C‑53/23, EU:C:2024:388, punto 21 e giurisprudenza ivi citata]. 49 Peraltro, occorre rilevare che, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio fa esplicito riferimento al contemporaneo esercizio dell’attività di mediazione immobiliare e di quella di amministratore di condomini, senza menzionare l’attività di intermediario. 50 Per quanto riguarda le considerazioni relative al rischio di un conflitto di interessi in ragione del cumulo delle attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, deve ritenersi che esse rientrino nell’ambito del merito della questione pregiudiziale e non della ricevibilità di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punto 43). 51 Quanto alle affermazioni dell’Irlanda secondo cui la terza questione andrebbe oltre le implicazioni della controversia principale, occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte, in linea di principio, è tenuta a statuire. Ne consegue che le questioni sollevate dai giudici nazionali godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti che l’interpretazione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora il problema abbia carattere ipotetico, o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile a tali questioni (sentenza del 21 dicembre 2023, Cofidis, C‑340/22, EU:C:2023:1019, punto 18). 52 Peraltro, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, la Corte deve fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è adito. A tal fine, la Corte è tenuta, se necessario, a riformulare le questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2024, Direktor na Glavna direktsia «Natsionalna politsia» pri MVR – Sofia, C‑118/22, EU:C:2024:97, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). 53 Alla luce di quanto precede, gli argomenti dell’Irlanda relativi all’irricevibilità della terza questione non possono essere accolti. 54 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la seconda e la terza questione pregiudiziale devono essere considerate irricevibili unicamente nella parte in cui vertono sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36. Nel merito 55 In via preliminare, occorre determinare se l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 si applichi ad una situazione puramente interna come quella di cui trattasi nel procedimento principale. 56 A tal riguardo, occorre rilevare che, in forza del primo comma di tale disposizione, gli Stati membri provvedono affinché i prestatori di servizi non siano soggetti a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse. Il secondo comma di tale disposizione precisa che i prestatori di servizi di cui alle sue lettere a) e b) possono essere soggetti a tali requisiti, alle condizioni ivi stabilite. 57 Orbene, occorre constatare che l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 non fa riferimento a un elemento transfrontaliero e non enuncia alcuna condizione relativa all’esistenza di un siffatto elemento. 58 Infatti, come sostenuto dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, l’applicazione di tale disposizione non richiede l’esistenza di un elemento di estraneità, dal momento che le misure che essa comporta forniscono una base comune per facilitare la libera circolazione dei servizi al fine di garantire una migliore qualità di questi ultimi, indipendentemente dal fatto che il prestatore fornisca i suoi servizi esclusivamente sul territorio del suo Stato membro o anche in altri Stati membri. 59 A tale proposito, la Corte ha ritenuto che, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, in combinato disposto con i considerando 2 e 5 della stessa, tale direttiva stabilisce disposizioni generali volte ad eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra questi ultimi, al fine di contribuire alla realizzazione di un mercato interno dei servizi libero e competitivo. Orbene, la piena realizzazione del mercato interno dei servizi richiede, innanzitutto, l’eliminazione degli ostacoli che i prestatori incontrano nello stabilirsi negli Stati membri, indipendentemente dal fatto che si tratti del proprio Stato membro o di un altro Stato membro, e che sono suscettibili di incidere sulla loro capacità di fornire servizi ai destinatari che si trovano in tutta l’Unione (sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punti 104 e 105 e giurisprudenza ivi citata). 60 Ai fini dell’instaurazione di un vero mercato interno dei servizi, l’approccio adottato dal legislatore dell’Unione nella direttiva 2006/123 si basa, come enunciato dal suo considerando 7, su un quadro giuridico generale costituito da una combinazione di diverse misure destinate a garantire un grado elevato di integrazione giuridica nell’Unione. Salvo pregiudicare l’effetto utile dello specifico quadro giuridico che il legislatore dell’Unione ha inteso istituire adottando la direttiva 2006/123, si deve dunque ammettere che la portata di tale direttiva è tale da estendersi, se del caso, al di là di ciò che prevedono in senso stretto le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punti 106 e 107 e giurisprudenza ivi citata). 61 Pertanto, poiché l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 può applicarsi a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro, è alla luce di tale disposizione che occorre fornire una risposta al giudice del rinvio. 62 Come osservato al punto 56 della presente sentenza, ai sensi del primo comma di tale disposizione, gli Stati membri devono garantire che i prestatori di servizi non siano soggetti a requisiti che li obblighino a svolgere esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse. 63 Ciò premesso, l’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/123 precisa che i prestatori di cui alle lettere a) e b) di tale disposizione possono essere assoggettati a tali requisiti, nel rispetto delle condizioni ivi enunciate. 64 Nel caso di specie, come risulta dall’ordinanza di rinvio, l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 viene interpretato e applicato nel senso che vieta l’esercizio congiunto delle attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, a prescindere dal fatto che siano o meno esercitate in relazione allo stesso bene, qualora si tratti di attività imprenditoriali. 65 Ne consegue che l’articolo 5, paragrafo 3, della legge n. 39/89 sottopone tali prestatori a requisiti come quelli previsti dall’articolo 25, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/123. 66 È pertanto necessario esaminare se tali requisiti possano essere ammessi nel caso di specie, sulla base dell’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), di detta direttiva. 67 Sebbene spetti, in ultima analisi, al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e a interpretare il diritto nazionale, stabilire se i requisiti previsti dalla normativa nazionale corrispondano alle condizioni poste dall’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123, la Corte, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è competente, sulla base degli atti del procedimento principale nonché delle osservazioni scritte e orali sottopostele, a fornire al giudice del rinvio indicazioni utili, idonee a consentirgli di dirimere la controversia di cui è adito (v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2023, PrivatBank e a., C‑78/21, EU:C:2023:137, punto 71 e giurisprudenza ivi citata). 68 Nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che l’attività di mediazione è una professione regolamentata in Italia. Orbene, l’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123 prevede che i requisiti relativi alle professioni regolamentate sono ammessi solo nei limiti in cui siano giustificati per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità. 69 Il governo italiano ha fatto valere al riguardo gli obiettivi della tutela dei consumatori e della salvaguardia dell’indipendenza e dell’imparzialità dei mediatori immobiliari, laddove quest’ultimo obiettivo va di pari passo con la prevenzione dei conflitti di interessi. 70 Esso ritiene che senza un divieto di cumulo di attività come quello di cui trattasi nel procedimento principale sussisterebbe il rischio che i proprietari di beni immobili per i quali il ruolo di amministratore e quello di mediatore immobiliare sono esercitati dallo stesso soggetto siano indebitamente favoriti. Infatti, un mediatore non soggetto a tale divieto potrebbe orientare i potenziali acquirenti verso gli immobili per i quali esso stesso esercita le funzioni di amministratore. 71 Il governo italiano sostiene inoltre che non è possibile far gravare sulle camere di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dell’agricoltura il compito di verificare, per ogni transazione, l’assenza di un conflitto di interessi. 72 A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 25 della direttiva 2006/123, ivi comprese le condizioni cui sono soggetti i requisiti da esso contemplati, si inserisce nel capo V di tale direttiva, intitolato «Qualità dei servizi». Orbene, la Corte ha statuito che tale capo, in generale, mira alla salvaguardia degli interessi dei consumatori, migliorando la qualità dei servizi delle professioni regolamentate nell’ambito del mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2011, Société fiduciaire nationale d’expertise comptable, C‑119/09, EU:C:2011:208, punto 28). 73 D’altronde, questo stesso obiettivo si riflette nel considerando 101 di detta direttiva, secondo il quale è necessario ed è nell’interesse dei destinatari, in particolare dei consumatori, assicurare che i prestatori abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari e che le restrizioni a questo riguardo siano limitate a quanto necessario per assicurare l’imparzialità nonché l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate. 74 Al fine di assicurare la tutela dei consumatori, gli Stati membri possono adottare misure volte a garantire l’indipendenza e l’imparzialità delle professioni regolamentate, conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123. 75 Nel caso in questione, dal momento che un mediatore immobiliare deve essere terzo rispetto alle parti di una transazione immobiliare, risulta che il divieto di svolgere congiuntamente le attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, in quanto è volto a prevenire il rischio di un conflitto di interessi, possa, in linea di principio, essere considerato atto a garantire l’indipendenza e l’imparzialità della professione regolamentata in questione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. 76 Ciò premesso, occorre inoltre che un divieto generale di esercizio congiunto di attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, non vada oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo. A tal riguardo, si deve verificare se altre misure meno restrittive non possano consentire di raggiungere lo stesso risultato. 77 Nel caso di specie, come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, sebbene non si possa escludere che possa verificarsi una situazione di conflitto di interessi, in particolare quando le attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini sono esercitate nei confronti di uno stesso bene o di beni comparabili, un tale rischio non è necessariamente destinato a realizzarsi in ogni circostanza, cosicché l’esistenza di un siffatto conflitto di interessi non si può presumere. 78 Del resto, il divieto in questione non sembra essere l’unica misura che consenta di garantire l’indipendenza e l’imparzialità della professione regolamentata di mediatore immobiliare. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, e come hanno sostenuto la Commissione nonché la Tecno*37 nelle loro osservazioni scritte, misure meno lesive della libera prestazione di servizi rispetto a un divieto generale di esercizio congiunto delle due attività, come un divieto di esercizio congiunto di attività limitato al caso in cui si tratti di un medesimo bene immobile, e/o obblighi specifici di trasparenza e di informazione riguardanti tale esercizio congiunto, accompagnati da un controllo ex post da parte delle camere professionali competenti, possono consentire di garantire tale indipendenza e tale imparzialità. 79 Infine, occorre considerare che le difficoltà di ordine pratico invocate dal governo italiano per quanto riguarda l’attuazione delle misure alternative al divieto generale di esercizio congiunto di attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini e, in particolare, l’impossibilità di verificare l’assenza di un conflitto di interessi in ciascuna transazione, in occasione di un eventuale esercizio di tali attività per un medesimo bene immobile, non sono insormontabili. Infatti, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni, gli atti di compravendita possono, ad esempio, contenere dichiarazioni esplicite secondo le quali l’agente immobiliare, agendo in qualità di mediatore, non esercita, al contempo, la funzione di amministratore del condominio di cui fa parte l’immobile acquistato. 80 In ogni caso, la Corte ha statuito che tali difficoltà pratiche non possono giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2020, Commissione/Belgio (Contabili), C‑384/18, EU:C:2020:124, punto 58]. 81 Di conseguenza, e fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio dovrà effettuare, risulta che un divieto generale di cumulo dell’attività di mediazione immobiliare e di quella di amministratore di condomini, come quello in questione nel procedimento principale, vada oltre quanto necessario e proporzionato per raggiungere l’obiettivo che persegue. 82 In tali circostanze, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente. Sulle spese 83 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: 1) L’articolo 258 TFUE deve essere interpretato nel senso che: l’archiviazione, da parte della Commissione europea, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro non comporta la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura. 2) L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente. Firme * Lingua processuale: l’italiano. |