SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
29 luglio 2024 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Società – Scissioni delle società per azioni – Sesta direttiva 82/891/CEE – Articolo 3, paragrafo 3, lettera b) – Scissione mediante costituzione di nuove società – Nozione di “elemento del patrimonio passivo non (…) attribuito nel progetto di scissione” – Responsabilità solidale di tali nuove società per il passivo derivante da comportamenti della società scissa antecedenti a detta scissione»
Nella causa C‑713/22,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con decisione del 3 novembre 2022, pervenuta in cancelleria il 21 novembre 2022, nel procedimento
LivaNova plc
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze,
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
Presidenza del Consiglio dei ministri,
in presenza di:
SNIA SpA, in regime di amministrazione straordinaria,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, E. Regan, T. von Danwitz, Z. Csehi e O. Spineanu‑Matei, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.‑C. Bonichot, P.G. Xuereb (relatore), I. Jarukaitis, A. Kumin, M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici,
avvocato generale: P. Pikamäe
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per LivaNova plc, da A. Auricchio, B. Nascimbene, G.C. Rizza, R. Sacchi, C. Santoro, M. Siragusa, D. Vecchi e R. Zaccà, avvocati;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Di Leo, P. Gentili e F. Vignoli, avvocati dello Stato;
– per il governo ellenico, da V. Baroutas e K. Boskovits, in qualità di agenti;
– per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll ed E. Samoilova, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da G. Braun, L. Malferrari e P.A. Messina, in qualità di agenti,
vista la decisione adottata, sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha emesso la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [CEE] e relativa alle scissioni delle società per azioni (GU 1982, L 378, pag. 47).
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone LivaNova plc al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia), al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Italia) (in prosieguo: il «Ministero dell’Ambiente») e alla Presidenza del Consiglio dei ministri (Italia), vertente sulla constatazione della responsabilità solidale di LivaNova per i debiti derivanti dai costi di bonifica e dai danni ambientali causati dalla SNIA SpA, risultanti da comportamenti antecedenti e successivi alla scissione di quest’ultima società, dalla quale è nata la Sorin SpA, divenuta LivaNova.
Contesto giuridico
Diritto dell’Unione
Terza direttiva 78/855/CEE
3 La terza direttiva 78/855/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1978, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [CEE] e relativa alle fusioni delle società per azioni (GU 1978, L 295, pag. 36), è stata abrogata dalla direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativa alle fusioni delle società per azioni (GU 2011, L 110, pag. 1), a partire dal 1° luglio 2011.
4 L’articolo 1 della terza direttiva 78/855, intitolato «Campo d’applicazione», prevedeva, al paragrafo 1, quanto segue:
«Le misure di coordinamento prescritte dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti i seguenti tipi di società:
(…)
– per l’Italia:
la società per azioni,
(…)».
Sesta direttiva 82/891/CEE
5 La sesta direttiva 82/891 è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativa ad alcuni aspetti di diritto societario (GU 2017, L 169, pag. 46), a partire dal 20 luglio 2017. I fatti di cui al procedimento principale sono antecedenti a quest’ultima data.
6 Il quinto considerando della sesta direttiva 82/891 enunciava quanto segue:
«(…) la tutela degli interessi dei soci e dei terzi richiede un coordinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti le scissioni di società per azioni, nella misura in cui gli Stati membri autorizzano tale operazione».
7 I considerando dall’ottavo all’undicesimo della medesima sesta direttiva erano così formulati:
«(…) i creditori, obbligazionisti o no, ed i portatori di altri titoli delle società partecipanti alla scissione devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della [scissione] li leda;
(…) la pubblicità prevista dalla [prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU 1968, L 65, pag. 8),] deve essere estesa alle operazioni relative alla scissione affinché i terzi ne siano sufficientemente informati;
(…) è necessario estendere le garanzie previste in favore dei soci e dei terzi, nel quadro della procedura di scissione, a talune operazioni giuridiche che, in certi settori essenziali, hanno delle caratteristiche analoghe a quelle della scissione affinché questa tutela non possa essere elusa;
(…) in vista di garantire la sicurezza giuridica nelle relazioni sia fra le società partecipanti alla scissione che fra queste ed i terzi nonché fra gli azionisti, bisogna limitare i casi di nullità e stabilire da una parte il principio della sanatoria ogni volta che essa è possibile e, dall’altra, un termine breve per l’esercizio dell’azione di nullità».
8 L’articolo 1 della sesta direttiva 82/891 disponeva quanto segue:
«1. Se gli Stati membri permettono per le società di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della [terza direttiva 78/855], soggette alla loro legislazione, l’operazione di scissione mediante incorporazione, definita all’articolo 2 della presente direttiva, essi sottopongono tale operazione al capitolo I della presente direttiva.
2. Se gli Stati membri permettono per le società di cui al paragrafo 1 l’operazione di scissione tramite costituzione di nuove società, definita all’articolo 21, paragrafo 1, essi sottopongono tale operazione al capitolo II.
(…)».
9 Gli articoli da 2 a 20 della sesta direttiva 82/891 erano contenuti nel capitolo I di quest’ultima, intitolato «Scissione mediante incorporazione».
10 L’articolo 2, paragrafo 1, di tale sesta direttiva prevedeva quanto segue:
«Ai sensi della presente direttiva si intende per scissione mediante incorporazione l’operazione con la quale una società, tramite uno scioglimento senza liquidazione, trasferisce a più società l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della società scissa di azioni delle società beneficiarie dei conferimenti risultanti dalla scissione, in seguito denominate “società beneficiarie”, e eventualmente di un conguaglio in denaro non superiore al 10% del valore nominale delle azioni attribuite o, in mancanza di valore nominale, del loro equivalente contabile».
11 L’articolo 3 della citata sesta direttiva enunciava quanto segue:
«1. Gli organi di amministrazione o di direzione delle società partecipanti alla scissione redigono per iscritto un progetto di scissione.
2. Il progetto di scissione indica almeno:
(…)
h) la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio attivo e passivo da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie;
i) la ripartizione tra gli azionisti della società scissa delle azioni delle società beneficiarie nonché il criterio sul quale si basa tale ripartizione.
3. a) Se un elemento del patrimonio attivo non è attribuito nel progetto di scissione e l’interpretazione di quest’ultimo non permette di deciderne la ripartizione, questo elemento o il suo controvalore è ripartito tra tutte le società beneficiarie proporzionalmente all’attivo netto attribuito a ciascuna di dette società nel progetto di scissione.
b) Se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione e l’interpretazione di quest’ultimo non permette di deciderne la ripartizione, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile. Gli Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria».
12 L’articolo 12 della medesima sesta direttiva era formulato nei seguenti termini:
«1. Le legislazioni degli Stati membri devono prevedere un adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti alla scissione per i crediti che siano anteriori alla pubblicazione del progetto di scissione e che non siano ancora scaduti al momento della pubblicazione.
2. A tal fine le legislazioni degli Stati membri prevedono, quanto meno, che tali creditori abbiano il diritto di ottenere adeguate garanzie, qualora le situazioni finanziarie della società scissa e della società cui sarà trasferito l’obbligo conformemente al progetto di scissione rendano necessaria tale tutela e qualora detti creditori non dispongano già di tali garanzie.
3. Nella misura in cui non sia stato soddisfatto un creditore della società alla quale è stato trasferito l’obbligo, conformemente al progetto di scissione, le società beneficiarie sono solidalmente responsabili di questo obbligo. Gli Stati membri possono limitare questa responsabilità all’attivo netto attribuito ad ogni società diversa da quella cui l’obbligo è stato trasferito. Gli Stati membri possono non applicare il presente paragrafo, qualora conformemente all’articolo 23 l’operazione di scissione sia sottoposta al controllo di un’autorità giudiziaria e qualora la maggioranza dei creditori, rappresentativa dei tre quarti dell’importo dei crediti, o una maggioranza di una categoria di creditori della società scissa, rappresentativa dei tre quarti dell’importo dei crediti, abbia rinunciato, in un’assemblea tenuta conformemente all’articolo 23, paragrafo 1, lettera c), ad invocare la responsabilità solidale.
(…)».
13 Così recitava l’articolo 13 della sesta direttiva 82/891:
«I portatori di titoli diversi dalle azioni, forniti di diritti speciali, devono beneficiare, nelle società beneficiarie contro le quali tali titoli possono essere opposti conformemente al progetto di scissione, di diritti almeno equivalenti a quelli di cui beneficiavano nella società scissa, a meno che la modifica dei loro diritti sia stata approvata da una assemblea dei portatori di detti titoli, se la legislazione nazionale prevede questa assemblea, oppure dai singoli portatori di detti titoli, o anche a meno che tali portatori abbiano il diritto di ottenere il riscatto dei loro titoli».
14 L’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva in parola aveva il seguente tenore:
«La scissione produce ipso jure e simultaneamente i seguenti effetti:
a) il trasferimento, tanto tra la società scissa e le società beneficiarie, quanto nei confronti dei terzi, dell’intero patrimonio attivo e passivo della società scissa alle società beneficiarie; questo trasferimento è fatto per parti conformemente alla ripartizione prevista dal progetto di scissione o dall’articolo 3, paragrafo 3;
b) gli azionisti della società scissa divengono azionisti di una o delle società beneficiarie conformemente alla ripartizione prevista dal progetto di scissione;
c) la società scissa si estingue».
15 Nel capitolo II della citata sesta direttiva, intitolato «Scissione mediante costituzione di nuove società», l’articolo 21, paragrafo 1, prevedeva:
«Ai sensi della presente direttiva si intende per scissione mediante costituzione di nuove società l’operazione con la quale una società, tramite il suo scioglimento senza liquidazione, trasferisce a più società di nuova costituzione l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della società scissa di azioni delle società beneficiarie e, eventualmente, di un conguaglio in danaro non superiore al 10% del valore nominale delle azioni attribuite o, in mancanza di valore nominale, del loro equivalente contabile».
16 L’articolo 22, paragrafo 1, della medesima sesta direttiva, anch’esso contenuto nel capitolo II di quest’ultima, recitava:
«Alla scissione mediante costituzione di nuove società sono applicabili gli articoli 3, 4, 5 e 7, l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, gli articoli da 9 a 19 della presente direttiva, fatti salvi gli articoli 11 e 12 della direttiva 68/151/CEE. A tal fine l’espressione “società partecipanti alla scissione” designa la società scissa e l’espressione “società beneficiaria” designa ciascuna delle nuove società».
17 L’articolo 25 della sesta direttiva 82/891, collocato nel capitolo IV di quest’ultima, dal titolo «Altre operazioni assimilate alla scissione», così disponeva:
«Quando la legislazione di uno Stato membro permette una delle operazioni di cui all’articolo 1, senza che la società scissa si estingua, sono applicabili i capitoli I, II e III, salvo l’articolo 17, paragrafo 1, lettera c)».
Diritto italiano
18 L’articolo 2506 del codice civile, intitolato «Forme di scissione», dispone quanto segue:
«Con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci.
(…)
La società scissa può, con la scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività.
(…)».
19 L’articolo 2506-bis di detto codice, intitolato «Progetto di scissione», recita:
«L’organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige un progetto dal quale devono risultare i dati indicati nel primo comma dell’articolo 2501-ter ed inoltre l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e dell’eventuale conguaglio in danaro.
Se la destinazione di un elemento dell’attivo non è desumibile dal progetto, esso, nell’ipotesi di assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa, è ripartito tra le società beneficiarie in proporzione della quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna di esse, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio; se l’assegnazione del patrimonio della società è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla società trasferente.
Degli elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto, rispondono in solido, nel primo caso, le società beneficiarie, nel secondo la società scissa e le società beneficiarie. La responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria.
Dal progetto di scissione devono risultare i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie. Qualora il progetto preveda una attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, il progetto medesimo deve prevedere il diritto dei soci che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto l’obbligo di acquisto».
20 L’articolo 2506-quater di detto codice, intitolato «Effetti della scissione», dispone, nell’ultimo comma, quanto segue:
«Ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
21 Il 13 maggio 2003, la SNIA ha realizzato un’operazione di scissione, conformemente alla normativa italiana, con effetti dal 2 gennaio 2004, mediante la quale essa ha trasferito una parte del suo patrimonio, vale a dire tutte le partecipazioni da essa detenute nel settore biomedicale, ad una società di nuova costituzione, la Sorin.
22 Il Ministero dell’Ambiente ha proposto delle domande di risarcimento nei confronti della SNIA, per i danni ambientali che quest’ultima avrebbe causato, nell’ambito delle sue attività nel settore dei prodotti chimici, svolte per il tramite delle sue controllate, Caffaro e Caffaro Chimica, in tre siti industriali ubicati, rispettivamente, a Brescia (Italia), a Torviscosa (Italia) e a Colleferro (Italia).
23 La SNIA, che è stata posta in amministrazione straordinaria nel 2010, ha convenuto la Sorin, nonché il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dinanzi al Tribunale di Milano (Italia), al fine dell’accertamento della responsabilità solidale della Sorin, anche nei confronti delle suddette amministrazioni pubbliche, per tutti i debiti risultanti dagli oneri di bonifica e dai danni ambientali, ascrivibili alle responsabilità di SNIA anteriori alla scissione societaria.
24 Le amministrazioni pubbliche convenute hanno, a loro volta, chiesto la condanna della Sorin, in solido con la SNIA.
25 Nel 2015 la Sorin è divenuta LivaNova.
26 Il 1° aprile 2016, il Tribunale di Milano ha respinto tutte le domande proposte dalle amministrazioni pubbliche convenute. Tali amministrazioni hanno interposto appello contro la sentenza di detto tribunale.
27 Con sentenza non definitiva del 5 marzo 2019, la Corte d’appello di Milano (Italia) ha riconosciuto l’esistenza di un nesso di causalità tra le attività esercitate dalla SNIA e dalle sue controllate, da un lato, e l’inquinamento dei terreni in questione, dall’altro. Essa ha poi constatato che, in quanto proprietaria di tali aree e dei relativi stabilimenti, nonché gestore diretto e capogruppo delle imprese che operavano sulle aree stesse, la SNIA era responsabile di un’intensa attività di sfruttamento ambientale che si è protratta, sui tre siti industriali in questione, per quasi un secolo, con conseguenze estremamente gravi sotto il profilo dell’inquinamento. Come risulta dalla sentenza del giudice di cui sopra, la SNIA ha ammesso la propria responsabilità per questi fatti.
28 I fatti che hanno ingenerato la responsabilità della SNIA erano cronologicamente anteriori al 13 maggio 2003, data alla quale l’operazione di scissione in discussione nel procedimento principale è stata realizzata. La Corte d’appello di Milano ha dunque riconosciuto la responsabilità solidale di LivaNova, limitatamente all’attivo trasferito, conformemente all’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, a motivo del fatto che i debiti risultanti dai costi di bonifica e dai danni ambientali costituivano elementi del passivo della SNIA, noti ma la cui destinazione non era desumibile dal progetto di scissione in questione.
29 La Corte d’appello di Milano ha inoltre ordinato la prosecuzione del procedimento al fine di determinare, mediante una consulenza tecnica, l’esatta portata dell’inquinamento sui tre siti industriali in questione, le necessarie misure di riparazione ambientale e l’importo esatto dei costi di bonifica e dei corrispondenti danni ambientali.
30 Con sentenza definitiva del 12 novembre 2021, la Corte d’appello di Milano, in applicazione dell’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, ha condannato LivaNova, entro i limiti dell’attivo trasferito, a rimborsare i costi di bonifica e per i danni ambientali causati dalle attività delle controllate della SNIA nei tre siti industriali in questione, quantificandoli in EUR 453 587 327,48 complessivi.
31 LivaNova ha proposto ricorso per cassazione contro tale sentenza definitiva dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio.
32 Con il suo secondo motivo di ricorso, il cui esame da parte del giudice del rinvio è all’origine della questione pregiudiziale sollevata, LivaNova contesta alla Corte d’appello di Milano di non aver tenuto conto della differenza tra la nozione di «elementi del passivo», ai sensi dell’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, e quella di «debiti», ai sensi dell’articolo 2506 quater del codice civile, il quale sarebbe inteso a trasporre l’articolo 12, paragrafo 3, della sesta direttiva 82/891. Secondo LivaNova, la distinzione tra queste due nozioni avrebbe dovuto condurre il giudice summenzionato ad includere nella nozione di «debiti» solo le passività di natura determinata ed esistenza certa, con scadenza e ammontare determinato, non confondibile con i «fondi» per rischi e con gli «impegni», visto che questi ultimi, costituenti «elementi del passivo», sarebbero rilevanti solo ai fini dell’applicazione dell’articolo 2506 bis del codice civile. LivaNova aggiunge che detto giudice le ha imputato, ingiustamente, danni generati da condotte (omissive o commissive) tenute successivamente alla scissione in parola, in violazione del limite temporale posto dalla normativa in rapporto agli «elementi del passivo» o ai «debiti» già esistenti al tempo della scissione medesima.
33 Al fine di statuire su questo motivo, il giudice del rinvio ritiene che occorrerebbe verificare la compatibilità, con il diritto dell’Unione, dell’interpretazione effettuata dalla Corte d’appello di Milano della nozione di «elementi del passivo la cui destinazione non è desumibile dal progetto [di scissione]», di cui all’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile.
34 Il giudice del rinvio sottolinea che tale responsabilità verte sulle conseguenze dannose di un «illecito permanente», suscettibili di aggravamento nel tempo e tali da risultare per loro stessa natura refrattarie «a rigide linee di demarcazione rispetto alla risultante di un’operazione societaria come quella in esame». Esso precisa che, dopo la scissione di cui al procedimento principale, i livelli di inquinamento dei siti industriali di Torviscosa e di Colleferro non sono aumentati, ma quelli del sito industriale di Brescia hanno conosciuto un incremento e tale incremento presenta un nesso di causalità con il comportamento della SNIA, antecedente a tale scissione.
35 Alla luce del diritto nazionale, l’elemento determinante, nel caso di specie, sarebbe che il giudice di merito, ossia la Corte d’appello di Milano, ha constatato la responsabilità della SNIA in ragione dell’anteriorità del fatto generatore dei danni ambientali di cui trattasi. Tale anteriorità permetterebbe di constatare l’esistenza anteriore di un debito ai fini dell’insorgere della responsabilità solidale per l’«illecito permanente» corrispondente.
36 Il giudice del rinvio aggiunge che, a suo avviso, l’espressione «elementi del passivo», contemplata dall’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, non implica alcuna predeterminata caratteristica qualitativa. Tali elementi potrebbero dunque consistere in debiti, e perfino in debiti autonomi rispetto agli attivi che vengono scissi. Tale interpretazione sarebbe suffragata dall’obiettivo della sesta direttiva 82/891, che è la tutela dei creditori, come risulterebbe dalla sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I. (C‑394/18, EU:C:2020:56, punti 44 e 51).
37 Il giudice del rinvio ritiene che sia tuttavia necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte, in quanto l’interpretazione della nozione di «elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto [di scissione]», che figura all’articolo 2506 bis del codice civile, deve essere compatibile con quella della corrispondente nozione di «elemento del patrimonio passivo non (…) attribuito nel progetto di scissione», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891.
38 È in tale contesto che la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’articolo 3, [paragrafo 3, lettera b),] della [sesta direttiva 82/891], applicabile (articolo 22) pure alla scissione mediante costituzione di nuove società, – nella parte in cui stabilisce che (a) “se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione e l’interpretazione di quest’ultimo non permette di deciderne la ripartizione, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile”, e che b) “[g]li Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria” – osti a un’interpretazione della norma di diritto interno costituita dall’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile che intenda la responsabilità solidale della beneficiaria riferibile, quale “elemento del passivo” non attribuito dal progetto [di scissione], oltre alle passività di natura già determinata, anche (i) a quelle identificabili nelle conseguenze dannose, prodottesi dopo la scissione, di condotte (commissive o omissive) venute in essere prima della scissione stessa o (ii) [alle passività identificabili nelle conseguenze dannose] delle condotte successive che ne siano sviluppo, aventi natura di illecito permanente, generative di un danno ambientale, i cui effetti, al momento della scissione, non siano ancora compiutamente determinabili».
Sulla competenza della Corte
39 A norma dell’articolo 21 della sesta direttiva 82/891, si intende per scissione mediante costituzione di nuove società l’operazione con la quale una società, tramite il suo scioglimento senza liquidazione, trasferisce a più società di nuova costituzione il suo intero patrimonio. Tuttavia, la SNIA non ha trasferito il suo intero patrimonio a più società, bensì soltanto una parte del suo patrimonio a una società di nuova costituzione, la Sorin, divenuta LivaNova.
40 Di conseguenza l’operazione di scissione di cui al procedimento principale non rientra direttamente nell’ambito di applicazione della sesta direttiva 82/891.
41 Conformemente all’articolo 267 TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull’interpretazione dei Trattati nonché degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea. Nel contesto della cooperazione fra la Corte e i giudici nazionali, istituita dall’articolo suddetto, spetta al solo giudice nazionale valutare, tenendo conto delle specificità di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter rendere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dai giudici nazionali riguardano l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 44 nonché la giurisprudenza ivi citata).
42 In applicazione di tale giurisprudenza, la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire sulle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui i fatti del procedimento principale si collocavano al di fuori della sfera di applicazione diretta del diritto dell’Unione, ma nelle quali dette disposizioni erano state rese applicabili dal diritto nazionale in ragione di un rinvio operato da quest’ultimo al loro contenuto. In quei casi, anche se i fatti del procedimento principale non rientravano direttamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, le disposizioni erano state rese applicabili dalla normativa nazionale, la quale, per le soluzioni apportate a situazioni puramente interne, si era conformata a quelle adottate dal legislatore dell’Unione (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).
43 Infatti, quando una normativa nazionale si conforma per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne a quelle adottate dal diritto dell’Unione, al fine, ad esempio, di evitare che si producano discriminazioni nei confronti dei cittadini nazionali o eventuali distorsioni della concorrenza, oppure di assicurare una procedura unica in situazioni paragonabili, esiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate. Pertanto, un’interpretazione, da parte della Corte, delle disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni puramente interne si giustifica per il fatto che dette disposizioni sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto ed incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell’Unione (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).
44 Qualora la Corte venga adita da un giudice nazionale nel contesto di una situazione che non rientra direttamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, essa non può, senza nessun’altra indicazione da parte del giudice del rinvio se non quella che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale è indistintamente applicabile alle situazioni disciplinate dalle disposizioni del diritto dell’Unione di cui trattasi e alle situazioni puramente interne, ritenere che la domanda di interpretazione pregiudiziale vertente sulle disposizioni di tale diritto sia necessaria a detto giudice per la soluzione della controversia pendente dinanzi ad esso (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).
45 Gli elementi concreti che permettano di stabilire che le disposizioni del diritto dell’Unione sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell’Unione, devono risultare dalla decisione di rinvio (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata).
46 A tal fine, incombe al giudice del rinvio indicare, conformemente all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, in che modo, nonostante il suo carattere puramente interno, la controversia pendente dinanzi ad esso presenta un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione che rende l’interpretazione pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia. Tali requisiti trovano peraltro riconoscimento nelle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1) (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).
47 Nel caso di specie, il giudice del rinvio, competente in via esclusiva ad interpretare il diritto nazionale nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE, ha precisato che l’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, la cui applicazione costituisce l’oggetto del procedimento principale, ha trasposto, nell’ordinamento nazionale, l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891.
48 Nella decisione di rinvio, il giudice del rinvio mette altresì in rilievo la sostanziale equivalenza del tenore letterale di tali disposizioni.
49 Pertanto, trasponendo in questo modo la sesta direttiva 82/891, il legislatore italiano ha deciso di applicare l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva in modo diretto e incondizionato anche alle operazioni mediante le quali una società per azioni attribuisce soltanto una parte del proprio patrimonio ad un’altra società.
50 Date tali circostanze, occorre considerare che la Corte è competente a rispondere alla questione deferita dal giudice del rinvio.
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
51 Il governo austriaco nutre dubbi riguardo alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto gli elementi di fatto e di diritto necessari affinché la Corte risponda in maniera utile alla questione che le viene sottoposta non risulterebbero in modo inequivoco dalla decisione di rinvio. Infatti, il giudice del rinvio non avrebbe chiaramente illustrato i fatti, né esposto il pertinente quadro normativo nazionale, soprattutto l’articolo 2506 bis del codice civile. Esso non preciserebbe neppure le ragioni per le quali ritiene che un’interpretazione della sesta direttiva 82/891 sia necessaria.
52 Secondo costante giurisprudenza, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione di cui questi necessitano per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (sentenza del 27 aprile 2023, Castorama Polska e Knor, C‑628/21, EU:C:2023:342, punto 25 nonché la giurisprudenza ivi citata).
53 A questo proposito, occorre ricordare che, nell’ambito di tale procedimento, spetta soltanto al giudice nazionale, che è investito della controversia oggetto del procedimento principale e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascun causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire. Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione beneficiano di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è dunque possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 27 aprile 2023, Castorama Polska e Knor, C‑628/21, EU:C:2023:342, punto 26 nonché la giurisprudenza ivi citata).
54 Risulta parimenti da una costante giurisprudenza, la quale trova ormai riconoscimento nell’articolo 94 del regolamento di procedura, che la necessità di giungere ad un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale esige che quest’ultimo definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni da lui sollevate o che esso, quanto meno, spieghi le ipotesi di fatto sulle quali tali questioni sono fondate. La decisione di rinvio deve, inoltre, indicare le ragioni precise che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione e a ritenere necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2023, Castorama Polska e Knor, C‑628/21, EU:C:2023:342, punto 27 nonché la giurisprudenza ivi citata).
55 Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene il governo austriaco, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene un’illustrazione dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale e dei fatti pertinenti, nonché il tenore delle disposizioni nazionali pertinenti, tra cui quello dell’articolo 2506 bis del codice civile.
56 Inoltre, la decisione di rinvio indica le ragioni precise che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi in merito all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 e a ritenere necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale al riguardo. Infatti, risulta da detta decisione che il giudice del rinvio reputa necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale in quanto la nozione di «elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto», che figura all’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile e che deve essere interpretata per stabilire se LivaNova possa essere considerata solidalmente responsabile dei costi di bonifica e dei danni ambientali causati dalla SNIA, deve essere interpretata allo stesso modo della corrispondente nozione di «elemento del patrimonio passivo non (…) attribuito nel progetto di scissione», contenuta all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891, che l’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile ha trasposto.
57 Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Sulla questione pregiudiziale
58 Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 debba essere interpretato nel senso che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, risultanti da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione o da comportamenti successivi a tale operazione che siano essi stessi lo sviluppo di comportamenti antecedenti di detta società scissa.
59 Risulta dall’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva summenzionata, il quale è applicabile ad una scissione mediante costituzione di nuove società ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della medesima direttiva, che, se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione di cui trattasi e l’interpretazione di tale progetto non permette di decidere la ripartizione dell’elemento suddetto, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile. Risulta dalla seconda frase del medesimo articolo 3, paragrafo 3, lettera b), di detta direttiva che gli Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria.
60 La nozione di «elemento del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, non viene definita da tale direttiva. Inoltre, tale disposizione non contiene alcun rinvio al diritto degli Stati membri per quanto riguarda tale definizione.
61 Secondo costante giurisprudenza, i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo significato e della sua portata devono di norma essere oggetto, in tutta l’Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi conformemente al loro significato abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto del contesto in cui essi sono utilizzati e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte (sentenza del 7 settembre 2023, KRI, C‑323/22, EU:C:2023:641, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).
62 In primo luogo, nel suo significato abituale, il termine «passivo» designa l’insieme dei debiti che gravano su una persona giuridica o fisica. Pertanto, la nozione di «elemento del patrimonio passivo», contenuta nell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, mira, in senso ampio, a ricomprendere qualsiasi debito della società scissa, sia esso certo o incerto, determinato o indeterminato, indipendentemente dalla sua origine e dalla sua natura.
63 In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera h), della medesima direttiva, un progetto di scissione deve contenere, segnatamente, la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio attivo e passivo da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie.
64 Ne consegue che la nozione di «elementi del patrimonio passivo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, esige che i debiti in questione siano, di principio, esistenti. Infatti, poiché un progetto di scissione deve contenere la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio passivo da trasferire, tali elementi devono essere venuti ad esistenza anteriormente alla scissione in questione. Nel caso di costi di bonifica e per danni ambientali, tale requisito implica dunque che l’illecito o il fatto generatore di tali danni si sia verificato anteriormente alla scissione, ma non che, a questa data, tali danni siano stati constatati o valutati, o anche che siano stati definiti.
65 In terzo luogo, per quanto riguarda gli obiettivi della sesta direttiva 82/891, occorre ricordare che il quinto considerando di quest’ultima menziona, tra tali obiettivi, la tutela degli interessi dei soci e dei terzi. Risulta inoltre dall’ottavo considerando della citata sesta direttiva che quest’ultima mira altresì a tutelare i creditori e i portatori di altri titoli e precisa che questi devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della scissione in questione li leda. Discende, infine, dall’undicesimo considerando della medesima sesta direttiva che quest’ultima mira ad assicurare la certezza del diritto sia nei rapporti fra le società partecipanti alla scissione, sia nei rapporti fra queste ed i terzi nonché tra gli azionisti di tali società.
66 Orbene, la nozione di «terzi» utilizzata segnatamente nei considerando quinto e undicesimo della sesta direttiva 82/891 è più ampia di quella, utilizzata nell’ottavo considerando della medesima direttiva, di «creditori, obbligazionisti o no, ed i portatori di altri titoli delle società partecipanti alla scissione», tenendo presente che tali creditori e tali portatori di altri titoli costituiscono l’oggetto di talune misure specifiche di tutela previste, segnatamente, agli articoli 12 e 13 della sesta direttiva sopra citata (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, Modelo Continente Hipermercados, C‑343/13, EU:C:2015:146, punto 31).
67 Occorre dunque considerare che tra i terzi dei quali la sesta direttiva 82/891 mira a tutelare gli interessi rientrano persone che, alla data della scissione di cui trattasi, non sono ancora qualificabili come creditori o portatori di altri titoli, ma che possono essere così qualificate dopo tale scissione in virtù di situazioni sorte prima di quest’ultima, come la commissione di violazioni del diritto dell’ambiente che vengano constatate tramite decisione soltanto dopo la scissione in parola (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, Modelo Continente Hipermercados, C‑343/13, EU:C:2015:146, punto 32).
68 Tale interpretazione della nozione di «terzi», ai sensi della sesta direttiva 82/891, corrobora quella della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della medesima direttiva, nel senso che essa ricomprende anche le passività di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione in questione, ma che derivino da comportamenti antecedenti a tale scissione.
69 Qualora non si accogliesse tale interpretazione della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, una scissione potrebbe costituire un mezzo per un’impresa per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti da essa eventualmente commessi, a discapito dello Stato membro interessato o di altri eventuali interessati (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, Modelo Continente Hipermercados, C‑343/13, EU:C:2015:146, punto 33). Infatti, sarebbe sufficiente a tal fine che tale impresa procedesse ad un’operazione di scissione prima che siano stati valutati i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti antecedenti a tale scissione. Orbene, dai considerando menzionati al punto 65 della presente sentenza risulta altresì che la sesta direttiva 82/891 mira per l’appunto ad evitare che un’impresa si sottragga ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati, come i suoi soci, i suoi azionisti, i suoi creditori od anche i terzi riguardati, per effetto della scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo.
70 Inoltre, occorre rilevare che tale interpretazione non conferisce ai terzi una tutela eccessiva a discapito delle società di nuova costituzione, dato che la seconda frase dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 permette agli Stati membri di limitare la responsabilità solidale di dette società all’importo dell’attivo che è stato ad esse attribuito nel progetto di scissione di cui trattasi.
71 Del resto, occorre osservare che tale interpretazione della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, è conforme all’articolo 11 TFUE, in quanto essa mira ad evitare che l’impresa che è all’origine dell’attività inquinante possa sottrarsi ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati per effetto della scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo.
72 Da quanto sopra esposto risulta che la nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, ricomprende non soltanto le passività di natura determinata, ma anche quelle di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, risultanti da comportamenti antecedenti a tale scissione.
73 Per contro, per quanto riguarda i comportamenti successivi all’operazione di scissione che sono lo sviluppo di comportamenti della società scissa antecedenti a tale operazione, risulta dal punto 64 della presente sentenza che la nozione di «elemento del patrimonio passivo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891, ricomprende soltanto i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti della società scissa già realizzati alla data di tale scissione.
74 La sesta direttiva 82/891 prevede soltanto un sistema minimo di tutela degli interessi dei terzi, menzionati al punto 67 della presente sentenza, per gli elementi del patrimonio passivo che scaturiscono da comportamenti antecedenti alla scissione in questione (v., per analogia, sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punti 67 e 74). Pertanto, la questione se dei comportamenti successivi a tale scissione, che siano però lo sviluppo di comportamenti antecedenti della società scissa, possano essere imputati a tale società, con la conseguenza che l’obbligo di risarcire i danni così cagionati, in quanto elementi del patrimonio passivo, verrà trasferito alle società beneficiarie secondo le modalità definite dalla sesta direttiva 82/891, deve essere risolta sulla base del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, Túrkevei Tejtermelő Kft., C‑129/16, EU:C:2017:547, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).
75 Dall’insieme delle considerazioni sopra esposte risulta che occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 deve essere interpretato nel senso che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione.
Sulle spese
76 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [CEE] e relativa alle scissioni delle società per azioni,
deve essere interpretato nel senso che:
la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione.
Lenaerts |
Bay Larsen |
Arabadjiev |
Prechal |
Regan |
von Danwitz |
Csehi |
Spineanu-Matei |
Ilešič |
Bonichot |
Xuereb |
Jarukaitis |
Kumin |
Arastey Sahún |
Gavalec |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 luglio 2024.
Il cancelliere |
Il presidente |
A. Calot Escobar |
K. Lenaerts |
* Lingua processuale: l’italiano.
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 29 luglio 2024 (*) «Rinvio pregiudiziale – Società – Scissioni delle società per azioni – Sesta direttiva 82/891/CEE – Articolo 3, paragrafo 3, lettera b) – Scissione mediante costituzione di nuove società – Nozione di “elemento del patrimonio passivo non (…) attribuito nel progetto di scissione” – Responsabilità solidale di tali nuove società per il passivo derivante da comportamenti della società scissa antecedenti a detta scissione» Nella causa C‑713/22, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con decisione del 3 novembre 2022, pervenuta in cancelleria il 21 novembre 2022, nel procedimento LivaNova plc contro Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Presidenza del Consiglio dei ministri, in presenza di: SNIA SpA, in regime di amministrazione straordinaria, LA CORTE (Grande Sezione), composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, E. Regan, T. von Danwitz, Z. Csehi e O. Spineanu‑Matei, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.‑C. Bonichot, P.G. Xuereb (relatore), I. Jarukaitis, A. Kumin, M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici, avvocato generale: P. Pikamäe cancelliere: A. Calot Escobar vista la fase scritta del procedimento, considerate le osservazioni presentate: – per LivaNova plc, da A. Auricchio, B. Nascimbene, G.C. Rizza, R. Sacchi, C. Santoro, M. Siragusa, D. Vecchi e R. Zaccà, avvocati; – per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Di Leo, P. Gentili e F. Vignoli, avvocati dello Stato; – per il governo ellenico, da V. Baroutas e K. Boskovits, in qualità di agenti; – per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll ed E. Samoilova, in qualità di agenti; – per la Commissione europea, da G. Braun, L. Malferrari e P.A. Messina, in qualità di agenti, vista la decisione adottata, sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha emesso la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [CEE] e relativa alle scissioni delle società per azioni (GU 1982, L 378, pag. 47). 2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone LivaNova plc al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia), al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Italia) (in prosieguo: il «Ministero dell’Ambiente») e alla Presidenza del Consiglio dei ministri (Italia), vertente sulla constatazione della responsabilità solidale di LivaNova per i debiti derivanti dai costi di bonifica e dai danni ambientali causati dalla SNIA SpA, risultanti da comportamenti antecedenti e successivi alla scissione di quest’ultima società, dalla quale è nata la Sorin SpA, divenuta LivaNova. Contesto giuridico Diritto dell’Unione Terza direttiva 78/855/CEE 3 La terza direttiva 78/855/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1978, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [CEE] e relativa alle fusioni delle società per azioni (GU 1978, L 295, pag. 36), è stata abrogata dalla direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativa alle fusioni delle società per azioni (GU 2011, L 110, pag. 1), a partire dal 1° luglio 2011. 4 L’articolo 1 della terza direttiva 78/855, intitolato «Campo d’applicazione», prevedeva, al paragrafo 1, quanto segue: «Le misure di coordinamento prescritte dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti i seguenti tipi di società: (…) – per l’Italia: la società per azioni, (…)». Sesta direttiva 82/891/CEE 5 La sesta direttiva 82/891 è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativa ad alcuni aspetti di diritto societario (GU 2017, L 169, pag. 46), a partire dal 20 luglio 2017. I fatti di cui al procedimento principale sono antecedenti a quest’ultima data. 6 Il quinto considerando della sesta direttiva 82/891 enunciava quanto segue: «(…) la tutela degli interessi dei soci e dei terzi richiede un coordinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti le scissioni di società per azioni, nella misura in cui gli Stati membri autorizzano tale operazione». 7 I considerando dall’ottavo all’undicesimo della medesima sesta direttiva erano così formulati: «(…) i creditori, obbligazionisti o no, ed i portatori di altri titoli delle società partecipanti alla scissione devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della [scissione] li leda; (…) la pubblicità prevista dalla [prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU 1968, L 65, pag. 8),] deve essere estesa alle operazioni relative alla scissione affinché i terzi ne siano sufficientemente informati; (…) è necessario estendere le garanzie previste in favore dei soci e dei terzi, nel quadro della procedura di scissione, a talune operazioni giuridiche che, in certi settori essenziali, hanno delle caratteristiche analoghe a quelle della scissione affinché questa tutela non possa essere elusa; (…) in vista di garantire la sicurezza giuridica nelle relazioni sia fra le società partecipanti alla scissione che fra queste ed i terzi nonché fra gli azionisti, bisogna limitare i casi di nullità e stabilire da una parte il principio della sanatoria ogni volta che essa è possibile e, dall’altra, un termine breve per l’esercizio dell’azione di nullità». 8 L’articolo 1 della sesta direttiva 82/891 disponeva quanto segue: «1. Se gli Stati membri permettono per le società di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della [terza direttiva 78/855], soggette alla loro legislazione, l’operazione di scissione mediante incorporazione, definita all’articolo 2 della presente direttiva, essi sottopongono tale operazione al capitolo I della presente direttiva. 2. Se gli Stati membri permettono per le società di cui al paragrafo 1 l’operazione di scissione tramite costituzione di nuove società, definita all’articolo 21, paragrafo 1, essi sottopongono tale operazione al capitolo II. (…)». 9 Gli articoli da 2 a 20 della sesta direttiva 82/891 erano contenuti nel capitolo I di quest’ultima, intitolato «Scissione mediante incorporazione». 10 L’articolo 2, paragrafo 1, di tale sesta direttiva prevedeva quanto segue: «Ai sensi della presente direttiva si intende per scissione mediante incorporazione l’operazione con la quale una società, tramite uno scioglimento senza liquidazione, trasferisce a più società l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della società scissa di azioni delle società beneficiarie dei conferimenti risultanti dalla scissione, in seguito denominate “società beneficiarie”, e eventualmente di un conguaglio in denaro non superiore al 10% del valore nominale delle azioni attribuite o, in mancanza di valore nominale, del loro equivalente contabile». 11 L’articolo 3 della citata sesta direttiva enunciava quanto segue: «1. Gli organi di amministrazione o di direzione delle società partecipanti alla scissione redigono per iscritto un progetto di scissione. 2. Il progetto di scissione indica almeno: (…) h) la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio attivo e passivo da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie; i) la ripartizione tra gli azionisti della società scissa delle azioni delle società beneficiarie nonché il criterio sul quale si basa tale ripartizione. 3. a) Se un elemento del patrimonio attivo non è attribuito nel progetto di scissione e l’interpretazione di quest’ultimo non permette di deciderne la ripartizione, questo elemento o il suo controvalore è ripartito tra tutte le società beneficiarie proporzionalmente all’attivo netto attribuito a ciascuna di dette società nel progetto di scissione. b) Se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione e l’interpretazione di quest’ultimo non permette di deciderne la ripartizione, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile. Gli Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria». 12 L’articolo 12 della medesima sesta direttiva era formulato nei seguenti termini: «1. Le legislazioni degli Stati membri devono prevedere un adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti alla scissione per i crediti che siano anteriori alla pubblicazione del progetto di scissione e che non siano ancora scaduti al momento della pubblicazione. 2. A tal fine le legislazioni degli Stati membri prevedono, quanto meno, che tali creditori abbiano il diritto di ottenere adeguate garanzie, qualora le situazioni finanziarie della società scissa e della società cui sarà trasferito l’obbligo conformemente al progetto di scissione rendano necessaria tale tutela e qualora detti creditori non dispongano già di tali garanzie. 3. Nella misura in cui non sia stato soddisfatto un creditore della società alla quale è stato trasferito l’obbligo, conformemente al progetto di scissione, le società beneficiarie sono solidalmente responsabili di questo obbligo. Gli Stati membri possono limitare questa responsabilità all’attivo netto attribuito ad ogni società diversa da quella cui l’obbligo è stato trasferito. Gli Stati membri possono non applicare il presente paragrafo, qualora conformemente all’articolo 23 l’operazione di scissione sia sottoposta al controllo di un’autorità giudiziaria e qualora la maggioranza dei creditori, rappresentativa dei tre quarti dell’importo dei crediti, o una maggioranza di una categoria di creditori della società scissa, rappresentativa dei tre quarti dell’importo dei crediti, abbia rinunciato, in un’assemblea tenuta conformemente all’articolo 23, paragrafo 1, lettera c), ad invocare la responsabilità solidale. (…)». 13 Così recitava l’articolo 13 della sesta direttiva 82/891: «I portatori di titoli diversi dalle azioni, forniti di diritti speciali, devono beneficiare, nelle società beneficiarie contro le quali tali titoli possono essere opposti conformemente al progetto di scissione, di diritti almeno equivalenti a quelli di cui beneficiavano nella società scissa, a meno che la modifica dei loro diritti sia stata approvata da una assemblea dei portatori di detti titoli, se la legislazione nazionale prevede questa assemblea, oppure dai singoli portatori di detti titoli, o anche a meno che tali portatori abbiano il diritto di ottenere il riscatto dei loro titoli». 14 L’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva in parola aveva il seguente tenore: «La scissione produce ipso jure e simultaneamente i seguenti effetti: a) il trasferimento, tanto tra la società scissa e le società beneficiarie, quanto nei confronti dei terzi, dell’intero patrimonio attivo e passivo della società scissa alle società beneficiarie; questo trasferimento è fatto per parti conformemente alla ripartizione prevista dal progetto di scissione o dall’articolo 3, paragrafo 3; b) gli azionisti della società scissa divengono azionisti di una o delle società beneficiarie conformemente alla ripartizione prevista dal progetto di scissione; c) la società scissa si estingue». 15 Nel capitolo II della citata sesta direttiva, intitolato «Scissione mediante costituzione di nuove società», l’articolo 21, paragrafo 1, prevedeva: «Ai sensi della presente direttiva si intende per scissione mediante costituzione di nuove società l’operazione con la quale una società, tramite il suo scioglimento senza liquidazione, trasferisce a più società di nuova costituzione l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della società scissa di azioni delle società beneficiarie e, eventualmente, di un conguaglio in danaro non superiore al 10% del valore nominale delle azioni attribuite o, in mancanza di valore nominale, del loro equivalente contabile». 16 L’articolo 22, paragrafo 1, della medesima sesta direttiva, anch’esso contenuto nel capitolo II di quest’ultima, recitava: «Alla scissione mediante costituzione di nuove società sono applicabili gli articoli 3, 4, 5 e 7, l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, gli articoli da 9 a 19 della presente direttiva, fatti salvi gli articoli 11 e 12 della direttiva 68/151/CEE. A tal fine l’espressione “società partecipanti alla scissione” designa la società scissa e l’espressione “società beneficiaria” designa ciascuna delle nuove società». 17 L’articolo 25 della sesta direttiva 82/891, collocato nel capitolo IV di quest’ultima, dal titolo «Altre operazioni assimilate alla scissione», così disponeva: «Quando la legislazione di uno Stato membro permette una delle operazioni di cui all’articolo 1, senza che la società scissa si estingua, sono applicabili i capitoli I, II e III, salvo l’articolo 17, paragrafo 1, lettera c)». Diritto italiano 18 L’articolo 2506 del codice civile, intitolato «Forme di scissione», dispone quanto segue: «Con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci. (…) La società scissa può, con la scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività. (…)». 19 L’articolo 2506-bis di detto codice, intitolato «Progetto di scissione», recita: «L’organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige un progetto dal quale devono risultare i dati indicati nel primo comma dell’articolo 2501-ter ed inoltre l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e dell’eventuale conguaglio in danaro. Se la destinazione di un elemento dell’attivo non è desumibile dal progetto, esso, nell’ipotesi di assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa, è ripartito tra le società beneficiarie in proporzione della quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna di esse, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio; se l’assegnazione del patrimonio della società è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla società trasferente. Degli elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto, rispondono in solido, nel primo caso, le società beneficiarie, nel secondo la società scissa e le società beneficiarie. La responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria. Dal progetto di scissione devono risultare i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie. Qualora il progetto preveda una attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, il progetto medesimo deve prevedere il diritto dei soci che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto l’obbligo di acquisto». 20 L’articolo 2506-quater di detto codice, intitolato «Effetti della scissione», dispone, nell’ultimo comma, quanto segue: «Ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico». Procedimento principale e questione pregiudiziale 21 Il 13 maggio 2003, la SNIA ha realizzato un’operazione di scissione, conformemente alla normativa italiana, con effetti dal 2 gennaio 2004, mediante la quale essa ha trasferito una parte del suo patrimonio, vale a dire tutte le partecipazioni da essa detenute nel settore biomedicale, ad una società di nuova costituzione, la Sorin. 22 Il Ministero dell’Ambiente ha proposto delle domande di risarcimento nei confronti della SNIA, per i danni ambientali che quest’ultima avrebbe causato, nell’ambito delle sue attività nel settore dei prodotti chimici, svolte per il tramite delle sue controllate, Caffaro e Caffaro Chimica, in tre siti industriali ubicati, rispettivamente, a Brescia (Italia), a Torviscosa (Italia) e a Colleferro (Italia). 23 La SNIA, che è stata posta in amministrazione straordinaria nel 2010, ha convenuto la Sorin, nonché il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dinanzi al Tribunale di Milano (Italia), al fine dell’accertamento della responsabilità solidale della Sorin, anche nei confronti delle suddette amministrazioni pubbliche, per tutti i debiti risultanti dagli oneri di bonifica e dai danni ambientali, ascrivibili alle responsabilità di SNIA anteriori alla scissione societaria. 24 Le amministrazioni pubbliche convenute hanno, a loro volta, chiesto la condanna della Sorin, in solido con la SNIA. 25 Nel 2015 la Sorin è divenuta LivaNova. 26 Il 1° aprile 2016, il Tribunale di Milano ha respinto tutte le domande proposte dalle amministrazioni pubbliche convenute. Tali amministrazioni hanno interposto appello contro la sentenza di detto tribunale. 27 Con sentenza non definitiva del 5 marzo 2019, la Corte d’appello di Milano (Italia) ha riconosciuto l’esistenza di un nesso di causalità tra le attività esercitate dalla SNIA e dalle sue controllate, da un lato, e l’inquinamento dei terreni in questione, dall’altro. Essa ha poi constatato che, in quanto proprietaria di tali aree e dei relativi stabilimenti, nonché gestore diretto e capogruppo delle imprese che operavano sulle aree stesse, la SNIA era responsabile di un’intensa attività di sfruttamento ambientale che si è protratta, sui tre siti industriali in questione, per quasi un secolo, con conseguenze estremamente gravi sotto il profilo dell’inquinamento. Come risulta dalla sentenza del giudice di cui sopra, la SNIA ha ammesso la propria responsabilità per questi fatti. 28 I fatti che hanno ingenerato la responsabilità della SNIA erano cronologicamente anteriori al 13 maggio 2003, data alla quale l’operazione di scissione in discussione nel procedimento principale è stata realizzata. La Corte d’appello di Milano ha dunque riconosciuto la responsabilità solidale di LivaNova, limitatamente all’attivo trasferito, conformemente all’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, a motivo del fatto che i debiti risultanti dai costi di bonifica e dai danni ambientali costituivano elementi del passivo della SNIA, noti ma la cui destinazione non era desumibile dal progetto di scissione in questione. 29 La Corte d’appello di Milano ha inoltre ordinato la prosecuzione del procedimento al fine di determinare, mediante una consulenza tecnica, l’esatta portata dell’inquinamento sui tre siti industriali in questione, le necessarie misure di riparazione ambientale e l’importo esatto dei costi di bonifica e dei corrispondenti danni ambientali. 30 Con sentenza definitiva del 12 novembre 2021, la Corte d’appello di Milano, in applicazione dell’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, ha condannato LivaNova, entro i limiti dell’attivo trasferito, a rimborsare i costi di bonifica e per i danni ambientali causati dalle attività delle controllate della SNIA nei tre siti industriali in questione, quantificandoli in EUR 453 587 327,48 complessivi. 31 LivaNova ha proposto ricorso per cassazione contro tale sentenza definitiva dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio. 32 Con il suo secondo motivo di ricorso, il cui esame da parte del giudice del rinvio è all’origine della questione pregiudiziale sollevata, LivaNova contesta alla Corte d’appello di Milano di non aver tenuto conto della differenza tra la nozione di «elementi del passivo», ai sensi dell’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, e quella di «debiti», ai sensi dell’articolo 2506 quater del codice civile, il quale sarebbe inteso a trasporre l’articolo 12, paragrafo 3, della sesta direttiva 82/891. Secondo LivaNova, la distinzione tra queste due nozioni avrebbe dovuto condurre il giudice summenzionato ad includere nella nozione di «debiti» solo le passività di natura determinata ed esistenza certa, con scadenza e ammontare determinato, non confondibile con i «fondi» per rischi e con gli «impegni», visto che questi ultimi, costituenti «elementi del passivo», sarebbero rilevanti solo ai fini dell’applicazione dell’articolo 2506 bis del codice civile. LivaNova aggiunge che detto giudice le ha imputato, ingiustamente, danni generati da condotte (omissive o commissive) tenute successivamente alla scissione in parola, in violazione del limite temporale posto dalla normativa in rapporto agli «elementi del passivo» o ai «debiti» già esistenti al tempo della scissione medesima. 33 Al fine di statuire su questo motivo, il giudice del rinvio ritiene che occorrerebbe verificare la compatibilità, con il diritto dell’Unione, dell’interpretazione effettuata dalla Corte d’appello di Milano della nozione di «elementi del passivo la cui destinazione non è desumibile dal progetto [di scissione]», di cui all’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile. 34 Il giudice del rinvio sottolinea che tale responsabilità verte sulle conseguenze dannose di un «illecito permanente», suscettibili di aggravamento nel tempo e tali da risultare per loro stessa natura refrattarie «a rigide linee di demarcazione rispetto alla risultante di un’operazione societaria come quella in esame». Esso precisa che, dopo la scissione di cui al procedimento principale, i livelli di inquinamento dei siti industriali di Torviscosa e di Colleferro non sono aumentati, ma quelli del sito industriale di Brescia hanno conosciuto un incremento e tale incremento presenta un nesso di causalità con il comportamento della SNIA, antecedente a tale scissione. 35 Alla luce del diritto nazionale, l’elemento determinante, nel caso di specie, sarebbe che il giudice di merito, ossia la Corte d’appello di Milano, ha constatato la responsabilità della SNIA in ragione dell’anteriorità del fatto generatore dei danni ambientali di cui trattasi. Tale anteriorità permetterebbe di constatare l’esistenza anteriore di un debito ai fini dell’insorgere della responsabilità solidale per l’«illecito permanente» corrispondente. 36 Il giudice del rinvio aggiunge che, a suo avviso, l’espressione «elementi del passivo», contemplata dall’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, non implica alcuna predeterminata caratteristica qualitativa. Tali elementi potrebbero dunque consistere in debiti, e perfino in debiti autonomi rispetto agli attivi che vengono scissi. Tale interpretazione sarebbe suffragata dall’obiettivo della sesta direttiva 82/891, che è la tutela dei creditori, come risulterebbe dalla sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I. (C‑394/18, EU:C:2020:56, punti 44 e 51). 37 Il giudice del rinvio ritiene che sia tuttavia necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte, in quanto l’interpretazione della nozione di «elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto [di scissione]», che figura all’articolo 2506 bis del codice civile, deve essere compatibile con quella della corrispondente nozione di «elemento del patrimonio passivo non (…) attribuito nel progetto di scissione», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891. 38 È in tale contesto che la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 3, [paragrafo 3, lettera b),] della [sesta direttiva 82/891], applicabile (articolo 22) pure alla scissione mediante costituzione di nuove società, – nella parte in cui stabilisce che (a) “se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione e l’interpretazione di quest’ultimo non permette di deciderne la ripartizione, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile”, e che b) “[g]li Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria” – osti a un’interpretazione della norma di diritto interno costituita dall’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile che intenda la responsabilità solidale della beneficiaria riferibile, quale “elemento del passivo” non attribuito dal progetto [di scissione], oltre alle passività di natura già determinata, anche (i) a quelle identificabili nelle conseguenze dannose, prodottesi dopo la scissione, di condotte (commissive o omissive) venute in essere prima della scissione stessa o (ii) [alle passività identificabili nelle conseguenze dannose] delle condotte successive che ne siano sviluppo, aventi natura di illecito permanente, generative di un danno ambientale, i cui effetti, al momento della scissione, non siano ancora compiutamente determinabili». Sulla competenza della Corte 39 A norma dell’articolo 21 della sesta direttiva 82/891, si intende per scissione mediante costituzione di nuove società l’operazione con la quale una società, tramite il suo scioglimento senza liquidazione, trasferisce a più società di nuova costituzione il suo intero patrimonio. Tuttavia, la SNIA non ha trasferito il suo intero patrimonio a più società, bensì soltanto una parte del suo patrimonio a una società di nuova costituzione, la Sorin, divenuta LivaNova. 40 Di conseguenza l’operazione di scissione di cui al procedimento principale non rientra direttamente nell’ambito di applicazione della sesta direttiva 82/891. 41 Conformemente all’articolo 267 TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull’interpretazione dei Trattati nonché degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea. Nel contesto della cooperazione fra la Corte e i giudici nazionali, istituita dall’articolo suddetto, spetta al solo giudice nazionale valutare, tenendo conto delle specificità di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter rendere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dai giudici nazionali riguardano l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 44 nonché la giurisprudenza ivi citata). 42 In applicazione di tale giurisprudenza, la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire sulle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui i fatti del procedimento principale si collocavano al di fuori della sfera di applicazione diretta del diritto dell’Unione, ma nelle quali dette disposizioni erano state rese applicabili dal diritto nazionale in ragione di un rinvio operato da quest’ultimo al loro contenuto. In quei casi, anche se i fatti del procedimento principale non rientravano direttamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, le disposizioni erano state rese applicabili dalla normativa nazionale, la quale, per le soluzioni apportate a situazioni puramente interne, si era conformata a quelle adottate dal legislatore dell’Unione (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata). 43 Infatti, quando una normativa nazionale si conforma per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne a quelle adottate dal diritto dell’Unione, al fine, ad esempio, di evitare che si producano discriminazioni nei confronti dei cittadini nazionali o eventuali distorsioni della concorrenza, oppure di assicurare una procedura unica in situazioni paragonabili, esiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate. Pertanto, un’interpretazione, da parte della Corte, delle disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni puramente interne si giustifica per il fatto che dette disposizioni sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto ed incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell’Unione (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata). 44 Qualora la Corte venga adita da un giudice nazionale nel contesto di una situazione che non rientra direttamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, essa non può, senza nessun’altra indicazione da parte del giudice del rinvio se non quella che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale è indistintamente applicabile alle situazioni disciplinate dalle disposizioni del diritto dell’Unione di cui trattasi e alle situazioni puramente interne, ritenere che la domanda di interpretazione pregiudiziale vertente sulle disposizioni di tale diritto sia necessaria a detto giudice per la soluzione della controversia pendente dinanzi ad esso (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata). 45 Gli elementi concreti che permettano di stabilire che le disposizioni del diritto dell’Unione sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell’Unione, devono risultare dalla decisione di rinvio (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata). 46 A tal fine, incombe al giudice del rinvio indicare, conformemente all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, in che modo, nonostante il suo carattere puramente interno, la controversia pendente dinanzi ad esso presenta un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione che rende l’interpretazione pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia. Tali requisiti trovano peraltro riconoscimento nelle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1) (sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata). 47 Nel caso di specie, il giudice del rinvio, competente in via esclusiva ad interpretare il diritto nazionale nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE, ha precisato che l’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile, la cui applicazione costituisce l’oggetto del procedimento principale, ha trasposto, nell’ordinamento nazionale, l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891. 48 Nella decisione di rinvio, il giudice del rinvio mette altresì in rilievo la sostanziale equivalenza del tenore letterale di tali disposizioni. 49 Pertanto, trasponendo in questo modo la sesta direttiva 82/891, il legislatore italiano ha deciso di applicare l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva in modo diretto e incondizionato anche alle operazioni mediante le quali una società per azioni attribuisce soltanto una parte del proprio patrimonio ad un’altra società. 50 Date tali circostanze, occorre considerare che la Corte è competente a rispondere alla questione deferita dal giudice del rinvio. Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale 51 Il governo austriaco nutre dubbi riguardo alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto gli elementi di fatto e di diritto necessari affinché la Corte risponda in maniera utile alla questione che le viene sottoposta non risulterebbero in modo inequivoco dalla decisione di rinvio. Infatti, il giudice del rinvio non avrebbe chiaramente illustrato i fatti, né esposto il pertinente quadro normativo nazionale, soprattutto l’articolo 2506 bis del codice civile. Esso non preciserebbe neppure le ragioni per le quali ritiene che un’interpretazione della sesta direttiva 82/891 sia necessaria. 52 Secondo costante giurisprudenza, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione di cui questi necessitano per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (sentenza del 27 aprile 2023, Castorama Polska e Knor, C‑628/21, EU:C:2023:342, punto 25 nonché la giurisprudenza ivi citata). 53 A questo proposito, occorre ricordare che, nell’ambito di tale procedimento, spetta soltanto al giudice nazionale, che è investito della controversia oggetto del procedimento principale e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascun causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire. Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione beneficiano di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è dunque possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 27 aprile 2023, Castorama Polska e Knor, C‑628/21, EU:C:2023:342, punto 26 nonché la giurisprudenza ivi citata). 54 Risulta parimenti da una costante giurisprudenza, la quale trova ormai riconoscimento nell’articolo 94 del regolamento di procedura, che la necessità di giungere ad un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale esige che quest’ultimo definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni da lui sollevate o che esso, quanto meno, spieghi le ipotesi di fatto sulle quali tali questioni sono fondate. La decisione di rinvio deve, inoltre, indicare le ragioni precise che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione e a ritenere necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2023, Castorama Polska e Knor, C‑628/21, EU:C:2023:342, punto 27 nonché la giurisprudenza ivi citata). 55 Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene il governo austriaco, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene un’illustrazione dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale e dei fatti pertinenti, nonché il tenore delle disposizioni nazionali pertinenti, tra cui quello dell’articolo 2506 bis del codice civile. 56 Inoltre, la decisione di rinvio indica le ragioni precise che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi in merito all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 e a ritenere necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale al riguardo. Infatti, risulta da detta decisione che il giudice del rinvio reputa necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale in quanto la nozione di «elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto», che figura all’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile e che deve essere interpretata per stabilire se LivaNova possa essere considerata solidalmente responsabile dei costi di bonifica e dei danni ambientali causati dalla SNIA, deve essere interpretata allo stesso modo della corrispondente nozione di «elemento del patrimonio passivo non (…) attribuito nel progetto di scissione», contenuta all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891, che l’articolo 2506 bis, terzo comma, del codice civile ha trasposto. 57 Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile. Sulla questione pregiudiziale 58 Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 debba essere interpretato nel senso che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, risultanti da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione o da comportamenti successivi a tale operazione che siano essi stessi lo sviluppo di comportamenti antecedenti di detta società scissa. 59 Risulta dall’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva summenzionata, il quale è applicabile ad una scissione mediante costituzione di nuove società ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della medesima direttiva, che, se un elemento del patrimonio passivo non è attribuito nel progetto di scissione di cui trattasi e l’interpretazione di tale progetto non permette di decidere la ripartizione dell’elemento suddetto, ciascuna delle società beneficiarie ne è solidalmente responsabile. Risulta dalla seconda frase del medesimo articolo 3, paragrafo 3, lettera b), di detta direttiva che gli Stati membri possono prevedere che questa responsabilità solidale sia limitata all’attivo netto attribuito a ciascuna società beneficiaria. 60 La nozione di «elemento del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, non viene definita da tale direttiva. Inoltre, tale disposizione non contiene alcun rinvio al diritto degli Stati membri per quanto riguarda tale definizione. 61 Secondo costante giurisprudenza, i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo significato e della sua portata devono di norma essere oggetto, in tutta l’Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi conformemente al loro significato abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto del contesto in cui essi sono utilizzati e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte (sentenza del 7 settembre 2023, KRI, C‑323/22, EU:C:2023:641, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata). 62 In primo luogo, nel suo significato abituale, il termine «passivo» designa l’insieme dei debiti che gravano su una persona giuridica o fisica. Pertanto, la nozione di «elemento del patrimonio passivo», contenuta nell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, mira, in senso ampio, a ricomprendere qualsiasi debito della società scissa, sia esso certo o incerto, determinato o indeterminato, indipendentemente dalla sua origine e dalla sua natura. 63 In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera h), della medesima direttiva, un progetto di scissione deve contenere, segnatamente, la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio attivo e passivo da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie. 64 Ne consegue che la nozione di «elementi del patrimonio passivo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, esige che i debiti in questione siano, di principio, esistenti. Infatti, poiché un progetto di scissione deve contenere la descrizione e la ripartizione esatte degli elementi del patrimonio passivo da trasferire, tali elementi devono essere venuti ad esistenza anteriormente alla scissione in questione. Nel caso di costi di bonifica e per danni ambientali, tale requisito implica dunque che l’illecito o il fatto generatore di tali danni si sia verificato anteriormente alla scissione, ma non che, a questa data, tali danni siano stati constatati o valutati, o anche che siano stati definiti. 65 In terzo luogo, per quanto riguarda gli obiettivi della sesta direttiva 82/891, occorre ricordare che il quinto considerando di quest’ultima menziona, tra tali obiettivi, la tutela degli interessi dei soci e dei terzi. Risulta inoltre dall’ottavo considerando della citata sesta direttiva che quest’ultima mira altresì a tutelare i creditori e i portatori di altri titoli e precisa che questi devono essere tutelati onde evitare che la realizzazione della scissione in questione li leda. Discende, infine, dall’undicesimo considerando della medesima sesta direttiva che quest’ultima mira ad assicurare la certezza del diritto sia nei rapporti fra le società partecipanti alla scissione, sia nei rapporti fra queste ed i terzi nonché tra gli azionisti di tali società. 66 Orbene, la nozione di «terzi» utilizzata segnatamente nei considerando quinto e undicesimo della sesta direttiva 82/891 è più ampia di quella, utilizzata nell’ottavo considerando della medesima direttiva, di «creditori, obbligazionisti o no, ed i portatori di altri titoli delle società partecipanti alla scissione», tenendo presente che tali creditori e tali portatori di altri titoli costituiscono l’oggetto di talune misure specifiche di tutela previste, segnatamente, agli articoli 12 e 13 della sesta direttiva sopra citata (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, Modelo Continente Hipermercados, C‑343/13, EU:C:2015:146, punto 31). 67 Occorre dunque considerare che tra i terzi dei quali la sesta direttiva 82/891 mira a tutelare gli interessi rientrano persone che, alla data della scissione di cui trattasi, non sono ancora qualificabili come creditori o portatori di altri titoli, ma che possono essere così qualificate dopo tale scissione in virtù di situazioni sorte prima di quest’ultima, come la commissione di violazioni del diritto dell’ambiente che vengano constatate tramite decisione soltanto dopo la scissione in parola (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, Modelo Continente Hipermercados, C‑343/13, EU:C:2015:146, punto 32). 68 Tale interpretazione della nozione di «terzi», ai sensi della sesta direttiva 82/891, corrobora quella della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della medesima direttiva, nel senso che essa ricomprende anche le passività di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione in questione, ma che derivino da comportamenti antecedenti a tale scissione. 69 Qualora non si accogliesse tale interpretazione della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, una scissione potrebbe costituire un mezzo per un’impresa per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti da essa eventualmente commessi, a discapito dello Stato membro interessato o di altri eventuali interessati (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2015, Modelo Continente Hipermercados, C‑343/13, EU:C:2015:146, punto 33). Infatti, sarebbe sufficiente a tal fine che tale impresa procedesse ad un’operazione di scissione prima che siano stati valutati i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti antecedenti a tale scissione. Orbene, dai considerando menzionati al punto 65 della presente sentenza risulta altresì che la sesta direttiva 82/891 mira per l’appunto ad evitare che un’impresa si sottragga ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati, come i suoi soci, i suoi azionisti, i suoi creditori od anche i terzi riguardati, per effetto della scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo. 70 Inoltre, occorre rilevare che tale interpretazione non conferisce ai terzi una tutela eccessiva a discapito delle società di nuova costituzione, dato che la seconda frase dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 permette agli Stati membri di limitare la responsabilità solidale di dette società all’importo dell’attivo che è stato ad esse attribuito nel progetto di scissione di cui trattasi. 71 Del resto, occorre osservare che tale interpretazione della nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, è conforme all’articolo 11 TFUE, in quanto essa mira ad evitare che l’impresa che è all’origine dell’attività inquinante possa sottrarsi ai propri obblighi nei confronti dei soggetti cointeressati per effetto della scissione di una società per azioni ricadente sotto il suo controllo. 72 Da quanto sopra esposto risulta che la nozione di «elementi del patrimonio passivo», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), prima frase, della sesta direttiva 82/891, ricomprende non soltanto le passività di natura determinata, ma anche quelle di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, risultanti da comportamenti antecedenti a tale scissione. 73 Per contro, per quanto riguarda i comportamenti successivi all’operazione di scissione che sono lo sviluppo di comportamenti della società scissa antecedenti a tale operazione, risulta dal punto 64 della presente sentenza che la nozione di «elemento del patrimonio passivo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891, ricomprende soltanto i costi di bonifica e per danni ambientali risultanti da comportamenti della società scissa già realizzati alla data di tale scissione. 74 La sesta direttiva 82/891 prevede soltanto un sistema minimo di tutela degli interessi dei terzi, menzionati al punto 67 della presente sentenza, per gli elementi del patrimonio passivo che scaturiscono da comportamenti antecedenti alla scissione in questione (v., per analogia, sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punti 67 e 74). Pertanto, la questione se dei comportamenti successivi a tale scissione, che siano però lo sviluppo di comportamenti antecedenti della società scissa, possano essere imputati a tale società, con la conseguenza che l’obbligo di risarcire i danni così cagionati, in quanto elementi del patrimonio passivo, verrà trasferito alle società beneficiarie secondo le modalità definite dalla sesta direttiva 82/891, deve essere risolta sulla base del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, Túrkevei Tejtermelő Kft., C‑129/16, EU:C:2017:547, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata). 75 Dall’insieme delle considerazioni sopra esposte risulta che occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891 deve essere interpretato nel senso che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione. Sulle spese 76 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: L’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [CEE] e relativa alle scissioni delle società per azioni, deve essere interpretato nel senso che: la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 luglio 2024.
* Lingua processuale: l’italiano. | |||||||||||||||||||||